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Autore: Shatzy    29/06/2008    14 recensioni
Storia ambientata dopo il film CoS. E’ la mia personalissima conclusione del rapporto tra Roy e Riza, lasciato troppo in sospeso e in secondo piano, secondo me.
“Se vuole dirmi qualcosa, si sbrighi, signore.”
Continui a dargli un rispetto che pensavi avesse perso da tempo. Incroci le braccia e appoggi la schiena al muro, fissandolo con occhi seri. Sostiene il tuo sguardo con sicurezza o malinconia, non sai decifrarlo.
“Mi dispiace…”
Quel sussurro ti arriva come una frustata, sgrani leggermente gli occhi, ricomponendo subito la tua maschera di ghiaccio. Erano le parole che hai sognato per due lunghi anni… Lui, davanti a te, che chiedeva il tuo perdono.

[RoyAi]
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi citati non appartengono a me, ma ai legittimi proprietari, esattamente come le due canzoni citate all’inizio non sono mie, ma dei rispettivi autori.

Note: i personaggi sono decisamente OOC, ma la responsabilità non è mia, ma del film Conqueror of Shambala, che mi ha stravolto completamente due caratteri che ammiravo per la loro forza.
Ambientata dopo la fine del film, un dialogo tra Roy e Riza, sulla loro storia e su quello che hanno vissuto nei due anni di lontananza. Ho cercato di dare il mio finale, seguendo una mia visione personalissima (e quindi discutibile).
Nel film Riza sorride quando lo vede tornare, ma ho sempre pensato che una persona reale sia più profonda di così, e sul momento potesse anche essere contenta, ma dopo? La fine dell’anime lasciava presagire ben altro.

Special thanks to: Lely e Sisya, che mi hanno gentilmente fornito un titolo, oltre ad aver ascoltato con infinita pazienza i miei sproloqui insensati. Siete state davvero eccezionali, non smetterò mai di ringraziarvi, oltre a tutto il supporto che mi date sempre con tanto entusiasmo ^^ (e pensare che sarei io la mami ^^”).



You left me down




Don't speak
I know just what you're saying
So please stop explaining
Don't tell me cause it hurts.
“Don’t Speak” – No Doubt


Sorry is all that I can say
Years gone by, and still
Words don't come easily
Like sorry, like sorry, like sorry
But you can say, baby
Baby, can I hold you tonight?
Baby, if I told you the right word
Ooh, at the right time
You'd be mine.
“Baby, can I hold you tonight” – Tracy Chapman






“Posso entrare?”

Senti il suo debole sussurro al di là dello spiraglio che hai aperto. La lama di luce che proviene dal tuo appartamento taglia il suo viso a metà, nella folle illusione che sia ancora perfettamente simmetrico come un tempo.
Le tue labbra rimangono serrate, la sua richiesta non riesce ad impietosire il tuo cuore ormai già troppo provato.

“Ho bisogno di parlarti.”

“Domani, in ufficio, avrà tutto il tempo che vuole” gli rispondi amara, mantenendo un velo di compostezza che ormai è diventata parte di te. In fondo non è neanche più un tuo superiore.

“Io ne ho bisogno adesso.”

Senti il suo occhio lontano scandagliare il tuo viso, cercando di penetrare la tua espressione di pietra.
Sposti lo sguardo verso il basso. Lo sai che non riesci a resistere, non ci sei mai riuscita, e di certo due miseri anni in cui hai imparato ad odiarlo con tutta te stessa non hanno cambiato le cose.
Una battaglia persa in partenza…

“Ti prego… Riza.”

Ti infastidisce sentire quel tono di supplica nella sua voce. È una debolezza che non gli appartiene, che non ti ha mai fatto conoscere. Silenziosamente gli dai la colpa anche di questo, ma la cosa non ti impedisce di spostarti di lato, appiattendoti contro lo stipite e dandogli la possibilità di entrare in casa tua.
Richiudi la porta dietro le sue spalle, mentre lo vedi che cerca di ambientarsi.
Lo conosci da sempre, vagamente hai ricordi precedenti la sua comparsa nella tua vita, era il tuo sole abbagliante che aveva cancellato tutto. Eppure adesso ti ritrovi davanti a un estraneo, con le spalle incurvate che una volta erano il tuo saldo appiglio, il volto un tempo fiero e sicuro, ora scavato da una malattia a cui pensavi fosse immune. Almeno lui.

“Se vuole dirmi qualcosa, si sbrighi, signore.”

Continui a dargli un rispetto che pensavi avesse perso da tempo. Incroci le braccia e appoggi la schiena al muro, fissandolo con occhi seri. Sostiene il tuo sguardo con sicurezza o malinconia, non sai decifrarlo.

“Mi dispiace…”

Quel sussurro ti arriva come una frustata, sgrani leggermente gli occhi, ricomponendo subito la tua maschera di ghiaccio. Erano le parole che hai sognato per due lunghi anni… Lui, davanti a te, che chiedeva il tuo perdono.

“Non ha niente di cui scusarsi, lo sa benissimo.”

Ma avevi deciso di non cedere, casomai fosse accaduto. Avevi deciso di mostrare la tua dignità, che lui aveva calpestato con noncuranza.

“Riza, lo sai a cosa mi riferisco.”

“Non credo sia opportuno che mi si rivolga in questo modo.”
La tua voce si è alzata di un’ottava, la senti. E senti anche il velo di incertezza che la fa vibrare più del necessario.
Il tuo nome… Che si mischia al suo sospiro.

“Hai dimenticato?”

E come avresti potuto? Guardi di nuovo il pavimento, cercando di recuperare un po’ di calma.
Come puoi dimenticare ciò che è successo due anni prima, i suoi sorrisi, le tue cure, le sue carezze. Avevi trovato l’illusione di quella felicità che avevi sempre sognato, cominciavi a sentirti finalmente donna, più di quanto la sua sola vicinanza non avesse mai fatto negli anni passati insieme.
Quella piccola convivenza che avevate instaurato, per aiutarlo a riprendersi dalle sue ferite, era un tenero idillio che ti faceva sentire completa, prima che lui lo facesse a pezzi con le sue stesse mani, insieme al tuo cuore.

“E’ qui per chiedere il mio perdono?”
Senti la tua voce graffiante che lo aggredisce. Ma sai già la risposta.

“No.”

“Perché è qui?”
Sussurri. Ma lo conosci troppo bene per non leggere anche stavolta nei suoi pensieri. Perché è cambiato, sì, ma la vera essenza di Roy Mustang tu la sai riconoscere, ed è proprio lì, davanti a te, dentro quel bozzolo spinoso che si è costruito attorno.

“Lo sai.”

“Ho perso la capacità di capirla molto tempo fa. O forse non l’ho mai avuta.”
Con una spinta di reni ti allontani dal muro, iniziando a muovere i passi verso di lui. Lo superi senza degnarlo di un'occhiata, avvicinandoti alla finestra della camera. Posi lo sguardo sul punto di luce creato dal lampione, ma l’ora tarda e la conseguente calma non riesce a distrarre i tuoi pensieri.

“Riza…”

Ma un piccolo scatto della tua spalla destra lo blocca, facendogli cambiare discorso.

“Sei stata felice di vedermi l’altro giorno, sul campo di battaglia.”

Senti la sua voce arrivarti alle orecchie, ma non hai il coraggio di voltarti a guardarlo. Sai che non avresti la forza di opporti.

“Avevamo bisogno di aiuto. E’ stato semplice istinto di sopravvivenza.”
E sapete entrambi che è una bugia.

“Per questo mi hai evitato, durante la settimana?”

“Ho un lavoro da portare a termine, non posso perdere tempo inutilmente, Colonnello.”
“Non mi hanno ancora ripristinato i gradi…”
“… Signore.”
L’imbarazzo che segue vi attanaglia in una morsa stretta. Non pensavi di poter arrivare a questo punto, non con lui.
Senti il lento rumore dei suoi passi - così diverso da quello sicuro e deciso che seguivi sempre con tanta dedizione – e vedi la sua figura riflessa nel vetro davanti a te farsi più nitida. Non vuoi sentirlo così vicino, ma non riesci a muovere neanche un muscolo.

“Riza, non pretendo che torni tutto come prima. Non subito, almeno.”

E senti il calore che irradia bruciarti la schiena, per quanto ti stia a malapena sfiorando. O forse sono solo i tuoi occhi, che bruciano, mentre i ricordi ti affollano la mente.
Vedi il suo volto riflesso nella finestra, e ricordi quando la mattina lo svegliavi armata di pazienza e di un caffè forte, mentre lui si rigirava svogliato nelle coperte. Senti le sue mani sulle tue spalle, e hanno ancora la stessa tenerezza di quando ti riportavano, lente, una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre eri intenta a cucinare.
Il suo odore è lo stesso che avevano i suoi vestiti, due anni fa, quando glieli sistemavi con cura nell’armadio, ridendo della sua espressione sorpresa quando si accorse che mantenere un ordine non era un’idea tanto cattiva, in fondo.

“Riza, sono qui per te, adesso. Sono pronto per quella domanda.”

“Perché…”
Stringi gli occhi mentre i denti affondano nel labbro inferiore, sentendo la sua bocca premuta contro i tuoi capelli. Non puoi permettere a quella lacrima di uscire. Ma devi farti forza.
“Perché sei tornato…?”

Lo senti sorridere contro la tua tempia. Non si aspettava di meno da te. Conosci i motivi per cui se ne è andato, due anni fa, li hai analizzati ogni sera invece di dormire, li hai sviscerati, sezionati ossessivamente ogni notte per due anni. E tu e lui sapete che l’unico vero motivo che ha spinto per la sua partenza è stato il suo egoismo. E ti sei crogiolata in questo senso di protezione, di difesa, di assenza di colpa.
Ma vederlo di nuovo davanti a te, impartire degli ordini, riprendere il suo posto nella società come se niente, niente!, fosse accaduto… Non ce la fai.

“Credo che il motivo sia lo stesso di quello per cui me ne sono andato.”

E non si riferisce al suo senso di colpa, al bisogno di salvare la città dal nemico, al ritorno dei fratelli Elric, o a chissà che altro.

“Pensi di poter tornare da me, implorando il mio perdono?”
Dimentichi il rispetto, dimentichi le sue scuse.
“Pensi che possa bastare venire qui, stasera, dopo due anni in cui non mi hai mai fatto sapere come stavi, dopo che mi hai lasciato qui senza neanche una riga di addio, e dire due paroline dolci e fare finta di niente?”
Ti sottrai alle sue mani con un gesto scortese, desiderando solo allontanarti da lui. Perché sai che non resisterai.
Fa presto a riprenderti, abbracciandoti da sopra le spalle e stringendoti contro il suo petto. La tua schiena brucia di nuovo a quel contatto, e hai anche perso l’uso della parola, e la forza.
“Lasciami…”
Ma il tuo singhiozzo inghiotte metà parola.

“Non ne ho intenzione.”

E la sua voce ferma ti incanta ancora una volta, quel dolce suono profondo che scandiva le tue giornate con ordini gentili. Sposti la testa verso destra, andando a cercare un contatto maggiore con le sue labbra, che continuano a posarsi sui tuoi capelli.

“Perché…”
“Voglio stare con te.”

E la stoccata arriva a segno, dentro di te. Alzi lo sguardo sul vetro, incrociando il suo occhio destro che ti fissa con ostentata sicurezza.
“Perché adesso…?” sussurri debolmente contro la sua spalla.

“Non hanno senso le mie decisioni se fanno stare male le persone a cui voglio bene.”

E ti accarezza una guancia con dolcezza, mentre continua a stringerti al suo petto con l’attenzione che si riserva al cristallo più puro.

“Era la stessa cosa anche due anni fa…”
“Non avevo il coraggio di tornare.”

Lo guardi direttamente stavolta, alzando di poco lo sguardo e incontrando il suo occhio profondo, che ti legge dentro le domande che non hai pronunciato.

“Perché ho iniziato a lavare prima i bicchieri e poi i piatti, come facevi tu, perché è più igienico, e quando sto male mangio le mele, perché fanno bene alla salute, e ogni giovedì continuo ad immaginarti al mercato, e…”

Ma ti rintani contro la sua spalla, perché non riesci proprio ad evitare che quella lacrima sfugga al tuo controllo.

“Permettimi di restare qui.”
“No…”
“Non ti lascerò più.”
“Non ci credo!”

E ti volti di scatto, scontrandoti contro il suo sguardo supplichevole, al quale rispondi fiera, nonostante le guance arrossate e gli occhi lucidi.
“Non ho più alcun motivo di crederti.”
Gli rinfacci, riabbassando la voce. Non gli permetterai di entrare e uscire dalla tua vita a suo piacimento. Non gli permetterai di riaprire così le ferite che sei riuscita a lenire col tempo.

“Lo so, ma permettimi di dimostrartelo.”
“No!”

Se ne andrà ancora, pensi, se ne andrà quando si sarà stancato di te. Di nuovo. E stavolta non te lo puoi permettere proprio.

“Riza…”

Ti accarezza le guance con entrambe le mani, ma la sua presa è sicura, e non vuole lasciarti andare, vuole che lo guardi, che ti confronti con lui, e nonostante la voce mantenga un tono di supplica, nel suo occhio scorgi un bagliore di forza che avevi dimenticato, un lampo di quella energia ormai dimenticata nello stesso passato a cui proprio lui aveva rinunciato.
Forse non era del tutto perso…

“Lasciami!”

Ma non hai il coraggio di approfondire il tuo pensiero. Cerchi di scostarti, ma lui non ha alcuna intenzione di lasciarti andare, continua ad afferrarti con gentilezza e forza, impedendoti di rompere quel contatto che tanto desideravate entrambi.

“Ti prego…”

Ti implora un’ultima volta, ma non puoi fidarti di lui. Non vuoi. Non puoi credere a chi ha tradito la tua fiducia così. Può chiederti perdono anche in ginocchio, ma la situazione non cambierà. Nessuno potrebbe fidarsi di un uomo del genere, te lo sei ripetuta tante volte in due anni, nessuno vorrebbe costruire qualcosa con una persona così, non dopo quello che ti ha fatto. E lui di sicuro sapeva quello che provavi.
Cerchi di sottrarre il braccio alla sua presa usando più forza del previsto, ma la tua libertà dura poco.
“Basta!”
“No!”

Di certo non pensavi sarebbe finita così. Con te immobile, contro il suo petto; hai perso qualunque forza di ribellione, e stai ponderando se sei ancora in piedi perché le gambe hanno retto o perché è lui che ti sostiene. Però erano proprio come le ricordavi, le sue labbra. Forse ancora più calde. O forse sei soltanto tu, che vai a fuoco. Sai soltanto che la tua mente sta vagando lontano, a distanza di anni, quando lavoravate insieme giorno e notte, quando il vostro legame era invidiato da chiunque vi conoscesse, quando lui si addormentava sulla scrivania con le braccia sotto la testa, e tu lo coprivi con una coperta leggera che tenevi sempre a portata di mano, in ufficio, quando gli preparavi il caffè ogni mattina, e lui ricambiava portandoti un the caldo al pomeriggio, o quando eravate tutti insieme in qualche missione, ma era te che guardava di sottecchi. E quando quel giorno di oltre due anni fa ti si è avvicinato e ti ha stretto a lui, ringraziandoti di tutto quello che gli avevi donato in quegli anni, e quel bacio leggero era stato il regalo più prezioso che tenevi nel cuore, al sicuro. E ricordi quando quella mattina ti sei svegliata e lui non era più con te.

Lo allontani da te, voltandoti verso la finestra e incrociando le braccia.
Si avvicina e ti abbraccia, accarezzandoti le mani con le sue, mentre le sue labbra ti sfiorano il mento. Scosti la testa di lato, rinunciando a quel contatto dolce.

“Non me ne andrò di qui finché non mi dirai di sì.”
“Non lo dirò mai…”
“Per me va bene lo stesso.”

Ti sorride in quel modo indecente per cui avresti preso a schiaffi la sua bella faccia tante di quelle volte che hai perso il conto. Ma non puoi fare a meno di sorridere a tua volta della logica schiacciante di Roy Mustang.

“Allora, mi perdoni?”

Ti gira intorno, posizionandoti davanti a te e calamitando il tuo sguardo nel suo.
“No.”
Lui sorride, abbracciandoti ancora.

“Ma una piccola speranza ce l’ho?”

Non rispondi, ma avvolgi le braccia intorno la sua schiena, e sorridi contro il suo collo.
“Mh?”
“Non credo…”
“Sempre meglio di un no!”

Alzi gli occhi al cielo, e lui deve accorgersene, forse dal movimento delle tue ciglia sulla sua pelle, perché ti allontana di qualche centimetro.
Ti guarda di nuovo, e leggi nel suo sguardo che gli sei mancata davvero, e tanto. Non sai quanto questo durerà, non sai se potrai fidarti di lui di nuovo e avere quel rapporto tanto profondo di un tempo. Però nel suo occhio vedi anche un pizzico del vecchio Roy, lo stesso che ti ha spezzato il cuore.
Ma non puoi rivendicare qualcosa che gli avevi donato, no? Poteva farne ciò che voleva, in fondo. Ed ora è qui, davanti a te, e sta cercando di rimettere insieme i cocci che lui stesso ha frantumato, perché ha capito che ci tiene, al tuo cuore.

Riaffondi il viso nel suo petto, e mentre gli sussurri un “se mi lasci di nuovo ti ammazzo, dovessi trovarti anche in capo al mondo, Roy Mustang”, senti una timida euforia farsi spazio dentro di te, e ti lasci pervadere da questa sensazione di tranquillità che ti ha colpito.
E le sue braccia sono ancora forti come un tempo, e la sua schiena, che vedi riflessa nel vetro, è ancora protettiva come sempre, e il suo odore, il suo sapore, il suo stupido senso dell’umorismo, sono gli stessi che ami da una vita.

Ti sta chiedendo aiuto, come ha sempre fatto, ti chiede di aiutarlo a tornare ciò che era, e di migliorarsi, ancora. E adesso che il vostro obiettivo non esiste più ne potete trovare un altro. Uno in cui tu sia contemplata.
Aiutare il nuovo Parlamento, ad esempio, o avere buoni rapporti con i vicini di casa, anche con la vecchietta del primo piano. O ricostruire Central, come il Maggiore Armstrong ha fatto con Reole (seguendo un gusto più classico, però), o soltanto continuare ad essere un buon Colonnello e un buon Tenente.
O fare un bambino, come ti chiederà tra una settimana. E tu sbufferai contrariata, prendendolo in giro, mentre lui continuerà ad insistere solo per avere ragione per l’ennesima volta. E quando lo farete davvero, un bambino, vi troverete un altro obiettivo, in fondo è così che si va avanti.
L’importante, adesso, è che lui non ti sembri più un estraneo, e se ci saranno notti in cui avrai paura che lui se ne vada ancora, ti basterà voltarti di lato e vedere la sua figura addormentata al tuo fianco, con la bocca aperta e la coperta spostata. E nei giorni in cui temerai che si allontani da te, basterà chiedergli di sorriderti ancora, e il tuo viso si rischiarerà di nuovo.
Perché lui ha capito che il suo mondo sei tu.
La fiducia in lui è sempre stato il tuo forte.
Per te non sarà difficile ricambiarlo, no?



Fine





Note: le frasi di Roy sono staccate dal resto del discorso perché volevo dare un senso di pausa e lentezza, come se il discorso venisse rallentato, o di “frase improvvisa” per risvegliare Riza dai suoi pensieri.
So che molte (direi tutte) non la pensano così, ma il mondo è bello perché è vario! Ora vado a rintanarmi in un angolino in attesa dei commenti-insulti che seguiranno. Ah, ovviamente preferisco il commento-insulto che niente XD
Altra cosa, questa è la mia quindicesima fic, bisogna festeggiare!!! *stappa la coca-cola in quanto astemia XD*

Le traduzioni delle canzoni iniziali (non le ho messe all’inizio, altrimenti era troppo lungo ^^”):

Non parlare
Lo so cosa stai per dire
Quindi smetti di spiegare
Non dirmi niente perché mi fa male.
“Don’t Speak”

Mi dispiace
è tutto quello che puoi dire
Anni passati, e ancora
le parole non escono facilmente
come scusa, come scusa
Ma tu puoi dire, baby
Baby, posso tenerti stanotte?
Baby, se ti avessi detto le parole giuste
Ooh, nel momento giusto
saresti mia.
“Baby, can I hold you tonight”



   
 
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