Storie originali > Favola
Ricorda la storia  |      
Autore: Nahash    11/03/2014    8 recensioni
Questa è la storia di un re e del suo spregiudicato bisogno di possedere ogni cosa. Questa è la storia delle sue ossessioni e di come ha perso tutto per queste. Un re ammantato nel peccato che lo condannerà per sempre.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note: Salve a tutti questa è una favaola che ho creato per il contest: I sette vizi capitali, quando questi diventano ossessione. Il gruppo in cui è nato questo contest si trova su Facebook ed è la Crème della crème.
Il titolo non centra nulla con quello del libro di Acheng, semplicemente mi è venuto in mente per il contenuto della storia e l'ho trovato calzante. Ci tenevo a specificarlo.
Spero che la favola possa piacervi e che arrivi anche la morale contenuta nella favola ;)
 


Image and video hosting by TinyPic
 

 
C'era una volta un re, che viveva in un mondo lontano. Questo re era perennemente annoiato ─ non perché non sapesse cosa fare ─  la sua era una noia interiore. Si sentiva un fallito, un re senza nulla, paradossalmente senza trono. Non aveva mai vinto una battaglia, non aveva fascino, ne gloria, era un re misero: un re senza niente.
Fu così che prese la decisione di essere un re malvagio e servirsi del suo popolo, sapendo che così, avrebbe potuto avere il rispetto di questo ─ Lui desiderava il potere e pertanto avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di averlo.
Doveva pensare a una soluzione, quindi, come poteva un uomo inutile come lui risplendere tra i soldati? Come poteva un essere inetto, insignificante, essere tra i più colti?
Decise di appellarsi alle forze oscure. Decise che semplicemente un demone o per giunta il capo di essi poteva aiutarlo nella sua miserevole rivalsa.
Preparò tutto il necessario, un cerchio in terra e un pentacolo inscritto, candele, nere candele che scintillavano, mentre lui scriveva su di una pergamena la richiesta.
 
Oh sommo e potente demone, re dei malvagi, fa che io possa contrastare la mia inettitudine, fa che io diventi il re tra i re, il condottiero, tra i condottieri, il sapiente fra i sapienti, il tiranno fra i tiranni.
Fa che il mio popolo mi tema e il mondo si inginocchi ai miei piedi.
 
Scritte le sue volontà arrotolò la pergamena, prese un pugnale ritualistico e si tagliò il palmo della mano incidendoci una linea con la lama. Rovesciò l'arto facendo colare il liquido del suo patto, tra il fuoco scoppiettante delle candele; le fiamme si innalzarono come a simboleggiare che la sua voce sarebbe stata ascoltata, così poggiò la pergamena sulla candela che era situata in centro e questa prese a mangiare la carta, suggellandone il contratto.
 
Reclinò il capo come se fosse stato invaso da una forza oscura e misteriosa e la sua mente non era più come quella di prima, era diversa, differente ottenebrata dal sapere. Ora lui sapeva, conosceva tutto, come avesse mangiato il frutto proibito dalle mani di Eva stessa.
Rise, sul suo volto apparve un ghigno malevolo, ora lui si sentiva con il mondo in mano, ora la sua vita sarebbe cambiata e avrebbe mostrato a tutti che non era un inetto, ma un grande uomo, un sovrano che la storia avrebbe scalfito nella mente dei suoi sudditi e delle generazioni avvenire.
 
Numerose furono le campagne militare che sovvenzionò e che lui stesso guidò: il condottiero, tra i condottieri. Colui che adesso non temeva nulla, se ne stava seduto scomposto sul suo trono, abbigliato con i più lussuosi abiti e con un'espressione sul volto che non presagiva nulla di umano, anzi quello era un mostro ormai inghiottito dai suoi stessi demoni e da quella fame che gli faceva dire sempre: di più, di più.
Numerosi contadini gli andarono a chiedere udienza, per comunicargli i loro problemi e lui non si concentrava neanche un po' per risolvere il tutto, li faceva uccidere e faceva bruciare la loro tenuta, così che tutti sapessero che lui andava temuto e che non avrebbe aiutato nessuno.
Ora tutto il suo popolo lo odiata e lo temeva, si sentiva solo. A cosa serviva conoscere tutto, essere belli, ricchi, vezzosi, senza dare nulla in cambio e sopratutto senza ricavarne nulla? Ecco dove era l'inganno, lui aveva fatto male i suoi conti, ora voleva di più, non gli bastava solo conoscere le sconfinate culture del mondo, essere il più bravo degli oratori, adesso voleva anche il rispetto, ora lui voleva tutto, nel bene e nel male. Si crucciava, quindi, si disperava, facendo avanti e  indietro per la sala del trono, con solo il rumore del lungo mantello porpora, che strusciava in terra, a fargli compagnia. Si portava le mani tra i capelli, disperato per la stessa condizione che si era creato.
 
Gli altri re hanno fama e gloria, sono temuti e rispettati, perché, perché io devo essere solo odiato? Dove ho sbagliato? Ah se solo potessi essere come loro, se solo potessi saggiarne la sensazione.
 
Si riadagiò sul trono, ormai sconfitto da se stesso, ancora dalla sua incompetenza di essere, aveva perso in tutto, anche nella semplice, quanto immensa capacità di essere uomo.
Improvvisamente tutto si oscurò, il sole che era nel cielo si rabbuiò facendo spazio a quella che poteva sembrare la notte, l'oscurità calava tra i vetri delle finestre: sembrava che il re fosse caduto nella parte più remota dell'inferno.
Spaventato si guardò intorno cercando di sistemarsi, di mettersi a sedere subito sul suo trono: come a darsi un contegno e una regalità che effettivamente non possedeva.
La sua attenzione venne colta dal rumore dei passi di un essere oscuro, quanto buia fosse quella luce, che percorrendo il lungo corridoio, andava verso di lui.
 
«Mio caro re, ho sentito il lamento del tuo desiderio fino gli antri più oscuri dell'inferno. Davvero vuoi ottenere tutto quello che desideri? Davvero vuoi la grazia e il potere? »
Costui lo stava guardando e il re si prostrò subito ai suoi piedi, baciando le sue scarpe nere, come per pregarlo di esaudire il suo desiderio.
 
« Si, mio signore, voglio avere tutto. Voglio essere temuto, ma anche rispettato, voglio essere colto, ma anche umile. »
 
Il losco figuro che tanto aspettava quel momento, non esitò un attimo ad accontentare il re, ma prima dovette dire la sua.
 
« Io esaudirò ogni tuo desiderio, quante sono le tue figlie. »
 
Il re non si oppose ne lo contrastò, anzi sembrava proprio volere ciò che bramava a tutti i costi.
Così per ogni desiderio il re gli concesse una figlia, ragazze che il demone fece tre spose e quindi tre demoni.
Costui prece sua figlia Grazia, concedendogli così l'umiltà e la dolcezza che serviva per condividere con il popolo quel regno ormai di terrore.
Prese Sofia, concedendogli la sapienza e l'intelligenza, concedendogli il pensiero e la strategia e infine, prese sua figlia Vittoria, concedendogli ogni beltà e ogni fierezza.
 
Il re ormai possedeva tutto e aveva perso ciò che di umano gli era rimasto al mondo, aveva perso le uniche persone che lo amavano veramente e incondizionatamente: aveva perso le sue figlie.
Fu così, che per amor del proprio ego inetto, si ritrovò con tre demoni che lo perseguitarono per l'eternità.
   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Favola / Vai alla pagina dell'autore: Nahash