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Autore: Ragazzamagica    12/03/2014    2 recensioni
Trama:
Un topolino molto testardo e orgoglioso, vedendo il sole sorgere, sviluppa il desiderio di volare. Al topo non è data l'arte del volo, ma il topolino non molla e ogni mattina si butta sempre da una collina per tentare di volare. Un giorno ci riesce pure. Purtroppo non è merito suo, infatti è di una donna molto generosa che per lui ha chiesto aiuto ad un'aquila. Come finirà la vicenda? Il topolino volerà per sempre, come un vero uccello? Storia dal finale inaspettato.
"Non riuscirò mai a volare! Non riuscirò mai a raggiungere il sole e sentire il vento tra le orecchie! Sono solo uno stupido microbo!"
Voleva vedere da vicino il sole, e chissà, forse avrebbe scoperto con quale strano marchingegno ogni mattina esso usciva fuori dalle montagne.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C'era una volta, in un'epoca lontana, di cui si è persa la memoria per quanto sia remota, un topolino molto orgoglioso e testardo, e tra il suo popolo era lui quello che aveva più iniziativa. Un giorno questo topolino, Gigetto, uscì dalla tana della sua famiglia e volle guardare il sole alzarsi pian piano dalle montagne e librarsi verso il cielo. Fu così che il piccolo animale vide l'alba. Questo fenomeno, per lui la cosa più bella che aveva visto in vita sua, era così affascinante che il giorno dopo volle vederlo di nuovo. E nuovamente il giorno dopo ancora, e così il topolino per una settimana intera vide il sole sorgere. Ormai, però, la curiosità del topolino crebbe: Voleva vedere da vicino il sole, e chissà, forse avrebbe scoperto con quale strano marchingegno ogni mattina esso usciva fuori dalle montagne.  Ma non sapeva proprio come fare, lui era solo un piccolo topolino e a lui la natura non aveva donato il volo degli uccelli, che egli non conosceva. Così, dopo che aveva visto il fenomeno una settima volta, se ne andò sconsolato e dispiaciuto nella sua stanzetta. Pensò e pensò: Ma una situazione non trovò. Era impossibile per un animaletto minuscolo come lui avvicinarsi al grande cerchio dorato in cielo. Il topolino, il pomeriggio, uscì di nuovo fuori e cercò di guardare di nuovo il sole, ma la luce era troppo forte per i suoi occhietti, e di questo se ne meravigliò, capendo che il sole era diventato magicamente più luminoso. Un lampo di genio gli fece fare un'azione inaspettata, che stupì perfino la madre, che lo stava spiando da lontano per vedere per quale motivo il topolino ogni giorno si alzava tanto presto. Abbassò lo sguardo, Gigetto, per non guardare il sole splendente, e cominciò a gridare: "Sole, ti prego, dimmi come posso avvicinarmi a te, che sei tanto luminoso adesso, per favore, vorrei tanto alzarmi nel cielo come fai tu" E ripeté questa preghiera tante volte, tanto che la madre si stufò di contarle e di sentirle, così tornò di nuovo nella sua tana, in cuor suo delusa di quel topolino, che le parve in quel momento così stupido e ingenuo da pregare il sole; pensava che fosse il più intelligente, e invece era solo un topolino testardo quando sciocco. Ma il topolino continuava a pregare e a pregare, finché non vide il sole che di nuovo si abbassò, in un'altra direzione diversa da quella dell'alba. "Ohibò, sole, dove vai? Forse a esaudire la mia preghiera?" Chiese il topolino, e si poteva vedere la gioia nei suoi occhi a quel pensiero. Ma il sole non gli rispose, e anzi si faceva beffe di lui, ignorando la sua domanda, così ché il topolino se ne dispiacque e diventò di nuovo triste, e tutta la gioia nei suoi occhi vacillò all'istante. Il sole scoppiò a ridere, diventando meno luminoso di minuto in minuto, per poi scomparire di nuovo, e ritornò il buio. Il topolino non aveva mai osato, per ordine della mamma, stare fuori fino a tardi, altrimenti lo gonfiava di botte; ma il suo ultimo pensiero non era rivolto a lei e a quello che poteva fare, ma a quel sole, tanto bello quanto vanitoso e egoista, che non voleva condividere il suo segreto con lui. Ora, in quel tempo animali e esseri umani vivevano in pace, e anzi questi ultimi sapevano addirittura parlare la loro lingua, cosa che si è persa adesso, in questo tempo dove viviamo adesso. Una donna tanto bella quanto generosa vide il topolino e si stupì molto di questo. Si avvicinò a lui e il topolino la notò. "Piccolo topolino, come mai sei qui e non nella tua casa? Ci sono animali molto pericolosi, tutte le notti. Cosa ti spinge a rimanere fuori?" Il topolino si meravigliò che anche la donna era molto più grande di lui, che non aveva mai visto un essere umano, benché tanto giovane. "Fai bene a dire che sono piccolo. Poco fa ho osservato il sole sparire di nuovo. Non mi voleva confidare come alzarmi nel cielo come lui" La ragazza lo guardò stupita, non ben capendo cosa volesse dire. "Tu vuoi dire che vorresti volare? Oh, mi dispiace, ma questo non è possibile...Solo gli uccelli possono volare" "Gli uccelli? E chi sono?" "Sono degli animali che, con le loro grandi e ampie ali, volano nel cielo, e loro possono vedere da piuttosto vicino il sole, perché sono nel cielo come lui" Gli rispose la donna. "Oh, ti prego donna, che sei tanto saggia, dimmi come posso volare o avere queste preziose ali di cui parli tu" Pregò il topolino, inginocchiandosi. Ora il fratellino, incuriosito dal fatto che la stanza di Gigetto fosse vuota, corse fuori anche lui e si nascose. Non aveva mai visto il topolino pregare così costantemente una persona, per cosa poi? Volare? Ali? Tutto questo a lui era sconosciuto, che era molto più giovane di lui. "Mi dispiace, ma nemmeno io so volare..." Le rispose dispiaciuta la donna. Ma il topolino non si perse d'animo, e cambiò strategia. "Sono sicuro che tu hai visto molto questi uccelli librarsi in volo e agitare le loro ali. Dimmi tu come fanno, affinché possa ripetere le loro azioni" "Mio piccolo e testardo topolino, voi topi non conoscete l'arte del volare come gli uccelli, e nemmeno noi umani. Ma io ho visto, una volta, un uccello stare per un momento su una grande collina, agitare le grandi ali, correre e poi spiccare il volo alzandosi dalla collina" E la donna se ne andò. Il topolino non capì molto quello che volesse dire, e nella sua mente vorticò l'idea sempre di più di volare e avvicinarsi al sole, per dimostrargli come fosse potente quanto lui. Ora che la donna se ne era andata, Gigetto fece dietrofront e cercò la via di casa, così che il suo fratellino, nascosto dietro un filo d'erba piuttosto cresciutello, scappò via per non farsi vedere, ma il topo più grande lo vide ma non gli parlò e andò a dormire. Il mattino dopo, il topolino si svegliò molto più presto del solito, alle prime luci dell'alba, ma non per vedere il sole, bensì per cercare di volare. Corse fuori badando bene di non svegliare la mamma, il papà e il fratellino più piccolo, e cercò uno spazio abbastanza grande da cui spiccare il volo, secondo lui. Ma il fratellino la notte prima aveva raccontato tutto alla mamma, cosìcché lei sapeva già di cosa voleva fare il topolino. E si alzò anche lei, e cercò il topolino, e lo trovò. Quest'ultimo stava ancora cercando il luogo adatto, e la donna della notte prima, mattiniera, volle vedere cosa avesse in mente questo coraggioso topolino, che in realtà forse era anche stupido. Ma la madre si avvicinò a lui, cogliendolo di sorpresa, e lo picchiò così tanto che il topolino pianse dal dolore, e la donna voltò lo sguardo alla scena disgustata. "E così, volevi tenerci nascosto tutto, eh? Eh, tu sei molto stupido, eh! I topi non possono volare, eh! Ora tu sei in punizione e non potrai uscire per molto tempo, eh! Così impari a seguire questi desideri strambi! E io che pensavo di avere un topolino intelligente, eh!" E lo portò, prendendolo per la coda, dentro casa. La donna si dispiacque per quel topolino tanto giovane quanto ambizioso, e volle aiutarlo. Così, mentre la mamma e il papà del topolino stavano cercando cibo il mattino dopo, chiamò Gigetto poco fuori dalla tana. "Ehi, piccolo topolino, vieni fuori, ho da dirti una cosa" Il topolino, risvegliatosi dai suoi pensieri nella sua stanza, corse fuori scordandosi dell'ordine della madre. "Non puoi stare qui, piccolo animale, tu devi scappare se vuoi rincorrere il tuo sogno. Io ti seguirò per proteggerti" E la donna andò via, vedendo che la mamma e il papà del topolino stavano ritornando. Il topolino pensò molto alle sue parole, e il giorno dopo volle provare la fuga. Si preparò un piccolo ma utile sacco, con la foto del suo piccolo fratellino e un pezzo di formaggio, rubacchiato la sera prima. Uscì fuori ma ad aspettarlo c'era una sorpresa: Sua mamma e suo papà stavano cercando cibo e pochi minuti prima erano andati fuori dalla tana, la madre lo scoprì e, adirata, vedendo il sacchetto attaccato a un piccolo filo d'erba in mano a suo figlio, lo gonfiò di botte peggio dell'altra sera, e la mamma gli dette così tanti scappelloti sulla faccia e sul posteriore che il topolino non si scordò mai più del dolore che aveva provato. La donna aveva assistito alla scena da lontano, e dopo che il padre e la madre furono andati via chiamò di nuovo il topolino, che le disse prontamente: "Il tuo consiglio non mi è servito a niente. Anzi, sono tutto affaticato per le botte" "Stolto topolino! Provi a scappare di prima mattina?! Tu devi provare la notte, quando tutti stanno dormendo. Forza, aspetta stasera, dopo che il sole sarà tramontato da un po' di tempo." E l'audace topolino così fece. Preparò lo stesso sacchetto che aveva fatto la mattina e ci mise foto e formaggio. Il fratellino più piccolo vide quello che stava facendo e si avvicinò incuriosito. "Anche stamattina hai preparato quel sacchetto e hai ricevuto un sacco di botte. Vuoi tu forse ammazzarti di dolore?" Gli chiese curioso il piccolo fratellino. "Voglio seguire un mio sogno, voglio imparare a volare e non posso farlo qui. Vuoi venire con me? Così saremo liberi" Gli propose, ben sapendo che il suo fratellino non era certo uno spione. Il topolino annuì eccitato, ma così forte che il topolino più grande si meravigliò che avesse ancora la testa sulle spalle. Così fuggirono in piena notte e il topolino più piccolo non fece domande sulla donna che costantemente li seguiva per vegliare sul loro cammino. Il tentativo di fuga riuscì bene, e i due topolini arrivarono a una grande collina, quando erano già molto lontani da casa. "Qui va bene?" Chiese il topolino più grande, e la donna sorrise e gli disse che andava bene, così il topolino posò il suo sacchetto lì vicino e invitò il topolino più piccolo a sedersi. Lui eseguì e guardò il fratellino guardare giù dalla collina. Non era poi così tanto grande, ma secondo il suo fratellone, abbastanza per volare. Così il topolino agitò le braccia cercando di imitare gli uccelli, e corse sempre più forte, fino a ché fu arrivato alla fine della collina e saltò nel vuoto. Sentì una piccola capriola dello stomaco: Che bella sensazione volare! Ma ecco che un grande dolore gli attraversò il corpo. Non aveva volato! Era caduto! Ma il topolino provò e riprovò di nuovo, per tutto il giorno e il giorno dopo ancora, agitando le braccia, correndo e saltando, ma non ci riusciva mai e a ogni fine giornata il topolino più piccolo doveva tentare di aiutarlo a bendare le ferite. La donna vide il topolino che tentava sempre più disperatamente di volare in tutti i suoi tentativi, e rideva della scena. Ma un'altra volta che il topolino era caduto giù, pianse così forte che la donna si commosse. "Non riuscirò mai a volare! Non riuscirò mai a raggiungere il sole e sentire il vento tra le orecchie! Sono solo uno stupido microbo!" Gridava tra sé e sé. La donna allora andò poco lontano senza farsi accorgere della sua assenza e si avvicinò a una grande aquila che si era fermata lì, tra l'erba, per riposare. La donna gli chiese con tante preghiere le sue bellissime piume, facendogli tanti complimenti, dicendo che gli servivano per una cosa importantissima. L'aquila rise della proposta, perché doveva darle le sue preziose piume per chissà cosa? Allora la donna gli spiegò tutto, dell'impresa malriuscita del topolino, del tentativo di fuga e del perché volesse così tanto le sue piume. L'aquila si commosse della storia, e si meravigliò della generosità della donna, così si tolse le sue piume una a una e a ogni piuma tolta la donna era sempre più felice alla futura gioia del topolino desideroso di volare. Prese tutte le piume e le posò sulla sua gonna, portandole al fratellino minore. Gli raccomandò che al posto delle normali bende per le ferite del fratellino, doveva mettere quelle penne bianche. Il topolino, incuriosito, non fece domande e alla sera, quando era scuro, il topolino era di nuovo salito su per la collina con le ferite più sanguinose di prima, tanto che il fratellino minore si meravigliò che lui fosse ancora in piedi e provvedé subito a bendargli le ferite con quelle penne bianche che gli aveva dato la donna. Però questa sapeva che non poteva, anche con queste, il topolino, volare per sempre: La saggia aquila gli aveva dato una settimana. Poi, gliele doveva restituire e la donna non sapeva proprio come fare al pensiero che il topolino, capito il segreto delle piume, non voleva più lasciargliele. Ma il mattino dopo non ci pensò più, sforzandosi di pensare che avrebbe trovato una soluzione poi. Il topolino, molto più ferito e dispiaciuto di quando era partito in soli due giorni, andò per l'ennesima volta alla cima della collina, guardando il vuoto incombere sotto di lui. Il fratellino minore lo incoraggiò: "Dai, fratellino, la trentesima volta è sempre quella buona" ma il topolino maggiore, credendo fosse una presa in giro, gli diede un forte schiaffo tanto che il topolino minore non parlò più per tutta la giornata e non cercò più di incoraggiarlo.

Agitò di nuovo le braccia, e notò subito le ampie bende sulle braccia. "Forse le ferite sono diventate così grandi che il mio fratellino ne ha prese di più ampie" Pensò, e in cuor suo era sempre più deluso e sofferente, ma di un dolore più forte di quello fisico dalla delusione. Fece un salto e chiudendo gli occhi, si preparò al dolore atroce che doveva coglierlo di nuovo, ma in cuor suo sapeva che non avrebbe mai mollato. Ma quel dolore atroce non lo sentì. Sentì solo una piccola capriola nello stomaco diventare sempre più grande, e il topolino aprì gli occhi e guardò sotto di sé. Stentò a credere ai suoi occhi, e anche il topolino minore lo guardava allibbito: Stava volando! Era sospeso in aria! Il topolino sentì una grande gioia dentro di sé, e continuava a volare per tutta la giornata, sentendo finalmente il vento tra le orecchie a cui tanto aveva agognato sentire. Ma quella gioia durò poco. Alla sera, la donna gli confidò il motivo del suo successo e il topo, in cuor suo mortificato, gridò testardo: "No, non è vero...E' impossibile...Sono io che volo, non queste stupide piume! Sono io, e tu non mi farai soffrire! Ho finalmente volato e tu pensi solo a rattristarmi?" Ma in cuor suo sapeva che il successo non poteva essere il suo, ma lui sperava che non fosse così. E così il topolino continuò a volare per tutta la settimana, ma la donna si dimenticò della promessa fatta all'aquila e passò un mese. L'aquila, spazientita, andò a vedere quel che era successo e capì subito che la donna si era scordata della promossa e il grosso animale volle punirlo. Così, scese giù, in fondo alla collina, dove il topo era in passato precipitato tante volte. "Ehi, topolino" Gridò all'animale, che ancora volava sopra il cielo, facendo linguaccie al sole. "Cosa c'è?" Gli rispose il topolino, dall'alto. L'aquila rise di questo improvviso scambio di ruoli, il topo volava e lui era a terra. In altre situazioni non sarebbe stato così. "Belle le tue piume...Ti sono cresciute, eh?" Il topolino non aveva pensato a questo. Ma certo, le piume gli erano cresciute nella notte, non gliele aveva attaccate il fratellino minore e la donna! Eh, sì, purtroppo il topolino si era già scordato delle grandi ferite prima del suo successo, e quindi si era già completamente scordato del sangue e delle bende. "Eh, sì...Sono il primo topo volante del mondo! I topi mi invidieranno! E la mia famiglia mi invidierà, che bello!" "Peccato che le mie siano molto più belle..." Il topolino lo guardò contrariato. "Ma che dici? Le mie sono più belle delle tue" "E come fai a dirlo se non le hai mai viste?" Allora il topolino ci rifletté un attimo e in effetti capì che l'aquila aveva ragione. "Mi permetterai di vederle?" Gli chiese il topolino, pensando che le sue piume erano certamente più belle delle sue. "Ma certo, forse te le regalo pure" Sghignazzò l'aquila, e il topolino scese allora a terra, e in un attimo con un colpo della zampa l'aquila lo mise a tappeto, e il topolino svenne. La donna ancora una volta, che tanto si divertiva a vedere il topolino volare, aveva assistito alla scena e si ricordò immediatamente della promessa, ma troppo tardi. La donna sapeva già cosa voleva fare l'aquila, e purtroppo aveva anche ragione; e infatti quest'ultima si riprese tutte le penne e ritornò a volare nel cielo, gridando alla donna: "Che ti serva da lezione. Non si scordano le promesse." E sparì, lontano. La donna prese disperata il topolino, e vide che aveva una grande ferita sulla guancia, provocatagli dall'aquila per farlo svenire. Allora ordinò subito al fratellino minore di portargli tutte le bende che aveva, e gliele misero sulla ferita e sul resto del corpo, anche, così magari se non potevano vedere le altre ferite andavano sul sicuro. Il topolino si svegliò intontito, scoprendo con orgoglio che aveva ancora tutte le piume al loro posto, e anzi gli erano persino cresciute! E non fece nemmeno caso al graffio che aveva sulla guancia, coperto dalla benda, anche se sentiva un dolore lancinante venire da lì. Volle portare il suo orgoglio al massimo, e andò a una collina molto più alta della prima, quasi che nemmeno noi possiamo immaginarci una collina così, a una così vasta altura. Era notte, e sia il fratellino che la donna stavano dormendo. Spiegò le "ali" e dopo una lunga rincorsa fece un grande salto. Il mattino dopo il fratellino, vedendo che il topolino maggiore non c'era, lo andò a cercare e per curiosità andò anche alla grande collina su cui era saltato il topo più grande la sera prima, guardò giù e vide uno strano liquido rosso. Lui, immaginando già, con la sua vasta fantasia, quel che era successo, e cioé che dei lupi, mentre passeggiava, l'avevano azzannato, chiamò la donna tra le lacrime e insieme scesero giù per la collina. Il topolino minore guardò triste il corpo privo di vita del fratello più grande, ma in cuor suo la donna sapeva già cosa veramente era successo. Seppellirono il topolino proprio in cima alla grande collina e misero dei bastoncini in ordine, così da formare una frase. "Gigetto, il topolino che desiderava volare" e il topolino minore piangeva di nuovo. Ma ogni volta che qualcuno passava di lì, sghignazzava, vedendo la scritta, cosìcché la donna sconsolata tolse i bastoncini. Un mattino, questa andò in città e si trasferì lì, dato che non voleva più vivere in campagna. Allora tutti si fermavano da lei, a sentire sempre la sua storia che destava meraviglia sempre in tutti, e talvolta le persone buttavano giù una lacrima o due pure: Della storia del topolino che desiderava volare.
  
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