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Autore: SheilaUnison    14/03/2014    0 recensioni
Mark è innamoratissimo di Dakota ed un giorno esce con lei ed Erik e sta per rivelarle il suo amore, quando un oscuro personaggio del passato della sua amata spunta fuori e minaccia di rovinare i suoi piani...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Daniel mi fissò.

“Vieni, entriamo. Sediamoci al tavolo di prima.”

Ci introducemmo nel locale. Il suo sguardo saettava irrequieto da un angolo all'altro del locale finchè giungemmo alla destinazione. Ci sedemmo. Da parte mia ero molto nervosa. Quella giornata era stata fin troppo carica di sorprese, non sapevo se sarei stata pronta per un altro colpo.

“Come ti senti?”

Tremai.

“Ho paura.”

“Per Mark?” chiese in un fiato.

“Sì...anche. Potrei averlo perso come amico.”

“Mi spiace. Beh puoi sempre chiedere alla signora Brown di trovargli una ragazza.”

“Tsk. Potrebbe trovargliela davvero.”

“E' una donna molto simpatica...eccetto quando fa la ficcanaso!” scherzò. L'atmosfera si era un po' alleggerita.

Sorrisi, ammettendo che avesse ragione. Quello era il Daniel che conoscevo. Finalmente avevamo spezzato la tensione.

“Già. A volte quando cammino per strada mi guarda da dietro le tendine del suo alloggio. È inquietante!”

“Davvero? Io chiamerei la polizia!...Ah, vuoi un gelato? Te lo offro. Dai, lo prendo anche io!”

“Grazie, sei gentile. Potrei averlo alla fragola?”

“Sicuro. Arriva subito!” rispose e volò verso il bancone dei gelati.

Sembra tutto ok...ma allora perchè non mi ha più considerata per tutto questo tempo? Devo scoprirlo.

“Eccomi. A te.” disse, comparendo improvvisamente e porgendomi un succulento cornetto rosa. Ci sedemmo al tavolo, lui con un cornetto verde oliva. Presi coraggio:

“Non ti sei più fatto vivo!”

“Neanche tu.” mi fece notare, mentre il suo sorriso si trasformava in un'espressione seria.

“L'ho fatto perchè tu non mi hai più parlato dopo...quello che è successo!”

Ecco, la questione era proprio quella, fin dall'inizio.

“Hai ragione, ma non è stato un bel periodo per me. Ma il passato è passato, no?” sorrise speranzoso.

“No. Non lo è. Ti ho scritto molte volte, hai risposto in modo vago. Non volevi più vedermi! Almeno di' le cose come stanno, visto che, se non fosse stato per oggi, non ti avrei più rivisto!”

La discussione era aperta.

“Non è vero! Io volevo chiederti scusa...solo non oggi. Pensavo che sarebbe stato tutto a posto, ti avrei chiesto scusa, poi sei arrivata oggi e...”

Lo interruppi, furiosa, alzandomi in piedi. Mi stava chiaramente prendendo in giro.

“E qui arriva il problema, vero? Tu non vuoi chiedermi scusa! Altrimenti lo avresti fatto prima! Oppure è più facile fare il vile e dirmelo quando non posso più guardarti in faccia?”

“Non dire così, ti prego...” replicò debolmente, cercando di afferrarmi le mani, che stavo agitando in aria, ma non glielo permisi. “Lascia che ti spieghi!”

Riuscì ad afferrarmi le spalle e mi spinse delicatamente giù per farmi sedere sulla poltrona, poi si mise accanto a me, cercando le parole giuste.

“Ecco, io mi trasferirò a Londra. Parto domani.”

Il mio battito subì un brusco arresto.

“No.” fu tutto quello che riuscii a dire prima che una lacrima rigasse il mio volto.

“Andrò lì a scuola...mi dispiace di averti fatta soffrire, era l'ultima cosa che avrei voluto per te, ma non avevo scelta. Ecco perchè non ti ho più parlato. Sarei stato male a vederti ancora.”

“Sei...sei un idiota. - risposi singhiozzando. - Perchè non me lo hai spiegato con calma? Perchè mi hai lasciata fuori? Eri il mio migliore amico! Avremmo potuto superarlo insieme, come sempre...e comunque avevo capito che qualcosa non andava.”

“Davvero?”

“Sì, non sono scema. I tuoi comportamenti, anche oggi, hanno sempre contraddetto le tue parole. Avevo il sospetto che ci fosse qualcosa sotto. Se no perchè- presi fiato, era la prima volta che affrontavo l'argomento. - perchè avresti tentato di baciarmi, per poi fermarti, dirmi che non volevi rovinare la nostra amicizia e, poi, sparire? Dimmi che non me lo sono sognata.”

Che stupida.

Lui si avvicinò sempre di più a me, uno sguardo disperato che mi implorava.

“Pensavo di non piacerti. Inoltre, visto che mi trasferisco a Londra volevo dimenticarti. Mi dispiace.”

Abbassò lo sguardo.

“Hai fatto tutto da solo.” replicai acida, ma poi, vedendolo star male in quel modo, lo abbracciai.

“Mi sei mancato.”

“Anche tu.” rispose, poi si tirò un po' indietro, guardandomi, si avvicinò al mio volto e appoggiò le sue labbra sulla mia guancia, con delicatezza. Dolce come il miele.

Tornò in sé e mi chiese scusa. Sembrava in attesa di qualcosa.

“No, va...va bene.” balbettai.

Ciò che avevo provato a nascondere in quei due mesi stava prepotentemente riemergendo. Quel giorno in cui aveva tentato di baciarmi mentre eravamo soli era stata la distruzione di ogni mio sogno, non perchè non lo volessi, ma perchè non lo aveva fatto e aveva chiuso la questione pentendosi di quel suo slancio di coraggio.

“Non voglio perderti, ma il tuo arrivo oggi mi ha fatto capire che non riuscirò a dimenticarti così facilmente. Perchè sì, tu mi piaci ancora.”

Fiamme degne di un lanciafiamme si agitavano nel mio corpo, bruciando ogni fibra del mio corpo. Non riuscivo ad aprir bocca, ero troppo sconvolta, ma dovevo dire qualcosa, lui si aspettava una risposta. Presi fiato e riuscii a partorire qualche parola:

“Allora non farlo. Non dimenticarmi.”

Daniel sembrò soppesare attentamente le mie parole, poi si avvicinò lento al mio volto.

Il mio battito era troppo veloce, temevo che il mio cuore non reggesse. Lui sollevò il braccio e fece scivolare lentamente le dita della sua mano sulla mia guancia. Il tocco di Mark non era nulla in confronto al suo. Mi diede i brividi.

I suoi occhi non avevano smesso di fissarmi un solo istante. Sembravano cercare una risposta nei miei.

Che caldo. È così ipnotico.

La mente era vuota, mentre il cuore scalpitava. La tensione era bella e insopportabile.

Dopo quello che mi parve un'eternità, si tese piano in avanti, fino ad appoggiarsi alla mia fronte, toccando la punta del mio naso col suo.

Stava sondando il terreno, prudente.

Lo volevo, lo volevo così intensamente da pensare che il mio corpo fosse lì lì per esplodere. Ormai quei centimetri di distanza erano diventati insostenibili.

Daniel colse la mia richiesta di aiuto, azzerando lo spazio tra di noi, e posò le sue labbra sulle mie.

Sto andando a fuoco? pensai.

Ricambiai il bacio e ci stringemmo sempre di più, mentre il mondo circostante scompariva.

Le sue braccia si strinsero alla mia vita e le mie gli cinsero il collo.

Bruciavo, bruciavo viva così intensamente che i fumi del mio incendio interiore mi davano alla testa.

Si staccò tutt'a un tratto, lasciandomi senza fiato.

Gli sorrisi per rassicurarlo.

Mi sfiorò la mano con la sua ed io gliela strinsi.

Io ci sono, non importano gli ostacoli.

“E' tempo di andare, tra un po' chiudiamo per andare a cena.” disse, poi mi prese la testa e mi diede un tenero bacio sulla fronte e ci alzammo.

Aperta la porta della saletta privata, vidi la signora Lucas tirare giù le tapparelle e invitarci ad uscire dal locale, che provvedé a chiudere. Salutammo lo staff, compresa la gentile cameriera che mi aveva servito quel pomeriggio, e ci dirigemmo verso l'auto di famiglia.

Mi voltai verso Daniel, il cui volto era contratto.

“Ehi, tutto bene?” chiesi preoccupata.

“Te lo dico quando siamo a casa.” rispose scuro in volto. Cercai di consolarlo:

“Va tutto bene. Ci sono io qui. Non ti lascio solo.”

Mi fece un mezzo sorriso e sembrò un po' più sereno.

Bene, ha funzionato.

Mi aprì la portiera, mi accomodai sorridendogli, mentre lui prendeva posto vicino a me e Sandra si posizionava al volante.

Il viaggio in macchina fu lungo e pieno di domande imbarazzanti della mamma di Daniel, ma il mio sguardo andava sempre a lui e allo stesso modo il suo per me. Arrivammo davanti al loro appartamento, sistemato in un grigio condominio di periferia.

Parcheggiata l'auto, entrammo nell'edificio e arrivammo infine a casa.

Il signor Lucas, alto uomo baffuto dallo sguardo placido e mansueto, era in cucina e aveva già preparato parte della cena. Mi accolse con un caloroso abbraccio, chiedendomi notizie su me e sulla mia famiglia.

Sembrano passati secoli.

“Posso dare una mano?” chiesi.

“No, ci pensiamo noi. Dopotutto è molto che non vi vedete! Andate pure, vi chiamiamo noi quando è pronto.” rispose Sandra, tutta contenta, spingendoci a forza fuori dalla stanza.

Daniel mi prese la sua mano e ci dirigemmo in camera sua. Era bello sapere di appartenere a qualcuno.

Quante volte ero stata in quella stanza dalle pareti azzurre! Eppure ora tutto aveva un sapore diverso. Chiuse la porta dietro di noi e la mia mente fu invasa da mille pensieri.

Era mio e io ero sua, nonostante i miei passati tentativi di soffocare l'amore che provavo per lui, per paura di non essere ricambiata.

Ma era il passato. Me ne stavo seduta sul suo letto, avvolta dal suo confortevole abbraccio.

“Volevi dirmi qualcosa prima?”

“Sì. Io parto stanotte, ma...come faccio senza te?”

“Dai, Londra non è tanto lontana. Almeno siamo ancora nello stesso Stato. Possiamo scriverci e vederci con la webcam. Spenderò tutta la mia paghetta per i biglietti aerei, lo giuro.”

Sorrise all'idea.

“Io farò lo stesso. Non ti farò più scappare.”

Iniziò a baciarmi ancora e ancora.

Quei piccoli e fragili frammenti di vita, insignificanti per il resto del mondo, per me erano tutto.

La sua bocca, benzina che accendeva la mia passione.

I suoi occhi, pieni di un amore che aveva miracolosamente deciso di donare a me.

Le sue braccia, un castello in cui rifugiarsi e sentirsi al sicuro.

Ero ufficialmente ossessionata da lui.

Tuttavia il sogno non era destinato a durare. Infatti udii un rumore ripetuto.

Cosa succede?

Passi, passi di qualcuno che osava interrompere il nostro abbraccio, vento che minacciava di spegnere la nostra fiamma.

Chi minacciava la nostra felicità?

Daniel si allontanò rapidamente da me, rimettendosi in sesto. Si sedette su una sedia poco lontano da me, mormorandomi uno ''scusa''. Avrebbe voluto rimanermi accanto.

“Toc toc!” esclamò Sandra, mentre entrava nella stanza, aprendo la porta.

A malincuore Daniel ricevette in camera sua la madre, che annunciava la cena.

Tempo di mangiare, a dopo le questioni importanti.

  
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