She
walks in starlight in
another world
Non ho mai pensato a come sarei morto.
Sono sempre stato educato a combattere, a muovermi rapidamente
– cosa
difficoltosa, per un nano – a tirare con l’arco e
ad usare la spada. Se ci
penso adesso, credo di aver fatto sempre le stesse cose, ogni giorno
della mia
vita. Come combattente ho trovato un senso alla mia esistenza, ma per
il resto
non mi sono particolarmente distinto dalla mia gente.
-
Noi discendiamo dalla stirpe di Durin. Non importa che tu
sia il
secondogenito, Kili. Dobbiamo conservare il nostro lignaggio con onore.
Questo era solito ripetermi il grande Thorin ‘Scudo
di Quercia’, quando per
me era solamente lo ‘zio Thor’. Allenava spesso me
e mio fratello, e nonostante
fossi ancora un bambino, dopo un po’ compresi che tendeva a
concentrarsi più su
di me che su Fili. Inizialmente
pensai
che volesse fortificarmi, rendermi bravo come mio fratello, ma col
passare
degli anni iniziai a chiedermi se mio zio non volesse dirmi qualcosa in
più con
il suo atteggiamento.
Non ha senso – pensavo.
– Fili salirà al trono,
in quanto
primogenito. Non ha forse una responsabilità più
gravosa della mia?
Ogni volta che questo pensiero mi passava per la mente,
incontravo gli
occhi di Thorin, trasparenti e profondi allo stesso tempo: occhi tristi
e
valorosi, all’apparenza vicini, in realtà lontani.
Impenetrabili. Thorin aveva
fatto di tutto per la sua gente, per noi. D’un tratto era
diventato la guida di
tutti, ma per noi lo era sempre stato.
- Sei un bravo guerriero - mi disse
una volta. – Non credere che il tuo
ruolo
sia minore di quello di tuo fratello. Tuo padre ha dimostrato il mio
stesso
valore, seppure non fosse destinato al trono. Lealtà, onore,
un cuore
volenteroso. Proteggi chi ami e dimostra il tuo valore.
Non mi ero mai reso conto di quanto mi fossi sentito
irrilevante, fino a
quel momento. Mio fratello era come una seconda guida, una luce, sapevo
che se
mi fossi voltato l’avrei sempre trovato accanto a me. Lui era
il figlio
diligente, il combattente coraggioso, il forte erede della dinastia. Io
ero il
figlio spericolato, colui che combatteva divertendosi, sempre
tranquillo nel
mio non sentirmi parte di una famiglia addirittura reale.
Solo allora compresi cosa aveva voluto dirmi Thorin: il
sangue di Durin scorreva anche in me, la mia responsabilità
verso questa
eredità era tale e quale a quella di Fili. Non sarei salito
al trono, ma il mio
compito tra la nostra gente era quello di proteggere il mio
popolo. Così aumentai gli allenamenti, divenni
più bravo con
l’arco, nonostante facessi ancora disperare mia madre:
difendevo con onore il
titolo del figlio spericolato. Sapevo che il mondo era al di
là di qualsiasi
terra che avremmo potuto occupare. Ero desideroso di viaggiare, di
scoprire ciò
che altri orizzonti
avevano da offrirmi,
di conoscere popoli diversi e culture antiche quanto loro. Un giorno
Thorin
decise che saremmo partiti per riprenderci Ereborn, la nostra terra
natia.
Guardai negli occhi mio fratello e seppi che la
responsabilità del nostro
lignaggio ci stava chiamando entrambi: non fu necessario che ci
consultassimo,
per decidere di partire. Mia madre, consapevole di non potermi fermare,
mi
porse in dono una pietra runica.
- Non sarai un animo quieto come tuo
fratello, ma conosco il tuo valore. Non mi opporrò alla tua
decisione.
Promettimi solo che tornerai da me, sano e salvo.
Mi sorrise. E in quel sorriso rividi tutto ciò che ero
stato, tutto quello che
lei aveva significato per me, oltre i rimproveri e le liti. Le dovevo
quella
promessa, perché lei era la mia famiglia, e avrei dovuto
proteggerla. Mi
limitai ad annuire, ma seppi in cuor mio che lei comprese.
- Te lo prometto, mamma.
Le insidie che incontrammo nel nostro viaggio furono più
ardue e numerose di
quanto avrei potuto mai immaginare. Nonostante tutto, avevo sempre mio
fratello
al mio fianco, combattevo per la mia gente, conservavo il mio
carattere. Il
mondo era davanti a me, sempre diverso ad ogni passo. Da quando mio zio
Thorin
mi aveva fatto comprendere cosa volesse dire essere un nano, mi ero
comportato
come tale, fedele all’indole della mia gente, alle sue
alleanze e le sue
inimicizie. Lontane da me erano però quell’astio e
quell’avversità sentite dal
grande Scudo di Quercia verso le altre razze, specie quella elfica.
Quando
facevo domande sui grandi regni nascosti delle creature senza tempo,
lui si
chiudeva ancora di più in sé stesso. Una grande
tristezza occupava quel
silenzio, tale dal dissuadermi da altre richieste. Eppure io mi trovavo
ad
immaginarli, gli alti elfi dalla bellezza eterna. Pensavo alla memoria
che un
popolo così antico conservava in una terra mortale come la
nostra, ai loro
boschi profondi, alla luce del loro mondo. Vidi la stessa luce, quando
incontrai lei. Una luce improvvisa, calda ma remota.
- Lanciami un pugnale!
- Se credi che io ti dia un’arma,
nano,
ti sbagli di grosso.
Per un attimo pensai che mi avrebbe volentieri lasciato tra
le zampe di
quell’orribile bestia. Invece, un attimo dopo, mi aveva
salvato. Un elfo. Una donna.
Rimasi a fissarla sbalordito per qualche secondo. Non era uso per la
mia gente
che le donne prendessero parte alle battaglie. Meno che mai quelle
belle. Non
che le donne dei nani fossero particolarmente belle, ma sono sempre
stato
convinto che fossero dotate di una grande forza. Lei era il contrario
di tutto
ciò che mi era sempre stato raccontato, insegnato. Eppure,
era lì: impetuosa
come il fuoco, con due occhi che mi trafissero come lame.
- Tauriel!
C’è stato un momento, alla corte del re Thranduil,
nel buio della disperazione
della nostra prigionia, in cui ho pensato di essere dove dovevo
essere. Lei, Tauriel,
si era seduta a pochi passi da me, illuminata dalla luce delle stelle.
Sotto
quella luce i suoi occhi non mi sembravano più due spade
affilate: il suo era
lo stesso sguardo che avevo visto in me stesso
da tutta una vita. Curiosità, memoria, voglia
di scoprire il mondo. Le
parlai della promessa fatta a mia madre, delle nostre innumerevoli
avventure
nelle terre selvagge. Non sapevo nulla di lei, eppure la sentivo
già vicina a
me. Forse anche lei si era ritrovata in una famiglia reale senza
sentirsene
parte, cercando di dimostrare per tutta una vita il suo valore. Forse
anche lei
aveva cercato di eguagliare qualcuno più grande e capace, ed
aveva nel re del
suo popolo la sua stella guida. Sotto il mio sguardo era già
la principessa
perduta di qualche racconto antico, bellissima e lontana. Impossibile
da
raggiungere, se avessi provato a sfiorarla.
- Tutta la luce è sacra per gli
Elder, ma
gli elfi silvani adorano la luce delle stelle.
- L’ho sempre trovata una luce fredda. Remota, e molto
lontana.
- Essa è memoria: preziosa e pura. Come la tua promessa.
Aveva sorriso. Era un sorriso dolce, il suo, per essere il sorriso di
una
guerriera.
Credo di essere stato il primo da molti anni - nella storia del mio
popolo - a
sentirmi così vicino ad un elfo silvano. Mi sono distinto
dalla mia gente in
qualcosa che per loro potrebbe risultare incomprensibile, sbagliata, perfino. Eppure non mi sono
mai pentito di quelle
sensazioni che ho gelosamente racchiuso dentro di me. Ero il figlio
spericolato
infondo. Se qualcuno doveva provare qualcosa di irriverente, avrei
dovuto
essere io.
Troppo poco è stato il tempo in cui quella luce rossa e oro
ha brillato davanti
a me. Più me ne allontanavo, meno mi sentivo al sicuro. Non
avevo dimenticato
quello che mi era stato insegnato, il compito che avevo deciso di
portare a
termine. Il mio posto era con la mia famiglia.
Nemmeno il dolore che quella freccia Morgul mi inflisse
riuscì a farmi
vacillare. Tauriel arrivò a capo del suo esercito di
combattenti, fiera nel suo
portamento, sicura nei suoi tiri con l’arco. Gli orchi
iniziarono a cadere
l’uno dopo l’altro, mi trascinai con forza e
riuscimmo a fuggire.
Sentì per un attimo gli occhi di Tauriel su di me. Non
potevo saperlo con
certezza, perché quando riuscì a rialzare lo
sguardo, avevamo già sorpassato
l’esercito silvano. Eppure sentivo che quegli occhi mi
avevano guardato, perché
la loro luce mi aveva avvolto.
In questi istanti, mentre sento che la vita sta scivolando via da me,
mi rendo
conto di non aver mai pensato a quando sarei morto. A cosa avrei voluto
fare
prima, a chi avrei voluto accanto. Il grande Thorin si è
diretto verso la
montagna, per reclamare la nostra patria.
Lealtà, onore, un cuore volenteroso.
Niente di tutto questo è bastato, zio, per far sì
che io fossi accanto agli
altri davanti a quella porta. Sento che mio fratello mi è
vicino, e so di non
aver solo fatto pensieri sbagliati nella mia vita: Fili continua ad
essere la
mia luce guida, anche quando attorno a me c’è solo
oscurità. So che la sua
presenza non basterà a trattenermi con lui, lo sento mentre
tutto diventa
ancora più buio e confuso. Non potrò
più proteggere la famiglia, zio Thor. Non
potrò dimostrare a mia madre di essere uno spericolato che
mantiene le
promesse.
Non potrò rivedere la luce
incantata di
un volto di stelle.
Forse è egoistico da parte mia, pensare a Tauriel
in questi ultimi attimi.
Credo però che il mondo che avrei voluto scoprire fosse in
parte racchiuso in
due occhi come i suoi. Credo che avremmo potuto condividere i cieli
più azzurri
e le terre più selvagge, se solo non fosse stato
così sbagliato anche il solo
pensarlo. Credo di aver trovato un’anima come la mia,
così lontano da casa, in
una creatura troppo diversa e perfetta, per essere reale. Ho desiderato
così a
lungo vedere la luce degli elfi, e così poco mi è
stato concesso di guardare la
sua.
I miei ricordi sono così nitidi che mi sembra di vederla,
affrontare nuovamente
i nemici e rischiarare la via. Con le ultime forze che mi restano, nel
mio
sogno mi lancio addosso ad un orco e lo colpisco, nonostante la
debolezza e
l’affanno. È questo che mi è stato
insegnato. Proteggi chi ami e dimostra il tuo
valore.
Capisco fino infondo le parole di mio zio, e spero di aver dimostrato
tutto il
mio valore. Non sono stato il nano migliore della stirpe di Durin, ma
spero che
i miei antenati siano fieri di ciò che ho fatto. Penso che
lo scoprirò presto,
in ogni caso. Spero di non dover litigare con loro come facevo con mia
madre;
forse mi lasceranno scoprire il loro mondo di valori e memoria.
Ed eccola, la luce in mezzo al buio. Sembra familiare, come le presenze
che
sento attorno a me. Parole in una lingua dolce e sconosciuta riempiono
l’aria,
e pian piano riesco a guardare oltre il bagliore che mi riempie gli
occhi. È Tauriel. È
la sua luce, calda e
avvolgente, che dalle sue mani sembra arrivarmi al cuore. Probabilmente
è un
sogno, ma l’angoscia, il dolore e la paura scompaiono. Mi
è inevitabile restare
incantato davanti a quel chiarore, mentre prendo coscienza che sto
tornando
indietro, che una voce mi sta richiamando. Sembra un istante, in cui
c’è lei
sola, avvolta dalla magia del suo popolo. Non riesco a pensare ad
altro. Lei è
qui. O forse sto ancora sognando.
Quando riesco a riaprire gli occhi, confuso e debole, la visione non
è
cambiata.
- Tauriel.
Il nome che riesco a pronunciare è poco più che
un sussurro.
Lei si volta subito, in un misto di sorpresa e sollievo. Mi sta
medicando la
gamba con maestria e precisione.
-..sta fermo- mi dice, con voce malferma. O anche questa
è la mia
immaginazione? Non importa. Anche stavolta sento che sono dove dovrei
essere.
Ma lei è davvero insieme a me?
- tu non puoi essere lei.
Lei è.. Lei è molto, molto lontana
da me. Lei
cammina nella luce delle stelle di un altro mondo. È stato
solo un sogno.
Allungo la mano, con la certezza che vedrò
scomparire quell’immagine non
appena la toccherò. Stavolta non riesco però a
tirarmi indietro. Non posso. Alzo
le dita e trovo le sue. Sono calde, lunghe e sottili. Sono reali. Le sento rispondere lievemente al
mio tocco, e so che lei è
lì. Come so che mi stava guardando quando sono arrivato, e
quando sono andato
via.
So che mi ha visto per davvero.
Così non riesco a non pensare, a non parlare con
questa figura così vicina
al mio cuore.
- Credi che avrebbe potuto amarmi?
Il suo sguardo diventa troppo intenso per poterlo descrivere.
Il mio troppo
offuscato per poterlo comprendere.
Non ho mai pensato a come sarei morto. Di certo non avrei mai potuto
immaginare
che sarei stato salvato da una creatura di luce stellare. Sento che
è stata la
mia salvezza averla incontrata. Perché credevo di essere
solo a questo mondo,
nel mio essere così lontano persino da mio fratello.
Proteggi chi ami, dimostra il tuo valore.
Forse la mia domanda non avrà una risposta, ma so che
l’amore mi ha salvato. Il
calore delle sue dita è l’unica cosa alla quale
sono aggrappato prima di
scivolare nel sonno. È pura luce di stelle di un altro
mondo. Ma non è più
remota e distante: è qui, accanto
a me.
Fine
Note
dell’autrice:
La
mia è una piccola dedica al personaggio di Kili, ad un
particolare momento che
lo ha riguardato nel film di Jackson “La desolazione di
Smaug”. Ho voluto
riprendere i pilastri che reggono questo personaggio: da un lato Thorin
e Fili,
come protagonisti della sua vita di nano, dall’altro Tauriel,
come piacevole
scoperta di ciò che era “al di
là” del mondo che aveva sempre conosciuto. So
che a molti puristi di Tolkien non è andata a genio
l’aggiunta di Tauriel nel
film di Jackson, ma io stessa sono una fan del maestro, e ho aspettato
di vedere
la cosa prima di giudicarla, senza pregiudizi. A mio parere Jackson non
ha
alterato nulla. Tolkien descrive gli elfi silvani ne ‘lo
Hobbit’, l’unica cosa
che il regista ha fatto è stato dar loro un volto. Quello di
Tauriel è un bel
personaggio, che avrebbe potuto benissimo far parte del reame boscoso.
Mi ha
piacevolmente coinvolto anche la svolta sentimentale tra il suo
personaggio e
quello di Kili. Perché mai un nano e un elfo che non si
conoscono dovrebbero
necessariamente provare astio l’uno per l’altra? Io
li ho trovati molto simili
– come accennato in questa one shot – e sicuramente
anche Tolkien avrebbe
interpretato questo come un simbolo di speranza contro la
diversità. Sono
diversi, e allora? Lo erano anche Aragorn ed Arwen, così
poco trattati da
Tolkien nel ‘Signore degli anelli’, e diventati
grazie a Jackson una delle
coppie più belle dei film, di cui mi sono perdutamente
innamorata. Credo che il
regista sia stato abbastanza nella terra di mezzo per sapere cosa va
bene e
cosa no, e credo che non sempre una modifica del testo originale sia
negativa,
se arricchisce la storia invece di impoverirla. Il maestro trattava la
storia,
la cultura e le battaglie più grandi e maestose: ma
l’amore è fondamentale in
un racconto, e porta sempre dei significati profondi, se lo si guarda
più da
vicino. Attendendo con ansia il prossimo film che sarà la
mia fine (fiumi di
lacrime), sono speranzosa e soddisfatta del lavoro di questi due grandi
uomini,
a cui ho dedicato un piccolo tributo tutto femminile in un personaggio
maschile
tra i miei preferiti. Ringrazio in anticipo chi ha dedicato pochi
minuti alla
sua lettura, e chi vorrà lasciarmi un proprio pensiero.
ValHerm