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Autore: padme83    12/03/2014    15 recensioni
"Le mie labbra finalmente incontrano le tue, dapprima caute, timorose; nonostante il tuo corpo mi dimostri il contrario, paventano ancora un rifiuto. Ma ciò non accade, e con stupore crescente continuo a bearmi di questo tenero contatto, scoprendo quanto le tue labbra siano calde, vellutate, ossessivamente dolci. Riuscirò ancora a farne a meno, adesso che so quale paradiso si schiude al di là di esse?"
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Preludio


 


 



 

Stella sperduta
nella luce dell'alba,
cigolìo della brezza,
tepore, respiro -
è finita la notte.
Sei la luce e il mattino.

(Cesare Pavese - In the Morning You Always Come Back)


 


 


 


 

Il pallido sole del crepuscolo ti accarezza i capelli, mentre il riflesso dell’ultima risata ancora ti arrossa le gote. Il tuo sguardo sembra assorbire dentro sé tutta la luce del mondo, e quando lo fissi finalmente nel mio, tutto ciò che mi sta intorno si riduce ad una massa sfocata ed insignificante; il mio orizzonte si colma del blu di mille cieli stellati, ed io ritorno pian piano alla vita.
Queste mie braccia, all’apparenza così salde e forti, ancora non hanno smesso di tremare, dinnanzi all’orrore di saperti per sempre strappata al loro abbraccio.
Un destino beffardo e crudele ha tentato con violenza di portarmi via ciò che di più caro ho al mondo, senza concedermi alcuna possibilità di fare qualcosa per impedirlo.
Lasciandomi impotente.
Proprio io, tanto bravo a cavarmela in ogni circostanza, sempre pronto a tirare fuori entrambi dai guai, e a proteggere te da tutti i pericoli. Io, che pur di vederti al sicuro e felice avrei fatto, e farei tuttora, qualunque cosa.
Perché senza di te, io non esisto.
Perché io ti appartengo.
Adesso lo so con certezza. E il dono di questa nuova consapevolezza lo devo, come sempre, a te.
A te, che, per poter salvare la mia vita, non hai ritenuto fosse un prezzo troppo alto sacrificare la tua.
Perdonami. Perdonami perché sono un idiota, uno stupido egoista. Perdonami, perché non ho capito niente.
Ho creduto che ti fossi dimenticata di me. Ti ho ritenuta ormai troppo compresa nel tuo ruolo perché ti potesse importare ancora qualcosa dell’insignificante servo che ogni giorno ti cavalcava a fianco. I tuoi pensieri erano solo per lei, la sua protezione e la sua felicità le tue priorità assolute.
Mi sono sentito tradito, umiliato, messo da parte, inutile. Rimpiazzato dallo scintillio di un mondo al quale tu appartieni per diritto di nascita, e di cui io faccio parte solo per poterlo riverire.
Non mi ha sfiorato nemmeno per un attimo il dubbio che mi stessi sbagliando; che l’immagine così meschina di te che mi si stava creando nella testa non avesse niente a che fare con ciò che tu eri realmente, ma fosse solo ed esclusivamente il frutto della mia gelosia e del mio senso di inadeguatezza, davanti a te, così magnifica e inarrivabile.
Stupido. Stupido. Stupido. Stupido. Stupido. Stupido.
Mentre io ero troppo impegnato a costruire questo indegno castello dalle fondamenta impastate di autocommiserazione, tu non hai esitato nemmeno un istante e hai messo la tua vita a repentaglio, per rimediare ad un mio errore prima, e per evitarmi la giusta punizione poi.
Non dimenticherò mai il tuo sguardo disperato mentre supplicavi il sovrano di prendere la tua vita, al posto della mia.
Giustiziate me al suo posto!
I tuoi occhi dilatati dal terrore mi hanno trafitto con una ferocia tale da spezzarmi il fiato e piegarmi le gambe; un’energia feroce e distruttiva mi ha percorso da capo a piedi, e mi ha fatto tornare lucido quel tanto che bastava da permettermi di recuperare la ragione.
Allora tutto mi è apparso finalmente chiaro.
Per la prima volta dopo mesi ti ho guardata vedendoti veramente, e non mi sei mai apparsa tanto splendente come in quel momento. E’ stato come non poter fare a meno di guardare il sole pur conoscendo il rischio di rimanere accecati. Ma io volevo rimanere abbagliato, volevo avvolgermi nella tua luce e in essa smarrirmi felicemente e per sempre.
Perché finalmente ho capito.
Ho capito che non mi avevi dimenticato, né messo da parte. Ho capito quanto sono importante per te, nonostante tutte le differenze che si frappongono tra di noi. Ho capito come questa nuova vita nulla abbia mutato dell’affetto che da sempre ci tiene legati, e anzi quanto questo sia cresciuto e abbia messo radici ancora più profonde dentro di noi. Ho capito che qualunque sia il destino che ci attende, non potremo mai essere divisi.
Pochi istanti per morire e risorgere, e poi essere di nuovo abbattuto a terra con violenza, quando il candore immacolato della tua divisa si è striato di rosso, le tue gambe hanno ceduto al dolore e sei scivolata sul pavimento, priva di sensi. Il sangue sgorgava dalla ferita sulla tua spalla come se non volesse più fermarsi, e in quello stesso sangue il mio cuore annegava. Laddove fino a qualche istante prima pulsava arrogante la vita, ora non riuscivo a sentire più nulla; era come se nel petto mi si fosse aperta una voragine nera, sul margine della quale ero costretto a camminare in precario equilibrio, rischiando ad ogni passo di cadere nell’abisso e scomparirvi senza possibilità di riemergere. Una mossa falsa e il vuoto, che già schiacciava l’anima e risucchiava l’aria dai polmoni, avrebbe interamente preso il sopravvento su di me.
Oscar apri gli occhi. Ti prego. Ti prego.
Avrei voluto urlare con tutto il fiato che avevo in corpo la mia preghiera disperata, ma non un suono è uscito dalle mie labbra, una parola sola e la debole illusione che ancora mi tratteneva dal precipitare nella follia si sarebbe spezzata, avrei dovuto fare i conti con la terribile realtà che mi si presentava innanzi e a cui non volevo, non potevo, credere.
La ferita era grave. Lo si capiva dal modo in cui l’emorragia non accennava ad arrestarsi. Sul tuo volto cereo, le labbra spiccavano come uno sfregio scarlatto.
Mi stavi lasciando. Te ne stavi andando in un luogo dove io non avrei potuto seguirti. Proteggerti. Ed era colpa mia. Solo colpa mia.
Quello che è accaduto dopo è un miscuglio indefinito di colori e volti. Un incubo vago ed indistinto in cui l’unica immagine certa era la macchia vermiglia che oltraggiava la tua divisa, e l’unica sensazione ancora percepibile era la paura che, come acido, mi perforava lo stomaco e mi bruciava il cervello.
Ricordo vagamente che ad un dato momento siamo arrivati a casa, la nonna piangeva, tuo padre imprecava, Fersen chiedeva spiegazioni, ma a me non importava, non sentivo le loro voci, erano solo un fastidioso ed inopportuno ronzio di sottofondo mentre le mie ultime speranze si aggrappavano al responso del dottore.
La ferita è grave. Madamigella ha perso molto sangue. Per poter essere considerata veramente fuori pericolo, deve superare la notte. Io ho fatto tutto quello che ho potuto.
Può una notte durare tutta la vita? Sì, se sai che la tua vita durerà una notte soltanto (*).
E nelle lunghe ore che hanno preceduto quest’alba che sembrava non voler arrivare mai, lo sa Dio quanto ho pregato, affinché non mi permettesse di vivere un solo istante in più di quelli che fossero stati concessi a te.
Con la testa appoggiata accanto alla tua, e la voce ridotta ad un sussurro sommesso, ho continuato, per un tempo che è parso dilatarsi all’infinito, a vegliare sul tuo sonno agitato cullandoti con i racconti di mille avventure, delle quali noi due soli eravamo protagonisti; alcune vere, ricordi felici della nostra infanzia, altre inventate, sogni di imprese che ancora ci avrebbero visti insieme. Nel cuore la speranza che il suono della mia voce potesse aprirsi un varco attraverso il buio che avvolgeva i tuoi sensi, per guidarti passo dopo passo verso la luce, e riportarti da me.
Come abbia fatto a sopravvivere a questa notte, in verità, non so dirlo; i minuti si sono succeduti lenti uno dopo l’altro e ognuno di essi si è portato via qualcosa di me. Parte della mia giovinezza – unita alla spensieratezza che, fino a ieri, aveva caratterizzato le mie giornate accanto a te – è rimasta tra le coltri di quel letto in cui tu giacevi lottando tra la vita e la morte, lasciando spazio ad una nuova, e più sofferta, maturità.
Ma, se devo essere sincero – e se in qualche modo ciò fosse veramente possibile – vorrei potermi dimenticare al più presto della notte appena trascorsa. Sono forse un vigliacco per questo? Probabile.
Non mi importa.
L’unica cosa che per me conta davvero è che nel momento in cui i primi raggi del sole hanno fatto capolino attraverso la grande finestra, delicate come un battito d’ali di farfalla, le tue palpebre si sono sollevate, hai catturato il mio sguardo prima di quello di chiunque altro fosse presente nella stanza, e mi hai sussurrato sorridendo che per tutta la notte avevi sognato di noi, che nel sonno ti era parso di sentire la mia voce che ti chiamava, e sembrava tanto triste.
Ecco, solo questo vorrei poter ricordare. L’indescrivibile gioia che ho provato mentre mi stringevi le mani e con gli occhi rinnovavi un patto scolpito nei nostri cuori da millenni e fino ad oggi mai infranto. Questa notte ad esso se ne è aggiunto un altro, marchiato con il fuoco in ogni fibra del mio corpo: una promessa solenne levata al cielo, e della quale il cielo è ora testimone incorruttibile ed eterno.
Un giorno, Oscar, ti ricambierò con la vita. Oggi hai rischiato la tua per me. Un giorno, offrirò la mia per te.


 


 


La camera ormai è immersa nella penombra, questa giornata che sembrava infinita è finalmente giunta alla sua conclusione.
Mi guardi ora con curiosità, è ormai qualche minuto che ti fisso senza dire una parola.
Scusami, la verità è che non riesco a smettere di guardarti.
Sei bella, lo sai? Anche se il viso è ancora pallido e i capelli sono arruffati, adagiata tra i cuscini del grande letto a baldacchino e con addosso solo una camicia leggera, sei bella da togliere il fiato.
Forse qualcosa dei miei pensieri riesce a trapelare sul mio volto, perché improvvisamente arrossisci, ma non abbassi gli occhi. Allunghi di nuovo la mano verso di me e io la prendo tra le mie, me la porto delicatamente alle labbra e la bacio con dolcezza. Ci sarebbero un sacco di cose che vorrei dirti in questo momento, ma un nodo mi stringe la gola e mi impedisce di parlare. Anche se tra noi non c’è mai stato bisogno di tante parole, ci capiamo semplicemente guardandoci negli occhi…
- André…-
Com’è dolce il suono della tua voce che accarezza il mio nome, ogni volta è un brivido nuovo, e allo stesso tempo conosciuto.
- André… cerca di stare più attento…io…non so se la prossima volta saremo ancora così fortunati… Non m’importa se dovesse succedere qualcosa a me, ma tu…se dovesse capitare qualcosa a te, non credo che riuscirei a sopportarlo, non posso perderti…non posso… -
Una lacrima scende sulle tue guance e scava un solco profondo nella mia anima. Di nuovo getti gli occhi nei miei e un’ombra di quel terrore che ho visto ieri affiorare sul tuo volto ritorna ad offuscarti lo sguardo.
Liberi delicatamente la mano dalla mia stretta, e con le dita mi accarezzi la guancia; chiudo gli occhi per un istante e mi lascio avvolgere da questa nuova e improvvisa tenerezza, che mi fa sciogliere come neve al sole.
Ti attiro delicatamente a me, la tua testa ora poggia sul mio petto; nascondi il viso nella mia spalla, ma non sei tranquilla. Siamo così vicini adesso, che posso sentire la tensione che ancora pervade il tuo corpo, quasi fosse un’eco della mia. Perché il tormento che ho appena sentito vibrare nella tua voce dimora anche dentro al mio animo; poche ore sono bastate per far sì che prendesse possesso di ogni mia cellula l’assoluta certezza che al di fuori di te, non c’è altro che il nulla.
Tu sei vita, luce, emozione.
Tu sei la mia vita, la mia luce, la mia emozione.
Lo sento ora come non mai.
Il cuore perde un colpo, mentre la mente insegue frenetica un pensiero che mi spaventa e allo stesso tempo mi esalta. Il sangue brucia nelle vene, e corre come un fiume in piena verso un unico punto, proprio in mezzo al petto, e lì rompe gli argini, allaga ogni remota estremità del mio essere fino a farmi perdere ogni coscienza di me.
Ti amo, Oscar?
Dicono che nel momento in cui ti soffermi a pensare se ami o no una persona, hai già la risposta (**).
- André…-
Sono qui, Oscar.
- Non andare via… Resta con me ancora un po’… André… -
Parli come se avessi manifestato l’intenzione di andarmene, Oscar. Come se in questo momento fossi fisicamente in grado di commettere un simile delitto. Trattengo a stento il riso che questo pensiero mi ha suscitato. No, Oscar, non me ne vado. Resto qui. Dovrebbero uccidermi ora, per allontanarmi da te.
Ma tu… perché vuoi che resti, Oscar?
Cosa ti passa per la mente?
E’ la paura di perdere colui che tu consideri come un fratello ciò che ti fa tremare la voce, quando nemmeno la prospettiva della morte è riuscita a velare d’incertezza il tuo tono, risoluto e fermo nonostante l’ira feroce che deformava i tratti del Re?
O è qualcos’altro?
Che cosa provi per me, Oscar?
Cosa rappresento io nella tua vita, nei tuoi pensieri, nei tuoi sogni?
Sono un pazzo a voler sperare?
Il problema, Oscar, è che non riesco a farne a meno. Tu stessa mi spingi a credere che ciò che il mio cuore si è scoperto a desiderare più di ogni altra cosa possa essere vero.
Lentamente ti scosto dalla mia spalla, per poterti guardare di nuovo in volto, in modo da scovare, in questo libro che da sempre per me non ha segreti, una risposta agli interrogativi che mi lacerano l’anima. Mi guardi con una dolcezza così struggente da far vacillare anche quella parte di me che, conscia dell’inimmaginabile sofferenza a cui potrei andare incontro se le mie speranze risultassero vane, mi impone a gran voce di non illudermi. Ma sono sicuro che se smettessi anche solo per un istante di sperare, allora quello stesso istante porterebbe via con sé anche il mio ultimo respiro.
Mi ami Oscar?
No, non parlare, non ora. Voglio sentire l’emozione del tuo respiro, la furia dei nostri cuori che battono all’unisono, voglio scacciare via le lacrime che ancora riempiono le tue ciglia e farti capire che se la tua paura più grande è quella di perdermi, allora non hai da temere, perché tu non mi perderai mai.
Così come l’ombra non può esistere senza la luce, io non posso sopravvivere lontano da te.
Non ti lascerò mai, finché la vita avrà su questo corpo ancora un anelito da rivendicare.
Il desiderio di sentirti vicina si fa ora più pressante, quasi doloroso, tenerti fra le braccia non mi basta, vorrei…vorrei…
Ti dispiace se ti bacio, Oscar?
All’improvviso smetti di respirare, e sgrani gli occhi; come sempre mi hai letto dentro. Anche quando duelliamo, intuisci le mie mosse anticipandomi sempre di mezzo secondo; ma questa volta non cerchi di fermare il mio affondo.
Vuoi che ti baci, Oscar?
Ti prendo il viso tra le mani e ti attiro dolcemente verso di me. Sembri così piccola, così fragile. Ho paura che potrei mandarti in mille pezzi anche solo sfiorandoti, tuttavia non riesco a fermarmi.
Sono pazzo. Ma amo la mia pazzia.
Le mie labbra finalmente incontrano le tue, dapprima caute, timorose; nonostante il tuo corpo mi dimostri il contrario, paventano ancora un rifiuto. Ma ciò non accade, e con stupore crescente continuo a bearmi di questo tenero contatto, scoprendo quanto le tue labbra siano calde, vellutate, ossessivamente dolci. Riuscirò ancora a farne a meno, adesso che so quale paradiso si schiude al di là di esse?
La certezza che il ricordo del loro tocco d’ora in avanti tormenterà le mie notti e riempirà i miei giorni, nulla toglie alla bellezza e all’emozione di questo momento.
Sento ora il tuo respiro sul mio viso, ma di nuovo non accenni a staccarti da me. La mano libera dalla fasciatura affonda nei miei capelli, e si aggrappa a me come se fossi l’unica cosa salda all’interno della stanza. Allora ti stringo più forte, stando sempre attento a non farti male, consapevole del fatto che un solo mio movimento brusco potrebbe procurarti altro dolore, e questa è l’ultima cosa che voglio.
Ti sento tremare tra le mie braccia, non esito oltre e mi impossesso interamente della tua bocca. Tu ricambi con il medesimo slancio, mi segui fiduciosa senza chiederti dove ti condurrò, ti abbandoni a me totalmente. Una luce accecante mi inonda la mente e io smetto di pensare a qualsiasi cosa che non sia il calore del tuo corpo, il profumo della tua pelle, il battito frenetico del tuo cuore.
Voglio godere di questo attimo che ha il sapore dell’eternità fino in fondo, e permettere finalmente a tutte le paure e alle ansie che hanno accompagnato le ultime ore di sciogliersi in questo bacio così dolce e intenso, così innocente e sensuale, così vivo, così nostro. Così travolgente, ora. Così inaspettato, e allo stesso tempo segretamente desiderato.
Chiudo il mondo fuori da questa stanza e continuo a baciarti, fino a quando tutto intorno a noi non scompare.


 


 


 


 

(*) M.Z.Bradley – L’erede di Hastur
(**) C.R.Zafòn – L’ombra del vento


 


 


 


 


 

Nota:

FanFiction originariamente pubblicata su http://www.palazzodellarosa.it/: ringrazio infinitamente Cetty, l'amministratrice del miglior sito italiano su Lady Oscar, per avermi concesso di portare la mia storia anche qui, nonché tutte le amiche della pagina facebook 'Il Palazzo della Rosa', che l'hanno letta per prime. Ragazze, nemmeno André riuscirebbe a trovare le parole per dirvi in quanti e quali modi io vi stimi e vi adori. :)*
Un ringraziamento speciale va inoltre a alessandra1755, garakame, giovanna71, bienchen, Euridice100, Ninfea Blu, 1018, xannuing, Tetide, musetta78, carladerossi, ladymary13, sb83, aurora2009, LadySpanky, sabre, ireireire, ladymarcellaa, manderlay, per aver recensito la One-Shot Saverne, e a svetlana, parthenope, ippopotamo, Euridice100, clovis de jarabas, bienchen, per averla aggiunta alle preferite. Un grazie doveroso lo dedico anche a tutti i lettori silenziosi, che invito a recensire. :)
Alla prossima!

padme

 

   
 
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