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Autore: Mirtilla27    13/03/2014    0 recensioni
Questa non è una di quelle storie che finiscono con il classico “Per sempre felici e contenti”. Questa non è una di quelle storie dove accade di tutto, ma alla fine il tutto si risolve. Questa non è la storia di una principessa, né di un principe bello e ricco. Questa è una di quelle storie che vorresti ascoltare quando tutto il mondo ti sembra orribile. Questa è una di quelle storie belle da leggere con una tazza di cioccolata calda, davanti ad un camino acceso. Quindi, caro lettore, se non ti va di leggere una storia triste, forse è meglio se chiudi subito questo libro. Ma se sei pronto per entrare con me nella vita del libro, io ti accompagnerò, narrandoti la storia più intensa che io abbia mai ascoltato. Non è la mia storia, è la storia di Melania. E, se vorrai sapere come inizia la nostra storia, sarò lieta di narrarla per te.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap 1 La nostra storia ha inizio in un freddo giorno di inverno. Quando la neve si adagia lentamente sul terreno e, dolcemente, ricopre tutto quanto. Melania è sdraiata su uno di quei tipici letti di un ospedale. Gli occhi socchiusi, come se non volessero vedere tutta quanta la verità. Il suo braccio pieno di aghi che le portano un pizzico di sollievo, come se il dolore fosse davvero così insopportabile. L’infermiere doveva essersi dimenticato di chiudere la finestra questa mattina. Il vento portava dentro la stanza della ragazza alcuni fiocchi di neve che delicati si posano sopra la ragazza. Scossa da un brivido, Melania apre gli occhi. Caro lettore, avresti dovuto essere lì, perché solo in questo modo, avresti visto quegli occhi. Non credo esistano parole per parlare di quegli occhi verdi, così stanchi, ma anche così forti. Lei era ancora viva, era sopravvissuta alla quinta operazione della settimana. Si sentiva molto debole e le faceva male la testa, probabilmente era a causa dei punti che le tiravano. Aveva cominciato a lottare contro il cancro circa due anni prima. Allora era ancora una bambina, ma ora si sentiva più adulta di sua madre, anche se aveva solo 16 anni. Sua madre. Melania stava pensando a lei, si capiva dal sorrisino malizioso che portava sul viso. Le voleva molto bene, si riteneva molto fortunata ad avere una madre così forte, che aveva addirittura cercato di iscriversi alla facoltà di medicina pur di trovare una cura per il tumore al cervello della figlia. Non avendo passato il test della facoltà, mandava offerte molto generose a tutte le associazioni per la lotta contro il cancro. Come se donare fiocchi rosa, servisse a guarire. Melania guardò fuori dalla finestra e notò che stava nevicando. Lei adorava la neve. Non le interessava se era fredda e bagnata, le piaceva perché quando c’era la neve, tutto sembrava tacere. Non si sentiva nessun rumore. Non si vedevano nemmeno più i colori, perché era tutto ricoperto da questa coperta bianca. Non era come la pioggia. A Mel la pioggia non piaceva proprio per niente. Era troppo rumorosa per i suoi gusti. E rendeva tutto così buio e nero. Anche le persone erano più nervose quando pioveva, come se quella pioggia acida riuscisse a penetrare sotto la carne e ad arrivare fino al cuore. La neve, invece, portava il silenzio. Lei riusciva a percepirlo. Anche il corridoio del reparto di oncologia pediatrica era silenzioso. “Buongiorno Melania. Come stiamo oggi?”, chiese, entrando Erika, l’infermiera della ragazza. “Hey Erika”, rispose la piccola con un sospiro, la sua voce era talmente bassa che temeva di averla persa, “Com’è andata l’operazione?”, chiese successivamente. “Dopo dovrebbe passare il Dottor Nardi a vedere come stai, ma penso sia andata bene. Sei ancora qui con noi e domani, finalmente, ti dimettiamo per due intere settimane. Tua madre vuole portarti in montagna dalla nonna. Ecco, ho finito, la flebo è cambiata. Passo tra poco a portarti la colazione.” Disse Erika uscendo dalla stanza. Melania guardò il letto vuoto accanto al suo e si rallegrò del fatto che fosse ancora vuoto. Voleva che nessuno più al mondo patisse quello che stavano passando lei e tutti i bambini del reparto. Cercò di alzarsi dal letto per andare in bagno. Ogni passo era sofferenza. Sentiva la testa pulsare e le gambe cedere sotto tutto quello sforzo. Arrivata in bagno si guardò allo specchio e ciò che vide, non le fu di grande conforto. Vide riflessa l’immagine di una sconosciuta. Non era la Melania che si ricordava. E lei era bella, eccome se lo era. E se penso a lei me la ricordo ancora quando era bella, quando il sangue rendeva ancora le sue guance rosa. La Melania riflessa nello specchio non poteva toccarsi i lunghi capelli neri e attorcigliare le dita attorno a quei boccoli così perfetti. Al posto dei capelli ora aveva delle vene violacee che le attraversavano completamente il cranio. Quei grandissimi occhi verdi ora avevano un velo di agonia, come se il cancro le stesse consumando anche l’anima. E quelle labbra fantastiche, così morbide e così rosse, ora erano completamente bianche e screpolate, come il resto del corpo. Un lacrima veloce sgorgò, la piccola non aveva più nemmeno la forza di piangere. “ Mia, Mia, Mia! Dove sei amore? Dobbiamo fare le valigie! Dobbiamo partire domani! Tua nonna ha già preparato tutto! Dovresti vedere come è agitata! Forza!”. Chiara, la madre di Melania, entrò a grandi passi nella stanza. Mi ricordo che indossava un giubbotto giallo che la faceva somigliare ad un grande pulcino, era molto buffa. Per questo quando Melania uscì dal bagno scoppiò in una fragorosa risata. La sua risata era perfetta. Come se migliaia di campanellini si fossero messi a tintinnare tutti nello stesso momento. “Mamma ha già preparato tutto Erika. E comunque hai parlato tu con il dottore?”, chiese Melania tornando a letto. “Sì, il dottore dice che ti farà bene venire all’Aprica con tutta la famiglia. Tesoro il chirurgo è riuscito a rimuovere il 90% del tumore! Questo vuole dire che le operazioni sono finite, e ora rimane soltanto un altro pochino di chemioterapia.”. Chiara prese le mani della figlia e la guardò dritta negli occhi. Poi le sussurrò: “Sei stata forte Mia. Per questo ti meriti un bel regalo e un po’ di riposo. Penserà a tutto la tua mamma, vedrai come starai bene alla fine.”. Detto questo si alzò e iniziò a guardare se nella valigia c’era tutto. Poi andò a lavorare come ogni mattina e Melania rimase su quel letto da sola. Quando Erika entrò a portarle la colazione, la trovò addormentata, così gliela appoggiò sul comodino e chiuse la finestra della camera. Melania dormiva così profondamente che non si accorse delle visite dei parenti che erano passati a congratularsi con lei per avere finalmente, dopo dieci lunghi anni, sconfitto il tumore. Che parola orribile. Tumore, cancro. Sono qualcosa di orribile e in un quel piano dell’ospedale, lo sapevano tutti. Ma la nostra storia non ha nulla a che vedere con il cancro. La nostra è una storia più profonda, un vortice che ti prende e ti porta in un universo parallelo, in un altro mondo. Ed è lì che vi voglio portare, poiché credo che sia la parte fondamentale della vita di ognuno, arrivare a scoprire che, dentro di noi, c’è un altro mondo.
  
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