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Autore: Subutai Khan    17/03/2014    0 recensioni
Quando trovi un'iniziativa su una comunità di Live Journal e ti senti spinto a scrivere su uno dei videogiochi a cui hai giocato più volentieri negli ultimi anni.
Si prevede pioggia di angst e interiora, intervallata da sprazzi di ghigna incontrollate.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: In 'sto Laboratorio fa un Freddo Fottuto.
Personaggi: Junko Enoshima, Mukuro Ikusaba.
Generi: angst.
Traccia: Ma mentre parlo/tu non mi ascolti/i casi sono due/o non mi ami più o sei morta/propenderei per la seconda ipotesi/perché emani un fetore nauseabondo (Urna - Elio e le Storie Tese), orfana. Scritta per il Limitaprompt della Piscina di Prompt, con la limitazione una storia narrata dal punto di vista di un oggetto inanimato.

Yawn. Mi sta venendo sonno.
Credo che ormai si stia facendo tardi. Consulterei un orologio se potessi, ma la mia mancanza di mani non aiuta.
Già. Sono un panno da laboratorio.
Oh su, non guardatemi con quelle facce. Voi essere umani siete convinti che solo voi siate i fortunelli a possedere una coscienza. Non funziona così.
È un po’ come in Toy Story, solo che vale per qualsiasi oggetto. Anche per quelli che evidentemente non possono muoversi liberamente quando sono lasciati nelle condizioni adatte.
Un paio di volte ho sostenuto delle conversazioni interessantissime con una delle celle frigorifere, la numero tre per la precisione. È quella a cui piace la filosofia. Per quelli di noi sprovvisti di bocca si chiacchiera telepaticamente.
Però ora dormono tutti. Non ho controllato bene, ma penso di essere l’unico sveglio.
E allora tanto vale che mi faccia ‘sto riposo, che me lo merito.
GNEK.
Come non detto. È arrivato qualcuno.
Non faccio neanche la fatica di chiedermi chi è. Da parecchi giorni a questa parte una sola persona entra qui.
Di solito trasporta un cadavere.
Stavolta però non è così.
Anzi, aspetta che non vedo bene... e vieni più avanti, stronza...
No, per ora non se ne parla. La sento ansimare, appoggiata alla porta chiusa. Il suono arriva attutito.
Purtroppo, dalla mia posizione svantaggiata, non riesco a capirne bene il perché.
La ragazza chiamata Junko Enoshima pare non avere intenzione di muoversi da lì, anche se forse è solo perché è intenta a riprendere fiato.
Pare aver sostenuto una lunga ed estenuante corsa.
“Cazzo, ci è mancato tanto così. Quella troietta di Kirigiri...”.
Non che mi interessi davvero, ma... cos’ha combinato adesso? È la prima volta che la sento esprimersi in maniera tanto sboccata. Di solito, quando mi omaggiava con la sua compagnia, era sempre molto metodica e fredda in quel che faceva. Ci vuole metodo e freddezza nel riporre i corpi nelle celle, oh.
Mi incuriosisce sapere perché ogni tot porta qui uno dei suoi compagni di classe, defunto. La classe 78 è andata progressivamente... si può dire sparendo, dato l’altissimo tasso di mortalità.
Non me ne intendo, ma mi dà tanto la sensazione di essere un’omicida seriale che ha preso di mira quelli sfigati abbastanza da esserle vicino.
Ecco, ora la vedo un po’ meglio.
No, stavolta è sola. E ha una maschera sul volto.
Non capisco. Perché la maschera? Non si è mai fatta problemi a fare avanti e indietro in totale libertà, quasi fosse casa sua. E il fatto che non veda da un po’ altra gente a parte lei mi dà da pensare. Gente che respira, intendo.
Scomodo non avere le gambe per alzarsi e controllare di persona.
Si avvicina a una delle unità di conservazione, maneggia un po’ con il meccanismo di apertura e VRAM, spalancata.
Riconosco l’occupante di quel loculo: è sua sorella Mukuro. Nonostante le apparenze sono fisiognomico e di ottima memoria. E anzi, ora che mi sovviene lei è stata l’ultima altra persona che ho visto in giro da parecchi giorni, se non settimane. O forse mi confondo con quando l’ha portata qui, ora non ricordo bene.
La mia vita è dura, ok? Non pretendete troppo da me.
“Ciao sorellina. Come ti va? Tutto bene nella tua celletta frigorifera? Se vuoi posso portarti la tua pistola preferita per farti compagnia”.
...
Come immaginerete non sono proprio un espertone in merito, ma dubito che sia sano parlare a una salma con il tono di chi si aspetta una risposta. Ma magari mi sbaglio io.
“Ehi, cos’è questo trattamento del silenzio? Ti ho fatto qualcosa di male, per caso? Sembri uno di quei pagliacci tristi che ha perso il sorriso e la voglia di far ridere i bambini”.
...
A quanto ricordo Mukuro Ikusaba, l’ultima volta che l’ho vista, era crivellata di ferite su tutto il corpo. Non credo sia nelle condizioni di poter ribattere, sai?
“Dai, togliti quella smorfia dalla faccia. Ora io e te andiamo a fare un gioco divertentissimo. Eddai, non fare così. Ti prometto che, finito tutto, ti darò qualche poveretto da sbudellare per farti passare l’arrabbiatura. No, meglio: te li getto addosso già morti. Così assaporerai un po’ di disperazione di alta qualità. Non è splendido?”.
...
“No no no no no no, e su. Non mi devi trattare così, poi ci rimango male. Non sei per niente kawaii”.
...
Qualcuno chiami gli infermieri della casa di igiene mentale al posto mio, grazie.
“E comunque puzzi. Datti una lavata alle ascelle ogni tanto, sei orribile”.
...
Allora.
Tenendo conto che la signorina Enoshima è l’unica persona viva che vedo, che è lei stessa a portare i corpi per immagazzinarli qui e che ogni tanto è soggetta a sbalzi di umore e di personalità... c’è la possibilità che sia stata lei ad ucciderla.
Io mi sentirei preso in giro, fossi nella sorella.
Aspetta, appuriamolo.
“Mukuro, mi senti?”.
No, ma sul serio? Non credete nemmeno a questo? Voialtri siete proprio una razza strana e mentalmente chiusa come le gambe di una suora degna di questo nome.
“Sì oggetto, ti sento. Chi sei?”.
“Mr. Panno. Ho una domanda da farti, scoccio?”.
“Un po’, a dire il vero. Non vedi che ho ospiti? E non ospiti qualunque”.
“Ti chiedo solo dieci secondi”.
“E sia. Spara”.
“No, nulla. Volevo solo chiederti... ecco... se è stata lei a farti finire qui”.
“...non sei gentile a farti gli affari miei”.
“Lo so, scusa. È che sono curioso”.
“...ebbene sì, sono qui a causa sua. Gran brutto shock, devo dire”.
“E allora perché non la insulti e non le rinfacci il suo crimine?”.
“Forse perché non posso? Credo tu ti stia dimenticando che i morti non parlano ad alta voce”.
“Hai ragione, scusa. Tendo a scordarmi di questi dettagli”.
Interrompo la conversazione, avendo ottenuto ciò che cercavo.
“Il mio piano in due fasi ha trovato degli intoppi imprevisti nella prima metà, nella fattispecie quella ficcanaso di Kirigiri che mi ha impedito di disegnare un secondo sorriso sulla gola di Naegi. Nonostante i ritardi e i disguidi, però, la seconda metà è stata studiata e provata fin nei minimi dettagli. È a prova di bomba, è proprio il caso di dirlo”. E dicendo ciò si sfila la maschera e la mette sulla faccia di quella sventurata di sua sorella.
“Dimostrami il tuo amore per me”.
“Sempre e comunque, Junko”.
Brrrr. Se potessi rabbrividirei di fronte a questa ragazza. E di fronte al fanatismo di Mukuro.
“Guarda che ti sento, eh”.
“Mi spiace, non lo ritiro. Anche se per altri motivi, sei pazza tanto quanto lei”.
“Forse. Non è più cosa che mi riguarda, dato il mio stato di diversamente viva”.
La solleva, poi pare avere un flash di quelli che ti vengono quando ti ricordi di esserti dimenticato qualcosa. La riappoggia e velocemente mi prende da terra.
“Mi servirai. Per fortuna ho già preparato il sangue di gallina e il camice e l’esplosivo, manca solo il coltello che tengo nella gonna”. Poi mi avvolge attorno al corpo.
Usciamo, andando chissà dove.


Per gentile concessione di Mana Sputachu
   
 
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