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Autore: Clockwise    13/03/2014    3 recensioni
In una notte terribile e lunga, una tempesta di dubbi e paure si abbatte su di lui, lasciandolo senza fiato.
Midnight.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon non compleanno a tutti!
In principio, Midnight non aveva niente a che vedere con tutto ciò, poi però l'ho sentita, risentita e lei, zitta zitta, si è infilata fra le righe di questa storia (storia?). The Fall Of Man, invece, è un demo, sempre dei Coldplay, che ho sentito una volta per caso, e che ci stava bene, tutto qui. Il risultato... Non lo so, spero solo che non mi odiate alla fine.
Critiche, commenti, pomodori e tutto quello che volete, nel riquadro bianco! 
Ah, prima di beccarmi una denuncia: con questo scritto non si intende dare rappresentazione veritiera del carattere di persone realmente esistenti né offenderle in alcun modo.
Enjoy!
E.




 
The Fall Of Man
 
 
 
In the darkness, before the dawn
 

Solleva il viso e corruga leggermente le sopracciglia, guardando il suo riflesso allo specchio. Muove il capo a destra e a sinistra. Innegabile, sono proprio rughe. E sta anche irrimediabilmente perdendo i capelli. Si passa una mano sulla barba sfatta. Nessuno degli altri mostra tanto i segni dell’età, perché lui dimostra quarantacinque anni invece dei suoi trentacinque?
Sospirando, apre l’armadietto e prende un barattolino. Gwyneth sostiene che quella crema sia miracolosa, e lei in effetti non ha una ruga neanche a pagarla… Mentre mette quell’impiastro sulla fronte, coglie il riflesso del suo braccio sullo specchio. Ha messo su un bel po’ di muscoli, negli ultimi anni, lui, che la mamma non ha fatto altro che punzecchiare per le sue braccia ossute tutta la vita. Anche lei l’aveva preso in giro spesso, per questo…
Fissa gli occhi in quelli riflessi dallo specchio, la mano con la crema ferma a mezz’aria.
Cosa diamine sto facendo, a mettermi schifezze costose in faccia quando lei
Scuote la testa e si sciacqua il viso. Lancia un’ultima occhiata ai suoi occhi stanchi, poi spegne la luce e va in camera.
«Ci hai messo tanto, cosa stavi facendo? Hai controllato i bambini?»
«Sì, stanno dormendo.»
Sua moglie annuisce, senza staccare gli occhi dalla pagina che sta leggendo. Lui si avvicina al letto, prende il pigiama e scosta le coperte, passandosi una mano sul viso. La mano finisce per indugiare più del dovuto e anche l’altra va a sostenerla e lui rimane così, in piedi e con le mani sul volto.
«Chris, che ti prende? Che succede?» chiede Gwyneth, alzando gli occhi dal libro. Lui scuote la testa, senza tuttavia cambiare posizione.
«Niente.»
«Non dirmi niente, è ovvio che hai qualcosa, altrimenti…»
«Non è niente, Gwyn, niente» sospira, abbassando le mani e scostando ancora le coperte, gli occhi bassi.
«Niente che vuoi dirmi, forse» ribatte lei, piccata. Ha chiuso il libro, le rimane un indice fra le pagine e gli occhi azzurri lo scrutano impietosi. Lui scuote il capo, mortalmente stanco.
«Gwyn, per favore…»
«Per favore niente, come credi che possa andare avanti il nostro rapporto se tu non ti confidi con me? Eppure a me non sembra di averti mai tenuto segreti…» inizia, socchiudendo gli occhi e tentando di mantenere bassa la voce furiosa.
«Oh, certo, ecco di nuovo la tua tirata da strizzacervelli» sbotta lui, pentendosene un istante dopo.
«Chris…»
«Ok, senti, Gwyneth, non è niente di cui voglia parlare, va bene? Dormiamo adesso» chiude, sollevando le coperte.
«Neanche per idea! Sono tua moglie, dobbiamo risolvere questa cosa…» insiste lei, abbassando le coperte con la mano.
«Cristo! Non mi va da parlarne! Non voglio parlare, basta!» esplode, a voce alta. Lei assottiglia gli occhi.
«I bambini stanno dormendo. E puoi andartene a dormire sul divano se non vuoi parlare.»
«Cristo, Gwyn…»
«Smetti di imprecare. Buonanotte» dice lei, secca, riaprendo il suo libro. Lui la osserva per un secondo, poi le volta le spalle ed esce.
Si orienta facilmente al buio, senza accendere la luce, tante sono le notti che passa insonne vagando per casa.
Eppure non ha sonno. Arriva fino alle camere dei suoi figli. Socchiude piano la porta e fa capolino prima nella stanza di suo figlio, poi in quella della bambina. Dormono entrambi, ignari delle aspre parole che i loro genitori si sono gettati addosso e che Chris ancora porta lì, sul petto. Sua figlia sospira nel sonno, voltando la testa verso di lui. è identica a sua madre. Chris chiude la porta con una strana sensazione dolceamara in bocca, una punta di senso di colpa nell’addome, torna sui suoi passi e si stende sul divano del soggiorno.
Adesso, però, immobile al buio, i suoi mostri non possono che assalirlo più da vicino. Strizza gli occhi, si alza. Afferra la giacca e in pochi minuti è in strada.
Si tira il cappuccio sulla testa, affonda le mani in tasca, non guarda nessuno negli occhi. Non solo perché non vuole che si sappia che Chris Martin dei Coldplay va in giro per Londra di notte, ma perché ha paura degli occhi della gente, in quel momento. Perché ognuno di loro sembra ricordargli qualcosa, ogni ubriacone barcollante, ogni stanco lavoratore che ritorna adesso a casa, ogni diffidente giovane che ha scelto la strada sbagliata, ogni ragazza dagli occhi spenti. I fantasmi e le sirene della sua mente sonnecchiano su un pezzo di cartone sul marciapiede, entrano in un taxi, si aggirano misteriosi intorno a lui, danno la caccia ai suoi occhi e lui trema di paura. E corre, fugge via.
Non sa bene come, è arrivato ad Hyde Park. Ansima, rallentando. C’è un uomo che suona l’oboe. Chris si siede su una panchina poco lontano. Curioso che non sia arrivato ancora nessuno a cacciarlo via, suona l’oboe ad Hyde Park alle undici e quarantacinque di sera. Suona bene però. Una melodia malinconica, ma con una nota ostinatamente felice, come qualcuno che ricordi dei bei tempi che furono. E Chris ha un ricordo che vuole tornare a galla, è tutto il giorno che si nasconde dietro le sue palpebre, che adesso si fanno pesanti, e lui non può farci più niente. E gli occhi si chiudono.
 

 
In the swirling of this storm
 
 
Non se lo sarebbe mai e poi mai aspettato, e sul momento era rimasto senza parole dallo stupore. Insomma, non si vedevano da più di dieci anni, e lei… Il caso quando ci si metteva sapeva essere davvero bastardo.
 

Nessuno, nemmeno gli stessi speaker, sapeva del loro intervento alla radio, quella mattina. Erano gli ospiti a sorpresa, si erano recati agli studi con i loro mezzi, in incognito, i cappucci sulla testa, le chitarre e il pianoforte già pronti coperti da un telo. Erano rimasti tutti sorpresi di scoprire che proprio i Coldplay avrebbero suonato in diretta alla radio, quel giorno, nessuno dei tecnici, speaker e tutta quella gente, tranne chi aveva preso gli accordi, ovvio, sapeva niente – il tecnico della manutenzione aveva vinto cinque sterline scommettendo con la segretaria. Neanche quella giovane donna dai capelli rossi che si occupava di scrivere le parti, la scaletta e decidere i brani – che teneva in piedi tutta la baracca insomma. Sì, per Lila era stato un bel colpo vedere la band del suo ex-ragazzo del college dietro il vetro della sala registrazione; per la sorpresa aveva fatto volare tutti i fogli che teneva in mano.
E anche per Chris, e conseguentemente per Jonny, Will e Guy, era stata una grande sorpresa trovarsi davanti – di tutte le persone! – proprio Lila, con gli occhi lucidi e le guance rosse, anche se forse Chris era quello che ne era rimasto più turbato. Comprensibilmente.
Si erano salutati in mezzo al corridoio, appena i ragazzi avevano finito, un po’ impacciati, ma anche piacevolmente sorpresi. Si erano scambiati le solite domande e Will l’aveva invitata a prendere un caffè con loro, perché Chris aveva la bocca troppo secca per parlare; lei aveva annuito sorridendo e li aveva seguiti chiacchierando tranquillamente con Will e Guy. Jonny aveva guardato Chris e poi aveva abbassato lo sguardo. Pensavano la stessa cosa, erano così evidenti i segni sul suo corpo: la pelle diafana, i capelli radi, la magrezza spaventosa, i cerotti e i segni di punture sui gomiti.
Lei aveva preso un caffè al ginseng e aveva continuato a chiacchierare, chiedendo delle loro famiglie, dell’album e raccontando del suo lavoro, prima come giornalista musicale, adesso lì alla radio.
«La cosa buffa è che è cominciato tutto per caso: ho scritto un articolo per la band di Tim, e poi non ho più smesso, è davvero andata così!» raccontava sorridendo. Sì, sorrideva, non smetteva un attimo di sorridere a tutti loro, un sorriso luminoso che la illuminava tutta. Quanti ne aveva visti, di sorrisi così, rivolti a lui e lui soltanto. Ma adesso era tutto diverso. Chris sentì quasi un moto di stizza. Andiamo, li aveva presi per idioti, come pensava che non se ne fossero accorti? Quanto ancora voleva eludere l’argomento?
Will, Jonny e Guy se n’erano andati presto, con saluti calorosi ma velati di addio. Chris era rimasto seduto sulla poltroncina, teso in avanti, i gomiti appoggiati alle ginocchia, in silenzio, lo sguardo a terra. Lei l’aveva guardato per un attimo, poi aveva abbassato gli occhi. Chris corrugò le sopracciglia.
«Da quanto.. hem, da quanto, voglio dire, da quanto lo sai?» domandò all’improvviso, fissando le sue graziose scarpe di tela color corallo.
«Tre anni» rispose lei dopo un attimo, piegando la testa di lato, guardandolo. «Ma è cominciato il conto alla rovescia.»
«Che cosa?» chiese, sollevando il capo di scatto, preoccupato. Sperava di aver sentito male.
Lei si limitò a sorridere tristemente.
«Facevamo a braccio di ferro da un po’. Ha vinto lei. Un paio di settimane, forse meno.»
Lui la guardò senza sapere cosa dire, un groppo in gola.
«Dio, Lila…»
«Sì, be’, non è di questo che voglio parlare, tanto non c'è niente che tu possa fare» scosse la testa lei, sorridendo. Sorridendo come se ormai avesse già esaurito tutte le sue lacrime e le sue grida e si fosse risoluta a sorridere per il tempo che le era rimasto.
«Sai, pensavo che siete cambiati così tanto. Siete cresciuti. Insomma, prima… Sei cambiato davvero tanto. E anche la vostra musica.»
«In bene o in male?» tentò di scherzare lui, sollevando un sopracciglio.
«Non lo so. Sai, forse, sei il risultato di quel cambiamento che era iniziato tanto tempo fa, quando ci siamo lasciati.»
«Forse.» Aprì la bocca di nuovo, basta parlare di lui, voleva sapere di lei, come stava, la sua malattia, ma lei lo precedette.
«Chris, tu… Sono venuta ad un vostro concerto, una volta, cinque anni fa, ed è stato uno dei momenti più belli della mia vita, nonostante… Siete diventati davvero grandi. Sono così fiera di essere stata con voi quando avete iniziato, ho testimoniato gli esordi di una grande band… Siete il mio vanto con tutte le mie amiche» disse, sorridendo dolcemente. Chris si spezzava sempre di più ad ogni parola, ad ogni lampo negli occhi verdi.
«Non so te, ma io non provo nessun rancore, io…» continuò.
«No, neanch’io, mai!»
Lei sorrise ai suoi occhi spalancati.
«Sono contenta. E sono contenta di averti visto, prima di… Insomma, mi sarebbe dispiaciuto non avere l’occasione di parlarti un’ultima volta. Ti ho visto ogni tanto in Tv, ma non è lo stesso, certo.»
Lo guardò intensamente, come volendosi imprimere i suoi lineamenti negli occhi, forse confrontandoli con quelli del giovane Chris che ricordava.
«Ne abbiamo passate tante insieme, la nostra è stata una bella storia, non rimpiango niente. O quasi. Voglio dire…»
«Hai avuto altri?»
Glielo chiese quasi timidamente, senza guardarla negli occhi – non li sopportava più!. Lei piegò il capo di lato.
«Uomini? Sì. Ma non mi sono sposata, anche se mi sarebbe piaciuto avere bambini.»
«Saresti stata una brava madre.»
«Grazie. E io sono certa che tu sia un buon padre.»
Lui fece una smorfia, incrociando le braccia sulle ginocchia.
«Lo spero.»
Lila continuò a sorridere, più triste, stavolta. E Chris seppe che non l’avrebbe più dimenticata, che l’ombra di quel momento – il sole che entrava dalla finestra, la sua maglia bianca, le sue labbra bianche, gli occhi che sembravano mangiarsi il viso smagrito – l’avrebbe tormentato per gli anni a venire. E quella maledetta notte sembra non voler fare altro.
 

 
When I’m rolling with the punches
And hope is gone
 
 
Sono passati quattro giorni, e Chris era riuscito quasi a dimenticare tutto – perché pensarci su faceva troppo male – quando un messaggio di Jonny gli aveva dato il numero di Lila, quel pomeriggio. Si era chiesto tutto il giorno se avrebbe dovuto chiamarla o meno, ma quando alla fine aveva provato, aveva risposto la segreteria. E lui se n’era rimasto con la sensazione di aver sprecato la sua ultima occasione.
Un agente arriva e porta via il suonatore di oboe prendendolo per il gomito. Lancia un’occhiata sospettosa anche a lui, ma Chris abbassa la testa e loro se ne vanno. Ormai non c’è nessuno. Ruota su se stesso e si sdraia sulla panchina, le gambe piegate, un braccio sotto la testa e gli occhi nelle stelle. Che, per inciso, non ci sono. Del resto, è a Londra, in pieno centro. Le stelle sono rare quanto le volte in cui, negli ultimi tempi, ha dato un bacio a sua moglie o ha sorriso sul serio.
Sospira, una nuvoletta bianca esce dalle sue labbra.
Perché quell’incontro l’ha sconvolto tanto? È normale? Insomma, lui e Lila sono stati insieme a lungo, e si sono lasciati con dolore – sì, è vero, è stata tutta colpa sua, ma ha fatto male comunque.
E lei sta per andarsene, per l’ultima volta. Non riesce ad accettarlo, a razionalizzarlo, semplicemente dimentica il dettaglio.
Un pensiero lo colpisce con violenza. E se fosse stato tutto diverso? Se avessero scelto un’altra strada, se invece di allontanarsi si fossero cercati, avessero trovato la loro strada insieme? Lei si sarebbe ammalata comunque? Ma forse sarebbero stati più felici… Lui sarebbe stato completamente diverso, questo è certo.
Sei cambiato davvero tanto.
È una sua impressione, o Lila l’ha detto con rimpianto, con dispiacere, come se non le piacesse cosa lui è diventato? Come se volesse indietro il ragazzo che ha amato una volta. Lila è sempre stata brava a leggere le persone, lo ha sempre capito al volo. Forse è riuscita a capirlo anche adesso, anche dopo tanti anni e tanti eventi.
non mi sono sposata, anche se mi sarebbe piaciuto avere bambini.
Potrebbe sembrare assurdo, ma si sente in colpa. Perché lui si è sposato, anche se ultimamente il divano gli è diventato fin troppo familiare, e ha avuto due splendidi figli. E vorrebbe urlare e prendersi a schiaffi perché sa che non dedica loro tutta l’attenzione che si meritano, sa che sua madre disapprova, anche se non glielo dice, come li sta crescendo, e sa che dovrebbe amare e comprendere sua moglie di più – perché è sua moglie, Cristo santo –, ma è così difficile a volte. La sente così lontana, così diversa. Cosa diamine ci fa una come lei con uno come lui?
Che pensiero meschino.  Se ne pente all’istante, tirandosi su a sedere. Che razza di notte…
Il telefono squilla. Lo tira fuori, non ricordava nemmeno di averlo lasciato nella giacca. Jonny. Risponde, con uno strano presentimento.
«Jon?»
«Chris, è Lila…» la sua voce trema, e Chris inizia a sentirsi male. La voce di Jonny non trema mai. Non può. Se anche Jonny trema, che fine farà lui?
«Sì?»
«Lei… Chris, mi dispiace tanto.»
Chris chiude gli occhi, deglutisce. Anche la sua voce trema, ma non può farci niente.
«Quando?»
«Un’ora fa, io l’ho saputo adesso.»
Stanno in silenzio tutti e due, Chris tenta di domare la nausea, chiudendo gli occhi e imponendosi di respirare.
«Ho svegliato Gwyneth? Non volevo…»
«No, tranquillo.»
«Senti, io sono sveglio, fai un salto se vuoi, prendiamo un tè. Lo so che non serve a niente, ma…»
«Grazie, Jon. Buonanotte.»
Lo sente sospirare.
«Notte, Chris.»
Con dita insensibili lascia scivolare il cellulare di nuovo in tasca. Senza sapere dove trova la forza, si alza e cammina, tremando.
 

 
Millions of miles from home
In the swirling, swimming on
 
 
Un orologio, da qualche parte, batte la mezzanotte.
E lui lo sente distintamente, qualcosa si è spezzato, non è più lo stesso di qualche minuto prima. I rintocchi aumentano, lui accelera. L’orologio si acquieta, e lui corre fuori dal parco.
Il vento gli squarcia i polmoni, i muscoli tirano, stanchi, ma lui continua a correre. L’adrenalina gli scorre per le vene, accelera.
Non è possibile, cosa mai ha fatto Lila? Perché lei?
«Eh, non ce l’hai una risposta? Che ti ha fatto? PERCHÉ?»
Accelera. Vorrebbe gridare di più, fino a sentir male alla gola, ma è al centro di Londra a mezzanotte, finirebbe in carcere.
Si ferma, ansante, quando si ritrova in un quartiere che non riconosce. Si guarda intorno, scacciando bruscamente quelle lacrime che gli annebbiano la vista – è un padre, è lui che asciuga le lacrime dei suoi figli, porca miseria – cerca un cartello. Una freccia gli indica la via per Kensington Road, la conosce, va bene. Imbocca quella strada.
Tutto è così surreale, gli sembra di vivere un incubo. O di stare facendo una passeggiata nei meandri della sua mente, il che è quasi peggio. Deve esserci un errore, qualcuno ha sicuramente sbagliato qualche conto, per forza…
E invece no, no, no, lo sa, sa benissimo che è tutto giusto, che così doveva andare, e non diversamente.
Lila non c’è più.
Continua a ripeterselo in loop infinito. Forse così lo accetterà prima.
Lila non c’è più e lui ha paura del suo riflesso, perché non lo conosce.
Ripensa agli occhi stanchi che ha visto solo qualche ora prima allo specchio di casa sua. Di chi sono? È sicuro di saperlo? È davvero cambiato così tanto?
Pensa che sono secoli che non ha notizie dei suoi fratelli e di sua sorella. Si è perfino dimenticato di fare gli auguri di compleanno ad Al, l’ultima volta. Perché è così distante da loro? Si potrebbe pensare che è perché passa il tempo con sua moglie, ma non è così, passa poco tempo anche con lei, ormai. E davvero non sa perché, cosa diavolo stia succedendo…
Ripensa alla sua immagine allo specchio, si tasta i pettorali con una mano. Pettorali, lui. Ricorda che al liceo non faceva che fare flessioni su flessioni nella speranza di mettere su un po’ di muscoli, con scarsissimi risultati. Certo, forse cinque flessioni al giorno non erano sufficienti…
Chris aveva dovuto lottare, da adolescente, per accettarsi e farsi conoscere dagli altri per quello che era. Aveva lavorato duro per diventare più grande e più forte, e ci era riuscito, bastava guardarlo: un bell’uomo, con una brillante carriera, una bellissima famiglia, un gran seguito, fantastico. Tante belle favole di cui la realtà si era mascherata, che lo facevano sentire meglio, meno in colpa - verso cosa, poi, non lo sa bene, forse sé stesso.
A Lila era bastato uno sguardo per trovare tutte le menzogne, a Jonny poche parole per far crollare tutto quanto il suo castello di vetro.
E adesso eccolo, solo, perso per le strade di Londra – che pure conosce come le sue tasche –, di notte, vulnerabile e vicino al punto di rottura, privato per sempre di una delle persone che era stata fra le più importanti della sua vita. Come… come quel cielo che ha visto una volta in Africa, nero come pece, crivellato di stelle da cui tenta di uscire un po’ di luce.
Sbuffa un sorriso. Potrebbe usarla in una canzone, è buona.
 

 
When I’m rolling with the thunder
But bleed from thorns
 
 
Si strofina il viso con le mani, imboccando Young Street. Casa di Jonny è il ventisette. Forse. Aggrotta le sopracciglia. Il ventisette o il ventitre? Scrolla le spalle, pensando che gli toccherà leggere il nome sul campanello.
Finisce sempre così, di questo è certo. Non sa dove dormirà domani notte, ma sa che Jonny è sempre lì ad aspettarlo con quel suo sorriso sincero.
Perché Jonny c’è sempre stato. Sempre, davvero, non sta facendo il sentimentale. Jonny gli ha sempre teso una mano, dato un abbraccio di conforto. Il mondo potrebbe crollare – e adesso il terremoto è cominciato – ma Jonny è lì, e andrà tutto bene.
Chris non vuole sezionare i sentimenti che lo legano a lui, perché forse ha paura a scoprirli davvero, paura di affrontarli, perché potrebbero essere diversi da quello che gli altri e loro stessi credono, e si giustifica dicendosi che non ha importanza. Perché lui è nel mezzo di una tempesta nera, ma la luce a casa di Jonny – il ventisette, fra parentesi – è accesa. Non sa chi è l’uomo che indossa i suoi vestiti in quel momento - ha appena perso sé stesso -, non sa che cosa farà domani, se quella notte finirà mai, se bacerà mai di nuovo sua moglie, se si perdonerà mai, ma non ha paura. Perché la luce è accesa.

 
 
Leave a light, a light on
Leave a light, a light on.
 
 
 
 
 
 
 
  
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