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Autore: ValHerm    17/03/2014    6 recensioni
"Lealtà, onore, un cuore volenteroso.
Niente di tutto questo è bastato, zio, per far sì che io fossi accanto agli altri davanti a quella porta. Non potrò più proteggere la famiglia. Non potrò dimostrare a mia madre di essere uno spericolato che mantiene le promesse. Non potrò rivedere la luce incantata di un volto di stelle.
Forse è egoistico da parte mia, pensare a Tauriel in questi ultimi attimi. Credo però che il mondo che avrei voluto scoprire fosse in parte racchiuso in due occhi come i suoi. Credo che avremmo potuto condividere i cieli più azzurri e le terre più selvagge, se solo non fosse stato così sbagliato anche il solo pensarlo. Credo di aver trovato un’anima come la mia, così lontano da casa, in una creatura troppo diversa e perfetta, per essere reale."

KilixTauriel
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kili, Tauriel
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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              She walks in starlight in another world

Non ho mai pensato a come sarei morto.
Sono sempre stato educato a combattere, a muovermi rapidamente – cosa difficoltosa, per un nano – a tirare con l’arco e ad usare la spada. Se ci penso adesso, credo di aver fatto sempre le stesse cose, ogni giorno della mia vita. Come combattente ho trovato un senso alla mia esistenza, ma per il resto non mi sono particolarmente distinto dalla mia gente.
-  Noi discendiamo dalla stirpe di Durin. Non importa che tu sia il secondogenito, Kili. Dobbiamo conservare il nostro lignaggio con onore.
Questo era solito ripetermi il grande Thorin ‘Scudo di Quercia’, quando per me era solamente lo ‘zio Thor’. Allenava spesso me e mio fratello, e nonostante fossi ancora un bambino, dopo un po’ compresi che tendeva a concentrarsi più su di me che su Fili.  Inizialmente pensai che volesse fortificarmi, rendermi bravo come mio fratello, ma col passare degli anni iniziai a chiedermi se mio zio non volesse dirmi qualcosa in più con il suo atteggiamento.
Non ha senso – pensavo. – Fili salirà al trono, in quanto primogenito. Non ha forse una responsabilità più gravosa della mia?
Ogni volta che questo pensiero mi passava per la mente, incontravo gli occhi di Thorin, trasparenti e profondi allo stesso tempo: occhi tristi e valorosi, all’apparenza vicini, in realtà lontani. Impenetrabili. Thorin aveva fatto di tutto per la sua gente, per noi. D’un tratto era diventato la guida di tutti, ma per noi lo era sempre stato.
- Sei un bravo guerriero - mi disse una volta. – Non credere che il tuo ruolo sia minore di quello di tuo fratello. Tuo padre ha dimostrato il mio stesso valore, seppure non fosse destinato al trono. Lealtà, onore, un cuore volenteroso. Proteggi chi ami e dimostra il tuo valore.
Non mi ero mai reso conto di quanto mi fossi sentito irrilevante, fino a quel momento. Mio fratello era come una seconda guida, una luce, sapevo che se mi fossi voltato l’avrei sempre trovato accanto a me. Lui era il figlio diligente, il combattente coraggioso, il forte erede della dinastia. Io ero il figlio spericolato, colui che combatteva divertendosi, sempre tranquillo nel mio non sentirmi parte di una famiglia addirittura reale. Solo allora compresi cosa aveva voluto dirmi Thorin: il sangue di Durin scorreva anche in me, la mia responsabilità verso questa eredità era tale e quale a quella di Fili. Non sarei salito al trono, ma il mio compito tra la nostra gente era quello di proteggere il mio popolo. Così aumentai gli allenamenti, divenni più bravo con l’arco, nonostante facessi ancora disperare mia madre: difendevo con onore il titolo del figlio spericolato. Sapevo che il mondo era al di là di qualsiasi terra che avremmo potuto occupare. Ero desideroso di viaggiare, di scoprire ciò che  altri orizzonti avevano da offrirmi, di conoscere popoli diversi e culture antiche quanto loro. Un giorno Thorin decise che saremmo partiti per riprenderci Ereborn, la nostra terra natia. Guardai negli occhi mio fratello e seppi che la responsabilità del nostro lignaggio ci stava chiamando entrambi: non fu necessario che ci consultassimo, per decidere di partire. Mia madre, consapevole di non potermi fermare, mi porse in dono una pietra runica.
- Non sarai un animo quieto come tuo fratello, ma conosco il tuo valore. Non mi opporrò alla tua decisione. Promettimi solo che tornerai da me, sano e salvo.
Mi sorrise. E in quel sorriso rividi tutto ciò che ero stato, tutto quello che lei aveva significato per me, oltre i rimproveri e le liti. Le dovevo quella promessa, perché lei era la mia famiglia, e avrei dovuto proteggerla. Mi limitai ad annuire, ma seppi in cuor mio che lei comprese.
- Te lo prometto, mamma.
Le insidie che incontrammo nel nostro viaggio furono più ardue e numerose di quanto avrei potuto mai immaginare. Nonostante tutto, avevo sempre mio fratello al mio fianco, combattevo per la mia gente, conservavo il mio carattere. Il mondo era davanti a me, sempre diverso ad ogni passo. Da quando mio zio Thorin mi aveva fatto comprendere cosa volesse dire essere un nano, mi ero comportato come tale, fedele all’indole della mia gente, alle sue alleanze e le sue inimicizie. Lontane da me erano però quell’astio e quell’avversità sentite dal grande Scudo di Quercia verso le altre razze, specie quella elfica. Quando facevo domande sui grandi regni nascosti delle creature senza tempo, lui si chiudeva ancora di più in sé stesso. Una grande tristezza occupava quel silenzio, tale dal dissuadermi da altre richieste. Eppure io mi trovavo ad immaginarli, gli alti elfi dalla bellezza eterna. Pensavo alla memoria che un popolo così antico conservava in una terra mortale come la nostra, ai loro boschi profondi, alla luce del loro mondo. Vidi la stessa luce, quando incontrai lei. Una luce improvvisa, calda ma remota.
- Lanciami un pugnale!
- Se credi che io ti dia un’arma, nano, ti sbagli di grosso.
Per un attimo pensai che mi avrebbe volentieri lasciato tra le zampe di quell’orribile bestia. Invece, un attimo dopo, mi aveva salvato. Un elfo. Una donna.
Rimasi a fissarla sbalordito per qualche secondo. Non era uso per la mia gente che le donne prendessero parte alle battaglie. Meno che mai quelle belle. Non che le donne dei nani fossero particolarmente belle, ma sono sempre stato convinto che fossero dotate di una grande forza. Lei era il contrario di tutto ciò che mi era sempre stato raccontato, insegnato. Eppure, era lì: impetuosa come il fuoco, con due occhi che mi trafissero come lame.
- Tauriel!
C’è stato un momento, alla corte del re Thranduil, nel buio della disperazione della nostra prigionia, in cui ho pensato di essere dove dovevo essere. Lei, Tauriel, si era seduta a pochi passi da me, illuminata dalla luce delle stelle. Sotto quella luce i suoi occhi non mi sembravano più due spade affilate: il suo era lo stesso sguardo che avevo visto in me stesso  da tutta una vita. Curiosità, memoria, voglia di scoprire il mondo. Le parlai della promessa fatta a mia madre, delle nostre innumerevoli avventure nelle terre selvagge. Non sapevo nulla di lei, eppure la sentivo già vicina a me. Forse anche lei si era ritrovata in una famiglia reale senza sentirsene parte, cercando di dimostrare per tutta una vita il suo valore. Forse anche lei aveva cercato di eguagliare qualcuno più grande e capace, ed aveva nel re del suo popolo la sua stella guida. Sotto il mio sguardo era già la principessa perduta di qualche racconto antico, bellissima e lontana. Impossibile da raggiungere, se avessi provato a sfiorarla.
- Tutta la luce è sacra per gli Elder, ma gli elfi silvani adorano la luce delle stelle.
- L’ho sempre trovata una luce fredda. Remota, e molto lontana.
- Essa è memoria: preziosa e pura. Come la tua promessa.

Aveva sorriso. Era un sorriso dolce, il suo, per essere il sorriso di una guerriera.
Credo di essere stato il primo da molti anni - nella storia del mio popolo - a sentirmi così vicino ad un elfo silvano. Mi sono distinto dalla mia gente in qualcosa che per loro potrebbe risultare incomprensibile, sbagliata, perfino. Eppure non mi sono mai pentito di quelle sensazioni che ho gelosamente racchiuso dentro di me. Ero il figlio spericolato infondo. Se qualcuno doveva provare qualcosa di irriverente, avrei dovuto essere io.
Troppo poco è stato il tempo in cui quella luce rossa e oro ha brillato davanti a me. Più me ne allontanavo, meno mi sentivo al sicuro. Non avevo dimenticato quello che mi era stato insegnato, il compito che avevo deciso di portare a termine. Il mio posto era con la mia famiglia.
Nemmeno il dolore che quella freccia Morgul mi inflisse riuscì a farmi vacillare. Tauriel arrivò a capo del suo esercito di combattenti, fiera nel suo portamento, sicura nei suoi tiri con l’arco. Gli orchi iniziarono a cadere l’uno dopo l’altro, mi trascinai con forza e riuscimmo a fuggire.
Sentì per un attimo gli occhi di Tauriel su di me. Non potevo saperlo con certezza, perché quando riuscì a rialzare lo sguardo, avevamo già sorpassato l’esercito silvano. Eppure sentivo che quegli occhi mi avevano guardato, perché la loro luce mi aveva avvolto.
In questi istanti, mentre sento che la vita sta scivolando via da me, mi rendo conto di non aver mai pensato a quando sarei morto. A cosa avrei voluto fare prima, a chi avrei voluto accanto. Il grande Thorin si è diretto verso la montagna, per reclamare la nostra patria.
Lealtà, onore, un cuore volenteroso.
Niente di tutto questo è bastato, zio, per far sì che io fossi accanto agli altri davanti a quella porta. Sento che mio fratello mi è vicino, e so di non aver solo fatto pensieri sbagliati nella mia vita: Fili continua ad essere la mia luce guida, anche quando attorno a me c’è solo oscurità. So che la sua presenza non basterà a trattenermi con lui, lo sento mentre tutto diventa ancora più buio e confuso. Non potrò più proteggere la famiglia, zio Thor. Non potrò dimostrare a mia madre di essere uno spericolato che mantiene le promesse.
Non potrò rivedere la luce incantata di un volto di stelle.
Forse è egoistico da parte mia, pensare a Tauriel in questi ultimi attimi. Credo però che il mondo che avrei voluto scoprire fosse in parte racchiuso in due occhi come i suoi. Credo che avremmo potuto condividere i cieli più azzurri e le terre più selvagge, se solo non fosse stato così sbagliato anche il solo pensarlo. Credo di aver trovato un’anima come la mia, così lontano da casa, in una creatura troppo diversa e perfetta, per essere reale. Ho desiderato così a lungo vedere la luce degli elfi, e così poco mi è stato concesso di guardare la sua.
I miei ricordi sono così nitidi che mi sembra di vederla, affrontare nuovamente i nemici e rischiarare la via. Con le ultime forze che mi restano, nel mio sogno mi lancio addosso ad un orco e lo colpisco, nonostante la debolezza e l’affanno. È questo che mi è stato insegnato. Proteggi chi ami e dimostra il tuo valore.
Capisco fino infondo le parole di mio zio, e spero di aver dimostrato tutto il mio valore. Non sono stato il nano migliore della stirpe di Durin, ma spero che i miei antenati siano fieri di ciò che ho fatto. Penso che lo scoprirò presto, in ogni caso. Spero di non dover litigare con loro come facevo con mia madre; forse mi lasceranno scoprire il loro mondo di valori e memoria.
Ed eccola, la luce in mezzo al buio. Sembra familiare, come le presenze che sento attorno a me. Parole in una lingua dolce e sconosciuta riempiono l’aria, e pian piano riesco a guardare oltre il bagliore che mi riempie gli occhi. È Tauriel. È la sua luce, calda e avvolgente, che dalle sue mani sembra arrivarmi al cuore. Probabilmente è un sogno, ma l’angoscia, il dolore e la paura scompaiono. Mi è inevitabile restare incantato davanti a quel chiarore, mentre prendo coscienza che sto tornando indietro, che una voce mi sta richiamando. Sembra un istante, in cui c’è lei sola, avvolta dalla magia del suo popolo. Non riesco a pensare ad altro. Lei è qui. O forse sto ancora sognando.
Quando riesco a riaprire gli occhi, confuso e debole, la visione non è cambiata.
- Tauriel.
Il nome che riesco a pronunciare è poco più che un sussurro.
Lei si volta subito, in un misto di sorpresa e sollievo. Mi sta medicando la gamba con maestria e precisione.
-..sta fermo-
mi dice, con voce malferma. O anche questa è la mia immaginazione? Non importa. Anche stavolta sento che sono dove dovrei essere. Ma lei è davvero insieme a me?
- tu non puoi essere lei.  Lei è.. Lei è molto, molto lontana da me. Lei cammina nella luce delle stelle di un altro mondo. È stato solo un sogno.
Allungo la mano, con la certezza che vedrò scomparire quell’immagine non appena la toccherò. Stavolta non riesco però a tirarmi indietro. Non posso. Alzo le dita e trovo le sue. Sono calde, lunghe e sottili. Sono reali. Le sento rispondere lievemente al mio tocco, e so che lei è lì. Come so che mi stava guardando quando sono arrivato, e quando sono andato via.
So che mi ha visto per davvero.
Così non riesco a non pensare, a non parlare con questa figura così vicina al mio cuore.
- Credi che avrebbe potuto amarmi?
Il suo sguardo diventa troppo intenso per poterlo descrivere. Il mio troppo offuscato per poterlo comprendere.
Non ho mai pensato a come sarei morto. Di certo non avrei mai potuto immaginare che sarei stato salvato da una creatura di luce stellare. Sento che è stata la mia salvezza averla incontrata. Perché credevo di essere solo a questo mondo, nel mio essere così lontano persino da mio fratello.
Proteggi chi ami, dimostra il tuo valore.
Forse la mia domanda non avrà una risposta, ma so che l’amore mi ha salvato. Il calore delle sue dita è l’unica cosa alla quale sono aggrappato prima di scivolare nel sonno. È pura luce di stelle di un altro mondo. Ma non è più remota e distante: è qui, accanto a me.

                                                                                                                                         Fine

Note dell’autrice:
La mia è una piccola dedica al personaggio di Kili, ad un particolare momento che lo ha riguardato nel film di Jackson “La desolazione di Smaug”. Ho voluto riprendere i pilastri che reggono questo personaggio: da un lato Thorin e Fili, come protagonisti della sua vita di nano, dall’altro Tauriel, come piacevole scoperta di ciò che era “al di là” del mondo che aveva sempre conosciuto. So che a molti puristi di Tolkien non è andata a genio l’aggiunta di Tauriel nel film di Jackson, ma io stessa sono una fan del maestro, e ho aspettato di vedere la cosa prima di giudicarla, senza pregiudizi. A mio parere Jackson non ha alterato nulla. Tolkien descrive gli elfi silvani ne ‘lo Hobbit’, l’unica cosa che il regista ha fatto è stato dar loro un volto. Quello di Tauriel è un bel personaggio, che avrebbe potuto benissimo far parte del reame boscoso. Mi ha piacevolmente coinvolto anche la svolta sentimentale tra il suo personaggio e quello di Kili. Perché mai un nano e un elfo che non si conoscono dovrebbero necessariamente provare astio l’uno per l’altra? Io li ho trovati molto simili – come accennato in questa one shot – e sicuramente anche Tolkien avrebbe interpretato questo come un simbolo di speranza contro la diversità. Sono diversi, e allora? Lo erano anche Aragorn ed Arwen, così poco trattati da Tolkien nel ‘Signore degli anelli’, e diventati grazie a Jackson una delle coppie più belle dei film, di cui mi sono perdutamente innamorata. Credo che il regista sia stato abbastanza nella terra di mezzo per sapere cosa va bene e cosa no, e credo che non sempre una modifica del testo originale sia negativa, se arricchisce la storia invece di impoverirla. Il maestro trattava la storia, la cultura e le battaglie più grandi e maestose: ma l’amore è fondamentale in un racconto, e porta sempre dei significati profondi, se lo si guarda più da vicino. Attendendo con ansia il prossimo film che sarà la mia fine (fiumi di lacrime), sono speranzosa e soddisfatta del lavoro di questi due grandi uomini, a cui ho dedicato un piccolo tributo tutto femminile in un personaggio maschile tra i miei preferiti. Ringrazio in anticipo chi ha dedicato pochi minuti alla sua lettura, e chi vorrà lasciarmi un proprio pensiero.

                                                       ValHerm

  
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