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Autore: ness6_27    16/03/2014    1 recensioni
Due ragazzi rimangono da soli in una villa senza elettricità. Decisero di raccontarsi una storia per passare il tempo. La storia di una ragazza che si trasferisce controvoglia in un piccolo paesello, e diventa la protagonista insieme a un introverso ragazzo, di eventi piuttosto particolari, legati al folklore di quel paese. Tante storie popolari, tra lupi, spiriti, e altro. Non proprio cose di tutti i giorni.
Genere: Generale, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Villa Cascia


"Una storia!”
Una storia? Che ti sei rincretinito?”
Dai, ragiona, lo sai che ogni volta che veniamo in vacanza in questa villa di campagna almeno una volta deve staccarsi la luce la sera per tornare la mattina dopo! Fino a domani mattina non potremo fare nient'altro. Io non ho sonno, non so tu.”
Nemmeno io in effetti...”
“Ecco, hai visto? Raccontiamoci qualcosa per passare il tempo.”

Dovremmo trovare delle storie lunghette, la notte non dura poco.”
Beh, guarda, io c'ho stampata in mente una storia che mio padre mi raccontava sempre sulla nonna. Era una storia abbastanza strana, da piccolo mi metteva angoscia.”
Davvero?! Allora non perdere un attimo e racconta.”


Mia nonna conobbe mio nonno, suo futuro marito, molto giovane, quando lei andava alle superiori. Durante quel periodo lei non era esattamente serena, perché si era dovuta trasferire nel paesello d'origine di mio nonno. E il corso degli eventi, lì, si fece molto strano. Tante cose successero, addirittura fin prima dell'arrivo, durante il viaggio.


Io me lo immaginavo che tutto ciò sarebbe successo. Prima o poi doveva succedere. Io che ho fin da sempre amato alla follia la mia città, la mia afosa, affollata città piena di smog, l'ho dovuta lasciare, in quanto mi sto trasferendo. Dio mio. Sono sempre stata attratta da quella città. Ho avuto modo di farmi un'idea su quella che può essere la vita in campagna o in una cittadina di provincia, ma la vita di una metropoli non l'avrei cambiata per nulla al mondo. Dio, no. Con tutti quei colori, con tutta la sua sfrenatezza, tutti i negozi, tutte le pizzerie, le tavole calde, i McDonalds e tutti quegli altri posti dove anziché mangiare cibo ti mangiavi il fegato. Che poi non è vero, io ci mangiavo spesso e il fegato l'ho sempre avuto apposto. Quanto avrò potuto amare la leggera nebbia che si veniva a creare, non per il tempo, ma per l'effetto serra! Quanto le litigate tra automobilisti che andavano di fretta, quanto l'adrenalina che mi saliva nei momenti di una rissa, o, peggio, di uno scippo. Il cinema d'essai e quello a luci rosse. Anche se in quest'ultimo ci sono entrata solo una volta.
Il film era carino...
No, ma è inutile che ora riviva questi ricordi: lì sarà tutto diverso! Mi immagino di già: strade morte dalle ventidue in poi di settimana, all'una di sabato, la domenica tutti a casa perché “il giorno dopo c'è scuola!”. Tutte le paesane di provincia vestite allo stesso modo che si mettono a raccontare di fatti successi a coetanee. Tutti i paesani vestiti da buzzurri che si mettono a parlare di calcio o di zip modificati. Madonna, perché?! Vecchiette che escono le sedie e si accomodano in strada per parlare del tempo o di come fare con gli elettrodomestici, che faticano a capire come funzionino nonostante li usino da anni. Ce l'avranno una pizzeria decente almeno. Lo spero. Lo spero per loro. Mi uccido se non è così, se lì dovrò campare a forza di zuppette cucinate dalle nonne “che fanno tanto bene, ti fanno vivere a lungo come a me!”. Che cazzo di senso ha vivere, se la vita che devi fare è questa, mi chiedo!? Preferisco fare seppuku a settanta anni, quando mi diranno che dovrò abituarmi all'idea di mangiare solo brodaglia perché i denti saranno sul punto di cadermi. Sempre se ciò non mi succede prima. Magari a sessanta o sessantacinque anni. Sempre che non mi venga l'apatia subito e muoia qui! M'immagino già la lapide:
 
“Qui giace Giada Micante.
Nata nella vita, defunta in un paesello morto prima di nascere.”


...
Forse sono un po' troppo cattiva. Magari la vita in paese non è così male!...Ma a chi voglio illudere?
Credo di essere sul punto di aver finito i miei motivi per non essere d'accordo sul trasloco. Pensavo sarebbe durato un po' di più questo discorso. Pazienza. Erano, più o meno, le dieci e venti di sera. Saremmo dovuti arrivare molto prima, se non fosse stato per quell'incidente durante la strada. Una cosa assurda: senza un motivo ancora precisato, un autobus ha perso il controllo bloccando tutta la superstrada. Mio padre stava abbastanza incazzato di suo perché avrebbe dovuto incominciare oggi il suo nuovo lavoro lì. O forse è perché l'hanno spostato lì. In un certo senso, questo spostamento è una degradazione dal punto di vista lavorativo. Va bene che, lavorando nelle Ferrovie, ti possono capitare tutti i posti, più o meno, ma proprio in un punto simile... Comunque, dopo questo incidente non so mio padre dove abbia trovato la voglia di uscire dalla macchina per aiutare nei soccorsi. Ma la cosa più orribile doveva ancora venire. L'autobus si era ribaltato, perciò, oltre al fatto che è stato difficile far uscire tutti, molte persone si erano ferite gravemente. E lui si era visto costretto a tirare fuori persone con le ossa rotte, o peggio ancora, scoperte, con tutto il volto grondante sangue. Credo che strabuzzò gli occhi e si sforzò di non vomitare quando vide un soccorritore che, uscendo una vittima, per sbaglio gli dilaniò una gamba nelle macerie. Lo tirarono fuori lasciandosi dietro il sangue di quella ferita. Poi, quasi per scherzo del destino, quella vittima resto sfigurata. A un tratto ci fu una piccola esplosione, che bastò per rompere i vetri di un lato dell'autobus. Una scheggia si conficcò perfettamente nell'occhio di questa donna. So che fosse donna, ma non sapevo chi fosse o che vita facesse. Magari era una donna di famiglia, considerata dai figli e dal marito una donna bellissima. E magari ora sarebbe stata osservata con gli occhi della compassione. Tutti, abituati a guardarla muoversi nella sua bellezza, si sarebbero fissati sulle cicatrici che un incidente simile lascerà. Magari dal marito saranno giudicate affascinanti, ma per lei resteranno sempre cicatrici aperte che sputano fuori la sua anima facendola morire.
O magari era zitella e non fregherà niente a nessuno, se non a lei.
M'immagino la scena. Mio padre che dopo l'esplosione, aveva istintivamente cercato di coprirsi, dimenticando di coprire l'infortunata. La donna probabilmente non ha nemmeno urlato, doveva essere svenuta per il dolore della gamba. Quindi lui ci mise un po' ad accorgersi di quel viso. O meglio, di quei due visi: uno sfregiato, ma ancora composto da pelle e che veniva rigato dalle lacrime; l'altro pieno di sangue, ormai fatto sangue. Non c'erano altri termini. O almeno, così lui diceva. Quella cavità orbitale ormai non poteva fare altro che sgorgare sangue a fiotti, questo ricadeva fino nelle guance, ormai completamente tinte di rosso. Penso che sia normale che, a quel punto, mio padre corse a vomitare. Comunque, dopo tutto quell'incidente fummo costretti ad aspettare ancora affinché la polizia raccogliesse le testimonianze di tutti. Ed ecco il motivo di tutto questo ritardo. La strada che dovevamo percorrere non aiutava. In linea d'aria dal punto dove ci trovavamo alle dieci e venti serali ormai ci sarebbero voluti cinque minuti di macchina per arrivare in questo paese, ma siccome questo si trova al centro di una valle, abbiamo dovuto ridiscendere tutte le colline attorno, e ci sarebbe voluta ancora mezz'ora. Vidi il cimitero. Ovviamente il cimitero lo mettono sopra le colline, nel caso ci sarà un'alluvione chi riposa potrà riposare in pace. Insieme a tanti nuovi compagni.

Ma quel cimitero mi dava proprio l'idea che ancora per noi non sia finita.
Sembrava quasi volesse darci il benvenuto a suo modo.


La Fiesta guidata da Ruggero Micante correva ad una velocità abbastanza sostenuta e, nell'affrontare una curva, non riuscì a evitare un tronco che si trovava sul ciglio della strada. Per pura fortuna l'auto non uscì fuori traiettoria perdendosi chissà dove.
Ora si trovavano con una ruota a terra nel buio più totale in una zona dispersa. Tra la mezza disperazione e la rabbia dei suoi, mia nonna durante i lampi notò una cosa strana dietro la loro macchina, a pochi passi da essa.


Stavo già in apprensione per tutta quella faccenda, e con i miei che non facevano altro che urlare, non ho potuto fare a meno di mandarli a quel paese e cercare di vedere qualcosa dal finestrino della macchina. Sembra che si sta avvicinando una tempesta, vedevo dei lampi lontani. A un tratto notai una cosa strana sul selciato dietro di noi. Una specie di pallina rosso fuoco ad altezza più o meno del tettuccio della macchina che sembrava librarsi in aria. Non sapevo per quale motivo fosse lì, né cosa fosse. Guardavo incuriosita questo piccolo cerchietto, e tanto fu lo sgomento quando mi accorsi che si avvicinava. Ancora peggio quando notai la figura che si avvicinava assieme ad essa. Lo notai grazie a uno dei tanti lampi in lontananza che illuminavano il paesaggio. Non riuscivo a capire cosa potesse essere. Incominciai a sbiancare. Cercai di avvisare i miei di quella...“persona”...che veniva verso di noi. Mio padre, abbastanza incollerito da tutta la situazione, attivò la torcia nel cellulare e uscì dalla macchina, seguito dai miei “stai attento ti prego!”
Ho ancora dubbi su cosa veramente fosse quell'essere illuminato dal fascio di luce diretto da mio padre. Non sembrava umano. Era basso, nonostante la magrezza, portava dei capelli lunghi tra il bianco e l'argento ormai spento. Ogni osso della sua faccia sembrava voler strappare quelle pelle quasi cianotica del viso. E tanto questa pelle era esile e tirata, che mi sembrava di poter osservare ogni singola fibra che la costituiva. Ogni suo cambio di espressione era per me un aumento della sensazione di nausea. Quella pellaccia cadaverica metteva in mostra l'orrido lavoro di tutti i muscoli facciali, che si contraevano, come se schiacciati da piccole presse invisibili. Dalla macchina notavo che aveva la sclera non bianca come doveva essere, ma di un giallo acquoso. Come aprì bocca, forse per dire qualcosa, fissai con terrore la gola: tutta la zona che stava sotto il pomo di Adamo se n'era rientrata nel collo, quasi fagocitata dal collo, avevo l'impressione si sarebbe creato un buco e sarebbero incominciati a uscire schizzi di sangue ormai rappreso, visto che quella non mi sembrava una persona. Non viva, per lo meno. Quella immagine nella mia testa, unita al senso di stanchezza e spossatezza mi portarono sul punto di svenire. Incominciai a vedere tutto sfumato, mi si addormentarono le mani e i piedi, cosa che mi rese ancora più difficile restare vigile. Non riuscivo più a distinguere ciò che mia madre mi diceva. Caddi riversa sui sedili posteriori, e alla mia destra avevo la luce di cortesia, messa sopra mamma che dal sedile passeggero anteriore cercava di chiamarmi preoccupata. Quella luce di cortesia era diventata fredda. Era di un bianco che non voleva trasmettere niente. Non era il colore del sole che trasmette calore alla terra. Per quanto possa essere solo finzione, la luce di cortesia della Fiesta di papà mi aveva dato sempre questa idea. Ora invece era di un maledettamente insignificante bianco. E anche quel bianco stava per lasciarmi, per farmi diventare tutt'uno con l'oscurità che c'era fuori da quella macchina.
Forse un ultimo lampo, poi divenne tutto buio.


E mi vorresti fare credere che quella cosa fosse, chessò, un cadavere appena uscito fuori dalla sua tomba per prendere una boccata d'aria?”
Assolutamente no. Quella era una persona come tante altre.”


Mi fece un po' strano sentirmi dire che quella persona che ho visto ieri al cimitero era, appunto, una persona. Era il custode del cimitero, aveva appena chiuso per tornarsene a casa, che distava da lì pochi minuti. Fu molto gentile, nonostante mio padre era parecchio nervoso e non riusciva a capire dove si trovasse la nostra nuova casa, lui non si perse d'animo. Aiutò mio padre a cambiare la ruota. Poi mia madre si accomodò dietro accanto a me, che mi risvegliai solo la mattina dopo, e il custode salì in macchina accanto a mio padre per indicarci la strada da percorrere. Sembrava un uomo tranquillo, anche se dalla sua espressione durante i periodi di silenzio sembrava trasparire una pesante preoccupazione, a detta di mio padre. E in effetti, quando arrivammo a destinazione, mio padre si offrì di riaccompagnarlo a casa.
“No, grazie, ma ormai che sono qui mi farò ospitare da un amico, che a quest'ora è sicuramente alzato.”
“Ma ci vogliono solo una ventina di minuti!”
Il tizio puntò il dito ai lampi lontani, nominandoli con un nomignolo strano.
“Li vede quelli, giovanotto? I surrusca in queste zone non sono tipici di questa stagione. M'inquietano, e mi spaventerei ad arrivare a casa anche se in macchina. Inoltre poi, inizio ad avere un po' paura a stare a casa mia, che si trova così vicina al cimitero.”
Qui scoprì perché fosse preoccupato.
“Io sono il custode del cimitero, e ho dedicato mezzo secolo della mia vita a fare questo. E ora mi vogliono dare le colpe perché c'è qualcuno che di notte si mette a scorazzare in giro per il camposanto.”
“Ma chi potrebbe mai fare una cosa simile?”
“Non lo so, giovanotto. E c'è un problema peggiore: le persone, qui, quando non sanno proprio dare la colpa a una persona danno la colpa a ben altre cose.”
“Ossia?”
““Spiriti”, “padroni della casa”, e cose così. Prima o poi imparerete a conoscere queste storie di questo posto.”
Ora anche mio padre si convinse di aver fatto male ad essersi trasferito.

"E poi..."
Un piccolo bagliore sembrò colpire la fioca luce della candela che stava tra i due ragazzi: era tornata per un attimo la luce. Ma questione di un attimo.
"Pensi che ritorna prima di domani?"

"Direi proprio di no."
"Beh, continua con la storia!"


Angolo dell'autore.
Oddio, finalmente torno con una nuova storia. In effetti, avevo programmato da tantissimo tempo questa storia, la mia mente l'aveva partorita fin dall'anno scorso. O almeno, una sua parte. Sfortuna volle, però, che proprio quando mi ero messo a scriverla il pc mi lasciò. Durante il periodo che restai senza pc avevo un piccolo netbook, ma anche in questo caso un giorno la sfortuna fece il suo dovere, e mi danneggiò il file contenente la storia. Ora che ho il pc nuovo, ho riscritto (ovviamente non sono riuscito a riprendere quasi niente della prima versione) il primo capitolo. Per ora ho scritto solo questo perché non sono per niente sicuro di cosa succederà in questa storia(come con le altre, eh), non ho un filo degli eventi in testa, ma almeno pubblicando questo primo capitolo mi sono imposto di dedicarmici.
Non so nemmeno se ne uscirà fuori una storia degna del tag "horror" e "rosso", ma lo spero.
Spero inoltre che questo capitolo sia di vostro gradimento. Sarebbe un inizio :D.
Come sempre, è gradita una recensione se la storia vi è piaciuta, o vi ha fatto schifo, o un pochino e un pochino. xD
Stay tuned, a presto! :D
  
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