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Autore: I quattro Dei    17/03/2014    1 recensioni
[Storia temporaneamente sospesa]
In mondi sconosciuti, dove le terre sono divise e una guerra imperversa ogni dove, solo un antica magia può salvare il mondo dalla sua distruzione.
Quattro ragazzi si ritrovano coinvolti senza neanche una spiegazione, poiche quando grandi divinità ti vengono confinate dentro non hai le tue spiegazioni.
Quattro destini e quattro ragazzi, così diversi eppure così simili, legati da un filo sottile quanto resistente.
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Gods' Fate

The Gods' Awakening



Capitolo 02






 
Michiko aveva camminato per una mezz’oretta nella sua città, sapendo esattamente dove andare ma non sapendo come arrivarci. Successivamente usò la sua Lacryma per far comparire l’ologramma della piantina di Raylight e decise di andare ad una delle stazioni che stavano in periferia. Lungo tutta la periferia, infatti, c’erano diverse stazioni di treni che collegavano la città ad altre più vicine. Il portale davanti a lei si aprì e ci passò attraverso, trovandosi esattamente di fronte alla biglietteria, comprato quindi il biglietto, si accomodò sul treno e attese la sua partenza.
 
Un’oretta dopo si trovò nella città dove aveva deciso di spostarsi. La cosa che le saltò subito all’occhio era il fatto che era molto diversa dal luogo dove aveva sempre vissuto. Questa dove si trovava non aveva per niente alberi o natura e le poche aiuole che c’erano erano parecchio trascurate e ormai secche e prive di vita. L’azzurra sospirò a quella vista, dispiaciuta della mancanza di vita in quella natura.
 
Il treno che l’avrebbe portata alla città seguente sarebbe partito tra due ore, così decise di farsi un giro in quella città, approfittando magari per mangiare qualcosa, o forse soltanto per guardare le persone camminare tra quelle piccole vie, aveva cominciato a guardare tutto sotto un’altra prospettiva, felice che lei stessa fosse viva e che intorno a lei c’erano cose vive.
 
Una volta disprezzava tutto questo, una volta non poteva vedere i fiori e le piante, e odiava il fatto di essere nata proprio in quella città, dove queste venivano rispettate. Ora invece adorava tutto ciò che potesse contenere una vita, tutto ciò che aveva un ciclo naturale, compresa lei stessa, che si sentiva diversa.
 
Non aveva mostrato il minimo segno di paura nell’affrontare quel lungo viaggio da sola, prima di tutto perché sapeva di doverlo fare, sapeva che doveva incontrare altre persone e soprattutto, sentiva che dentro di lei non era sola, c’era qualcun altro. Aveva dei ricordi non suoi, ciò voleva dire che dentro di lei risiedeva qualcosa, e questo qualcosa faceva in modo di non renderla sola, ma anzi, di farle capire tanti valori che aveva perso con il tempo.
 
Era ancora immersa nei suoi pensieri quando, in lontananza, vide un gruppetto di gente raggruppato in mezzo alla strada. Alcuni urlavano, altri chiamavano aiuto, decise quindi di andare a vedere cosa fosse successo, incuriosita.
 
«Che succede?» domandò ad un Signore che era al bordo della folla, mentre cercava di guardare al centro di essa, anche se era un po’ impossibile data la sua altezza e le persone che si trovavano davanti a lei.
 
«Una rapina, il ladro è scappato, ma una donna è rimasta ferita gravemente, i soccorsi stanno arrivando ancora, almeno, questo ho sentito» rispose l’uomo, senza badare tanto alla ragazza di fianco a lui, ma continuando a guardare davanti a sé ed intorno, sperando che i soccorsi arrivassero alla svelta.
 
Michiko non ci pensò due volte, aveva appena sentito che una donna era ferita gravemente e che poteva perdere la vita, ed era una cosa che non poteva lasciare che accadesse.
 
Spinta da una sensazione che ormai si era fatta dentro di lei, che ormai aveva preso il controllo di tutta sé stessa, si fece avanti, passando tra le persone che avevano formato quella folla, e riuscì ad arrivare davanti, notando la donna distesa a terra, aiutata solo da un paio di persone. Aveva una lunga ferita al fianco e continuava a perdere copiosamente sangue.
 
«Sei un medico?» uno degli uomini che stava sorreggendo la Signora notò Michiko che si era avvicinata, inginocchiandosi davanti a loro e scrutando attentamente la ferita.
 
«Io…?» l’azzurra alzò lo sguardo verso l’uomo che le aveva posto quella domanda, ma non rispose. Si limitò a guardarlo negli occhi per poi ritornare a guardare la ferita, questo stava per intimarle di andare via quando notò una cosa che gli fece sgranare gli occhi dallo stupore, insieme all’altra persona che era lì con loro.
 
Michiko aveva allungato una mano poco sopra la profonda ferita, e da essa era uscita dell’acqua, piccole goccioline che erano andate a cadere sopra il taglio e che fumarono leggermente a contatto con il sangue. Andò avanti per qualche secondo e poi vide, con stupore, che la ferita si stava rimarginando. Fatto il suo lavoro si alzò, fece qualche passo indietro sentendo i ringraziamenti che le persone le stavano rivolgendo, sempre con stupore, e poi si allontanò, mentre la folla badava più alla persona guarita che a lei stessa.
 
Quei pochi che la videro andare via non notarono una ragazza normale, videro una specie di figura dentro di lei, un fantasma, un’anima, che ricordava vagamente una ninfa, avvolta da un vestito a fiori intrecciato che la ricopriva veramente poco, era leggermente bagnata, e in mano aveva una specie di vaso.
 
Questa figura si vide solo per qualche secondo camminare insieme a lei, poi scomparve, a quel punto, quindi, pensarono di aver avuto veramente un’allucinazione, ma non era così. Michiko aveva compiuto veramente un miracolo, e per un attimo, aveva come sentito che il suo corpo fosse stato preso in possesso e guidato, da un’entità. Un’entità che le stava facendo provare tutte queste emozioni nuove.
 
*
 
Era partito da quelli che erano due giorni oramai, Shi era stato costretto ad abbandonare la moto all'alba del secondo, ed ora proseguiva imperterrito sulle sue gambe, nonostante fossero le ore di punta della giornata e non ci fosse un filo d'ombra in quella landa desolata.
 
Verso le cinque, dopo essersi infilato in un canyon, trovò una piccola oasi che offrì riposo e un riparo al corvino. Fece cadere la sacca sotto un albero di cui ignorava il nome ma che ricordava molto una palma, e si diresse al piccolo lago che si trovava al centro, circondato da tutta una flora verdeggiante. Quando provò a portarsi l'acqua alla bocca, per dissetarsi, la maschera si dissolse permettendogli di bere, ricomparendo poi quando si alzò per tornare alla sacca per mettere qualcosa sotto i denti.
 
"Poche provviste, sono ridotto male" constatò, mentre svuotava la sua sacca, facendo anche un inventario. "Due once d'acqua, qualche sacchetto di carne essiccata, un paio di cambi e... Una mappa! Almeno saprò dove andare" velocemente aprì il foglio ripiegato e rintracciò il puntino blu, che lo indicava, e poi controllò tutti i puntini rossi, indicanti le città, notando che il più vicino era a due giorni di marcia sostenuta.
 
Dopo aver riempito le once e sistemato di nuove le sue cose, Shi si era rimesso in cammino tornando a camminare tra quelle gole mentre la giornata volgeva sempre più al termine fino ad arrivare al tramonto, segnando la fine di essa. Dal cielo si stavano anche accumulando grossi nuvoloni neri, che annunciavano pioggia certa, e in lontananza si sentivano echeggiare gli ululati dei lupi che annunciavano un altra nottata di caccia, ma il ragazzo non ci badò.
 
Alcune ore dopo, però, fu costretto ad arrampicarsi su una parete per arrivare ad una piccola grotta, cosa che fu resa complicata dalla pioggia che aveva iniziato a cadere poco dopo il tramonto.
"Almeno non dormirò sotto la pioggia" si consolò, gettando la sacca contro una parete per poi sedersi di lato alla borsa e lasciarsi andare al sonno.
 
Si ritrovò a sognare scene confuse che spesso si sovrapponevano tra loro, rivide la sua infanzia ma in modo diverso, con particolari strani come dettagli o cose che non mai aveva visto, vide scene che mai aveva vissuto in prima persona, in modo così vivido e reale che gli sembrò di essere lì, sentì anche voci, frasi sconnesse e parole, alcune conosciute ed altre no.
 
Si svegliò di soprassalto, con la pioggia che ancora cadeva imperterrita e la fronte madida di sudore, si guardò in giro mentre si asciugava la fronte ma senza notare nulla di strano, anche se sentiva di essere osservato, constatò però, che i lupi se ne erano andati e questo era un bene, poi però un lampo cadde molto vicino alla grotta, che fu pienamente illuminata, e fu allora, che Shi notò una figura a lui nota.
 
*
 
Carhan si appoggiò, esausta, ad un albero accanto a lei. Era partita già da qualche giorno e si era maledetta più e più volte per essersi scordata a casa la Lacryma che le avrebbe permesso di trasportarsi velocemente nella più vicina città provvista di un qualsivoglia tipo di mezzo di trasporto, che l’avrebbe aiutata a raggiungere il luogo dove era diretta.
 
Era sempre stata una persona sbadata,  proprio per questo aveva la tendenza a fare le cose con il doppio dell’attenzione che normalmente sarebbe richiesta, proprio per evitare situazioni di quel tipo, ma da qualche giorno a quella parte non era più la stessa, da quando quella luce dorata l’aveva avvolta come un bozzolo.
 
Scosse la testa e riprese faticosamente il cammino notando che, anche se la temperatura esterna di quel posto era più elevata di quella che si riscontrava nella sua città natale, le sue mani erano ancora fredde come il ghiaccio del laghetto dove sorgeva Triasia. Era una caratteristica tipica della gente nata in quei luoghi, per natura, poco ospitali.
 
Camminò ancora per un paio d’ore e proprio quando stava per pronunciare improperi irripetibili diretti soprattutto a sé stessa e alla sua sbadataggine, notò un villaggio non molto distante da lei.
Certo, non era una città, e sicuramente non ci passava nessuna ferrovia o altro, ma di sicuro ci sarebbe stato un negozio dove avrebbe potuto acquistare la sua Lacryma e risparmiarsi altri giorni di cammino.
 
Era una bel villaggio, notò una volta arrivata, molto più grande di ciò che sembrava dall’esterno e subito arrivata chiese informazioni ad alcuni passanti che le indicarono un negozio appena dietro l’angolo.
 
Il negozietto era piccolo, ma molto carino sui toni del blu e dell’oro. Le Lacryma ed altri oggetti magici erano un’infinità e disposti in maniera ordinata sugli scaffali brillanti come specchi. Sul bancone c’era un piccolo campanello da suonare per chiamare il proprietario.
 
Carhan stava per utilizzarlo quando sentì un pianto sommesso e una voce maschile molto minacciosa provenire dalla porta che portava probabilmente al retro del negozio. La ragazza la socchiuse appena e vide un uomo, probabilmente il proprietario, inveire contro una donna che cercava di dargli delle spiegazioni.
 
«Ti giuro che lui è solo un cliente, non gli ho chiesto io di portarmi dei fiori!» diceva la donna disperatamente, mentre il marito le ripeteva che non voleva più saperne niente di lei.
 
Carhan ebbe l’impulso di entrare e fermare la furia cieca di quell’uomo dato che era più che ovvio che la gelosia inibisse qualunque sua capacità di raziocinio, ma proprio mentre stava per intromettersi accadde qualcosa. Venne avvolta dalla stessa luce dorata che l’aveva già catturata in precedenza che però poi diventò verde smeraldo e sentì dentro di sé, un qualcosa che non poteva essere definito in altro modo se non un semplice sussurro, dirle: “Tu sai cosa fare…”.
 
Era vero, per quanto la cosa non avesse il minimo senso lei sapeva esattamente cosa fare. Aprì la porta un po’ di più e chiudendo gli occhi materializzò nelle sue mani una polvere verde iridescente.
 
«Ti prego… fai ricordare chi è lei per lui… fa si che si renda conto che lei ora sta soffrendo…» disse sottovoce, prima di soffiare la polvere in direzione del proprietario, che dopo averla inconsciamente inalata  fermò il suo attacco d’ira.
 
Rimase immobile pochi secondi durante i quali Carhan sapeva che la polvere stava facendo il suo effetto, stava ricordandogli che lui era innamorato di quella donna e lo stava rendendo consapevole del modo in cui la stava trattando. Carhan non poteva spiegarsi come faceva a saperlo, esattamente come non poteva spiegare i sogni di guerra che la stavano consumando.
 
L’uomo s’inginocchiò di fronte alla donna spaventata e l’abbracciò chiedendole scusa per aver perso in quel modo le staffe, spiegandole che la amava e che ne era molto geloso.
 
Carhan sorrise a quella scena piena di amore e di affetto, richiuse piano la porta e aspettò qualche minuto prima di chiamare il proprietario e farsi dare la Lacryma che le serviva. La utilizzò subito e si ritrovò in una stazione dove sapeva sarebbe arrivato il treno che lei cercava.
 
Era seduta su una panchina, in attesa, quando un brivido freddo le corse lungo la schiena. Si voltò ma non vide nessuno. Il treno arrivò e lei si sedette in una delle carrozze libere, oramai era in viaggio, ma la sensazione di essere in qualche modo osservata non la abbandonò nemmeno per un secondo.
 
*
 
Shou scese dal treno ispirando profondamente l'ossigeno, beandosi della stupenda sensazione che gli dava quel leggero vento che aveva iniziato a soffiare.
 
Mille domande gli stavano riempiendo la testa, provava sensazioni troppo strane. Molti dei suoi ricordi si stavano sovrapponendo ad altri. Conosceva alcune cose del suo passato ma non ricordava come conosceva, per esempio, Edward e Ageha e sapeva che erano suoi amici, ma non ricordava niente di loro, né il cognome né tantomeno quando li aveva conosciuti. Allo stesso tempo, durante un breve pisolino che si era concesso nel viaggio, immagini di guerra gli scorrevano rapidamente in testa, quasi le avesse vissute e toccate con mano lui stesso, cosa non possibile. Almeno questo era ciò che credeva.
 
Abbandonò questi pensieri, sorridendo mentre si sistemava il cappello, per poi guardarsi intorno. Ad un passo da lui c'era la civiltà, la fine del deserto, il suo nuovo credo e il suo obbiettivo. Una vena di nostalgia, però, iniziò a prendere strada nei suoi sentimenti e volle concedersi un'ultima passeggiata nel deserto, prima di abbandonarlo per sempre.
 
Stava camminando sovrappensiero quando sentì che non riusciva a camminare. Prima di rendersi conto cosa fosse successo si trovava già la sabbia all'altezza della vita, sbuffò maledicendo le sabbie mobili. Provò a chiamare aiuto ma, ovviamente, nessuno riuscì a sentirlo e lentamente scivolò nel buio della sabbia.
 
Credeva che per lui fosse giunta la fine ma, come era già successo, non stava soffocando né perdendo i sensi sotto la moltitudine di sabbia, e sentì di nuovo quella voce nella sua testa. "Non ti farà del male."
 
«Chi sei tu?» chiese spontaneamente, stupendosi poi di essere in grado di parlare.
 
"Sono te, sciocco. Accettami, accettami e insieme faremo grandi cose."
 
«Va bene» disse sorridendo e chiudendo gli occhi «Ti accetto!» Si sentì diverso, pervaso da una potente energia, notò i suoi vestiti cambiare comparendogli una tunica egizia nera dalle rifiniture rosse e percependo il pizzetto crescergli, oltre al fatto che gli era apparso in mano un bastone in legno con in cima una croce egizia, l'ankh. Istintivamente mosse il bastone e la sabbia sopra di lui si aprì, permettendogli di rivedere il cielo, mentre quella sotto di lui iniziò a formare una colonna che lo portò fuori dalla sua prigione dorata, permettendogli di allontanarsi dalle sabbie mobili. Improvvisamente i suoi soliti vestiti tornarono al loro posto, tranne il cappello, e i precedente scomparvero.
 
«Interessante!» sorrise mentre raccoglieva il suo cappello stile cow boy, per poi pulirlo dalla sabbia. «Bene!» esclamò calcandosi il copricapo «È il momento di andare!»
 
 


 







In questo capitolo i protagonisti hanno iniziato il loro viaggio e ognuno di loro è venuto a contatto con ciò che sono in grado di fare. Piano piano, quindi, si iniziano a delineare i cambiamenti che stanno subendo e i misteri cominciano ad infittirsi.
Ringraziamo come sempre tutti quelli che ci lasciano un commento o leggono e basta, al prossimo capitolo!

Carhan - Michiko - Shi - Shou
  
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