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Autore: Rhona    17/03/2014    2 recensioni
Parigi, 1772.
I poveri sono stremati. Tutti ripongono le loro speranze nel Delfino, il futuro re, e nella sua nuova sposa, tanto amata dal popolo quanto odiata nella corte.
Poi ci sono loro...Pierre: uno scassinatore belloccio ma piuttosto stupido. Henri e Philippe: ladri di strada, gente dalle mani leggere e vellutate. Mathieu: l' orfano del mugnaio della Cité. Gilbert: un bracciante fuggito dal sud e approdato nella capitale. Jean: un vecchio mendicante che suona il violino sul sagrato di Notre Dame per quattro spiccioli di elemosina. Edouard e André: amici dal momento in cui sono nati in due case attigue, ma fin troppo diversi. Ognuno di loro fa parte di un gruppo, una banda, una strana combriccola di saltimbanchi che rubano e donano: la banda di Monsieur Dubois.
Scelte disumane, tragedie familiari, pregiudizi. Onore ai nobili, fasti di corte, lussuria. Amori impossibili o non corrisposti, un segreto tenuto nascosto per più di vent'anni... E la rivoluzione che, inesorabile, si avvicina.
«Ma chi credete di essere?!» chiese ridendo «Robin Hood, forse?!» Lui sorrise, le scostò i riccioli castani dall’orecchio e le sussurrò «Io sono Dubois.»
NOTE: ispirata in parte al classico ideale del “ladro-gentiluomo”.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
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Al centro: André Dubois (maschera con occhi azzurri). In senso orario: Edouard Charpentier (Aaron Tveit; Les Misérabes, 2012) ; Madeleine De Bayonne (Liv Tyler) Maria Antonietta, Delfina di Francia (Kirsten Dunst; Marie Antoinette, 2006); Mathieu Meunier (Logan Lerman; I Tre Moschettieri, 2011).

Le persone menzionate sono solo semplici prestavolto, senza alcun collegamento di idee, comportamenti, carattere e/o azioni con i personaggi descritti nella storia. 




Monsieur Dubois est un voleur

 


1. Monsieur Dubois

 
Luglio 1772:  PARIGI, ILE DE LA CITÉ, SCANTINATO VICINO AL FIUME.

Il buio più totale avvolgeva la stanza, i volti erano illuminati da un’unica timida fiammella di candela. Il caldo soffocante penetrava all’interno del locale. «Va bene, ripassiamo il piano un'ultima volta!» Philippe batté la mano sinistra sul tavolo malandato.
«Pierre si presenta alla porta come “Jean-Jacques de la Galette, uomo d’affari e stimato gentiluomo della corte del Re Luigi XV”. Al suo seguito ci sono Gilbert, Philippe, Mathieu e Henri, che fanno i servitori.» spiegò André, calmo ma deciso.
Mathieu si allarmò «Aspettate: non potrebbero capire che è tutta una balla?» Mathieu aveva solo sedici anni, era naturale che dubitasse di tutto: difettava dell’esperienza che, invece, André possedeva.
«Quegli idioti non ammetterebbero mai di non conoscere un tizio che è a sua detta “popolare”!»  lo rassicurò l’altro.
«Bene; e poi?» proseguì Henri.
«Poi comincia a sbraitare qualcosa di convincente per attirare l’attenzione.»
 Gilbert prese la parola «Nel frattempo, André si infila nella bambagia, forza un paio di porte e arriva alla “meta”.»
Pierre, nascosto sotto quell’abito costoso e signorile, aveva l’aria confusa. L’abito era troppo largo per lui, l’avevano rubato al grasso barone di Fournier, quindi lo avevano costretto ad indossarlo sopra i suoi abiti usuali. Pierre, imbottito come un tacchino, camminava goffo e impacciato, aggrappato al bastone da passeggio e lamentandosi del caldo,  risultando piuttosto credibile come plutocrate: magari non come nobile d’alto rango, ma pur sempre un uomo ricco e rispettabile. André sapeva che ci sarebbero cascati! Pierre era anche piuttosto stupido, però «Eh?»  chiese.
Gilbert rispose malamente «I gioielli della contessa, delle carte importanti, un bauletto di risparmi... una refurtiva,idiota!»
«Ah.»  Gilbert era evidentemente nervoso.  Un furto a casa di un conte non sarebbe più passato inosservato, tutti avrebbero saputo di loro. Sarebbe stato più difficile nascondersi.
«Ricordate che se si mette male, e io non torno in tempo, pensate a voi. Intesi?»
«Si, André»
«Tutto chiaro?» chiese alla fine.
«Si.»
«Certo.»
«Aspettate, ma io cosa dico per distrarli?!» Pierre era sempre più impacciato.
«Non mi interessa, dì qualunque cosa purché li distragga!» Povero Pierre, ora ci si metteva anche André  a trattarlo male! Pierre mugugnò. Il povero Pierre non era esattamente una cima, ma era un ottimo scassinatore. Sarebbe potuto andare lui a prendere la refurtiva, ma André sapeva come evitare di essere visto, come sparire dalla circolazione, come fuggire in fretta senza lasciare tracce. Avrebbe dovuto rompere un paio serrature, forse, ma non sarebbe stato scoperto se non a lavoro finito.
«Pronti?»
Annuirono.
«Allora andiamo.» André si alzò, prese la livrea da lacchè e la indossò. Abbottonò la camicia con precisione, facendo combaciare le sue spalle larghe con quelle della giacca, annodando il fazzoletto ricamato intorno al collo, meticolosamente. Sistemò il tricorno sulla testa,  tirando indietro i capelli castani che gli arrivavano fino al collo. Pierre mise la parrucca impomatata del grasso Fournier; Philippe, Henri, Gilbert e Mathieu indossarono le livree da valletti.  Jean, il vecchio mendicante della cattedrale, bussò quattro volte alla porta di legno. André andò ad aprire. «Sbrigatevi, sta facendo buio. La carrozza è presa.» li avvertì con la sua voce bassa e roca. Jean era un uomo alto e longilineo, magrissimo e malvestito che chiedeva l’elemosina sul sagrato della cattedrale, suonando il violino. Zoppicava, aveva un bastone da passaggio che Henri gli aveva procurato. Sul suo viso, in verticale, c’era un’enorme e spaventosa cicatrice: fin da sopra l’occhio sinistro, lo attraversava e andava a sfiorare un lato della bocca, per poi fermarsi sul mento. L’occhio dove passava il taglio era molto più chiaro, marroncino contro il marrone scuro dell’altro, e André sapeva che al vecchio ormai gli restava solo l’occhio destro per poter vedere.
«Siamo pronti, Jean.»  Uscendo, il sole che illuminava Parigi con la luce del tramonto lo abbagliò. Quando la vista ritornò vide Edouard vestito da cocchiere, sulla carrozza appena rubata dalle prestigiose scuderie di ... di... Non lo ricordava. Uscirono tutti in coda dietro Pierre, dando l’impressione di essere suoi servitori. André si guardò intorno, osservando i popolani che si voltavano a guardarli con un misto di curiosità e risentimento per l’aristocrazia. Si infilarono nella carrozza. Pierre si sedette accanto alla finestrella ornata di piccole tendine. Con quella carrozza sarebbero potuti passare per duchi, rifletté André. Edouard lanciò i cavalli al galoppo, in direzione del palazzo sulla Senna del conte de Marsille. A quanto ne sapeva non era la sua residenza ufficiale, ma solo una casa in città, quando la vera tenuta era a miglia e miglia di distanza. Attraversarono un ponte, ma Alain non vide quale. Era impossibile anche sono pensare di vedere fuori da quella posizione: era incastrato fra Mathieu, il giovane orfano del mugnaio Martin, e Henri, ex-ladro di strada. Philippe –anche lui un ex-ladro di strada-  era di fronte a lui, incastrato fra Pierre, imbottito di vestiti, e Gilbert, sempre più rabbioso. Gilbert era un ex-bracciate del Sud, fuggito dalla tenuta del suo padrone per fare una vita migliore di quella di suo padre. Sulla sua schiena così come sulle braccia si vedevano ancora i profondi solchi scavati dalle frustate spietate che gli avevano inflitto da bambino. Sentiva Edouard gridare ai popolani di cedere il passo, lanciando la carrozza a tutta velocità. Edouard era suo amico da quando erano in fasce: erano cresciuti insieme nel quartiere della Cité, avevano preso la strada del crimine insieme e si consideravano fratelli, ma le loro origini erano fin troppo diverse: André era un orfano, adottato dai vicini della famiglia di Edouard, che lo avevano cresciuto come se fosse stato loro; rivelandoglielo solo al compimento della maggiore età. Ora André aveva ventidue anni –due più di Edouard- e poche informazioni su chi erano i suoi veri genitori. La banda di ladri era solo un mezzo per... La carrozza rallentò. Pierre si guardò intorno terrorizzato. André pensò che lo scassinatore sarebbe stato anche un bel ragazzo, se non fosse stato per la sua imbecillità...
«Siamo arrivati?» chiese intimorito. Le mani sudate, il viso pallido ancora più del solito, gli occhi verdi spalancati che trasmettevano ansia a chiunque li guardasse... Si, doveva essere spaventato.
«Si,» mugugnò Gilbert «calmati, scemo: ci farai scoprire.»
«Parlate piano!» li zittì Edouard, comparendo alla porticina «Da fuori si sente ogni cosa!» Edouard aprì la porticina con fare pomposo, abbassando il capo in un profondo inchino. Uscirono atteggiandosi ai rispettivi ruoli: lui, il lacchè,  accanto ad Edouard, il cocchiere, dietro tutti. Pierre apriva la fila in veste di “Jean-Jacques de la Galette” nome che lo stesso André aveva provveduto ad inventare, fra l’altro.  Il resto del gruppo era disposto in ordinata fila a due dietro a Pierre, impersonando il suo corteo, i valletti e i camerieri. André sperava che nessuno si fosse accorto che le livree erano tutte uguali, ed era un po’ improbabile che un uomo avesse quattro valletti personali. Edouard diede disposizioni per far si che la carrozza non fosse spostata: era essenziale per la fuga. Si impalò impassibile accanto ai cavalli, attendendo il ritorno del suo padrone. Idealmente André si sarebbe dovuto fermare con Edouard, ma era sera, era caldo e nessuno ormai aveva voglia di badare a questi particolari. Il palazzo che gli si stagliava davanti non era molto ricco di ornamenti. Era un palazzo visibilmente in possesso ad una famigli agiata e nobile, in un sobrio stile rococò che piaceva particolarmente alle signore. C’era un piccolo vialetto che avrebbe portato poi a delle scale, sulle quali si apriva una porta spalancata. Camminarono lungo il piccolo vialetto, arrivarono alla porta e Pierre fece la sua parte: «Il mio nome è Jean-Jacques Marie Renard de la Galette, devo assolutamente conferire con il vostro signore il conte de Marsille.» André fu stupito dall’abilità appena dimostrata dallo scassinatore.
«Entrate, monsieur: prego.» disse il servitore, messo probabilmente in soggezione, con un ampio gesto della mano. Entrarono e aspettarono al centro della stanza. Il servitore andò a chiamare il conte, lasciandoli nella grande sala barocca. Non era una bella casa: rococò all’esterno e barocca all’interno: gli veniva voglia di dare di stomaco per gli eccessivi ornamenti delle pareti della sala. Era una tenuta modesta per un conte, forse erano in rovina. Il conte de Marsille non era nelle grazie del re, ma era comunque un assiduo frequentatore delle feste alla Reggia di Versailles, non poteva essere talmente in disgrazia da non fornirgli un’adeguata refurtiva, se non altro Fu distratto dai suoi pensieri. «Ma guarda te che bel bocconcino...» sussurrò a Gilbert, mentre passava una cameriera piuttosto formosa, con dei fiori fra le mani. André le fece l’occhiolino, lei fece lo stesso, sorrise e ancheggiò ancora di più. Eh, si: gli piacevano le donne, e quel che è peggio è che era completamente perso per ognuna di loro. Era un giovane di bell’aspetto, alto e in forze, con gli occhioni azzurri, i capelli castani , un viso ben proporzionato e longilineo e, stando a quanto gli dicevano, una voce piuttosto suadente. Era soprattutto agile e scaltro, per questo era subito piaciuto ai ladri. Attratto dalla facile perda di allontanò dal corteo e la seguì. Non dovette camminare molto, perché lei rallentò. Si rifugiò in un corridoio che probabilmente portava alle camere. Le bussò sulla spalla per farla voltare.
«Io sono Robert, servitore di Monsieur de la Galette.»
 Lei si voltò sorridendo civettuola; doveva essere più o meno sua coetanea «Christine.» disse, sporgendo lievemente le labbra. André la premette verso di sé e cominciò a baciarla. La ragazza rispose con entusiasmo, si premette contro di lui e, buttati a terra i fiori, cominciò a passargli le mani sul corpo. Occhi verdi, capelli biondi: ne aveva avute talmente tanti simili a lei che se l’avesse conosciuta non se ne sarebbe accorto. Si sentì afferrare per la spalla. «Calma i bollenti spiriti, André: non dimenticarti per cosa siamo qui... »sussurrò l’altro. Gilbert lo tirò via e lo rimise al suo posto fra la banda. André si leccò le labbra e salutò la cameriera con un gesto lento della mano. Lei si morse il labbro inferiore e si chinò a prendere i fiori, sporgendo i seni alla vista di André. «André ora basta!»  lo richiamò l’uomo «Gli altri si arrabbieranno a morte se non te la smetti!» André si rese conto di essere nel torto. Se Gilbert non avesse preferito gli uomini alle donne, però, forse avrebbe capito. Il conte arrivò nella sala con un’aria seccata e annoiata. Apostrofò Pierre con un superbo e saccente «Cosa c’è?» Attese la risposta di Pierre, che non arrivò...Vide Pierre che contorceva la testa, arricciava le labbra, scuoteva il capo con aria di sufficienza mentre il servitore e il conte che aveva dinanzi lo guardavano interrogativi. André temette che tutta l’operazione potesse saltare. Pierre continuò così per un bel po’, mentre Mathieu si era voltato a chiedere aiuto ad André. Quando ad un tratto lo scassinatore schioccò le labbra, mosse un passo in avanti e proclamò con aria di sufficienza, facendo cerchi in aria con il dito destro: «Lo compro.» Il conte spalancò gli occhi. André sbatté la testa sulla schiena di Henri, ammutolito. “Ma che cazz... Ma cos... Porca putt ... Idiota!” furono i suoi pensieri in linea di massima. Il conte si mise a parlare con Pierre, spiegandogli che non poteva vendere, ma Pierre cominciò a brontolare sulla sua inospitalità, maleducazione e quant’altro... André colse il momento.  Corse via, nel corridoio dov’era scomparsa la cameriera. Alla fine del corridoio c’era una porta, aperta quella trovò una scalinata modesta, forse quella di servizio. Era perfetta! La salì e trovò una porta anche in cima. La aprì prudente. Si ritrovò nel mezzo di un corridoio. Oltre alla bambagia che creava Pierre poteva sentire la Senna che fluiva sotto il lato Nord del palazzo. Nelle cantine forse c’erano cose interessanti. Sarebbe andato a vedere dopo.  Si voltò verso la destra, alla fine del corridoio svoltò, aprì una porta e si ritrovò in una biblioteca. No, non andava. Tornò indietro e aprì una seconda porta. Bagno: non andava bene ancora. Decise di concentrarsi sulle porte chiuse a chiave. Corse fino alla fine opposta del corridoio e trovò la prima porta chiusa a chiave, bene! Prese i fili di ferro incastrati fra i ricami della giacca. Infilò due fili intrecciati nella toppa; compì una serie di movimenti precisi e accurati che Pierre gli aveva indicato, attese paziente. Non accadde nulla, forse la chiare era nella toppa dall’altro lato. Dannazione! Cercò di vedere dal buco della serratura. La stanza da letto, non sapeva di chi, ma al centro c’era un baldacchino piuttosto sobrio, una scrivania intarsiata e una toeletta che vedeva solo per metà. Appoggiato con tutto il suo peso, ad un tratto cadde. Non riuscì a rendersi conto di cosa fosse successo finché non si ritrovò sopra una ragazzina di più o meno quattordici anni, tutta spaventata.
«Perdonatemi, Monsieur! Non sapevo che doveste entrare! Volete che vada a chiamare mio padre, il conte, per assicurarci una medicazione?» la figlia del conte... bene... aspetta... molto bene! Ancora intorbidito nei pensieri e nei movimenti del la grande caduta, sussurrò «No... non preoccupatevi, mademoiselle... io sono un nuovo servitore...vostro padre mi ha chiesto di recarmi nella stanza della contessa. Vuole che gli porti il suo portagioie... ma io non so dov’è la stanza.»
La ragazzina parve sorpresa «Cosa vorrebbe fare col portagioie?!» chiese stupita.
«Ha tenuto le sue ragioni per sé, mademoiselle. Io non so...»
«Non preoccupatevi. Alzatevi e vi accompagnerò io.»  Quelle parole suonarono come grida di vittoria nella testa di André. Si alzò svelto, si inchinò alla contessina e si avviò dietro di lei. Era fin troppo facile raggirare le ragazzine. Erano talmente assillate dal voler diventare donne che –per una determinata età- si scordavano di qualsiasi altra cosa! Era una ragazzina dalla faccia ancora da bimba, con gli occhi grandi e la bocca costantemente semiaperta, in un’espressione di stupore permanente. L’abito che indossava era ricco e largo come la moda imponeva. Camminarono lentamente fino alla stanza accanto alla biblioteca di prima. La ragazzina la aprì. Non era chiusa a chiave. La stanza era più ricca di quella che aveva visto dal buco della serratura, ma non aveva comunque un lusso particolarmente sfrenato. La ragazzina lo fermò con un cenno della mano e andò verso la toeletta. Prese un cofanetto in legno ornato d’oro e glielo porse. «Vi conviene non fare aspettare mio padre.» André su inchinò, e si recò di nuovo alla scalinata di servizio. Nell’oscurità che sommergeva il locale, rischiarata solo da due candele nel mezzo, svuotò il portagioie nelle tasche interne che aveva cucito nella giacca. C’erano diversi gioielli con pietre prezione: tutti i dubbi che aveva sulla situazione economica del conti svanì. Lasciò lo scrigno nascosto in un angolo. Uscì nuovamente nel corridoio del piano terra e si mise a cercare la cantina. Edouard gli avrebbe detto di lasciar perdere... ma André si spingeva sempre oltre il limite. Cominciò a camminare su e giù per i corridoi, senza trovare nulla. Sentì una mano sulla sua spalla e il terrore lo assalì.
«Il tuo padrone è piuttosto maleducato, vero?» voltandosi vide la cameriera di prima. No, non in quel momento! Non riusciva proprio a dire di no ad una donna formosa... Lei si avvinghiò al suo viso e cominciò a baciarlo freneticamente. Un’idea balenò nella testa di André.  «Andiamo in cantina!» sussurrò, mentre le accarezzava i fianchi. Lei annuì e lo prese per una mano. Corse davanti a lui, portandolo in un corridoio dove non era ancora stato. Aprì una porta simile a quella della scala di servizio, e ne spuntò fuori un’altra. André memorizzò la strada per il ritorno. La ragazza aprì la porta in fondo. No, chiusa a chiave... allora doveva davvero esserci qualcosa di importante!  La ragazza ricominciò a baciarlo in maniera quasi ossessiva, non interessandosi alla cantina. Attese una manciata di minuti, poi disse «Aspetta...», sorrise enigmatico e tirò fuori i fili di ferro intrecciati. Forzò la serratura facilmente. La porta si aprì e la ragazza lo baciò di nuovo. Era davvero asfissiante... Lo spinse dentro e chiuse la porta dietro di lei. «Spogliati!» gli disse sorridendo, ma André resistette. Mentre la ragazza di sbottonava la camicetta e si apprestava a restare con la sola biancheria intima, André si guardò intorno. La cantina era bassa e sovrastata da ampie volte a botte in mattoni rossi, in netto contrasto con il barocco della sala e con il rococò della facciata. Una grata, alta quanto una normale porta, separava il contenuto della cantina dalla Senna che scorreva.  André intravide una cosa piuttosto interessante. Un bauletto in legno, senza pretese, accostato alla porta. Si avvicinò, forzò il lucchetto e vide esattamente ciò che voleva. Era per quasi pieno di monete. Riconosceva alcune monete straniere, ma per la maggior parte erano franchi. Sorrise soddisfatto, richiuse il lucchetto e si voltò. La cameriera –qual era il suo nome?-era mezza nuda, abbassandosi la gonna. «Rivestiti.» le disse calmo André, indugiando con gli occhi sui seni prosperosi di lei per un po’.
La ragazza rimase visibilmente delusa. «Perché? Non ti piaccio, forse?» chiese rabbiosa «Eppure mi sembra ti piaccia.»
«Si,» ammise sereno «ma ora ho altro da fare.» la ragazza non capì. «Se non vuoi trovarti nuda quando arriveranno, ti conviene rivestirti, e in fretta anche.»
«Arriveranno chi?!» chiese. André sapeva che Pierre doveva già aver mandato tutto all’aria. Passarono pochi secondi in silenzio, poi si udirono delle grida di allarme. La cameriera corse via, abbottonandosi la camicia. André forzò la grata ferrea che lo separava dal fiume e attese, tenendo ben stretta la refurtiva. Non passò molto tempo. Delle guardie, poche, con a capo il conte irruppero nella cantina.
«Salve.» salutò André sfrontatamente.
«Metti giù il mio denaro, ladro avvinazzato.» minacciò con voce ferma, strappando di mano il fucile con la baionetta alla guardia alla sua destra.
«Ma io non sono un avvinazzato.» protestò André, fingendosi offeso.
Il conte avvicinò la baionetta al mento di André «Allora cosa sei?» chiese retoricamente, sempre più rabbioso.
«Io non un gentiluomo, Monsieur.»
«E si più sapere qual è il nome di questo “gentiluomo”?!» gridò pieno d’ira, con il labbro superiore che gli tremava sempre di più.
André sorrise enigmatico e si inchinò con la sola testa. «Il mio nome è André Dubois.» mosse un passo indietro e cadde nella Senna.
 
NOTE DELL’AUTORE:
Ho cominciato a lavorare a questa storia ieri, mi è venuta di getto e chiedo scusa se ci sono degli errori. Commenti, opinioni e suggerimenti sempre bene accetti!
  
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