Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: Kary91    16/03/2014    20 recensioni
| child!Katniss&Mr. Everdeen | child!Gale&Mr. Hawthorne |Prequel di: "How to Catch a Comet" e "La Cometa del Distretto 12|
“La guardiamo tornare assieme, quando passa?”
Il padre annuì.
“Saremo in prima fila, Katniss” promise, incastrandole una ciocca di capelli sfuggita a una treccia dietro l’orecchio. “Io, te, Prim e la mamma.”
***
“Ma se poi non cambia nulla?” chiese ancora Gale. “Se vedo la cometa, ma non cambia nulla comunque?”
“Cambieranno” mormorò il padre, sollevando il mento del bambino con due dita, per poterlo guardare negli occhi. “Le cose cambieranno, Gale Hawthorne. Io e te: le cambieremo io e te.”
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Hawthorne, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Mr. Everdeen, Mr. Hawthorne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'We Might Fall - La Cometa di Halley.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Premessa; questa storia è il prequel di altre due: How to Catch a Comet e La Cometa del Distretto 12. È il “C’era una volta” della cometa di Halley, di Katniss,  di Gale, dei loro padri e delle loro famiglie. È come tutto è cominciato. Buona lettura!

Partecipante al ~Contest of Passions~ di ellacowgirl in Madame_Butterfly" 

The miner saw a comet.

tmsac


«The boy saw the comet and he felt as though his life had meaning. »

 

Caleb Everdeen amava i sabato sera: erano i momenti in cui varcava l’uscita delle miniere per l’ultima volta, nel corso della settimana, e preludevano l’arrivo della domenica, l’unica giornata in cui poteva dedicarsi completamente alla sua famiglia. Quella sera in particolare si sorprese a sorridere, mentre sfuggiva al freddo delle strade innevate del Giacimento, per intrufolarsi in casa, sfregandosi le mani arrossate. Venne accolto da un bacio sulla guancia della sua primogenita e dal sorriso della moglie, che stava cullando la piccola Prim, stringendola a sé per farla addormentare.

“Eccole qui, le mie tre donne” esclamò, accarezzando i capelli di Katniss e chinandosi poi in avanti per baciare la moglie. Prese poi in braccio la figlia più piccola e si sedette su uno dei due letti, incominciando a cullarla come aveva fatto la moglie poco prima. Il suo sguardo si ravvivò ulteriormente, quando Katniss si sistemò di fianco a lui. Sua figlia aveva l’espressione vivace con cui lo salutava sempre nei momenti in cui lui rincasava dal lavoro, ma Caleb riconobbe nel suo sguardo anche un brillio insolito, che di norma catturava i suoi occhi solo nelle occasioni più speciali, quelle che le stavano particolarmente a cuore: come la volta in cui aveva preso in braccio sua sorella Prim per la prima volta o quella in cui, il giorno del suo quinto compleanno, Caleb le aveva insegnato la Canzone della Valle, cantandola con lei per tutto il pomeriggio.

“Sei pronta per domani?” le chiese, sorridendole orgoglioso: il giorno dopo l’avrebbe portata nei boschi per la prima volta ed erano entrambi emozionati al pensiero della mattinata che avrebbero trascorso assieme.

La bambina annuì.

“Ho aiutato la mamma a prepararti la cena” rivelò poi, appoggiando il capo alla sua spalla e facendo ciondolare le gambe oltre il materasso. Caleb le baciò la fronte, continuando, al contempo, a cullare Primrose. “Ho un po’ paura di andare nei boschi” ammise infine in un bisbiglio la bambina, parlando all’orecchio del padre. “E se ci vedono?”

“Non ci vedranno” promise l’uomo con un sorriso, accarezzandole i capelli. “E se mai dovessero trovarci, canterò per loro una canzone talmente bella che si zittiranno tutti e non ne faranno mai parola con nessuno”.

“Come fanno le ghiandaie imitatrici?” lo interrogò la bambina, rivolgendogli un’occhiata affascinata. Caleb annuì.

“Domani le vedrai: canteremo per loro” le promise, sorridendo del rinnovato brillio negli occhi della figlia.“Non permetterei mai a nessuno di farti del male, Katniss. Né a te, né a Prim o alla mamma: lo sai.” aggiunse, appoggiando la fronte contro la sua. La bambina sorrise, chinando appena il capo.

“Non ho poi così paura” ammise infine, tornando ad appoggiare il capo contro la sua spalla. Ed era vero: non ne aveva mai, quando suo padre era con lei.

 

*

A meno di una cinquantina di metri di distanza, un altro minatore era appena rincasato dal lavoro. Joel Hawthorne si passò il dorso della mano su una guancia, per sfregarsi via una macchia di carbone, ma non fece altro che peggiorare le cose, sporcandosi ulteriormente.

“Ehi, straniero!” lo salutò la moglie con un sorriso, avvicinandosi a lui con Rory in braccio. Gli strofinò la parte di viso sporca con il pollice, prima di chinarsi in avanti per baciarlo. Una mano paffuta interruppe quel momento di intimità, appoggiandosi al mento di Joel. Rory, in quel periodo,  era particolarmente affascinato dalle facce dei suoi familiari e non perdeva mai occasione di analizzare con attenzione volti, labbra e capelli.

“Papà!” annunciò allegro, mangiandosi metà della parola. Joel gli sorrise divertito.

“Buonasera anche a te, discoletto” lo salutò, arruffando i capelli del secondogenito. “Vick ha ancora la febbre?” chiese poi rivolto alla moglie, sfilandosi il giubbotto. In quel momento la voce allegra di Gale raggiunse i due coniugi dalla camera da letto.

Indovina che cosa ti ha preparato la mamma per cena?” chiese il ragazzino rivolto al padre, raggiungendoli in cucina. Joel registrò subito l’allegria del primogenito e decise di considerarla un indizio. Annusò l’aria, avvicinandosi ai fornelli.

“Sento odore di coniglio” osservò poi, sbirciando sotto il coperchio di una pentola. “Chi ha rubato un coniglio al macellaio?”

Gale sorrise divertito, mettendosi a braccia conserte.

“Sei di nuovo andato nei boschi da solo, eh?” lo interrogò il padre, dandogli un colpetto giocoso sotto il mento. Non era arrabbiato e il bambino lo sapeva bene: molti genitori avrebbero sbarrato gli occhi preoccupati, nello scoprire che il proprio figlio di otto anni da qualche giorno strisciava sotto la recinzione di filo spinato, per andare a caccia di conigli. La stessa Hazelle era in apprensione per Gale, anche se si sforzava di non darlo a vedere, ma non Joel. Lui provava solo orgoglio, gratitudine ed orgoglio per quel ragazzino così piccolo che cercava in tutti i modi di aiutarlo a prendersi cura della loro famiglia.

“Ho messo le trappole stamattina, prima di andare a scuola. Ne ho presi due” rivelò fiero il bambino, sollevando il coperchio di una delle pentole, per mostrargli in bottino. “Domani ne cacceremo altri.”

Il sorriso di Joel sembrò sfumare per qualche istante, e il suo sguardo incontrò esitante quello della moglie.

 “Bel lavoro, ragazzo” dichiarò infine, dando una pacca sulla spalla al figlio. “Sono davvero orgoglioso di te.”

“E comunque ieri ho fatto delle modifiche alle nostre trappole” aggiunse Gale, accucciandosi per essere all’altezza di Rory, che aveva incominciato a giocherellare con i lacci delle sue scarpe, reclamando attenzioni. “Funzionano: domani ti faccio vedere!”

Gale…” Joel rivolse una seconda occhiata inquieta alla moglie, prima di sospirare, passandosi una mano fra i capelli arruffati. “…Domani non possiamo andare  a caccia.”

Il ragazzino gli rivolse un’occhiata confusa.

“Come no? È domenica” gli ricordò, scuotendo incredulo il capo: la domenica era il loro giorno. Suo e di suo padre. Andavano a caccia insieme, preparavano le trappole e aiutavano Hazelle ad accudire i fratellini.

“Devo  lavorare un po’ di più, questo mese” ammise l’uomo, prendendo in braccio Rory e facendo cenno al primogenito di seguirlo nella stanza a fianco. “Mi sono fatto assegnare anche le domeniche. Vick non sta bene, lo sai, e ci servono soldi.”

Gale annuì, andandogli dietro in silenzio.

“Mi dispiace, ragazzo” aggiunse il padre, scompigliandogli i capelli. “Lo sai quanto mi piacciano le nostre domeniche.”

Gale annuì di nuovo, prima di dare una scrollata di spalle.

 “Non fa niente. Davvero!” enfatizzò, mettendosi le mani in tasca. Ciò che a Joel fece più male di quell’immagine fu il fatto che sembrasse sincero, nonostante la delusione evidente, appollaiata fra i suoi occhi. Se era triste lo dava a malapena a vedere, e non era giusto: avrebbe dovuto per lo meno arrabbiarsi. Sbuffare e strisciare i piedi, come un qualsiasi bambino di otto anni. Gale, però, non l’avrebbe fatto. Sapeva che Vick aveva bisogno di medicine e non si sarebbe lamentato per tre o quattro domeniche trascorse senza il padre – anche se i pomeriggi trascorsi nei boschi assieme a lui erano i momenti della settimana che preferiva.

“Vieni qui, ragazzo” lo richiamò infine Joel, facendogli cenno di venire a sedersi di fianco a lui. “Voglio raccontarti una storia, una storia vera.”

Gale aggrottò appena le sopracciglia, incuriosito, prima di raggiungere il padre e il fratello minore. Non appena prese posto vicino all’uomo Rory gli balzò in braccio, facendogli perdere l’equilibrio. Gale rise, lasciandosi cadere all’indietro sotto lo sguardo divertito del padre.

*

“Che storia è?” domandò Katniss, portando le gambe sul materasso per stringersi le ginocchia al petto.
Caleb baciò Prim sulla testolina e la cullò un’ultima volta, per poi alzarsi e depositarla con delicatezza fra le braccia della moglie.

“La storia di una cometa“ rispose con un sorriso enigmatico, tornando a sedersi sul letto di fianco alla bambina. Si distese e Katniss fece altrettanto. “Si chiama cometa di Halley’”.

“Cometa di Halley” scandì a bassa voce la ragazzina, appoggiando il capo contro il suo petto. “Tu l’hai mai vista, papà?”

“Non ancora” rispose Caleb, strofinandosi una mano sporca di carbone sui pantaloni e tornando a cingere le spalle della figlia. “Ma tuo nonno Michael sì, ed è sua la storia che voglio raccontarti. Aveva più o meno diciotto anni, la sera in cui lui e Samuel Hawthorne uscirono dalle miniere, dopo aver aiutato un collega a terminare la sua parte di lavoro.”

Katniss incominciò a giocherellare con i laccetti della divisa del padre, ascoltandolo incuriosita.

“Era una domenica, che di solito è giornata di riposo per i minatori, ma di tanto in tanto capita che ci sia qualcuno che chieda di lavorare un po’ di più, per racimolare qualche soldo, se ce n’è bisogno…

*

…Quella sera tuo nonno Samuel aveva le tasche meno vuote del solito e il cuore gonfio di una sensazione strana: sentiva che qualcosa stava per succedergli” rivelò Joel prima di sbadigliare, appoggiandosi al muro con la schiena. Gale intrecciò le dita dietro la nuca e si sdraiò sul letto, di fianco a Rory. Il fratellino lo indicò, chiamandolo entusiasta per nome, prima di posargli le dita sul volto.

Rory…” lo ammonì pigramente Gale, spostando la mano del minore dalla sua faccia. “Sta’ buono.”

Rory rise, premendogli i palmi sulle guance.

Joel li osservò per qualche istante con aria divertita, prima di proseguire il racconto.

“Samuel era riuscito a guadagnare un po’ di più, facendo gli straordinari in miniera, e non vedeva l’ora di mostrare il denaro alla sua fidanzata che aspettava un bambino, il suo primo figlio” spiegò, voltandosi verso di Gale. “Quel bambino ero io, ragazzo. Era tuo padre.”

*

“Nonno Michael e Samuel erano appena usciti dalle miniere, quando videro la cometa” continuò a raccontare Caleb, sorridendo dell’espressione attenta di Katniss. “Fra la gente del Giacimento se ne parlava da giorni, settimane addirittura, eppure la stanchezza aveva fatto dimenticare a entrambi che quella notte Halley sarebbe tornata. Rimasero di sasso tutti e due, a bocca aperta quasi, quando videro quella codina bianca nel cielo. Sembravano intontiti, come se avessero appena visto passare la donna più bella del mondo” le rivelò poi in un orecchio, facendo ridere la bambina. “Ed era velocissima, quella cometa. Attraversò il cielo rapidissima, come se stesse correndo, come se avesse fretta; magari era in ritardo per qualcosa, però era lì: era lì per loro. Ci pensi, Katniss?” mormorò Caleb, facendo il solletico sulla pancia alla bambina. La figlia si mise a ridere, rannicchiandosi per sfuggire al suo attacco. “Tutta quella strada: la cometa aveva fatto tutta quella strada per farsi vedere proprio da loro due.”

«The boy saw the comet and he felt as though his life had meaning.»

*

“Che ha fatto nonno Samuel…” domandò a quel punto Gale, aggrottando incuriosito le sopracciglia. “…Quando ha visto la cometa?”

Joel diede una scrollata di spalle e incrociò le braccia al petto.

“Si sentì strano” rivelò infine, sotto lo sguardo sconcertato del primogenito. “Gli sembrò quasi di avere paura, tanto gli batteva forte il cuore. Credo che si sentisse un po’ come ti senti tu, quando corri nel bosco e sai che non potresti, ma non riesci a farne a meno ed è quello a rendere quelle corse così belle: proprio alla stessa maniera tuo nonno Samuel aveva paura. Ma era una paura bella, che lo faceva sentire bene. Continuava a starsene con il naso all’insù e la bocca aperta per lo stupore” aggiunse, mimando un’espressione inebetita. Gale abbozzò un sorriso divertito. “Samuel Hawthorne non aveva occhi che per quella cometa, ragazzo. Gli venne quasi voglia di parlarle e non lo fece solo per non fare la figura dell’idiota. Avrebbe voluto gridarle qualcosa, qualcosa come: «Eccomi, sono qui! Sei venuta per me? Ti aspettavo!» esclamò con enfasi, facendo ridere il figlio maggiore. Anche Rory rise, contagiato dalla reazione del fratello.

 “Guardando quella strana luce nel cielo, mio padre si era sentito qualcosa dentro, come una specie di brivido, ma che nasceva da qui” concluse, bussando due volte sul petto di Gale. “In quel momento Samuel incominciò a sentirsi improvvisamente leggero come se, assieme alla cometa, se ne stessero andando anche le cose brutte che portava lì dentro, nel petto, e che aveva accumulato sin da quando era piccolo.”

«It was more than just a comet because of what it brought to his life: direction, beauty, meaning.»

“Che genere di cose?” domandò il ragazzino, incuriosito. Joel si fissò le mani sporche di carbone con espressione impensierita.

“Cose come la paura, o la tristezza, o i sensi di colpa. Le cose che ti schiacciano, sai, quelle che ti buttano giù.”

“Come le domeniche di caccia senza di te?” chiese il bambino, portandosi le ginocchia al petto. Joel non disse nulla, limitandosi ad arruffargli i capelli con aria afflitta. In quel momento il piagnucolio di Vick si unì alle loro voci, precedendo l’arrivo di Hazelle nella stanza. Rory cercò di scendere dal letto per raggiungere la madre, ma Joel lo prese in braccio per tenerlo buono, mentre la donna sollevava il più piccolo degli Hawthorne della culla, per assicurarsi che stesse bene. Hazelle prese posto sul letto suo e del marito, per allattare il bambino. Cercò poi di addormentarlo cullandolo, canticchiando una nenia a mezza voce. Era stanca: perfino Gale se ne accorse.

“Passalo a me, Haze” propose a quel punto Joel, depositando Rory sul letto. “Ci provo io ad addormentarlo.”

“Ma se mamma dice che sei terribile a cantare!” lo rimbeccò Gale, inarcando un sopracciglio. La madre si mise a ridere.

“Ha ragione” commentò poi, sorridendogli a mo’ di scusa. Joel finse di accigliarsi, aiutando Rory, che stava cercando di arrampicarsi sulle sue ginocchia.

“Macché! Però, che ti calmavi subito quando cantavo per te, non te l’ha detto” ribatté, tornando a voltarsi verso il primogenito. Gale gli rivolse un sorrisetto malandrino.

“Beh, sì, ma ha detto anche che secondo lei lo facevo solo perché volevo farti stare zitto” rivelò, con espressione divertita.

Suo padre gli diede un colpetto scherzoso sulla nuca.

“Smettevi di piangere perché ti piaceva la canzone. Era una ninna nanna che cantavano le donne ai figli dei ribelli, durante i giorni bui. Me l’ha insegnata Caleb Everdeen. Sai, ha una figlia poco più piccola di te” aggiunse, mentre Gale tornava ad intrecciare le dita dietro la testa, appoggiando poi il capo al cuscino. “Dice che è un bel tipetto pure lei…

*

…Dovremmo farvi conoscere, un giorno” propose Caleb, accarezzando i capelli della bambina. “Chissà, potreste diventare amici.”

Katniss fece spallucce.

“Sa cacciare?” chiese, tornando ad accoccolarsi al petto del padre. L’uomo le sorrise.

“Presumo di sì. Mi sa che è anche molto bravo.”

Katniss soppesò per un po’ le sue parole, prima di sollevare il capo per guardarlo negli occhi.

“Cosa è successo a nonno Michael, dopo che ha visto la cometa di Halley?” chiese infine, rivolgendogli un’occhiata incuriosita.

Beh…” incominciò il padre, girandosi su un fianco. “…Quella cometa doveva proprio avere qualcosa di magico, perché fece qualcosa di strano a tuo nonno: lo cambiò un po’ dentro, lo rese più ottimista. Ogni sera Michael guardava il cielo, nella speranza di veder passare di nuovo Halley. Sapeva che non sarebbe tornata per altri settantasei anni, ma continuò ad aspettarla lo stesso. Perché in quel momento, nel momento in cui l’aveva vista per la prima volta, il nonno si era sentito come se l’avesse attesa da sempre, quella cometa. E quando se ne era andata, lui aveva capito subito che avrebbe continuato ad aspettarla per sempre, anche da vecchio. Anche se sapeva, in fondo, che probabilmente non l’avrebbe mai più rivista. E per Samuel fu lo stesso”, aggiunse, sotto lo sguardo incantato della figlia.

 

«And when it went away, he waited his entire life for it to come back to him»

*

“Il mattino successivo, mio padre raccontò ai suoi colleghi minatori della cometa, e di come lui e Michael si sentissero cambiati” raccontò Joel, accarezzando il capo di Rory, che aveva gli occhi socchiusi e sembrava sul punto di addormentarsi. “Diceva di essersi convinto che tutto sarebbe andato per il meglio; che tua nonna, per quanto giovane, avrebbe partorito senza complicazioni e che sarebbero riusciti a mettere da parte abbastanza soldi per il bambino, per farlo crescere sano e forte. Certe persone pensarono che si fosse un po’ ammattito” aggiunse poi, picchiettandosi una tempia con l’indice. “Forse, un po’ matto, lo era diventato sul serio. Ma che importanza aveva? Era felice.”

«There are many who couldn't understand, and sometimes he walked among them.»

“E poi aveva ragione, no?” chiese Gale in quel momento, stringendosi le ginocchia al petto. Fece spazio a Hazelle che li aveva appena raggiunti per sedersi accanto a loro, dopo aver riposto Vick nuovamente nella culla. “Sei cresciuto sano e forte. Forse sei pure il più forte fra tutti i minatori del Giacimento!”

Joel si mise a ridere.

“Mi sa che sei un po’ di parte, tu” commentò, arruffandogli i capelli. “Sai, tuo nonno, prima che nascessi, era convinto che fossi una femmina. Aveva  deciso che mi avrebbe chiamato Haley: era il nome di sua nonna e ricordava quello della cometa. Gli ho rovinato un po’ i piani, nascendo maschio”  concluse con un sorriso divertito, strizzando l’occhio alla moglie.

*

Katniss ridacchiò, stendendo le braccia sul materasso.

“Mi piace Haley” annunciò poi, abbassando poi subito il tono di voce, per non svegliare Prim. Osservò la madre mentre adagiava la bambina nella culla, e poi si rivolse di nuovo al padre.  “Sarebbe bello, chiamarsi come una cometa. Vero, papà?”

Caleb le sorrise, appoggiandosi al pugno chiuso con la guancia.

“Lo credo anch’io.”

Katniss chiuse gli occhi per un istante, provando a immaginare una scia luminosa che tagliava il cielo e la strana sensazione di felicità e leggerezza che dovevano aver provato Michael e Samuel, nel vederla passare sopra le loro teste. Era bello: avrebbe voluto provare anche lei qualcosa di simile, un giorno.

“Come finisce la storia della cometa?” chiese infine, tornando ad aprire gli occhi e voltandosi verso il padre.

“Il giorno dopo aver visto Halley, nonno Michael trovò per la prima volta il coraggio di superare la recinzione di filo spinato: lo aveva fatto solo poche volte in passato, con suo fratello Draidan, ma era morto cinque anni prima, quando Michael aveva solo tredici anni, e da allora mio padre non se l’era mai sentita di andare nel bosco senza di lui. Ma il giorno dopo il passaggio di Halley lo fece: quella sera, era un lunedì, Michael incominciò a costruire il suo primo arco, seguendo le istruzioni che Draidan gli aveva ripetuto più e più volte quando era ragazzino. Ci mise un po’ a finirlo e dovette allenarsi per parecchio tempo, prima di imparare a usarlo bene, ma entro la fine del mese era riuscito a cacciare i suoi primi conigli” concluse, mettendosi a sedere e appoggiando la schiena contro al muro. “Da allora riuscì a procurarsi della carne per la sua famiglia quasi ogni settimana e non ebbe più bisogno di dover andare a lavorare la domenica. I suoi compagni minatori si accorsero che era cambiato: sembrava meno chiuso, più felice, e lo stesso era accaduto al suo amico Samuel. Tuo nonno raccontò loro della cometa e da quel momento, qui al Dodici, si usa dire che avvistarne una porti bene.”

“Allora era davvero una cometa magica” osservò Katniss, stropicciandosi gli occhi con il dorso della mano. Caleb le sorrise.

“Forse sì. Vedi, Katniss, in fondo tutto ciò di cui tuo nonno aveva bisogno era un po’ di speranza. Qualcosa che gli suggerisse che alla fine tutto sarebbe andato a posto: che sarebbe stato bene. E quel qualcosa, per lui e Samuel, fu la cometa di Halley.”

Katniss ascoltò in silenzio le parole conclusive del padre, aggrottando poi impensierita le sopracciglia.

“E nonno Michael ti ha raccontato tutto questo quando eri piccolo?” chiese infine.

“Proprio così; allora avevo più o meno la tua età. E lo stesso fece Samuel con suo figlio, Joel. Io e lui ne abbiamo parlato più volte, giù in miniera. Da ragazzi ci siamo messi a calcolare quando sarebbe tornata la cometa di Halley e abbiamo riso, pensando che per allora saremo stati dei vecchietti. Ma abbiamo promesso che la aspetteremo comunque insieme, all’ingresso delle miniere” dichiarò con un sorriso l’uomo, accarezzando il volto della figlia con il pollice. “Proprio come hanno fatto quella volta Samuel Hawthorne e mio padre.”

Katniss ricambiò il sorriso, alzandosi a sedere: il suo sguardo era tornato a ravvivarsi, nonostante il sonno avesse incominciato a gravarle sulle palpebre.

“La guardiamo tornare assieme, quando passa?” chiese la bambina. Il padre annuì.

“Saremo in prima fila, Katniss” promise, incastrandole una ciocca di capelli sfuggita a una treccia dietro l’orecchio. “Io, te, Prim e la mamma.”

Il sorriso della bambina si fece più esteso, mentre Katniss appoggiava la fronte al torace del padre.

Papà…” chiese ancora la ragazzina, in tono di voce d’un tratto più esitante, “ …Pensi che imparerò anch’io a usare l’arco come nonno Michael?”

Caleb le sorrise di sottecchi, cingendola con il braccio.

“Io ne sono certo, Katniss” la rassicurò, accarezzandole i capelli. “Ne sono certo.”

*

“Papà?” mormorò Gale, mentre Joel sollevava il lenzuolo, per adagiare un addormentato Rory sul materasso.

“Che cosa c’è, ragazzo?”

“Tu ci credi davvero a questa cosa della cometa?” chiese il bambino, sistemandosi sotto le coperte di fianco al fratello. Joel analizzò il suo volto con attenzione, prima di annuire, tornando a sedersi di vicino a lui.

“Sì, certo che ci credo” rispose semplicemente, stringendosi nelle spalle. Gale si abbracciò le ginocchia e distolse lo sguardo, assumendo un’espressione d’un tratto pensierosa. Poco dopo fece spallucce a sua volta.

“Ci credo anch’io” dichiarò deciso, nonostante la sua espressione sembrasse esitante. Joel si passò una mano fra i capelli, avvertendo la stanchezza della giornata trascorsa in miniera incominciare a premergli sulle spalle. Era triste per lui vedere suo figlio di otto anni lottare come un adulto, per cercare di aggrapparsi a qualcosa di astratto, come i sogni o i racconti di suo padre.

 “Ma se poi non cambia nulla?” lo interrogò ancora il ragazzino, abbassando il tono di voce, come se non fosse sicuro di volersi fare sentire da Joel. “Se vedo la cometa, ma non cambia nulla comunque?”

Joel sospirò; scoccò un’occhiata distratta alla moglie, che stava controllando Vick nella culla, prima di tornare a voltarsi verso il figlio. Scosse il capo, avvertendo un principio di rabbia montagli dentro.

“Cambieranno” mormorò infine, sollevando il mento del bambino con due dita, per poterlo guardare negli occhi; la collera si acquietò all’istante, calmata dal suono delle sue stesse parole. “Le cose cambieranno, Gale Hawthorne. Io e te: le cambieremo io e te.”

Joel ne era certo e aveva bisogno che ci credesse anche suo figlio: potevano togliergli le domeniche e il tempo da trascorrere con il padre. Ma nessuno avrebbe mai potuto togliere a Gale quel filo di speranza che ancora gli illuminava gli occhi, quando poteva aggirarsi libero per i boschi.

“La mia è una promessa e noi Hawthorne le promesse le manteniamo sempre. Ricordatelo, ragazzo.”

Il bambino annuì, permettendo a un lieve sorriso di arricciargli le labbra.   

«But even in his darkest hours, he knew in his heart that someday it would return to him, and his world would be whole again.»

*

Quella sera, Gale Hawthorne e Katniss Everdeen  presero sonno in fretta, sognando  una cometa che non avevano mai visto, ma che da quella sera aveva incominciato a bruciare dentro di loro, scaldandoli come un fuoco. Ancora non sapevano che ne avrebbero parlato spesso, nel corso degli anni a venire, né che sarebbe stata proprio quella cometa a far coincidere le loro strade una seconda volta, quando ormai erano convinti che si sarebbero persi per sempre. Halley tornò a rendersi visibile per la gente del Distretto 12 settantasei anni dopo essersi mostrata a Samuel e Michael, suggellando la promessa di due bambini ormai cresciuti, ma che in fondo, in quella cometa, non avevano mai smesso di crederci.


Questa però, come si usa dire, è un’altra storia.

 

_____________

* Le citazioni inserite nella storia sono tratte da One Tree Hill. Anche il titolo del racconto si ispira a una delle frasi tratte dal libro di Lucas, nella serie TV: “The boy saw a comet and he felt as though his life had meaning”.

 

Devo dire la verità: ancora non ci credo di essere finalmente riuscita a scrivere questa prima parte della serie sulla cometa. L’avevo pianificata da mesi, fin da quando pubblicai “La cometa del Distretto 12”, ma come al solito quando non scrivo subito una cosa finisce nel dimenticatoio e non ci penso più. Questa mattina, però, mi sono svegliata con il desiderio di riprendere in mano questa cosetta qui e così ho scritto; come  al solito mi sono dilungata all’inverosimile e la storia è diventata chilometrica. Mi devo anche scusare perché sono consapevole di aver dedicato molto più spazio alla parte di storia riguardante la famiglia Hawthorne, che non a quella Everdeen. Ma non sono riuscita a evitarlo: Gale, Mr. Hawthorne, Hazelle e compagnia ormai per me sono casa. A forza di scriverci sopra mi sono fatta un’idea mentale di come potrebbero essere e mi riesce più facile immaginare le loro scene. Con Katniss e Mr. Everdeen, invece, non ho dimestichezza e ho fatto molta più fatica, dunque ho preferito non dilungarmi troppo sul loro conto per non incrementare le mie ciance di andare totalmente OOC <.< Che altro aggiungere? I nomi Caleb, Joel, Michael e Samuel sono nomi prodotti dalla mia testolina, e non corrispondo al vero – purtroppo la Collins non ci ha mai detto i nomi di Mr. Everdeen e Mr. Hawthorne. Non sono sicura che questa one-shot abbia senso, se letta singolarmente, perché è stata scritta in funzione del resto della serie, che è composto da altre tre storie: How to Catch a Comet, che è ambientata poco prima di Hunger Games, La Cometa del Distretto 12, che è ambientata dopo l’epilogo di Mockingjay e “Il Ritorno della Cometa” che devo ancora scrivere e che chiuderà il cerchio. In particolare, in questa prima parte, ci sono stati diversi richiami a “La Cometa del Distretto 12”, in particolare si scopre da dove arrivi il nome di Haley. Ringrazio infinitamente non solo chi è riuscito a leggere fino alla fine di questo mio blablabla che non manca mai al termine di ogni storia, ma anche chi ha letto le due storie precedenti a questa, perché alla trilogia della cometa tengo davvero tantissimo e le vostre parole  mi hanno veramente fatta sciogliere, quindi grazie, grazie mille!

Un abbraccio!

Laura

 

   
 
Leggi le 20 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Kary91