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Autore: unsteady    14/03/2014    1 recensioni
Se la vita è uno schifo, tanto vale godersela.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho un forte dolore allo stomaco, nel basso ventre, mi sento vuota. Anzi, piena, troppo. Un senso di nausea che potrebbe impedirmi di vivere in pace. Sarà meglio colmarlo. Passerà, dicevano, ma non penso proprio che svanisca magicamente tutto quello schifo che il giorno di ieri ha provocato in me.

Scendo traballante dal materasso.

Le lenzuola scivolano dolcemente sulle mie cosce, provocandomi un leggero solletico. Immagino le mani del mio principe azzurro che mi sfiorano la coscia amabilmente. Non se ne accorge, io sì. Perchè ogni suo gesto, ogni sua mossa, nella mia testa sono come anelli d'oro verde su un bianco marciapiede. Mi dirigo verso il bagno, apro l'acqua della vasca mentre in piedi, sul tappetino color indaco di Persia – un dono di mia madre – lascio cadere le spalline della débardeur. Mi osservo allo specchio. Il mio volto è come stremato, svogliato. Come uno zombie, un pover orso che si è appena svegliato dal letargo. Grosse occhiaie mi bordano gli occhi e le labbra sono viola, secche ed esauste. Non porto il reggiseno ovviamente e mi ritrovo in un istante come una ragazzina prima di perdere la verginità, solo con gli slip e a stento protetta ancora da una nota del mio Flora, coperto ormai dal sudore e dalla pioggia di ieri notte. Mi sento umiliata e quasi provo un senso di imbarazzo nel vedermi lì nuda come una povera violentata. I miei seni non hanno niente di nuovo, se non una macchia di sangue secco proveniente da una piccola ferita vicina alla spalla destra. Mi calo lentamente anche gli slip e ora sono completamente nuda davanti allo specchio. Sento una lacrima rigarmi la guancia. Non so bene perché. E se qualcuno mi chiedesse in questo momento perché piango, mi scoccerebbe sentirmelo chiedere. Mi avvicino alla vasca e ritorno sulla terra ferma. Un'attimo prima ero come sulle nuvole, non sentivo neppure lo scorrere dell'acqua. Mi immergo, ma l'acqua è bollente e sento bruciare l'interno coscia, come se ci avessero appiccato un incendio. Velocemente faccio venire un po' di acqua gelata, per colmare il trauma. Rammento che da bambina vidi un film ambientato durante la seconda guerra mondiale, dove un sergente, non ricordo di quale nazionalità, fece spogliare tutte le ragazze di un convento in un grande salone, pensando che fra loro ci fosse qualcuna che nascondesse un'arma. Una di fianco all'altra, formarono tante file per il lungo. Per ordine del sergente iniziarono a spogliarsi seccate, ognuna con lo stesso sguardo rassegnato che ho io in questo momento. Nel giro di un minuto, una trentina di sedicenni rimasero completamente nude davanti ad uno sconosciuto senza cuore. Qualcuna con i seni più piccoli, quelle con i seni più grandi si stringevano fra le braccia con la testa bassa. Nel frattempo la madre superiora si dimenava gridando che le facesse rivestire subito. Per loro lei era come una madre e la madre impotente vedeva umiliate le sue figlie.

Questo bagno dura un'eternità. Nonostante non vedo l'ora di uscirne a causa dei troppi pensieri per la testa, non ne trovo le forze. Vorrei starmene sdraiata a dormire per sempre, poiché ho visto la mia vita cadere a pezzi nel giro di una notte. Mi alzo, mi asciugo per bene, ritrovo la familiarità con il mio corpo e indosso una semplice felpa e un paio di jeans. Non mi trucco, non mi do il profumo, non mi pettino, non ne ho voglia. Prendo la borsa con le chiavi ed esco di casa. Cammino, cammino, in cerca di nuova gente, di nuove esperienze, di nuovi volti e pensieri. Cammino.

  
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