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Autore: Shetani Bonaparte    17/03/2014    3 recensioni
‘… auguri di buon compleanno, Capitano’ gli aveva detto Spock, che trovava quest’usanza terrestre illogica.
Eh sì… quello era per davvero un buon compleanno…
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Ehilà, marmaglia (?)!
Siccome il 22 Marzo è il compleanno di un certo James Tiberius Kirk gli ho dedicato una piccola mono capitolo senza pretese (e il 28 ci sarà il 51esimo compleanno di Spiderman… ci scriverò su qualcosa… :3) ma siccome non so se riuscirò a postarla il 22 o i giorni seguenti, mi tocca farlo ora.
Portate pazienza!
Un avviso a chi mi legge, in particolare per chi segue “Lotta per la vita 2 – Shingena vive ancora”: in questo periodo sappiate che probabilmente pubblicherò poco o niente poiché sono emotivamente stressata a causa di svariati lutti (due anniversari di morte di parenti che amavo, è morta un’amica di famiglia, il cane e pure il gatto… e mi sta partendo anche il criceto… vedete un po’ voi) ma presto mi riprenderò specialmente grazie alla meditazione (sì, medito, ma non perché lo fa pure Spock: il principio è lo stesso, certo, ma medito da un anno e conosco Star Trek da sì e no sette mesi!)
Eh… è tutto, al momento.
Vi auguro buona lettura, un bacione,
Shetani


Il Capitano si sistemò meglio nel proprio bio letto, maledicendo in ogni modo umanamente possibile quei dannati klingoniani che avevano semidistrutto una delle gondole di curvatura della sua nave e che lo avevano quasi ucciso.
Bene. Che gioia.
Sbruffò; mancavano circa venti minuti a mezza notte, a quell’ora sarebbe stato il 22 Marzo e lui avrebbe passato il proprio compleanno in Infermeria. Da solo fino a sera, dato che chi non era impegnato a lavorare in giro per la nave sarebbe stato occupato a farsi curare da un indaffaratissimo Bones.
Beh, di questo passo si sarebbe cantato ‘Tanti Auguri’ da solo. Se un klingoniano non gli avesse pugnalato la gamba destra, oltre che il petto – schivando di poco il cuore – di sicuro avrebbe fatto i salti di gioia… come no.
La porta dell’Infermeria si aprì e si richiuse con un fruscio e la silhouette di Spock gli si avvicinò e, dannazione, a Jim non servivano luci per riconoscere il ritmo leggero e quieto dei suoi passi o il suo profumo dolce e speziato.
“Come si sente, Capitano?”
“Meglio” rispose il biondo, ed era vero: lui stava sempre meglio quando c’era Spock, si sentiva al sicuro, si sentiva amato e sentiva di poter conquistare qualsiasi meta.
Ma si sentiva anche tremendamente male perché… perché Spock era qualcosa di più d’un amico o d’un fratello… Spock era…
Scacciò il pensiero: non doveva… non poteva pensare a Spock a quel modo, non era professionale… non era nelle sue possibilità.
“Le va una partita a scacchi? O preferisce riposare?”
“No, va bene, signor Spock. Non riesco a dormire. Però mi dovrà aiutare ad alzarmi”
Invece il vulcaniano preferì spostare un tavolino con sopra una scacchiera accanto al ‘detenuto’ – come si chiamava Jim -; poi aiutò il proprio diretto superiore a sedersi, facendolo appoggiare la schiena alla testiera del bio letto, mettendogli due cuscini sotto per farlo star comodo e una coperta sulle spalle onde evitare il freddo della febbre – sì, Jim si era bruscato anche quella – lo mordesse.
“Illuminazione 5%” ordinò lo scienziato per poi sedersi su uno sgabello ma Jim lo invitò a sedersi sul bordo del bio letto e lui non rifiutò.
Strano.
E in qualche modo dolce.
Iniziarono a giocare ma distrattamente - pure Spock era distratto… - e non facevano altro che perdersi uno nello sguardo dell’altro.
Quello nero era profondo come lo spazio che Jim amava esplorare ma più caldo, confortevole… quasi umano… mentre quello ambrato verdastro sembravano i campi di grano dell’Iowa che Spock avrebbe volentieri visitato ed erano come gemme estremamente affascinanti che avrebbe potuto rimirare per delle ore.
La partita a scacchi procedeva a rilento ed era veramente strano se si teneva da conto che non si stavano neanche impegnando. Poi, in un atteggiamento veramente poco vulcaniano, Spock disse che forse era meglio lasciar perdere la partita – e Jim era veramente d’accordo.
“Capitano, mancano 2.9 minuti a mezzanotte e dovrei comunicarle qualcosa”
“Mi dica pure, Spock”
Ora Jim era davvero curioso e si sistemò meglio contro i cuscini.
Ma il vulcaniano si limitò a guardarlo negli occhi; si vedeva che voleva dir qualcosa di grosso ma che non ci riusciva. E Jim comprese, dal comportamento, che non aveva ancora imparato ad esprimere le sue emozioni – ed era perfetto così.
“Jim… lei è l’umano migliore e più logico che io abbia mai conosciuto e…”
L’orologio dell’Infermeria scoccò la mezza notte e nel medesimo istante le eleganti dita della mano destra di Spock sfiorarono quelle della sinistra del Capitano.
“… auguri di buon compleanno, Capitano”
Si guardarono negli occhi per un secondo, poi Spock, leggermente inverdito, interruppe il contatto e se ne andò.
Jim rimase, per qualche secondo, imbambolato a fissarsi la mano dinanzi agli occhi per poi premersela al petto.
Si sentiva… oddio, si sentiva scoppiare il cuore dalle emozioni. In quei pochi istanti aveva percepito tutto l’amore, il rispetto… tutto ciò che Spock provava per lui. E si rese conto che, sì, anche lui lo amava e che, nonostante fosse sottinteso, il loro reciproco e proibito amore era sbocciato in un Legame ancora non del tutto formato.
Ora come ora, a Jim non importava il fatto che quel Legame non avrebbero mai potuto farlo crescere, farlo veramente nascere, bastava che ci fosse.
Sorrise apertamente.
‘… auguri di buon compleanno, Capitano’ gli aveva detto Spock, che trovava quest’usanza terrestre illogica.
Eh sì… quello era per davvero un buon compleanno…

FINE

  
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