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Autore: La Directioner Senza Nome    16/03/2014    16 recensioni
- Cosa farai senza di me? -
-Mangerò, forse di meno. -
- E..poi? Nient'altro? -
- Fumerò, forse di più. -
- Ti rovinerai così. -
- Mi sono già rovinato. Ho scelto di stare lontano da te. -
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: Cross-over | Avvertimenti: Bondage
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Let Him Go.


Capisci di amare qualcuno
quando devi lasciarlo andare.

 


La sciarpa color rosso fuoco, regalata a Natale dai miei genitori, stringe prepotentemente la mia gola, così l'allento velocemente, afferrando le chiavi e la borsa dal pavimento in legno dell'ingresso.
"Sono in ritardo." Penso, e cerco di affrettare il passo per uscire, facendo molta attenzione a dove metto i piedi. Raggiungo velocemente la porta, dando un ultimo sguardo alla casa, prima di afferrare un cappello di lana e dei guanti che mi tenessero al caldo durante quest'inverno gelato che dovrò affrontare.
Appena esco dalla casa, richiudo la porta a chiave, stringendomi nel cappotto scuro, visto che un colpo di vento freddo mi investe, così cerco di ripararmi indossando velocemente il cappello di lana che avevo ancora in mano, osservando le nuvole. I fiocchi bianchi cadono delicatamente dal cielo, intrecciandosi, colpendosi, a volte semplicemente sfiorandosi, senza alcuna fretta, senza nessuna preoccupazione di arrivare a terra. 
Al contrario mio, sono frettolosa, devo arrivare in tempo se voglio rivederlo, prima che se ne vada.
Stringo le mani, strusciandole con una mossa veloce tra loro, unendole a pugno, prima di avvicinarle alle labbra e soffiarvici dentro, cercando di riscaldarle senza risultato. Mi arrendo, capendo che ogni mio tentativo di riscaldarmi con questa temperatura sarà inutile, così sposto la sciarpa più in alto, verso la punta del naso, ed esco dal mio vialetto di casa, arrivando ad un incrocio.
Mi maledico mentalmente per non aver preso la patente, sono costretta a camminare nel freddo.
Il vento forte colpisce gli alberi ormai spogli, facendo scuotere i rami violentemente, portandoli ad incurvarsi leggermente verso sinistra, mentre alcune foglie secche strusciano per terra, creando un fruscio orecchiabile.
Infilo le mani rivestite dai guanti in tasca, e mi stringo nel mio cappotto, prima di incominciare a camminare con un ritmo veloce.
Ignoro il mondo, entrandone in uno tutto mio quando avanzo, e soltanto il rumore dell'asfalto che viene spiaccicato sotto la velocità delle auto continua a farsi spazio dentro la mia testa, colmata già da preoccupazioni e di ansie, mentre di sottofondo il vento mi sussurra parole che solo lui conosce.
Capisco di essere a metà strada, quando alzo lo sguardo per dare un occhiata all'ora, leggendola dal mio telefono prima di riporlo in tasca, e posare lo sguardo sul parco ricoperto di neve.
Sorrido, quando le immagini di due bambini che giocano correndo attorno allo scivolo color fuoco, mi investe la mente, rendendomi immune. La neve sembra essersi sciolta all'improvviso, dissolvendosi nel vuoto, lasciando spazio ad un erba soffice e verde, appena tagliata, e chiudo gli occhi, quando le risate dei due piccoli si fanno più forti.
La bambina bionda corre, rincorsa dal bambino dal caschetto castano. Giocano ad acchiapparello, ed insieme si divertono come se non ci fosse un domani, mentre il sole viene ricoperto da uno strato di nuvole scure, ma quei due non ci badano, continuando a giocare.
Sobbalzo, quando un clacson suona in strada, e mi giro velocemente, interrompendo quel piccolo flash-back, mettendolo in pausa proprio quando il bambino prende la sua preda per la maglia, e cadono insieme a terra per la corsa, lasciandosi cullare dalla vegetazione verde che li risucchia facendoli scomparire velocemente dalla mia mente.
Guardo minacciosa il taxy giallo che ha interrotto il mio filmino giovanile, prima di osservarlo meglio, e gli vado incontro, visto che il semaforo rosso che l'ha bloccato, sta per diventare verde, dandogli poi l'accesso per sparire, anch'esso, dalla mia vista.
Mi volto un ultima volta, cercando di far ricomparire quel flash-back, ma è inutile, non riesco a vederlo, se non un altalena che dondola lentamente avanti ed indietro a causa del vento che si scontra con la superficie di legno.
Mi mordo il labbro inferiore, quando raggiungo l'auto, ma non busso, apro direttamente la porta dei passeggeri posteriori, facendo sobbalzare il guidatore, che si aggiusta gli occhiali rotondi attorno agli occhi quando mi guarda, e capisce che avrà un cliente.
- Mi porti alla metropolitana. - 
Gli rivolgo un piccolo sorriso di scuse, e lui ricambia, prima di annuire e osservare il semaforo verde, partendo.
Osservo un ultima volta il parco, e sorrido, quando le immagini dei due bambini ritornano assieme ad un sorriso malinconico, e proprio quando stanno per alzarsi da terra, si spingono, rotolando sul prato ricoperto di fiori.
Continuo a sorridere, fin quando l'auto non volta l'angolo e il parco sparisce, assieme ai bambini, da ogni mio punto di vista.
Sospiro sconfitta, e sposto lo sguardo al finestrino asciugandomi gli angoli degli occhi prima di guardare le immagini sfocate di alberi, case, lampioni e persone, che mi fanno compagnia durante in mio arrivo alla metropolitana.
Continuo a guardare lo schermo del mio cellulare, bloccandomi sullo scorrere del tempo, sperando di riuscire a raggiungere la mia meta in tempo.
"Almeno hai evitato il brutto tempo", cerco di essere ottimista, ma in quel momento, la prima cosa di cui mi preoccupo, non sono le previsioni meteorologiche, quindi posso evitare di pensare al freddo pungente e alla neve fredda che cade, anche perché l'aria calda che il guidatore mette, mi blocca ogni pensiero negativo sul tempo, e soltanto l'aria calda riesce a farmi calmare leggermente.
Sposto i miei occhi dal guidatore al cielo ricoperto di nuvole, sperando che i ticchettii del tempo possano fermarsi almeno per cinque minuti. So che non sarà così, e prego mentalmente che il guidatore vada più veloce.
Sembra leggermi nel pensiero, e aumenta leggermente la velocità, diretta verso il suo obbiettivo, così sorrido e mi appoggio sollevata al sedile, ringraziandolo mentalmente.
Raggiungiamo velocemente la metropolitana, e dopo ben cinque minuti buoni, esco dall'auto, avvertendo il tassista che l'avrei pagato al ritorno a casa, ovviamente gli ho chiesto di aspettarmi dato che non avevo i soldi, così chiudo la portiera raggiungendo l'entrata della metropolitana. Spero che non pensi che stia scappando, non lo farei.
Prendo un ultima volta il cellulare dalla borsa, riponendolo quando noto che sono le nove e mezza, e il treno del mio migliore amico dovrebbe partire a momenti.
"Sono in ritardo". Penso, e lo sbuffo di un treno che parte mi fa capire che è veramente così. Non ce l'ho fatta.
Quasi cado per terra visto che le gambe mi tremano per lo sconforto, e respiro a sbuffi, vedendo che il treno lentamente inizia a partire, producendo quel suono stridulo delle ruote che si scontano con i binari, per poi partire definitivamente, avanzando e scomparendo dalla mia vista, lasciando ai miei occhi solo una nube bianca che ricopre il suo cammino.
Lascio cadere la borsa a terra noncurante della sporcizia che potrebbe esserci, e chissà quanta gente abbia calpestato questo pavimento. Ma non mi importa, ora come ora.
Capisco di star piangendo quando una lacrima calda scivola via lungo la mia guancia, e spero che il treno che parte sia solo di mia immaginazione, troppo presa dalla preoccupazione di non vederlo, ma capisco che non è così quando il rumore delle ruote e dei fischi di allontana sempre di più.
Alzo lo sguardo, chiudendo leggermente gli occhi verso un punto indefinito dell'enorme metropolitana che mi rinchiude tra le sue mura.
Una figura maschile, appoggiata alla superficie del muro dietro di lui riesce a catturare la mia attenzione. Non è molto lontano, riesco a stento a vedere la sua chioma castana ricoprirgli la fronte e gli occhi socchiusi.
Vedo che ha una valigia e una borsa-zaino nera accanto a se, posta sulla panca fatta di cemento alla sua destra, mentre l'interessato, porta una mano sulle sue tasche, estraendone un pacco di sigarette e un accendino grigio.
Le nubi scure causate dal treno cominciano a dissolversi attorno alla sua figura, sfumandosi lievemente rivelandolo ancora più visibile ai miei occhi.
Ha lo sguardo basso, e ora stringe tra le labbra una sigaretta accesa.
Vedo con quale prepotenza aspira, staccandosi la stecca dalle labbra, afferrandola con le mani e portarla via dalle sue labbra, lasciandola penzolare tra il medio e l'indice della mano sinistra, mentre con il braccio libero si asciuga gli occhi, espirando il fumo contemporaneamente, affranto.
Appoggia il tallone del piede destro al muro, col capo abbassato prima di riprendere un altro soffio del fumo.
Sorrido, e il mio sorriso si amplia, quando lo riconosco.
E' lui. Quindi non se n'è ancora andato?
Non mi importa, non voglio che questa sia frutto della mia immaginazione, non questo. Non lui.
Afferro saldamente i bordi della borsa a tracolla, infilandola, prima di cominciare a correre verso il ragazzo, e i miei passi rimbombano per tutto l'edificio, prima sono leggeri, ma diventano pesanti non appena mi accorgo che non alza la testa, per riconoscere la causa dell'unico suono che possa disturbarlo, e ho paura che sia una finzione dato che continua a tenere lo sguardo basso.
Sento salire un groppo alla gola, e gli occhi pizzicarmi violentemente, e prima che possa capire cosa sto combinando, apro le labbra, prendendo un respiro profondo prima di urlare il suo nome.
- Louis! -
Urlo, e lui scuote leggermente la testa, così ci riprovo.
- Louis! -
Continuo, e fortunatamente questa volta sembra sentirmi, ed alza finalmente il capo spostando i suoi occhi confusi e lucidi a me, procurando un mio sorriso.
Lo vedo mentre spinge le sue mani contro il muro come una molla per prendere la rincorsa e getta la sigaretta a terra, incurante che sia ancora accesa, cominciando a correre verso la mia direzione.
Scuote la testa come se stesse vedendo un miraggio, e condivido la sua stessa azione facendogli capire che sono qui, così sorride e dopo un periodo che sembra infinito, lo raggiungo, aprendo le braccia per lui, così come lui fa per me, e mi ritrovo contro di lui, con le sue mani che mi stringono, come se non volesse lasciarmi andare.
Cerco di tenerlo stretta a me, ignorando la gente che potrebbe passare a momenti, non mi importa, voglio solo stringerlo come se fosse un tesoro, come se fosse aria, perché io ho bisogno di lui.
Il suo profumo inonda i miei sensi, mandandomi subito in estasi, e non posso fare a meno di ridere, non per il divertimento, ma come se fossimo tornati piccoli, una risata smorzata, triste, e piena di significato allo stesso tempo, il significato che sappiamo riconoscere solo noi.
Lo sento respirare profondamente tra i miei capelli, ed io sprofondo sul suo petto, appoggiando l'orecchio verso la parte sinistra della gabbia toracica ascoltando il battito veloce del cuore.
Sorrido quando comincia a dondolare su se stesso, distraendomi dai miei pensieri, e capisco che sorride anche lui, contro la mia pelle, sospirando appena.
- Elizabeth... -
- Sono qui. -

Sussurro, dandogli un bacio veloce sulla mascella, mentre un mare di brividi mi investe, facendomi venire la pelle d'oca.
Annuisce, posando la sua testa contro l'incavo del mio collo, e ignoro i capelli che mi sollecitano la pelle, mi importa più tenerlo tra le mie braccia, che avere un insopportabile prurito.
Si stacca leggermente da me, lasciandomi andare prima di guardarmi e sorridere, e i suoi occhi lucidi mi fanno capire che è veramente felice. Sembra essere passato tanto tempo. Quando in realtà ci siamo visti solo ieri. Capisco che i suoi occhi non si rivolgono a me, ma a quello che dovranno compiere.
- Pensavo partissi? -
Chiedo, afferrando le sue mani stringendole tra le mie, e lui scuote la testa, ridendo.
- Il mio treno deve ancora arrivare. -
Sussurra, con la voce roca, spezzata dal pianto, e annuisco, abbassando lo sguardo sui miei piedi, ma lo rialzo subito, osservando i suoi occhi azzurri che mi guardano contenti, ed anche i miei lo sono, contengono tutto quello che non riesco a far vedere fuori di me, e Louis se n'è accorto dalla prima volta che ci siamo conosciuti. In quel parco, da bambini.
Quando ascolto la sua voce, mi rendo conto che un timbro metallico ci richiama, avvertendo che il treno che porterà alla destinazione di Louis, arriverà tra poco.
Sento una piccola suoneria, tipica a quella degli ascensori quando si aprono, e appena gli sbuffi del treno e le rotaie ci avvisano che stanno arrivando nella nostra direzione, annuisco, incapace di fare altro, sentendo il labbro tremare.
Scoppio a piangere all'improvviso, e Louis mi attira nelle sue braccia, vedendomi in quello stato.
- Shh. -
Sussurra, ma piangere è l'unica cosa buona che mi riesce.
- Non voglio che tu te ne vada. -
Singhiozzo, contro la sua felpa grigia, e lo sento sospirare, e mentre caccia via l'aria dalle sue labbra lo sento tremare, anche lui.
-Tornerò. -
Mi annuncia, sorridendo appena contro la mia testa, facendo scivolare velocemente due pollici sulle mie guance, asciugandomi le lacrime cadute.
Continua a coccolarmi, e quando il treno continua ad avvicinarsi all'entrata, sposta un ciuffo biondo ricaduto sui miei occhi dietro l'orecchio, e sorrido, ringraziandolo silenziosamente.
- Cosa farai senza di me? -
Chiedo, una volta che il treno si avvicina sempre di più a noi, e gli ultimi stridii del metallo inciampa tra le nostre voci, disturbando la nostra conversazione.
-Mangerò, forse di meno. -
Sospira, rivolgendosi alla sua alimentazione.
Ricordo quando da piccola, giocavo a fare la mamma con lui, anche se aveva un anno in più di me, e mi divertivo ad imboccarlo con i cucchiai pieni di Nutella. Ridacchio a quel pensiero, ma quando l'osservo prendere la sua valigia, il mio sorriso sparisce.
- E..poi? Nient'altro? - 
Chiedo, quando la sua valigia tocca terra, e lui la trascina per terra, rimettendola in una posizione eretta per poterla trascinare all'interno della cabina del treno.
- Fumerò, forse di più. -
Continua, facendo spallucce, osservando la cicca che prima aveva gettato a terra per venirmi incontro e non posso fare a meno di abbassare lo sguardo.
- Ti rovinerai così. -
Sussurro, mordendomi il labbro inferiore, ricordando la prima volta in cui lo beccai a fumare in camera sua, e lui mi supplicò di non dire niente ai suoi, altrimenti si sarebbe sognato il College.
- Mi sono già rovinato. Ho scelto di stare lontano da te. -
Sospira, e lo sento rattristarsi, così lo faccio anch'io. Non ho mai resistito al suo tono triste, automaticamente divento triste anch'io, a sol sentirlo così, anche da non so quanta distanza che ci divide, attraverso uno schermo.
Afferra la bottiglia d'acqua, prendendola dalla sua borsa, prima di berne un sorso e riporla al suo posto, lasciando aperta una sacca legata alla borsa, che credo non si sia accorto di averla lasciata aperta. Osservo mentre il suo pomo d'Adamo si muove, deglutendo, e questo è solo un piccolo dettaglio di quelli che non rivedrò per un po di tempo.
Sospiro, annuendo per la sua risposta, e cerco di non piangere, ancora. Non voglio che se ne vada da qui, ne abbiamo passate così tante insieme, e mi chiedo perché i suoi genitori abbiano deciso di trasferirsi prima di lui ovviamente, e lo hanno obbligato ad andare con loro, trasferendolo automaticamente in un altro College.
Le ruote producono un suono stretto tra i ferri, e capisco che il treno è appena arrivato.
- E' arrivato il treno...Devi andare. -
Sibilo, con un fil di voce appena udibile, e non posso fare a meno che mordermi l'interno guancia, per trattenere le lacrime che cercano di sgorgare dai miei occhi.
- Già... mi sa che devo...-
- Si, devi. -

Gli dico. Non voglio che rimanga qui, soltanto per via mia, farà meglio a lasciarmi qui, ormai, sono abituata alla gente che mi abbandona.
Sento il cuore restringersi a vista d'occhio quando muove un passo verso le porte aperte del treno, e un fischio rimbomba nell'aria, dando l'accesso a chiunque debba entrare.
- Voglio darti prima una cosa. -
Mi dice, prima di avvicinarsi alla sua valigia ed estrarne una felpa viola, con un numero cubico scritto sopra. Il numero '21'.
Sorrido, quando ricordo tutte le stelle che abbiamo contato sul mio terrazzo, insieme, all'età dei dodici, tredici anni, ed erano esattamente ventuno. 
L'afferro, ringraziandolo, stringendola al petto mentre lo osservo.
Si avvicina di nuovo a me, così lo guardo negli occhi e le sue mani si poggiano delicatamente sulle mie guance, accarezzandole lievemente.
Ha gli occhi lucidi, proprio come la sottoscritta, e la prima cosa che avrei fatto se mi sarei messa a piangere davanti a lui, era distogliere lo sguardo e puntarlo da qualche altra parte, ma voglio fissare i suoi occhi. Voglio continuare a guardarli, con il cuore che batte all'impazzata nel petto, cercando di fotografarli con la mente e tenerli al sicuro, dentro di me, e così facendo sarei stata certa di non dimenticarli. Anche se sarebbe stato impossibile dimenticare lui e tutto quello che lo rende perfetto.
I suoi occhi si rispecchiano ancora nei miei, lo sento avvicinarsi  velocemente, non dandomi il tempo di ribattere per la sua vicinanza, e sento le sue labbra sulle mie, leggere, morbide, proprio come le ho sempre immaginate.
Mi si blocca il respiro, e non posso fare a meno che chiudere gli occhi e lasciarmi andare. Ho aspettato da tempo questo momento, e non potrebbe essere più bello. Con la lingue picchietta il mio labbro inferiore, chiedendomi accesso, mentre si avvicina a me anche con il suo corpo riscaldato, così sono costretta ad alzarmi sulle punte per continuare a baciarlo. Sono sempre più bassa di lui, e non dimenticherò tutte quelle volte in cui mi ha preso in giro, giocando a pallavolo per la mia altezza, e non posso assolutamente dimenticare tutte le risate che abbiamo condiviso insieme, parlando del nostro fisico troppo alto o basso, a seconda di quello che provavamo.
Appoggio la mano libera sulla sua guancia, mentre con l'altra trattengo la felpa, e subito dopo la passo dietro al suo collo, portandolo più vicino al mio viso, mentre con le dita stringo i suoi capelli, tirandoli leggermente, e dischiudo le labbra, facendo incontrare le nostre lingue.
Lui stringe le braccia sulla mia vita, portandomi ancora più verso di lui, se possibile, e prima che potessi sorridere, si stacca da me, con il respiro velocizzato, mentre io ho il cuore che batte all'impazzata nella gabbia toracica.
- Era da tempo che volevo... Scusa. -
Sospira, abbassando sempre di più il volume della voce, quando capisco di essere arrossita parecchio, ma poggio l'indice sulle sue labbra, facendolo tacere.
- Tranquillo. Lo aspettavo anch'io. -
Lo rassicuro, e un sorriso a trentadue denti si espande sul suo viso, rendendomi felice.
Fa scontrare un ultima volta le nostre labbra, in un bacio a stampo, prima di abbracciarmi e strofinare le sue mani contro la mia schiena.
Sorrido contro di lui, e sento che anche lui lo fa; ed è stupendo sentirlo così vicino, ma contemporaneamente così lontano da me.
- Ho sempre sognato di assaporare un tuo sorriso. -
Continuo a sorridere, abbracciandolo mentre respiro il suo odore, e anche lui continua a fare la stessa cosa con me, mentre so che si sta trattenendo dal singhiozzare; lo conosco, e so che non metterebbe mai e poi mai i suoi sentimenti al di fuori della sua gabbia che si è costruito in questi anni, ma sono sempre riuscita a farglielo fare, in questo momento sembra infischiarsene di tutto, proprio come me.

Sembra non essersi reso conto dei bambini che passano, o che il treno continua a sbuffare nuvole bianche, oppure che le persone attorno a noi ci stiano guardando come due alieni che si dondolano tra le loro stesse braccia.
- Guarda, Tracy. -
Sento dire da una vocina in lontananza, probabilmente sarà un bambino, dato che il timbro di voce è maschile e piccolo.
- Stanno facendo l'amore. -
Continua, e arrossisco, poggiando ancora di più il capo sul suo petto, continuando a farmi cullare dai suoi movimenti leggeri.
- Anche noi da grandi faremo così, vero Jake? -
Entra una seconda voce tra la conversazione, e sento ridacchiare Louis nel mio orecchio, rendendomi ancora più debole tra le sue braccia, e continuo ad essere rossa in viso, consapevole dell'imbarazzo che quei due bambini ci stanno trasmettendo.
- Certo, Tracy. -
Continua il bambino, poi li sento ridere, e si allontanano velocemente correndo tra la gente con un pupazzo stretto da entrambe le loro minuscole mani, condividendolo, e sorrido, quando li osservo scomparire tra la folla che il treno ha portato.
Tiro su col naso, guardandolo poi negli occhi, e un leggero rossore gli attraversa il viso, facendomi sorridere. Sembra un bambino, e quei due avevano ragione, anche se erano piccoli ed ingenui, capivano il vero significato della parola amare, e in un certo senso, si, stavo facendo l'amore attraverso lo sguardo, e lui condivideva a pieno l'idea.
- Non mi ricorderò di te quando guarderò fuori dal finestrino. Mi ricorderò di te quanto ti volterò le spalle e ti lascerò qui e starò in pensiero perché non potrò seguirti con lo sguardo mentre mi allontano. Mi ricorderò di te quando in treno ci saranno altri cento posti liberi e a me basterebbe la tua presenza per riempirlo. Mi ricorderò di te quando prenderò la bottiglina d’acqua, e l’altra mano non sarà legata alla tua. E mi ricorderò di te quando... -
Sussurra nel mio orecchio, ma gli tappo le labbra con un bacio prima di farlo continuare, e continuo a dirmi mentalmente di non piangere, ricordandogli con gli occhi lucidi che il treno è proprio qui, e sta per partire.
- Devi andare. -
Sussurro, e lui mi guarda un ultima volta, prima di darmi un ultimo bacio sulle labbra, e una lacrima gli scivola dalle ciglia, toccando la mia mano, e si allontana guardandomi, entrando giusto in tempo nel vagone, scivolando tra le porte che stanno per chiudersi, e trascina la borsa e la valigia con se, appoggiando poi la mano al finestrino di vetro trasparente, e mi avvicino al vagone, deglutendo per quello strato che ci divide, e appoggio una mano sul suo stesso posto, con l'unico difetto di non poterlo toccare.
Tiro su col naso, e osservo che i suoi occhi color ghiaccio sono gonfi e rossi, anche attraverso il vetro, non posso fare a meno che continuare a guardarlo.
Sobbalzo, quando il treno inizia a muoversi, così mi muovo anche io, cercando di non spostare lo sguardo dai suoi occhi, e lui sembra fare lo stesso.
Lascio la mano, togliendola da lì, capendo che ormai è inutile, e mi fermo, immobilizzandomi sul posto, vedendo il treno allontanarsi sempre più da me.
Una serie di lacrime mi cadono dagli occhi, bagnando la sciarpa e prontamente le asciugo.
Continuo ad osservare lo spazio vuoto che il treno ha lasciato, rubundomi il ragazzo che mi sono resa conto di amare. Ridicolo, no? Capisco di amare qualcosa quando sono costretta a lasciarlo andare,  il treno sembra così innocente, ma può essere crudele in un modo o nell'altro, e lascia dietro di se una nube bianca che si dissolve, non preoccupandosi delle lacrime amare che, chissà quanta gente ha cacciato.
Sento qualcosa strattonarmi verso il basso, e abbasso lo sguardo, riconoscendo la chioma bionda della bambina, e quella rossa del bambino di prima.
- Sei la ragazza che stava facendo l'amore con quel ragazzo? -
Mi chiede, e mi piego sulle ginocchia per raggiungere la loro altezza, ed arrossisco alla loro scelta di parole.
- Ehm...si? -
Sorrido, e il bambino, che sospetto di chiami Jake, tira fuori dalla sua schiena un foglio... credo sia una cartolina.. o una foto.
- A quel ragazzo gli è caduto questo dallo zaino. -
Mi porge una foto, come sospettavo; capisco che si sta rivolgendo a Louis, e sobbalzo, quando osservo due figure sulle sfondo dell'immagine.
- Grazie. -
Gli accarezzo la testa, scombinandogli i capelli, e Tracy mi manda un occhiata minacciosa. Che teneri.
- Di niente. -
Arrossisce, e poi va dai suoi genitori, che continuano a richiamarlo.
- Tranquilla, non te lo rubo. -
Sorrido, e lo fa anche lei, prima di rivolgermi un cenno della testa e allontanarsi con il peluche tra le sue piccole mani.
Rivolgo la mia attenzione all'immagine dentro la foto, e una lacrima veloce mi cade dagli occhi, scivolando sulla superficie della fotografia. Siamo io e Louis, esattamente due anni fa, davanti al fuoco, mentre lui ha il vischio sulla sua testa, guardandomi, e ricordo a quando lo invitai a Natale a casa nostra, e mio padre scattò la foto al momento giusto.
Il fuoco e le calze appese al camino fanno da sfondo, mentre Louis ride per la mia negazione di dargli un bacio sulle labbra, ovviamente in quello stesso giorno arrossì, persi, ma gli diedi un bacio sulla guancia, e Louis fece una faccia divertita mentre mio padre scattava, tirando la lingua fuori.

Accarezzo il suo viso con i polpastrelli, tracciandone il contorno, e la giro, trovando una frase. E' scritta da lui, la calligrafia la riconosco, è proprio la sua.
"...E mi ricorderò di te quando sarò a casa, ma non mi sentirò a casa senza di te..."



Spazio Autrice.
Salve a tutti! Sono ritornata lettori! Non per il vostro bene presumo lol
E...non ho niente da dire. Mi sono ispirata a questa Os con la citazione che ho trovato su Tumblr. Avevo già in mente questa storia, dovevo solo metterla in atto e pubblicarla. E sinceramente, sono soddisfatta del risultato che ne è uscito.
Non ho mai scritto una Os, e so di non essere una scrittrice professionista, ma adoro perdermi nelle parole che io stessa scrivo, e a dire la verità, avevo un groppo alla gola mentre la rileggevo.
E basta.. credo di non aver niente da dire...E ho pubblicato la mia prima Os dopo la fine di Harry Potter e i doni della morte ieri. Amo quella saga.

Per qualunque cosa, mi trovate su facebook come :"
 
Lù Efp "
Twitter:" Mrs.Directioner "
Baci.
 
  
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