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Autore: Fink    16/03/2014    3 recensioni
Un Judgement Day un po' diverso, con un finale alternativo... molto probabilmente ci sarà meno "Action" e molto piú romanticismo e non solo...
Fa parte della serie "Maybe a second life", nella quale questa long sarà la giusta premessa a "Conosci te stesso"...
Ok...spero via piaccia e buona lettura.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jennifer Shepard, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti, Ziva David
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Maybe in another life'
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Siamo alle battute finali di questa storia, manca davvero poco ormai.





CAPITOLO SESTO. Capire




Washington – pub di periferia.


Era notte inoltrata quando Gibbs bussò alla porta del pub in cui Franks gli aveva dato appuntamento, un locale di periferia con un’insegna luminosa che avrebbe fatto invidia ad un centro commerciale, ma ora inevitabilmente spenta.
“Siamo chiusi.” Urlò una voce maschile dall’interno, “non sapete leggere?”
“Cerco Mike Franks.”
Una cassa di bottiglie venne poggiata a terra rumorosamente e poco dopo si udì lo scatto della serratura. Il proprietario doveva un favore a Franks ed era solo per questo motivo che aveva accettato di aprirgli il locale nel giorno di chiusura. Aveva il viso assonnato e la barba incolta di chi era stato buttato giù dal letto contro la propria volontà.
“Da quella parte.” Disse indicando l’angolo più lontano,“Se avete bisogno di me sono nel retro.” Aspettò che entrassero e dopo aver richiuso la porta sparì nel retro borbottando.
Franks era seduto ad uno dei tavoli tondi di ferro con un boccale di birra tra le mani. Aveva gli occhi arrossati e il viso pallido, doveva aver preso il primo volo disponibile per Washington e averlo chiamato appena aveva messo piede in città.
Lo sguardo di Franks corse veloce su Gibbs e poi si fermò sulla persona al suo fianco.
“Glielo hai detto.” Prese un sorso di birra e si pulì i baffi dalla schiuma, “ meglio così. Non dovrò dilungarmi in inutili giustificazioni.”
“Allora, Mike. Siamo tutt’orecchi.” Jen prese una sedia e la avvicinò al tavolo, mentre Gibbs le si sedeva accanto.
“Prima devo capire quanto ne sa il Pivello.”
“So tutto.” Ribatté Gibbs deciso.
Mike si fermò ad osservare Jen. In quella tavola calda, quando era certa che i suoi giorni sarebbero finiti su quel pavimento in mezzo alla polvere del deserto, lei gli aveva rivelato molto più del dovuto, gli aveva confessato i suoi sentimenti per Jethro. Lui si era limitato ad ascoltare e a commentare senza sbilanciasi troppo. Non conosceva i reali sentimenti dell’uomo anche se in più di un’occasione aveva intuito che provasse una forte attrazione fisica per il direttore, ma credeva si limitasse a questo. Non voleva dare alla donna vane speranze e allo stesso tempo non se la sentiva di sgretolare quel sentimento che le aveva visto nascosto nel cuore. Solo quando aveva visto Gibbs accanto a Jen all’ospedale aveva compreso che anche l’uomo provava qualcosa di molto più profondo.
Il direttore Shepard ricambiò lo sguardo di Franks con un cenno del capo a confermare che Jethro sapeva. Tutto.
“Cora Wayne.” Disse Mike solennemente. “Non vi dice niente?”
Jen rispose con prontezza. “Il quarto agente di Parigi, sì. Ma dalle ultime notizie, so che è in Messico.”
“Era.” Precisò Franks. “Ora è in viaggio per l’obitorio del NCIS di Washington.”
A Franks non sfuggì la sorpresa che comparve sui volti dei due agenti. “Forse è meglio se prima ordiniamo qualcosa. John!” chiamò.
La testa dell’uomo comparve da dietro una tendina colorata.
“Tre birre scure.”
“Grazie, Mike, ma io prenderò un caffè.” Lo corresse Jen.
“Allora due birre e un caffè.”
Il barista scomparve nel retro e poco dopo ritornò con due bottiglie di birra e una tazza di caffè fumante. Appoggiò le tre bevande sul tavolo con scarsa delicatezza e poi scomparve nuovamente dietro la tenda.
Franks prese un lungo sorso di birra, si pulì i baffi e prosguì: “Dopo Parigi Wayne e Deker, che erano i maggiori coinvolti in quell’operazione, sono stati costretti a lasciare gli Sati Uniti. Sono andati in Messico con una nuova identità e hanno cominciato una nuova vita, indipendenti l’uno dall’altro, ma rimanendo in contatto.
“Deker, come ben sapete, si è trovato una compagna e dopo qualche anno, quando le acque si erano calmate,si è trasferito a Los Angeles e pian piano a ripreso la sua identità e il suo lavoro, ma per Wayne le cose sono andate diversamente. A Parigi non aveva lasciato solo un cadavere.”
“A quanto pare ti sei dato da fare mentre eri in Messico.” Lo interruppe Gibbs.
“C’è chi lavora e chi si diverte a fare l’infermiere a domicilio.” Lo schernì Franks, ricevendo in cambio uno sguardo di rimprovero da parte di Jen. “Comunque,” proseguì, “Cora Wayne si era invaghita di un uomo, Johnathan Patterson. Non so molto di lui, solo ciò che sono riuscito a scoprire parlando con le conoscenti di Cora. Diceva che faceva il giornalista.
“Arrivata in Messico la Wayne ha cercato di mettersi in contatto con Patterson, ma a quanto pare non è mai riuscita a rintracciarlo, finchè un paio di mesi fa è stato lui a trovarla.”
Da quando Franks aveva iniziato a parlare Gibbs non aveva mai smesso di spostare lo sguardo da lui al direttore. Jen era pallida, la ferita doveva farle male perché ogni tanto contraeva la mascella trattenendo una smorfia di dolore. Ascoltava Mike senza perdere una sillaba ed era sicuro che anche la sua mente stesse formulando le stesse conclusioni.
“Non era un giornalista, vero?”
Franks prese un altro sorso di birra. I bicchieri di Jethro e la tazza di Jen erano ancora colmi.
“Il suo vero nome è Aleksiej Levin Patterson, russo per parte di madre e inglese di padre. A diciassette anni ha commesso il suo primo omicidio su commissione. Nel 1999 era a Parigi con lo scopo di assassinare un giudice. È meticoloso, non lascia nulla al caso e non lascia tracce. ”
“E ora lavora per Svetlana,” Jen sospirò con rassegnazione. “ Ha ottenuto dalla Wayne le informazioni che voleva e poi si è sbarazzato di lei.”
“Da quanto è morta?” Chiese Gibbs.
“Una settimana, o poco più.”
“Come sei riuscito ad ottenere il trasferimento del corpo?”
“Non ho chiesto aiuto al direttore Vance, se è questo che vuoi sapere Pivello. Il medico legale della contea è un mio vecchio amico e ho ancora qualche contatto qui a Washington che mi permette di agire liberamente.”
Gibbs gli regalò un sorriso sornione, conosceva il contatto di cui si era servito Mike, l’aveva conosciuta una volta. Una donna piccolina dai capelli scuri e il sorriso invitante.
“Deker è morto più o meno nello stesso periodo.” Cominciò a dire Gibbs, ma Franks lo interruppe con un’occhiata. John, il cameriere stava venendo al loro tavolo.
“Sentite,” cominciò a dire John, “io tra tre ore riapro il locale. Sono rimasto in piedi tutta la notte e non mi farebbero schifo un paio di ore di sonno.” Spostò lo sguardo alla finestra: il cielo si stava tingendo dei chiari colori dell’alba.
“Ancora cinque minuti, John.” Disse Franks, “poi ce ne andiamo.”
Il barista annuì con il capo e se ne andò borbottando qualcosa che assomigliava a “con questo considera pagato il mio debito.”
Attesero finchè non sentirono il rumori nel retro, poi Gibbs riprese a parlare: “Patterson non ha perso tempo, una volta scoperto dove si trovava Deker”
“Dopo quello che è successo a Los Angeles Svetlana sarà ancora più determinata, non ci metterà molto ad arrivare a Washington.” Disse Jen.
Gibbs posò una mano sulla sua, voleva farle capire che questa volta lui ci sarebbe stato, se lei glielo avesse permesso. Jen sorrise impercettibilmente.
“Credo sia ora di svegliare DiNozzo e gli altri, dobbiamo far controllare tutti gli aeroporti e le dogane.”
Prese il cellulare e compose il numero. La voce dell’agente risuonò assonnata all’altro capo “Pronto?”
“La sorveglianza è sospesa, DiNozzo” disse Gibbs, “abbiamo altre priorità…”







Los Angeles – in un condominio affacciato sul mare

Il monolocale si trovava all’ultimo piano di un grattacielo affacciato sulla spiaggia. Sottili spirali di fumo si alzavano da un posacenere di vetro blu nel quale era stato bruciato un bigliettino di carta.
L’odore acre di un sigaro acceso da poco si mescolava a quello dolciastro del sangue. Nella vasca da bagno, immerso fino alla vita nell’acqua schiumosa e rossastra, giaceva il cadavere di un uomo. La testa ciondolava di lato, quasi recisa dal collo e i lunghi capelli corvini ricadevano sparsi. Un sigaro gli era sfuggito dalle dita e ora giaceva consunto sul pavimento del bagno. Il volto contratto in un’espressione di sorpresa.
“A quanto pare non se lo aspettava.” L’agente Lara Macy si rivolse ad uno dei colleghi “mi raccomando documentate tutto.”
Da quando Gibbs se ne era andato da Los Angeles aveva deciso di seguire il suo istinto e condurre un’indagine parallela su ciò che aveva appreso della sparatoria nel deserto. Ricordandosi di alcune conversazioni avute a suo tempo con Deker e grazie ad alcuni agganci all’ NCIS di Washington era riuscita a risalire a Natasha Lenkov, da qui a scoprire il suo vero nome il passo era stato breve. Qualche colloquio con i dipendenti dell’hotel in cui alloggiava la Lenkov le era bastato per avere la descrizione di Patterson e scoprire il suo indirizzo.
Sperava di riuscire a precedere Svetlana, ma a quanto pare lei aveva ottenuto le informazioni che le servivano, non aveva più bisogno di lui.
“Agente Macy.” La chiamò un’agente porgendole un bigliettino mezzo bruciato, “lo abbiamo trovato nel caminetto.”
Macy prese il biglietto e lesse le poche righe rimaste. Devo avvertire Gibbs, pensò e la sua mano scattò verso il cellulare.
   
 
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