Note
iniziali: Questa storia non so
nemmeno io da dove viene fuori, no cioè in realtà lo so, ormai lo Sterek è diventato il mio chiodo fisso e questi due
disagiati non mi escono dalla testa, forse perché ho recuperato due stagioni e
mezzo di Teen Wolf in una settimana circa ( sì, la
mia vita sociale ne ha risentito molto ) ed è stato come farmi fare una
lobotomia. In ogni caso qualche avviso ai naviganti prima che iniziate a
leggere: la storia è ambientata alla fine della terza stagione dove sembra * qui
inizia quello che sembra si dice sia uno spoiler della quarta stagione * che
Scott venga rapito dai Cacciatori visti all’inizio della 3B – per intenderci
quelli pseudo messicani che torturano
Derek e Peter – e che Derek, gli Argent e Braeden vadano in Sud America a recuperarlo. In questa mini
long – saranno infatti tre capitoli in tutto – nessuno è morto, sono tutti vivi
e vegeti ma non proprio felici e contenti.
Ci risentiamo alla fine per le
note finali.
I
Bleeding Out
Someday my pain
Someday my pain will mark
you
Harness your blame
The Wolves ( Act
I and II ), Bon Iver
“ Va tutto bene?” la voce
della donna arrivò lontana alle sue orecchie, come se si trovasse a chilometri
di distanza e non sdraiata accanto a lui.
Strinse gli occhi, le mani
che per un attimo andarono a coprire il suo viso, a strofinare la pelle
leggermente umida di sudore per poi afferrare il lenzuolo e tirarselo addosso,
nonostante l’aria nella stanza fosse bollente. Braeden
si tirò su facendo leva su braccio e lo guardò con attenzione mentre lui si
limitava ad annuire con un cenno del capo.
“Scott sta bene” disse dopo
un po’ la ragazza accennando un sorriso e posando una mano sul suo petto,
muovendola in una carezza, un qualcosa di dolce e allo stesso tempo malizioso
ad illuminarle lo sguardo “Non penso che un gruppo di cacciatori sia un
problema così grande per uno come te”
Derek la guardò per qualche
istante, il suo cuore che sprofondava da qualche parte nello stomaco mentre il
suo cervello, ogni cosa in lui, persino la sua pelle, urlava per quanto tutto
quello fosse sbagliato.
Pelle
candida come la neve, puntellata da piccoli nei che sembravano quasi formare
una costellazione e lui come un astronomo la scopriva, accarezzandola con le
mani e con le labbra.
Grandi
occhi scuri, languidi e tremanti, catturavano i suoi in una morsa talmente forte e stretta da impedirgli di respirare.
“A
volte non ti manca il respiro?”
L’aria di Rio de Janeiro
era bollente anche di notte, soprattutto quella notte, ma un lungo brivido
gelido gli percorse la schiena mentre il suo cervello con lentezza quasi
esasperante registrava le parole di Braeden e tentava
di trovare le parole per rispondere.
“Sono solo un po’ stanco”
mormorò intrecciando le dita a quelle della giovane, il suo stomaco che si
stringeva in una morsa, una forte nausea a bruciargli la gola. Il suo corpo
urlava perché non era quello il suo posto, non era quella la persona che doveva
stringere fra le braccia, baciare o sfiorare. Nulla di tutto quello era giusto.
Fianchi
stretti e pelle morbida, dita tremanti e inesperte, respiro affannato e il suo
nome pronunciato come una preghiera.
“Derek”
“Derek” la voce di Braeden che lo strappava con forza da ricordi caldi che in
quell’ultimo mese aveva provato in ogni modo a nascondere nei meandri della sua
mente, in un luogo che sapeva solo lui e dove sperava rimanessero. Certi
pensieri però era impossibile arginarli perché tornavano a colpirlo
dolorosamente quando meno se lo aspettava, non appena chiudeva gli occhi e
rilassava le membra stanche.
Quell’ultimo mese era stato
l’inferno per talmente tanti motivi che nemmeno riusciva ricordarli tutti: rintracciare Scott in Sud
America per salvarlo dai cacciatori, ciò che aveva lasciato a Beacon Hills,
collaborare con gli Argent – padre e figlia perché
ovviamente i guai giravano in coppia – il profondo senso di colpa che lo
attanagliava ogni volta che Braeden si avvicinava e
lo toccava, Stiles. Mille pensieri che gli vorticavano
nella mente, mille preoccupazioni, ma solo una cosa era in grado di togliergli
il fiato e la ragione, un unico pensiero lo faceva tremare ed era proprio
quello che cercava in ogni modo di cancellare.
“Sei qui, ma è come se
fossi a chilometri di distanza” pronunciò Braeden accarezzandogli
la guancia, gesti che gli riservava solo quando erano da soli, togliendo la
maschera da forte donna vissuta per sciogliersi sotto il suo tocco.
“Non è finita qui con loro,
non penso basterà così poco per fermarli” pronunciò cercando di rendere realtà
quella bugia che gli scivolò sulla lingua senza quasi che se ne rendesse conto.
Mentire sui suoi pensieri era diventato facile o forse era solo circondato da
persone in quel momento che non erano in grado di leggere veramente ciò che i
suoi occhi nascondevano.
“E’ solo questo che ti
turba?” domandò la giovane a bruciapelo, lo sguardo attento e quasi timoroso,
come se Derek fosse sul punto di farle del male ma lei non riuscisse a
impedirlo. Non rispose a voce, si limitò ad alzare il viso e lasciarle un bacio
sulle labbra, accennando un sorriso che non sentiva veramente. Braeden si strinse a lui posando la testa sul suo petto e
sorridendo “Domani torniamo a casa e con il resto del tuo branco troveremo una
soluzione”
Avrebbe voluto rispondere
che non era il suo branco, semmai quello di Scott, che non voleva tornare a
casa, che non voleva affrontare ciò che si era lasciato alle spalle e
soprattutto che non voleva lei. Quel pensiero lo colpì con forza perché per
qualche momento in quell’ultimo mese era stato davvero convinto che Braeden sarebbe riuscita a fargli dimenticare ogni cosa, ma
l’unica cosa che la vicinanza della ragazza gli aveva dimostrare era quanto
fosse altro a mancargli.
“Certo” annuì invece,
sentendo il battito della giovane tranquillo contro il costato mentre si
lasciava andare al sonno. Derek non avrebbe dormito, non molto, al massimo
quelle poche ore necessarie per rimettersi in forze e non sarebbe stato un
sonno tranquillo.
Era passato un mese
dall’ultima volta che era riuscito a dormire un bene, trentatré giorni per la
precisione, non era riuscito a non contarli.
***
What would I do without your smart mouth
Drawing me in, and you kicking me out
Got my head spinning, no kidding, I can't pin you down
All of me,
John Legend
Alle dieci esatte del mattino il sole si trovava in
una particolare posizione nel cielo e quando nessuna nuvola tentava di
oscurarlo, i suoi raggi entravano attraverso i vetri sporchi dell’enorme
finestra illuminando il loft in un modo talmente intenso da non sembrare
nemmeno più lo stesso luogo. Non sembrava il tetro antro buio dove era morto Boyd e che in molte occasioni era stato teatro di talmente
tanti scontri che ormai Derek ne aveva perso il conto, era più caldo e
confortevole, quella luce quasi portava con sé un vago sentore dolorosamente
simile all’odore dolce che aveva riempito casa Hale
per anni prima dell’incendio.
Sapeva di famiglia, persino le volte che Peter era lì
con lui.
“A volte non ti manca il respiro?”
La voce di Stiles così bassa
e delicata che quasi poté sentirla sulla sua stessa pelle come una carezza, il
ragazzo gli si era avvicinato di un solo passo, i grandi occhi scuri annegati
dalla preoccupazione e dall’ansia, il respiro – poteva sentirlo anche senza i
suoi sensi da lupo – veloce come se non fosse in grado di controllarlo.
“Come?” domandò Derek girandosi verso il ragazzino
e inarcando le sopracciglia in una
smorfia confusa lo guardò, cercando di capire che cosa gli stesse passando per
la mente in quel momento. Sapeva che Stiles era
agitato come poche volte era stato, sapeva che era preoccupato da morire per
Scott, perché il suo migliore amico, suo fratello,
era stato preso dai cacciatori e portato via. Poteva sentire il suo dolore e la
sua agitazione, erano un odore acre e pungente che sapeva di lacrime mal
trattenute e di notti insonni nell’attesa di notizie e Derek odiava quando Stiles sapeva di disperazione.
Per lui Stiles aveva sempre
avuto il profumo delle cose belle: sapeva di quaderni appena comprati per la
scuola, di venerdì sera a vedere un film e di pancake il sabato mattina. Il suo
odore lo tranquillizzava sempre, ma in quel momento era una stretta prepotente
intorno al cuore, al punto da agitare il lupo dentro di lui.
“A volte, quando succedono tutte queste cose, non ti
manca il respiro?” domandò ancora Stiles, una punta
di nervosismo nella voce, le dita che torturavano il polsino della felpa rossa
che indossava e gli occhi bassi, come se non avesse il coraggio di guardarlo.
“Perché a me manca sempre, perché ho fatto del male a tutti voi, perché voi
rischiate la vita continuamente e io sono spesso e volentieri solo d’intralcio,
perché infondo a cosa serve un umano in un branco di lupi? Voglio dire io non…”
“Stiles” la voce di Derek
era suonata più dura e risoluta di quanto avrebbe voluto, il ragazzo aveva
bisogno di essere rassicurato e non di essere ripreso come aveva fatto lui in
quel momento, ma Derek non era mai stato bravo a trattare con il dolore delle
altre persone, non sapeva gestire nemmeno il suo, come avrebbe potuto essere
d’aiuto in quel momento?
Il ragazzino si passò le mani sul viso “Scusa”
pronunciò piano continuando a nascondere il viso “ Non hai bisogno di un
ragazzino piagnucoloso in questo momento e io..”
Di nuovo non gli permise di continuare a parlare
“Basta” pronunciò, questa volta con un tono più calmo, come se Stiles fosse di cristallo e solo alzando la voce potesse
distruggerlo in mille pezzi. Era sempre stato l’umano più forte e fragile che
avesse mai conosciuto, non lo aveva mai visto indietreggiare davanti a nulla,
aveva sempre trovato incredibile il modo in cui riusciva a controllare il
terrore e a farsi avanti coraggiosamente, come quando aveva deciso di
affrontare Ethan e Aiden uniti nella loro
trasformazione con solo una mazza da baseball in legno.
Provava una profonda stima nei confronti di Stiles e forse era proprio per quello – in realtà tentava
di convincersene con tutte le sue forze - che il suo cuore si era stretto in una morsa
vedendolo così distrutto e indifeso in quel momento. Sapeva quello che stava passando, era come
rivedere se stesso qualche anno prima con il pressante senso di colpa a
stringergli la gola perché se non fossero stati impegnati a salvare la pelle a
lui, se non fosse stato posseduto dal Nogitsune, avrebbe
sentito i cacciatori arrivare, avrebbero colto i segnali – queste erano state
le parole di Stiles solo qualche giorno prima e Derek
aveva fatto fatica a resistere all’impulso di prenderlo a sberle -.
Derek Hale non era mai stato
bravo ad esprimere sentimenti, era come se si fosse creato una corazza intorno
al cuore e l’unica cosa che normalmente riusciva a provare fosse una rabbia
furiosa, ma in quel momento, vedendo Stiles, colui
che era sempre stato la roccia del gruppo così debole, l’unica cosa che riuscì
a fare fu cancellare la distanza che li separava e prenderlo fra le braccia,
stringendolo con la forza del senso di protezione che provava. Sentì Stiles irrigidirsi per qualche secondo nella sua stretta,
preso completamente alla sprovvista, ma poi le dita del ragazzo corsero a
stringere la stoffa morbida della sua maglia, quasi aggrappandosi a lui come se
da quello dipendesse la sua vita, il volto contro al suo petto e le spalle che
tremavano. Il cuore di Derek gli si fermò dolorosamente nel petto quando sentì
il giovane rilassarsi fra le sue braccia, mentre percepiva la tensione
abbandonarlo, come se lui fosse la sua ancora. Quel pensiero fu destabilizzante
e per qualche attimo gli tremarono le gambe al pensiero di poter essere
l’ancora di Stiles, mentre nella norma era lui quello
che aveva bisogno di aggrapparsi a qualcuno – il branco, sua sorella, la rabbia
– per non affogare.
Abbassò il viso e sentì la morbida carezza dei capelli
del giovane sulla sua pelle, era qualcosa che non aveva mai provato e allo
stesso tempo lo confortò come poche cose prima d’ora, al punto che una sua mano
si mosse in una gentile carezza lungo le linee magre della schiena di Stiles. Non era la prima volta che toccava il suo corpo,
era già successo ma solo in quel momento il suo cuore cominciò a battere con
rinnovato vigore, come se non avesse aspettato altro se non quel momento per
ricordargli che persino lui era umano e che persino a lui i battiti potevano
accelerare per qualcosa di diverso dalla paura.
“Troveremo Scott, te lo prometto” pronunciò con la
medesima sicurezza che lo aveva invaso quando era diventato Alpha,
quella sensazione di stringere il mondo nel palmo della mano e di poter fare
qualsiasi cosa. Stiles non sembrava in grado di dire
nulla in quel momento ma il suo respiro si era fatto più calmo, il volto ancora
affondato nel suo petto, nascosto sotto la curva morbida del mento. “Gli Argent sono cacciatori, chi meglio di loro per trovare dei
cacciatori?” gli domandò con tono straordinariamente tranquillo e ottimista.
Era come se dicendo quelle parole a Stiles, solo
perché le rivolgeva a lui, immediatamente fossero diventate reali, al punto da
crederci lui stesso.
Il ragazzino annuì contro al suo petto prima di fare
un passo e allontanarsi da lui. Derek si trovò le braccia vuote e brucianti,
annegando negli occhi scuri e leggermente umidi di Stiles,
le sue labbra però era incurvate in un piccolo sorriso.
“Domani quindi?” pronunciò piano, osservando con
attenzione il volto di Derek, che si trovò ad annuire con un cenno nel capo
“Sì, abbiamo l’aereo per Buenos Aires alle dieci, poi da lì sembra che Chris Argent conosca qualcosa che può aiutarci” gli spiegò con
calma, pensando che rendere partecipe Stiles dei loro
spostamenti lo avrebbe fatto sentire meno inutile e almeno un poco avrebbe
potuto alleviare la sua preoccupazione.
L’altro si limitò ad annuire con un cenno del capo,
abbassò lo sguardo per un attimo accarezzandosi nervosamente la nuca con la
mano prima di tornare a fissare Derek. Per un attimo sembrò sul punto di dire
qualcosa, aveva dischiuso le labbra e lo sguardo dell’uomo fu attratto da
quelle linee sottili e dolci. Infine aveva scosso il capo e si era morso la
guancia.
“Ora devo andare, a casa abbiamo il frigo praticamente
vuoto e ho come l’impressione che mentre ero posseduto dal Nogitsune
mio padre non abbia mangiato in modo salutare” gli confessò con fare quasi
imbarazzando, strappando un sorriso a Derek che annuì con un cenno del capo
“D’accordo”
Stiles era la normalità in una vita completamente fuori dall’ordinario,
era il calore di una famiglia spezzata, era forza e fragilità nel corpo di un
ragazzino iperattivo e leale, era qualcosa di cui Derek non avrebbe mai pensato
di aver bisogno.
Stiles fece un cenno d’assenso con il capo, non accennando a
muoversi, almeno non subito, rimase immobile, osservando il volto di Derek in
modo talmente intenso che l’uomo fu costretto ad abbassare lo sguardo, come se
non riuscisse a sostenerlo.
“Buona fortuna” disse infine, senza sorridere,
semplicemente guardandolo.
“Grazie”
Se fosse finito tutto in quel momento sarebbe stato
meglio, se non avesse più rivisto Stiles prima di
partire, se l’ultimo ricordo di lui fosse stato al mattino nel loft il volto
pallido che annegava nell’abbagliante luce del sole, forse Derek non avrebbe
contato i giorni, ma Stiles era tornato in piena
notte e nell’oscurità ogni cosa era cambiata.
Aveva bussato con forza alla sua porta alle undici
passate, il pugno che batteva contro la fredda superficie in metallo quasi con
rabbia, come se volesse distruggersi la mano. Derek lo aveva riconosciuto
dall’odore, non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, ma l’odore di Stiles lo avrebbe riconosciuto fra mille, ogni suo odore.
Aprì la porta in un lungo e stridulo movimento e il ragazzo entrò senza nemmeno
dire una parola.
Gli tremavano le mani, quella fu la prima cosa che
Derek notò una volta chiusa nuovamente la porta e rivolgendo tutta la sua
attenzione al giovane che si muoveva agitato davanti a lui. Ansia e
iperattività talmente pressanti che Derek poteva sentirli sulla propria pelle e
fra le labbra “E’ tardi, Stiles” provò a dirgli con
poca convinzione.
In tutta risposta l’altro si mordicchiò l’unghia del
pollice prima di fissarlo, sapeva di paura e agitazione e di coraggio,
probabilmente fu proprio quello a spingerlo ad avvicinarsi a Derek. Gli occhi
di Stiles erano pozzi senza fondo, erano calore e
fiducia, era acqua e fuoco, qualcosa che gli tolse il respiro quando le piccole
mani delicate si aggrapparono alla sua maglia stringendo con la forza della
disperazione che gli annegava il volto.
“Non voglio che parti” alla fine lo aveva detto,
quelle parole che si erano agitate nella sua mente da quando Argent aveva annunciato che sarebbero andati in Sud America
a cercare Scott, quelle parole che bruciavano sulle sue labbra anche dopo
averle pronunciate, di cui si vergognava a tal punto da non riuscire più a
sostenere lo sguardo dell’altro.
“Stiles” sussurrò Derek, le
sue mani senza che se ne rendesse conto si posavano sui fianchi stretti del
ragazzo, un gesto così naturale da sembrare parte di lui, un po’ come il lupo
che aveva dentro, qualcosa che aveva trattenuto per anni ma in quel momento
aveva preso il sopravvento perché sentire il calore della pelle di Stiles sotto la maglietta sembrò la cosa più giusta di
tutta la sua vita.
“Non voglio che parti,
quando vai via poi tutto va male” ammise Stiles
tremando, sembrava così debole rispetto a come Derek era sempre stato abituato
a vederlo – occhiate cariche di sfida e una lingua sin troppo sarcastica per i
suoi gusti – che per qualche secondo faticò a riconoscerlo. Poi lo sentì, udì
il battito del cuore di Stiles la velocità e la forza
con cui quasi cozzava contro le costole, il respiro in gola affannato e
faticoso e percepì il sudore freddo imperlargli la fronte. Sapeva che Stiles aveva sofferto di attacchi di panico da bambino, era
qualcosa che Scott gli aveva accennato in uno dei suoi mille discorsi, qualcosa
che aveva preso e catalogato nella sua mente come informazione da non
dimenticare.
“Derek” lo chiamò stringendo maggiormente la stoffa
della maglietta, aggrappandosi a lui per la seconda volta quel giorno, come se
davvero fosse in grado di salvarlo, come se credesse davvero in lui e forse era
vero. Pedine sulla scacchiera e il suo nome sul re, un pensiero irrazionale, un’altra
informazione da non dimenticare e anche il suo cuore che cominciava a battere
più forte.
Abbassare il volto e baciare Stiles
fu la cosa più giusta e allo stesso tempo più sbagliata che fece nella sua
vita, soprattutto quando trovò le labbra del ragazzino già socchiuse.
Ok, questo primo capitolo è
concluso e sì, vi ho lasciato con un simpatico cliffhanger
ma chi mi conosce probabilmente già se
lo aspettava, in ogni caso, qualche piccola noticina.
-
Stiles, ecco
lui è un discorso difficile, non sono nemmeno io molto sicura del perché mi sia venuto fuori così – un po’
piagnone, un po’ isterico, un po’ OOC forse – ma ho pensato che dopo la
faccenda del Nogitsune e per il fatto che il suo
migliore amico sia stato rapito, bè ne abbia
risentito moltissimo e quindi questo è il risultato.
-
“…. aveva
provato in ogni modo a nascondere nei meandri della sua mente, in un luogo che
sapeva solo lui e dove sperava rimanessero. “
ho rimaneggiato un verso di Ligabue, non mi ricordo la canzone ma sono sicura che qualche
lettrice la ricorderà.
-
Braeden è la
ragazza che salva Isaac dagli Alpha, Derek e Peter
dai cacciatori messicani e colei che sembra essere il nuovo love interest di
Derek ( ma non ha ancora capito che deve stare con Stiles?
Questa come minimo di rivelerà una pazza psicopatica )
Il
secondo capitolo arriverà presto, molto presto, infatti lo sto già scrivendo,
il terzo invece sarà la conclusione della storia, il cui titolo viene dalla
splendida canzone di John Legend, vi lascio qui il
link perché troppo Sterek e se non la conoscete dovete
assolutamente ascoltarla: http://www.youtube.com/watch?v=7IUYZV4ijt8
Alla
prossima!