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Autore: Neworld9    16/03/2014    0 recensioni
Storia riguardante un'adolescente e tutti i suoi pensieri, scritta di getto sotto le note del cd "rumours" dei Fleetwood Mac. Da una canzone di questo cd deriva il titolo della storia e del primo capitolo. Spero che possiate identificarti nei pensieri di questa ragazza 17enne :)
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta senza nessun preavviso, totalmente di getto. Non so neanche io come andrà a finire, probabilmente parlerà della vita della protagonista.

----------------------------------------------------- Era una domenica di metà marzo quando Anna si svegliò con un forte mal di testa. Aveva dormito a mala pena quella notte, a causa di un forte raffreddore rimediato nei giorni precedenti. Era leggermente irritata, poiché era ben consapevole che la domenica era l’unico giorno della settimana in cui poteva dormire e riposarsi per bene. Erano appena le 8 quando si alzò dal letto e andò a fare colazione: nella dispensa c’erano dei biscotti al cioccolato, che decise di divorare senza discrezione. Lei era solita mangiare sano e naturale, soprattutto a colazione, dato che di solito prendeva mezzo bicchiere di latte a basso contenuto di lattosio, del pane tostato con un velo di marmellata biologica. Ma quella domenica non le andava, aveva sonno e decise di trasgredire questa piccola regola all’interno della sua vita. Dopo aver mangiato una decina di quei biscotti al cioccolato e aver bevuto un bicchiere di latte, decise di tornarsene a letto. Passò un paio di ore tra la veglia e il sonno, quando si rialzò per andare a spaparanzarsi sul divano. Accese la tv, e proprio in quel momento stava iniziando un documentario dedicato a Steve Jobs e Bill Gates. Pensò che a quell’ora non avrebbe trovato niente di più interessante, per cui decise di guardarlo. Anna aveva 17 anni, viveva a Roma e frequentava il quarto anno di liceo classico. A scuola se la cavava abbastanza bene: anzi, quell’anno riusciva a prendere voti più alti rispetto agli anni precedenti. Non è che si impegnasse molto a dir la verità; faceva il minimo indispensabile che, combinato con la sua intelligenza e furbizia, si traducevano spesso in voti discreti. Quella domenica, come tutte le domeniche, doveva studiare. Ma anche quella domenica, come molte domeniche, finì col fare qualunque altra cosa. Non che avesse realmente grandi cose da fare, e forse questa era la cosa che le dava più fastidio. Anna, purtroppo, o per fortuna, era una ragazza che si faceva tante, forse troppe domande. C’era sempre qualcosa che le frullava per la testa e che non si riusciva a spiegare. E pensava che tutte queste domande non fossero normali, che fosse l’unica ragazza di 17 anni, che viveva a Roma e frequentava il secondo liceo classico che si ponesse così tanti quesiti. E molti dei suoi pensieri erano contrastanti tra di loro: Da un lato era molto grata della sua vita; dall’altro sentiva un sentimento di tristezza. Ma non tristezza nel mero senso della parola: si sentiva come apatica, come se la sua vita proseguisse per forza di inerzia. E questo fatto le dava molto, ma molto fastidio. Lei non voleva vivere per forza di inerzia, lei voleva sentire la felicità di ogni momento della vita. Le mancava qualcosa. L’amore. Aveva sempre sentito dire che la vita senza amore non valeva la pena, che è l’amore che ci fa vivere realmente, che ci fa essere felici. Anna vedeva molte delle sue amiche fidanzarsi con ragazzi continuamente. Lei però non ci riusciva. Nel senso che non riusciva ad affezionarsi così facilmente a qualcuno, soprattutto ad un ragazzo. A lei infatti intrigavano di più le ragazze, da tutti i punti di vista. Da quando se ne accorse per la prima volta, all’età di circa 13 anni, iniziò a riflettere riguardo ciò. Arrivò in seguito alla conclusione che non le importava più di tanto verso chi fosse attratta. Le piacevano alcuni ragazzi, e alcune ragazze. Forse più le ragazze, ma non era questo il punto. All’età di 17 anni era perciò consapevole della sua identità sessuale e la viveva abbastanza serenamente, anche se in realtà poche persone ne erano a conoscenza. Soprattutto a scuola, non lo sapeva nessuno. Ma non le importava: aveva sempre pensato che qualora si dovesse innamorare di una ragazza, a quel punto lo avrebbe detto a tutti. Le sarebbe dunque piaciuto innamorarsi: aveva tanto amore da dare. Ma non era così facile. Circa un anno prima aveva tentato di mettersi in gioco: era uscita con una ragazza per un mesetto. Non le piaceva molto però, per cui decise di troncare i rapporti. La ragazza iniziò a piangere e ad implorarla di rimanere con lei; a quanto pare si era innamorata. Anna però non ce la fece più e smise di parlarle. Si sentì una persona orribile; e dal quel giorno decise di non uscire mai con nessuno che non le interessasse veramente. Anna era stata innamorata di una persona fino a qualche tempo prima. Qualcuno che le lasciò un segno indelebile nel cuore, ma, così come lei stessa non affrontava mai esplicitamente questo argomento nei suoi pensieri, così noi, in questa pagina di scrittura, lo lasceremo in sospeso. L’amore però non era l’unico protagonista dei suoi pensieri; Anna pensava molto al futuro. Era una persona molto ambiziosa e le sarebbe piaciuto diventare qualcuno di importante. Non sapeva bene come proseguire i suoi studi all’università: a lei piacevano le materie scientifiche, ma per forza maggiori era precipitata nel liceo classico. Non se ne dispiaceva però, anzi. Ne fu grata. Quella scuola le aveva dato molto, la aveva formata nei migliori dei modi. Nonostante non fosse molto portata per il latino e il greco, quel tipo di studi la avevano aiutata a sviluppare un senso critico importante. Le aveva fatto capire l’importanza dell’arte. Le aveva fatto comprendere che l’uomo non è solo un essere vivente dal punto di vista biologico, che il mondo non è solo formato da regole fisiche. Le aveva fatto capire l’importanza della storia che sta dietro ognuno di noi. E di questo non se ne poteva dispiacere. Inoltre, aveva una professoressa di letteratura che era un genio, e le aveva fatto amare i libri. Era consapevole che senza questo tipo di scuola, il suo lato razionale e incline alla scienza avrebbe prevalso. Era dunque disposta a rinunciare a tutto ciò, iscrivendosi ad una facoltà meramente scientifica? Non lo sapeva. E se avesse sbagliato scelta? E se poi si accorgesse che non è la facoltà che fa per lei? E se deludesse la propria famiglia? Questo tipo di pensieri la tormentavano continuamente. Quella domenica Anna non si sentiva proprio in vena di fare niente. Appena finito il documentario in tv, decise di tornarsene a letto, rischiando di inciampare con la chitarra che si trovava in mezzo alla camera. La sua stanza era un caos. Libri ovunque: spersi per terra, sul letto, sul pianoforte. Ma lei non voleva riordinare. Arrivò però presto sua madre a disturbarla, chiedendole se volesse aiutarli con il soggiorno. I genitori di Anna quell’anno avevano deciso di sistemare casa, comprando dei mobili nuovi. Lei dunque li aiutò nello spostare qualche tavolo e divano. Anna voleva un gran bene ai suoi genitori, anche se a volte le sembravano un po’ strani. Suo padre era vicepreside in una scuola media, sua madre professoressa universitaria di spagnolo: lei era spagnola. E anche Anna dunque lo era, per metà. Nacque lì e tutto, e sì, parlava lo spagnolo perfettamente. Potete immaginare quante domande potesse provocare ciò nella mente di Anna. Soprattutto per quanto riguardo le persone a cui voleva bene e che vivevano laggiù, ad esempio i suoi nonni. Anna indossava sempre un anello con le proprie iniziali, ed un orologio, entrambi regalati dai suoi cari nonni. Per fortuna in quel periodo stavano abbastanza bene; ma non era stato sempre così. Gli ultimi due anni erano stati un incubo. Suo nonno era stato operato ripetutamente a causa di un cancro ed aveva sfiorato la morte. E lei non poteva stare lì con lui, e questo la mandava totalmente in bestia. Ma Anna cercava di non pensarci molto, dato che ora stavano bene. E sperava che rimanessero così bene per quanto più tempo possibile. Quella domenica Anna era molto pensierosa. La sua mente era più complicata del solito. Decise di dover fare qualcosa. Di scoprire se era davvero l’unica che si facesse così tante domande e che pensasse così tanto. Decise dunque di accendere il pc, aprire word, e scrivere in terza persona una sorta di diario riguardo se stessa. Pensò poi di poterlo condividere con il mondo. Scrisse di getto due pagine, e, senza quasi rileggerle le pubblicò su internet. Quelle due pagine rappresentavano una goccia in confronto all’oceano di pensieri all’interno della sua mente.
  
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