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Autore: Alvin Miller    18/03/2014    0 recensioni
A pochi mesi dall'incoronazione a Principessa di Twilight Sparkle, una legione di mostruose creature giganti emerse dal nulla minacciando di ridurre l'intero regno di Equestria a una nuvola di polvere.
Il primo attacco colpì Manehattan. Il secondo puntò a Baltimare. Il terzo insidiò Las Pegasus.
Quando anche Canterlot fu presa di mira, capirono che gli Elementi dell'Armonia non erano più sufficienti.
Per combattere i mostri chiesero aiuto a Bibski Doss, un ribelle inventore sopravvissuto al primo attacco, che creò dei mostri a sua volta.
La battaglia per il destino del regno è cominciata!
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Princess Celestia, Twilight Sparkle, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 3: In viaggio per l’impero


«Eccola. Sta arrivando!» Annunciò Rarity al gruppo di amiche, che guardarono la sagoma della pegaso arcobaleno scendere di quota.

Rainbow Dash atterrò a pochi passi dalla biblioteca, sollevando una leggera coltre di polvere quando i suoi zoccoli toccarono il suolo. Tutte le altre, Pinkie Pie, Applejack, Fluttershy, ma anche Spike, erano già lì, aspettando solo lei.

Squadrò i volti alla ricerca di rivelazioni su quanto stava accadendo, e vide i riflessi dell’ansia che si rispecchiavano negli occhi dell’amica Twilight Sparkle. Si scusò per il ritardo, ma questo non aiutò ad alleggerire la coltre di tensione.

«Perché c’hai messo tanto?!» Le domandò l’amica alicorno, con una nota di rimprovero nel timbro della voce.

Rainbow Dash trovò la sua reazione inopportuna. In fondo – pensò – avevano atteso non più di una manciata di minuti prima del suo arrivo. «Ehi, ho quasi toccato la velocità Arco-boom venendo qua! Sono solo tornata a casa per spegnere il cristallo, ecco tutto.» Rispose auto-compiacendosi, aspettando di ricevere lodi per la sua impresa.

Twilight invece pestò la ghiaia con uno zoccolo, e le tuonò contro ancora più adirata. «Quante volte te l’ho detto che dovete portarlo sempre con voi, dovunque andiate, quante?!»

Sia il suo assistente drago che le altre pony trasalirono.

Dash si sentì come se fosse stata insultata. Lo fece capire voltandosi da un’altra parte. «Sì beh, è giusto. Ma non tutte passiamo la giornata chiuse in casa con la testa affondata sui libri! Qualcuno ha anche di meglio da fare!»

«Calmatevi voi due, forza! Non mi pare il momento di discutere, questo!» Era Applejack, intervenuta per sedare gli animi. L’ansia che Twilight manifestava era già abbastanza opprimente senza che Dash la facesse peggiorare ulteriormente.

«Sì, per l’appunto.» La seguì Rarity «Twi, cara, potresti spiegarci il perché della convocazione? È chiaro che non dev’essere qualcosa di piacevole. Te lo si legge in faccia!»

Attesero pazientemente la sua risposta. Per fortuna, l’intervento di Applejack era stato provvidenziale, e anche Rainbow Dash decise di mettere da parte il proprio orgoglio per il bene del gruppo. Twilight trasse un profondo respiro e si prese una pausa per fare mente locale sulla questione. «Avete ragione. Scusatemi.»

Le sue amiche si strinsero intorno a lei, comprensive.

Malgrado il nobile rango di Principessa, restava ancora la umile unicorno che avevano conosciuto anni prima. Non era cambiata neanche di un ciuffo di coda, e quando qualcosa la turbava nel profondo, loro se ne accorgevano subito.

«Ho ricevuto una lettera da Princess Celestia, circa un’ora fa» parlò lentamente, regolando il tono della voce «vuole che partiamo subito per l’Impero di Cristallo.» Guardò i loro volti mentre apprendevano la notizia.

Qualcuna volse la testa verso l’amica accanto. Qualcun’altra cercò di mostrarsi composta. Alcuni gemiti si levarono dal gruppo. Sebbene cercassero di apparire calme a loro volta, una convocazione così improvvisa per un regno tanto lontano non preannunciava nulla di buono.

«I… i Kaiju… s-sono già tornati?» Fluttershy era la più turbata di tutte, e il modo in cui pose la domanda rivelò tutta l’apprensione che stava provando.

«Non ancora, per fortuna.» Si affrettò a rassicurarla Twilight. L’alicorno spiegò più nel dettaglio la faccenda, riassumendo il contenuto della lettera per filo e per segno, partendo dal sigillo marziale usato dalla Principessa e proseguendo col contenuto del testo.

Mentre parlava, le cinque pony si lanciavano altre occhiate interrogative, cercando risposte nei loro sguardi cupi.

«Sì sanno già i nomi di questi ricercati?» Chiese Applejack, al termine del riassunto.

Twilight scosse la testa a occhi chiusi. «No. Celestia non ha scritto nulla a riguardo. Chiunque siano, lo scopriremo solo quando saremo lì.» Tacque, dando loro la possibilità di parlare, nel caso avessero voluto.

«Beh, per quanto mi riguarda, se qualcuno di loro tenterà di fare il furbo, assaggerà un antipasto del mio zoccolo destro» Rainbow Dash si sollevò da terra contemporaneamente al suo braccio destro «e come primo piatto, il sinistro!» Proseguì distendendo anche l’altro. I suoi zoccoli poi sbatterono l’uno sull’altro provocando un acuto CLOP.

«Che bello, che bello! E io porterò il dolce!!» Pinkie Pie saltellò su se stessa, con il ciuffo dei suoi ricci che dondolava come un amo da pesca davanti agli occhi. Al pensiero del dolce, una scia di bava le colò dall’angolo della bocca.

«Pinkie, stiamo andando a un incontro ufficiale con le Principesse, non a un pic-nic!» La rimproverò Twilight, tesa come la corda di un violino.

«Ehi, guarda che lo so benissimo che si tratta di una faccenda seria, per chi mi hai presa?» Puntualizzò la pony in rosa. In seguito, una lampadina le si accese in testa, e una scintilla brillò nelle pupille. «Oh… torno subito, aspettate!»

Svanì nel nulla, lasciandosi dietro solo una sagoma di polvere. Le presenti si scambiarono altri sguardi sgomenti. Spike fece spallucce.

Riapparve dal nulla qualche istante dopo, esattamente nello stesso punto. In bocca teneva un piccolo cesto di vimini che si aprì da solo quando lo fece cadere a terra. Dentro c’erano tramezzini al fieno e toast di frutta, avvolti nella tipica tovaglia a scacchi rosso-bianchi. «Ecco, ora sì che è un pic-nic!» Annunciò felice come una puledra.

Twilight sollevò gli occhi al cielo, sbuffando rassegnata. «È meglio sbrigarsi, ragazze. Abbiamo già perso troppo tempo. Vediamoci alla stazione tra mezz’ora, va bene?»

Tutte e cinque annuirono in gruppo, chi meno entusiasta – Fluttershy –  e chi maggiormente  – Pinkie Pie – (sebbene anche Rarity trovava la prospettiva di stare alla larga da Ponyville, e quindi da Silly Turnip, abbastanza allettante) poi il gruppo si divise, e ognuna si avviò per la propria strada.

«E io?» Il draghetto la fissava a zampe unite e supplichevoli, con gli occhi lucidi di un cucciolo sofferente.

«Tu rimani qui, te l’ho già detto.»

«Ma ti prego, Twilight! Io voglio venire! Portami con voi, ti pregooo!» La afferrò per una zampa e vi pianse sopra con finte lacrime d’agonia.

Lei cercò di scrollarselo con gentilezza. O per lo meno, in modo indolore. «Spike. Lasciami, per favore!»

«Fallo venire» propose Rarity tutto d’un tratto. «Il castello è gremito di guardie. Se dovessero subentrare complicazioni, non correrà alcun pericolo restando con loro.» Lo ammiccò con un occhiolino. Il messaggio tra le righe diceva: “in caso di problemi, mi prenderò io cura di te”.

Le sue guance arrossirono. «Oh Rarity. Sei sempre la pony più fantastica di tutta Equestria!»

Le teneva gli occhi puntati addosso. Se soltanto lo avesse voluto, Twilight avrebbe potuto approfittare della situazione per sgattaiolargli alle spalle e dirigersi in fretta e furia alla stazione. Ma abbandonò l’ipotesi subito dopo aver considerato che ciò non lo avrebbe dissuaso.

Non era d’accordo con l’amica. Neanche un po’. Ma andare contro ad entrambi avrebbe significato andare oltre il limite massimo di “antipatica” che era disposta a concedersi, perciò si costrinse ad annuire. «Uff. E va bene. Spike verrà con noi!» Abbassò lo sguardo severo su di lui «ma cerca di fare attenzione quando saremo lì!»

«Contaci.» Le rispose, con la voce distorta dai pensieri sulla sua musa dai capelli lavanda.

Le loro amiche, intanto, stavano già prendendo il largo: Rainbow Dash e Fluttershy stavano per sollevarsi in volo e dirigersi verso le loro abitazioni, Pinkie Pie se ne tornava all’Angolo Zuccherino saltellando come un trampolo sulle sue spensierate zampe, e Applejack stava già incamminandosi per il sentiero che l’avrebbe ricondotta alla fattoria.

Il sole in lontananza diramava i suoi raggi tra le nuvole dell’inverno. Tra qualche ora avrebbe cominciato a tramontare, e presto il regno notturno di Princess Luna avrebbe preso il posto di quello di Celestia.

I pacifici abitanti di Ponyville trotterellavano rilassati lungo le viuzze pavimentate, chiacchierando del più e del meno. Alcuni trasportavano carichi di merce in borse appese ai loro fianchi, altri invece si stavano solamente godendo il pomeriggio all’aria aperta, seduti sulle panchine, salutando cordialmente i passanti che gli galoppavano accanto.

Ammirando quel clima di serenità, accompagnato dalla brezza del vento che occasionalmente soffiava via pagliuzze di fieno dai tetti delle case, era difficile credere che fino a qualche mese prima Ponyville era stata travagliata dal terrore per i Kaiju. La festività imminente aveva decisamente riacceso gli spiriti sofferenti di Equestria e dei suoi puledri.

Tutto sembrava così perfetto e armonioso da risultare quasi irreale agli occhi di chi aveva vissuto il lato oscuro dell’ultimo anno, e come se una forza superiore avesse captato questo pensiero nel preciso momento in cui fu formulato, il vento smise di soffiare la sua brezza frizzante, piombando il paese in un improvviso e inquietante silenzio.

Per qualche secondo, tutta Ponyville si fermò, e nessuno parlò. Poi, quando il terreno cominciò a vibrare sotto i loro zoccoli, dapprima molto lievemente, solo Pinkie Pie se ne accorse per tempo. Il suo pinkie-sense impazzì, e la pony cominciò a tremare su se stessa, come in preda alle convulsioni, attirando l’attenzione di tutti.«Il t-t-t-t-t-t… » dopo una lunga serie di T, riuscì a completare la parola «terremoto!» E il sisma esplose con tutta la sua ferocia.

Le scosse si fecero progressivamente più violente e il terreno iniziò a rimbombare.

Un carro di fieno lì vicino dondolò imbizzarrito. Poco dopo, i tetti delle abitazioni cominciarono a sfaldarsi sui margini, scoprendo le strutture sottostanti di legno. Quando la magnitudo salì d’intensità, i vetri di alcune finestre esplosero, e tutta Ponyville sembrò diventare di gelatina.

Twilight sentì Rarity chiamarla per nome, spaventata. Le due amiche si strinsero l’una sull’altra, e Spike nel mezzo.

«Tenetevi forte!» Strepitò l’alicorno.

Applejack cercò di trottare verso di loro, ma dopo essere caduta per ben due volte col muso sulla ghiaia, decise di arrendersi. I pony delle abitazioni nelle vicinanze uscirono dalle loro case e si riunirono negli spazi aperti, il più lontano possibile dagli edifici, mentre chiunque era dotato di ali per spiccare il volo, si unì al gruppo di Rainbow Dash e Fluttershy, che guardavano la scena dall’alto, impotenti. Anche Twilight avrebbe potuto farlo, ma questo avrebbe significato abbandonare a terra Spike e le altre.

Le venne un’idea, e pensò di concentrare la levitazione su di loro. Subito, un’aura di luce incantata li ricopri dalla testa alla coda.

«Ehi, ma che… » Applejack fu issata prima di concludere la domanda, e così anche gli altri. Twilight sbatté le ali, sforzandosi di alzarsi di quota mentre manteneva la concentrazione sull’incantesimo.

Levitarono insieme, smettendo di dibattersi subito dopo aver capito le intenzioni della giovane Principessa. “Per grazia di Celestia” pensò. In caso contrario, la magia avrebbe potuto cederle in qualunque momento facendoli cadere.

Guardando la violenza con la quale le case di Ponyville venivano scosse, sembrava quasi che qualcosa stesse attraversando il sottosuolo di Equestria, muovendosi da Sud verso Nord, e Twilight provò un nodo allo stomaco, augurandosi che non fosse così. Quella giornata non avrebbe potuto concludersi in un modo peggiore.

Il tutto durò per non più di un minuto, ma le lancette dell’orologio scandirono un tempo che sembrò indugiare a lungo. Ogni secondo era un’onda d’urto, ogni scatto un vaso di fiori rovesciato. E poi, d’improvviso, come se il terremoto ne avesse avuta abbastanza dell’agitazione dei pony, si ridusse fino a fermarsi del tutto, restituendo al paese il tacito silenzio della quiete dopo la tempesta.

Twilight Sparkle riportò i suoi compagni a terra, e dopo un breve attimo di smarrimento, anche il resto della gente cominciò a riacquistare padronanza di sé.

Ci fu un tempo, a Ponyville, in cui sarebbe dilagato il panico per un avvenimento del genere. Ma nella nuova Equestria post-Kaiju, convivere con i terremoti stava diventando un’impietosa routine, con cui ogni pony si stava pian piano abituando a convivere. E le scosse sarebbero diventate presto più frequenti, se i timori della Principessa dell’Armonia si fossero concretizzati.

«Pinkie, puoi smetterla ora. Il terremoto è finito.»

Pinkie Pie era tutto un fremito quando i suoi zoccoli furono riportati a livello del suolo, ma si fermò al comando di Rainbow Dash.

«Oh già, che scema! Non me n’ero accorta!» Come se niente fosse, tornò gaia in un baleno. La sua allegria non sarebbe stata intaccata nemmeno dalla più grave delle calamità.

«Accidenti, questo era davvero forte.» Mormorò Fluttershy, prima di essere colta da uno spasmo «Oh Celestia, gli animaletti! Devo andare a vedere se stanno bene!»

«Vai pure, noi ti aspettiamo alla stazione.» Le rispose Twilight, assertiva.

La pony della gentilezza schizzò via come un razzo.

«Ragazze, voi state bene?»

Applejack si sistemò il suo cappello da cowgirl, che le era scivolato sul viso quando la levitazione l’aveva adagiata a terra. «Sì, grazie a te, ma non sono sicura di poter parlare a nome di Ponyville.»

Era vero. Guardandosi intorno videro il caos che quel sisma si era lasciato alle spalle: oltre ai tetti delle case, denudati dal loro rivestimento, e le finestre esplose in migliaia di pezzi, anche le innocenti decorazioni della Festa del Focolare avevano pagato il conto della calamità. Uno striscione, che fino a qualche minuto prima attraversava una via appeso su due edifici, ora pendeva solo dall’estremità sinistra, come una bandiera afflosciata in una giornata senza vento.

Gli abitanti di Ponyville – quelli che giravano intorno alla piazza – erano frastornati e cercavano di riprendersi dallo spavento, ma a parte questo, non parevano esserci feriti. Una buona notizia in una giornata che stava prendendo una piega veramente sbagliata.

E Twilight che sperava di trascorrerla leggendo a letto…

Dopo quel primo momento di confusione, lei e le amiche tornarono al loro programma iniziale, e si separarono. Ora come non mai c’erano delle questioni in sospeso che dovevano verificare prima di partire. Il Giardino Dolci Mele aveva subito dei danni? La Carousel Boutique era intatta? I piccoli Cake si erano svegliati? Ciascuna aveva le sue priorità, e quella di Twilight era d’incontrare il Sindaco per constatare l’entità dei danni.

Dash era l’unica a non avere delle urgenze a casa propria, perciò si offrì di accompagnarla.


Si ritrovarono tutte insieme mezz’ora dopo alla stazione dei treni.

Per fortuna, a parte lo sgomento, niente di grave era accaduto alle loro famiglie. Applejack raccontò che alla fattoria il terremoto fu percepito appena, e a parte qualche pasticcino alle fragole rovesciato, l’Angolo Zuccherino aveva resistito al trauma; i piccoli Cake si erano svegliati in lacrime, ma niente che non si potesse risolvere con una buona ninna nanna.

Twilight ricevette notizie altrettanto confortanti sia dal Sindaco che da Rarity, appurando che il grosso del sisma aveva coinvolto solo il lato Ovest di Ponyville. Per quanto riguardava Fluttershy, invece, dovette faticare un poco a convincere alcuni animali (tra cui un antipatico istrice) a tornare nelle proprie tane. Ma considerata la circostanza, sarebbe potuta andare decisamente peggio.

Per lo meno, ora non c’era più niente che le trattenesse dal partire.

Sul binario di partenza per l’Impero, una locomotiva con una fila di cinque vagoni passeggeri attaccati attendeva, apparentemente, il prossimo gruppo di pendolari. Malgrado ciò, la stazione, di solito gremita di passeggeri che andavano e tornavano dai loro viaggi, era completamente deserta, salvo per una pagina di giornale che slittava sulla banchina, sospinta dall’aria.

Si guardarono intorno, leggermente imbarazzate.

«Ehm… beh, sembra un po’… »

«Desolata?» Completò Rainbow Dash la frase di Applejack.

«Ehhgià… »

«Dove sono finiti tutti?» Cinguettò timidamente Fluttershy .

«Forse sono andati a fare una festa!»

«Una festa dopo un terremoto, Pinkie?» La beccò Rarity.

«Ma certo! Sei mai stata a una Festa del Terremoto? Sono le più divertenti di tutta Equestria, in assoluto! Ehi Spike, ti ricordi quella di due mesi fa?»

«Quella con le torte-scherzo esplosive? Sì!! Come dimenticarmela!»

Rarity socchiuse gli occhi, basita. «Non parlate sul serio, vero?»

«Oh sì, avresti dovuto esserci!» Esultò il drago «C’era tanto di quell’esplosivo incantato che tutta la casa ha tremato! Sono esplose perfino le finestre! Tutti gli ospiti erano imbrattati di crema pasticcera e panna!!»

«Ed ecco perché si chiama Festa del Terremoto. Capito?» Pinkie Pie si allungò sul volto dell’unicorno, puntando su di lei il suo enorme ed inquietante testone. «Perché poi...la casa… TREEMA…» i loro occhi quasi poterono toccarsi, quanto erano vicini.

«Okay, eheh… » ridacchiò nervosamente Rarity, cercando di “divincolarsi” dallo sguardo invadente della pony in rosa.

Nel frattempo Twilight si era avvicinata allo sportello della biglietteria, attratta dalla serranda in ferro abbassata. La postazione dell’addetto era vuota, a parte una busta di cibo da fast food che sembrava abbandonata da poco. Le luci erano spente, confermando oltre ogni dubbio che non vi era più nessuno a servire i passeggeri. Invece, notò appeso sul lato sinistro un avviso che richiamò la sua attenzione. Il testo era breve, ma il contenuto conciso e categorico «Ehi, ragazze. Venite a vedere qua!» Le chiamò dopo avergli dato una rapida letta.

«Che succede, cara?» Chiese Rarity, ma le bastò avvicinarsi per avere la risposta alla sua domanda:


“AVVISO AI SIGNORI PASSEGGERI

Si comunica che in seguito all’attività sismica rilevata oggi pomeriggio, e in previsione di possibili altre scosse d’assestamento, la Direzione ha stabilito la cancellazione di tutte le corse in arrivo e in partenza da Ponyville previste per oggi.

Si comunica altresì che le corse previste per domani non subiranno variazioni di rilievo.

La Direzione si scusa per il disagio”


«Oww!» Le ragazze si abbandonarono a un coro affranto.

La loro fortuna si era appena esaurita.

«Questa proprio non ci voleva! E ora cosa facciamo?!» Per qualche ragione, Twilight guardò verso Spike, quasi come se si aspettasse una risposta da lui. Ma il drago non era di alcun aiuto. E nemmeno lei, ammise con se stessa.

«Beh… potremo… ehm… aspettare domani?» Provò a suggerire Fluttershy, ma si pentì subito dell’averlo fatto: fu bruciata dallo sguardo incendiario di Princess Twilight Sparkle, ben poco regale, ma molto “scintillante”, che la punì per la sua blasfemia.   

Si acquattò a terra, cercando di nascondersi tra i peli della sua criniera. «Oh caspiterina… no, no! Non intendevo dire…»

«La Principessa ci vuole all’Impero ORA! Non tra un mese! Non tra una settimana! E di certo non DOMANI!»

«L-lo s-so… s-s-scusa… » “Voglio tornare a casa!” Piagnucolò la timida pony.

«Ad ogni modo l’Impero di Cristallo è dall’altra parte di Equestria» disse Rarity «treni permettendo, non saremo comunque arrivate prima del mezzogiorno di domani.» La vana speranza di riuscire a sfuggire ai rotoli di ciccia di Silly Turnip si sgretolò come un castello di sabbia travolto da un terremoto.

«Hai ragione» sospirò l’alicorno «però dobbiamo trovare un modo. Non possiamo stare qui zoccoli in zoccolo ad aspettare che riaprano!»

«Hmm… beh» cominciò Rainbow Dash, colta da un’improvvisa illuminazione «possiamo farcela in volo fino alla città più vicina, e magari vedere se lì troviamo qualche linea ancora attiva!» Avvertì un tremito d’esaltazione al pensiero che, probabilmente, aveva appena suggerito l’idea vincente al gruppo, un po’ come doveva sentirsi la sua eroina Daring Do ogni volta che metteva gli zoccoli su qualche artefatto antico sottratto al suo storico nemico Ahuizotl.

Gli sguardi stizziti che ottenne come risposta da Rarity, Applejack e Pinkie Pie, però, le fecero rivalutare le sue convinzioni. «Ah, già… ».

Doveva trovare qualcos’altro. Qualcosa, possibilmente, che non implicasse l’uso delle ali.

Guardandosi intorno, l’attenzione ricadde sulla locomotiva parcheggiata sul binario. «E se prendessimo quella?» Indicò con uno zoccolo.

Le giumente la studiarono scettiche.

«L’avviso dice che è… ferma, se non mi sbaglio.» Fece notare Applejack, sminuendo la proposta della pegaso.

«Come se non lo sapessi. Genio! Intendo dire: prenderla noi!»

Seguì una reazione di sdegno generale.

«Hai del succo fermentato in testa?!» Riprese la cowgirl. «Come pensi che faremo ad arrivare all’Impero se non sappiamo neanche metterla in moto?!»

«Già! Senza contare che non sappiamo nemmeno su quali binari deviare per arrivarci! Le stazioni che dovremo attraversare, i blocchi che potremmo trov… »

«Ohh e va bene, va bene!» Scattò Dash, interrompendo la lista d’inconvenienti che Twilight stava elencando. «Trovatevela voi la soluzione, allora. Visto che siete così brave a dirmi perché le mie idee NON funzionano!»

«Ehi, voi. Che state combinando qui?»

La voce maschile di un pony di mezz’età la fece sussultare e cadere a terra, sbattendo il fondoschiena sulle assi del pavimento.

Nessuna di loro, Spike compreso, aveva fatto caso a quello sportello in fondo al vagone di coda dal quale l’individuo era sbucato.

Lo stallone dal manto azzurro che ne venne fuori aveva due folti baffi scuri che si piegavano ai lati delle sue guance come un ferro di cavallo e si univano alle lunghe basette che gli scendevano dalla criniera. Indossava una divisa blu scuro da conducente con camicia bianca e cravatta rossa, ma senza cappello, e portava un paio di piccoli occhiali da vista con montatura rotonda, che stavano incredibilmente in equilibrio sul suo muso curvato all’ingiù.

Lo riconobbero subito come il conducente dei treni che si occupava di tutte le corse in partenza da Ponyville.

«Allora, ragazze? Mi spiegate che cos’è tutto questo trambusto?» Insistette lui, avvicinandosi di qualche passo e sistemandosi gli occhiali con uno zoccolo. Dal tono della sua voce e dalle pesanti borse che pendevano dai suoi occhi, sembrava essersi appena svegliato da un profondo sonnellino. Probabilmente – ipotizzò Twilight – dovevano averlo svegliato con le loro grida. Si domandò anche se questo sarebbe potuto essere un vantaggio o un ulteriore ostacolo alla loro causa, ma data la penuria di opzioni, doveva fare un tentativo. «Ci scusi tanto se l’abbiamo disturbata, signore» Disse, dando fondo a tutta la sua diplomazia «il fatto è che abbiamo ricevuto una convocazione urgente per l’Impero di Cristallo, e abbiamo assoluto bisogno di un passaggio fino alla stazione.»

«Già, un passaggio assolutissimo!» Rimarcò Pinkie Pie senza che le fosse stato chiesto d’intervenire. «Un assolutissimamente assolutissimo passaggio assolut… » prima di concludere, Applejack le aveva già piantato uno zoccolo in bocca.

Il conducente trottò a marcia stanca verso di loro, strofinandosi la faccia col dorso della zampa per svegliarsi. «Non avete letto l’avviso?» Disse sgarbatamente. «Non si fanno corse oggi.»

Studiandole più attentamente, lo stallone contemplò l’alicorno viola che aveva di fronte, e subito dopo le altre pony dietro di lei. Ci mise qualche secondo a inquadrarle, ma quando riconobbe Twilight Sparkle, la pony un tempo pupilla di Celestia e ora Principessa dell’Armonia, che con le sue amiche era stata anche protagonista della difesa delle città contro i recenti attacchi Kaiju, il suo atteggiamento divenne di colpo più disponibile ed educato. «Oh… ! Mi perdoni, Princess Twilight. N-non vi avevo riconosciute sul momento!»

Twilight esibì un ampio sorriso vittorioso. «Non si preoccupi.» Disse accomodante. “È fatta”.

«Però, vede… »

“Oh-ho… “, aveva parlato troppo presto.

Il conducente strofinò uno zoccolo sulla criniera carbone, in un gesto che voleva esprimere imbarazzo. «Mia Signora, il fatto è che siamo in stato “d’allerta sisma”, e finché non ci comunicano il contrario, non possiamo assolutamente permetterci di trasportare passeggeri lungo la ferrovia. C’è un forte rischio di deragliamento se dovesse verificarsi un altro terremoto!».

«Oh… » lo guardò gemendo delusa «non può fare un’eccezione? Proprio nessuna? La prego, è importante!»

Gli occhi dello stallone piroettavano nervosamente da un estremo all’altro del viso, in cerca di una soluzione. Non doveva essere facile per lui dire di no a una Principessa. Ma malgrado ciò, scosse comunque la testa. «Mi dispiace, ma anche volendo, il fuochista è appena rientrato a casa, e senza qualcuno che alimenti la caldaia, temo sia impossibile condurre la locomotiva fin lassù. Dovrete trovare un altro modo.»

Twilight insistette, facendogli notare che sarebbe bastata una qualunque di loro a prendere il posto del fuochista per trovare una soluzione al problema. Tuttavia rimaneva ancora aperta la questione dell’allarme sismico, sulla quale lo stallone era intransigente.

La scena era seguita in disparte dalle altre. Tutte si chiedevano cos’altro fare se la ferrovia sarebbe rimasta impraticabile.

Rarity vide l’immagine di se stessa discutere animatamente con la giumenta dalla quale aveva cercato di sfuggire, e rabbrividì all’idea. Era questo il destino che l’avrebbe attesa il giorno dopo, se soltanto non avessero trovato un modo per partire da Ponyville ORA. Non poteva lasciare che accadesse.

«Lasciate fare a me, ragazze.» Disse con un ghigno sicuro.

«Dove vai?» Chiese Spike.

«Ora vedrete.»

L’unicorno trottò a testa alta verso i due pony che stavano discutendo e si avvicinò all’orecchio di Twilight, sussurrandole: «me ne occupo io, se non ti spiace.»

Twilight la guardò senza capire, gemendo. Rarity le fece gesto di tornare dalle altre.

«Le dispiacerebbe seguirmi?» Domandò poi al conducente, che a muso non sembrava entusiasta di tutta quell’ostinazione.

Vedendoli allontanarsi insieme verso l’estremità opposta della banchina, lontani dalla loro attenzione, Spike sentì il proprio stomaco contrarsi in un crampo di gelosia. “Che vuoi fare?” si chiese tra sé e sé, ma non era l’unico a domandarselo.

«Allora… » cominciò Rarity, dopo essersi assicurata di essere abbastanza lontana «è così lei è il conducente di questa locomotiva. Giusto?»

Lo stallone in divisa strizzò gli occhi e fece uno strano movimento con i baffi. «Signorina. Lei viene qui in stazione da quando era una puledrina alta così» sollevò in aria la zampa approssimando l’altezza «davvero non si ricorda di me, o sta soltanto facendo finta?»

Uno a zero per lui, dovette ammettere Rarity. La carta dell’approccio gnorri non funzionava.

«Oh beh, sa com’è? Con tutti gli incarichi che svolgiamo per conto di Princess Celestia; missioni, ricevimenti, viaggi… combattimenti. A volte a una signora può capitare di distrarsi.» Sbatté un paio di volte le ciglia, in maniera accattivante.

«Davvero?» Domandò lui, ma in tono sarcastico.

«Oh tesoro, certo che sì! Neanche lo immagina quanto a volte possa essere faticoso per un’umile – seppur molto elegante – pony stilista di paese star dietro a tanti impegni!»

«Senta, signorina Rarity, non capisco dove vuole arrivare.» Tagliò corto.

«Vede, il fatto è che le cose si sono notevolmente complicate con l’arrivo dei Kaiju, e le Principesse hanno bisogno di noi ora più che mai per far fronte a tutti quegli impegni, grandi o piccoli, che Equestria richiede notte e giorno. Lei ritiene che sia saggio rischiare di farle irritare solo per far fede alla propria divisa?»

Lo stallone abbassò lo sguardo solo per un momento, prima di ribattere con decisione. «Gli ordini arrivano dall’agenzia per i trasporti, che ha sede a Canterlot. Io qui mi limito solo a eseguire le disposizioni del bollettino. Se le Principesse decidessero che dovrà cadere qualche testa, non sarà certo la mia a doversene preoccupare.» Voltò le zampe e fece per andarsene.

«Aspetti!» Lo fermò Rarity. «Vede, il fatto è che noi abbiamo VERAMENTE l’urgenza di arrivare all’Impero di Cristallo il prima possibile… » disse, cercando di mettere quanta più enfasi possibile nella parola “veramente”. «E non possiamo davvero, mi creda, rischiare di tardare!»

«Questo l’avete già ripetuto dieci volte. Ma come vi ho già detto… »

«E se lei ci aiuterà a compiere questo viaggio» lo interruppe l’unicorno dal manto bianco «magari potremmo metterci d’accordo in qualche modo… »

Il pony di mezz’età la scrutò con fare curioso. «Che genere di accordo?»

«Chissà» disse furbescamente.


Le ragazze erano ferme nel loro angolino ad aspettare. Non potevano fare altro.

Twilight scrutava con ansia la trattativa dell’amica, invocando preghiere a Star Swirl il Barbuto affinché tornasse da loro con delle buone notizie. Applejack camminava avanti e indietro lanciando sguardi di rimprovero a Rainbow Dash, che si era appisolata svogliatamente su una panchina. E mentre Fluttershy si limitava semplicemente ad attendere con un broncio malinconico l’evolversi della giornata, Pinkie Pie faceva lo stesso esibendo un irrazionale sorriso al mondo e alle sue meraviglie. A parte l’alicorno, l’unico ad aver avuto una valida ragione per inquietarsi era Spike, che nel corso degli ultimi minuti aveva osservato la sua amata unicorno fare sfoggio di atteggiamenti di cui non aveva compreso le ragioni, in nome di un qualche piano che fino a quel momento non stava dando i suoi frutti.

Stava perfino cominciando a covare dell’odio verso il pony conducente, che non si era fatto scrupoli a negare loro l’aiuto, sebbene non solo lui, ma tutta Equestria doveva a loro la propria salvezza.

Dopo una lunga trattativa, Rarity fece finalmente ritorno da loro, saltellando trionfalmente, alla maniera di Pinkie Pie.

Dunque l’aveva convinto? Che cosa gli aveva promesso? A quale ignobile richiesta aveva ceduto la sua Rarity per convincerlo a condurli in quel viaggio per il Nord?

«Ragazze e Spikey Wikey, Madame Rarity è orgogliosa d’informarvi che abbiamo i biglietti per l’Impero di Cristallo!»

Mentre comunicava la notizia, Applejack svegliò la pegaso arcobaleno con una gomitata.

«Dici davvero?!» Chiese Twilight incredula ed elettrizzata.

«Puoi giurarci le ali!» Garantì l’unicorno.

Rainbow Dash si lasciò sfuggire una battuta aspra. Qualcosa del tipo: «beh, era ora! Ce ne hai messo di tempo!», col risultato di ricevere una zoccolata dalla cowgirl. Partì tra le due una discussione, che passò in secondo piano se messa in confronto al grido di gioia che eruttò dalla bocca di Pinkie Pie, e che la pony in rosa recitò come una cantilena «Ohh ma che bello, che bello. Andiamo al Castello! Ohh ma che bello, che bello. Col nostro cestello!». E il cesto da pic-nic era già appeso alla sua coda.

Lo «yay» che esclamò Fluttershy, invece, fu talmente flebile che probabilmente nemmeno lei stessa lo sentì.

«Rarity, Rarity!» Spike le si aggrappò alla zampa come un cucciolo spaventato che aveva appena ritrovato la mamma. «Che gli hai promesso a quello zotico?! Che devi fare per sdebitarti?!»

«Già, infatti. Un attimo fa stava per andarsene. Come l’hai convinto?» Ripeté l’alicorno.

«Oh, tesori. Non c’è alcuna ragione di agitarsi» disse con tono rassicurante, ma anche malevolo, a tratti «diciamo solo che gli ho fatto un’offerta che non poteva rifiutare.» Scrutandolo con la coda dell’occhio, lo vide accanto al quarto vagone, impegnato a lustrare con la manica dell’uniforme, e avido impegno, l’enorme rubino che gli aveva ceduto in cambio del trasporto.

Abbassando lo sguardo, vide gli occhietti sperduti del drago, che si prodigava sempre tanto per farle capire quanto teneva a lei.

L’unicorno si accucciò al suo livello, avvicinandosi col muso tanto vicino da poter vedere le sue guance incendiarsi e arrossire. «Oh, mio piccolo Spikey»

«Sìì?» Mormorò lui, sciolto dalla sua voce, soave e delicata.

«Non ti preoccupare, non farò mai niente che a te non vada a genio.» Gli diede un delicato bacetto sulla fronte, rendendo quel poco che c’era in lui un’indefinita poltiglia di rettile.

Twilight si astenne dal commentare, ma s’intromise per rivolgere all’amica un'altra domanda.«Rarity, senti. E per quanto riguarda il problema del fuochista?»

L’unicorno si alzò e si sistemò con orgoglio la criniera. «Oh, quello non è assolutamente un problema.» Si abbassò nuovamente su Spike, con un sorriso corruttore e ammiccando con le ciglia. «Spikey, caro. Che ne dici di occupartene te?»

Magma bollente aveva preso il posto del sistema linfatico del drago, e sebbene non conoscesse nemmeno il significato del termine “fuochista”, annuì sibilando. «Ceeerto. Qualunque cosa per te!»

Twilight sospirò con un giro degli occhi, ma avevano già perso troppo tempo per lasciare che altri contrattempi le impedissero di raggiungere l’Impero di Cristallo.

Il conducente della locomotiva si sporse dal vagone di testa pochi minuti dopo, enunciando ad alta voce, da manuale: «in carrozza!»

Nonostante i compromessi, per Twilight quel grido suonò come il richiamo più piacevole di Equestria.

Spike era ancora nel suo stato di nirvana quando tutti e sette salirono, e non aveva ancora realizzato che cosa aveva accettato di fare per Rarity. Nessuna di loro lo invidiò per ciò a cui stava andava incontro.


Arrivarono alla stazione dell’Impero di Cristallo nel primo pomeriggio del giorno successivo, poco dopo l’ora di pranzo.

Spike ne uscì sfinito. Aveva trascorso le prime ore del tragitto chiuso nella sala macchine, a gettare carbone nella caldaia che alimentava la locomotiva.

A dargli la forza di spremersi fino all’ultima goccia di sudore, era la soddisfazione di poter essere davvero utile alle sue amiche, in barba a Twilight che lo avrebbe lasciato a casa. Ma quando, allo stremo delle forze, lo avevano trovato crollato nel bel mezzo del mucchio di carbone, Rarity e l’alicorno avevano deciso di spartirsi dei turni di lavoro per sostituirlo fino al termine della corsa. Alla fine, anche loro stanche e provate per l’impiego massiccio della magia della levitazione sulla lignite (l’unicorno molto di più, non essendo abituata a un uso tanto prolungato dell’incantesimo), riuscirono ad arrivare sane e salve senza che nessuno dei tanto paventati rischi si concretizzassero per davvero.

Mentre scendevano dal vagone, Spike dormiva esausto sul dorso di Applejack e Rarity faceva l’occhiolino al conducente, che già pregustava i soldi che avrebbe ricavato una volta tornato a Ponyville. Il suo entusiasmo, però, gli morì in gola nel momento in cui due pony della Guardia Reale dell’Impero fecero capolino sulla banchina della stazione, in mezzo a gruppi di passeggeri che salivano e scendevano da altri binari. Erano una coppia di pegasi dalle armature di cristallo scintillante, ma molto differenti l’uno dall’altro. Se quello sulla destra appariva come un clone di tanti altri soldati della legione imperiale, con un manto cristallino che faceva pendant con la bardatura corazzata, quello sulla sua sinistra, oltre a essere di grado superiore (almeno, a giudicare dai supplementi blu aggiunti alla sella), sembrava non essere nemmeno originario del posto, avendo un manto monocromatico e una criniera molto più arruffata di quella tipica dei pony di cristallo.

Vedendoli avanzare decisi verso le Custodi degli Elementi, lo stallone alla guida della locomotiva cominciò a vacillare, temendo che il loro obiettivo fosse proprio lui, reo di aver violato una direttiva impartitagli dai suoi superiori e aver messo in pericolo la sicurezza delle eroine di Equestria.

Nell’estremo tentativo di nascondersi, si accucciò nella sua cabina di guida, cercando di sfuggire alla loro vista.

Ma le Guardie non erano venute per lui, e anzi, sebbene non se ne rendesse conto, aveva appena assolto – per l’intera famiglia Reale del regno – il più grande servizio della sua carriera.

Mentre tremava per il suo futuro, Twilight invece si sentì trapassare lungo il garrese da un’ondata di emozioni, alla vista del pegaso che stava venendo in coppia con l’altra Guardia Reale.

«Flash!» Scordandosi della stanchezza che l’aveva seguita giù dal vagone, gli corse incontro tuffandosi tra le sue zampe.

«Ehi, ehi. Buona Twi, ufficialmente sono ancora in servizio.» La avvertì, indicandole il collega accanto, che li fissava con biasimo (e forse anche con un po’ d’invidia). La sua voce, così gentile da ricordarle Fluttershy, ma tanto ben impostata da esprimere una sicurezza che Twilight non si sarebbe mai sognata, era la cosa più rincuorante che avrebbe mai potuto sperare di sentire all’arrivo.

Molte cose erano cambiate dal suo ritorno dal mondo degli umani al di là dello specchio, e non solo a causa delle invasioni dei Kaiju.

Flash Sentry, originario di Cloudsdale, era l’ultimo arrivato nel corpo delle Guardie Reali dell’Impero di Cristallo. Negli anni dell’accademia, si era distinto dai suoi compagni grazie al grande senso del dovere che manifestava in ogni cosa che faceva, oltre alle notevoli doti fisiche e mentali, che gli permisero di eccellere sia nei test pratici che teorici.

Dopo aver conseguito con il massimo dei voti il diploma ed essersi arruolato nel corpo militare di Canterlot, fu notato dal Capitano Shining Armor, che lo volle assegnare alla legione delle Guardie Cittadine dell’Impero di Cristallo, da cui in seguito, e per ulteriori meriti sul campo, fu promosso al rango di Guardia Reale al servizio diretto della Principessa Mi Amore Cadenza.

Fu proprio in quella circostanza che lui e Twilight si conobbero la prima volta, per una serie di goffi incidenti, e tra i due scattò subito la scintilla della passione.

Princess Twilight rimase molto sorpresa nel constatare che quella guardia dai toni così gentili ed educati aveva una somiglianza tanto simile con lo stesso Flash umano che l’aveva aiutata nella sua breve permanenza alla Canterlot High School, e cominciò a provare interesse nei suoi riguardi. Voleva saperne di più, ma purtroppo gli impegni a Ponyville la tennero lontana dal pegaso ancora per un po’.

Le cose presero una piega diversa con l’avvento dei Kaiju, come se il loro arrivo non avesse portato con sé solo morte e distruzione, ma abbia in qualche modo cambiato il corso degli eventi, in modi del tutto inattesi.

Le capitò di presiedere a molte riunioni con le regnanti di Equestria, per discutere sul come affrontare la minaccia dei mostri e mettere in sicurezza le città in previsione di attacchi futuri, e fu proprio durante quelle riunioni che il loro rapporto ebbe modo di fortificarsi. Quando gli incontri non avvenivano all’Impero di Cristallo, Princess Cadance si assicurava di farsi accompagnare da un contingente di guardie personali, alle quali a Flash Sentry era sempre aggregato (“merito delle sue capacità”, era la scusa che soleva usare per giustificare la sua presenza, ma era molto più probabile che la ex-ponysitter - che in fatto di amore aveva un sesto senso speciale - avesse fiutato il potenziale che scaturiva dalla loro coppietta, e si fosse impuntata il dovere di alimentare la calda fiammella della passione), e ciò diede a Twilight Sparkle molto più tempo per approfondire la “curiosità” verso quel pony da cui si sentiva tanto attratta.

«Che cosa ci fai qui?» Chiese, correggendosi subito. «Cioè… volevo dire… che cosa ci fate voi?» La guardia che affiancava Flash si limitò a rivolgerle un leggero movimento degli occhi, per tornare subito con lo sguardo fisso davanti a sé.

Flash Sentry si diede una scrollata al dorso, sistemandosi la corazza d’oro che l’abbraccio di Twilight aveva smosso. «Siamo stati informati dell’allarme sismico che c’è stato a Ponyville e pensavano di mandare una carrozza privata a prendervi, ma poi la società dei trasporti ci ha avvertito del vostro arrivo, e così, eccoci qui.»

Il conducente, ancora coricato nel suo nascondiglio, trasalì all’udire di quella risposta, e si sentì uno stupido al solo pensare di averla potuta far franca.

«Quindi sapevate del nostro arrivo?» Chiese Rarity, sentendosi ora responsabile per i guai che il loro conducente avrebbe passato a causa sua.

Flash annuì alla sua domanda. «Sì, ma non dovete preoccuparvi di questo» aggiunse, probabilmente intuendo ciò che la turbava «Celestia ha ordinato alla società ferroviaria di non ostacolarvi. Avete notato che non ci sono stati posti di blocco di nessun tipo nelle stazioni che avete attraversato?»

Per tutti i toast alle margherite, era vero! Preso dall’adrenalina per la trasgressione, il conducente aveva condotto a tavoletta la locomotiva lungo tutte le tappe del loro viaggio senza mai, nemmeno una volta, sospettare qualcosa, sebbene le stazioni che avessero attraversato erano rimaste attive. Questo significava che ne sarebbe uscito pulito? Pulito e… oscenamente ricco?

Sentendosi improvvisamente un po’ più al sicuro, provò a sporgere la testa oltre il parabrezza della locomotiva, esponendosi alla vista delle due Guardie Reali. Vide, quindi, che il pegaso che aveva parlato con Princess Twilight e Miss Rarity aveva voltato lo sguardo verso di lui, e gli stava rivolgendo un sorriso amichevole e rassicurante.

Sapevano di lui fin dal principio, e se avessero voluto, avrebbero potuto arrestarlo in qualunque momento.

Sentì il peso delle sue preoccupazioni scendergli dal dorso e cedere il passo ai sacchi di monete che vi avrebbe caricato una volta tornato a casa.

Flash Sentry tornò a guardare Twilight e le sue amiche, e il suo sorriso si spense, tornando a un’espressione severa. «Forza ora, sbrighiamoci. Le Principesse aspettano solo voi.»

Twilight annuì e voltò la testa verso il conducente, facendogli un sorriso di ringraziamento. Quando la vide, scattò sulle zampe e le restituì come risposta un saluto goffo e impacciato.

Le due Guardie Reali fecero strada alle sei giumente (e a Spike, che sembrava particolarmente agiato a sonnecchiare sul dorso della campagnola Applejack) e le condussero lungo la banchina della stazione di cristallo. Ogni tanto qualche pony di passaggio finiva per riconoscere la Principessa Twilight Sparkle, o più in generale, le sei eroine di Equestria, e si fermavano per inchinarsi al loro cospetto. Un gesto che accoglievano con imbarazzo (a parte Rainbow Dash, che al contrario si sentiva a suo agio come un pesce in un limpido torrente di primavera).

Scesero una rampa di scale e si lasciarono alle loro spalle la stazione, con le locomotive gremite di passeggeri che continuavano ad arrivare e partire da ogni angolo della Nazione.

Si ritrovarono a percorrere il sentiero che collegava la landa ghiacciata del Nord alla città scintillante che s’innalzava davanti a loro. L’Impero si estendeva all’orizzonte, ammaliando con le sue costruzioni di cristallo la vista dei pony in transito. Il monolitico castello a forma di torre dominava su tutta la città, come un gigantesco guardiano a tutela dell'armonia di quel regno lontano e incantato.

Il gruppo superò una serie di enormi quarzi colorati che emergevano ai bordi della strada, fino a quando, da dietro uno di essi, non comparve un grande ed elegante cocchio, che sembrava non attendesse altri che loro.

«Prego, Miladies, montate su e godetevi il viaggio!» Disse Flash al gruppo delle Custodi, focalizzando la sua attenzione su Twilight, come se niente lo entusiasmasse di più dell’idea di poterla condurre in volo tramite quel mezzo.

Le sei si abbandonarono ad un «aww» corale, tanto forte da sottrarre Spike al suo sonno comatoso.

Rarity scalpitò su se stessa. «Quella… cioè… state dicendo che noi viaggeremo su… ohh cielo!» Si portò uno zoccolo sulla fronte e svenne di schiena.

«Rarity?» Spike saltò giù dal dorso di Applejack e scattò dalla sua amata.

La cowgirl scosse la testa.

Mentre le due Guardie Reali si prendevano il minuto necessario per indossare le briglie, le pony, una ad una, trovarono posto sulla carrozza.

Rarity si era ripresa qualche secondo dopo la sua presunta perdita di sensi. A detta di lei, non avrebbe assolutamente potuto permettersi di perdere l’opportunità di godersi un viaggio del genere. Non dopo l’enorme dispiego di fatiche che le era costato condurli fin lì.

La carrozza, in effetti, era divina, come ogni cosa nei territori dell’Impero. Era stata scolpita partendo da un singolo blocco di cristallo, modellato con una maestria che si sarebbe potuta attribuire solo al talento magico dei migliori unicorni scultori, e al quale poi erano state aggiunte solo le sospensioni e le ruote. Le quattro colonne che sostenevano la copertura erano state intagliate sulla forma di lunghi cristalli, con le punte che sporgevano da sopra il tettuccio, come se tutta la copertura si fosse compenetrata con essi. La superficie, poi, era interamente decorata con incisioni regali e quello che sembrava una versione stilizzata della torre. A completare il tutto, i due ingressi laterali erano coperti da un tendaggio pervinca con sopra il caratteristico simbolo dell’Impero: il fiocco di neve che dava anche forma alla topografia della città.

Quando tutto fu pronto, Flash e il collega si misero in posizione di partenza e, prima di partire, si rivolsero al gruppo. «Siete pronte la dietro? Possiamo andare?»

«Non è un po’ troppo pesante questa carrozza? Siete sicuri di poterci trasportare?» Non era il tipo di domanda aristocratica che le Guardie si sarebbero aspettate da una Principessa, ma a Twilight sembrò lecito porla. Avrebbe lasciato a Rarity, accanto a lei, il compito di scandalizzarsi per qualcosa di così sciocco e ingenuo.

Flash Sentry e il pegaso di cristallo con cui avrebbe condiviso gli sforzi si scambiarono uno sguardo d’intesa. La prima e unica interazione attiva che ebbero da quanto erano apparsi sulla scena.

«Mettetevi comode e godetevi il viaggio! Non sarà molto lungo.» Disse Flash in risposta, sicuro di sé.

Poco dopo stavano attraversando i cieli del regno a bordo dell’elegante mezzo.

Era la prima volta che sorvolavano l’Impero di Cristallo dall’alto, e tutte ammiravano, con lo stupore di sei puledrine, le meraviglie architettoniche che si ramificavano sotto di loro.

Le strade che si diramavano lungo i vari distretti e la stella a sei punte che formava il centro della città erano state disegnate con un’attenzione per la simmetria che lasciava davvero poco spazio alle incertezze, e faceva scaturire nella mente curiosa della Principessa dell’Armonia una serie praticamente sconfinata d’interrogativi. Come avevano fatto i pony di cristallo a dare vita a un disegno del genere? La popolazione dell’Impero era costituita principalmente da pony di terra e unicorni, con solo pochi nuclei familiari di pegasi, sparsi qua e là nei quartieri più esterni, e quando si trattava di costruire, erano prevalentemente i pony di terra a spalancare le mascelle e prendere in bocca gli strumenti del mestiere e darsi da fare. Come avevano fatto, quindi, i pony di terra… da terra, a dar luce a un progetto così geometricamente perfetto?

Ma anche se ai tempi della costruzione della città vi fosse stata l’intera Cloundsdale a dare zoccolo forte alla sua creazione, i misteri che circondavano le origini dell’Impero di Cristallo erano ancora tanti e avvolti nelle ombre del passato.

Twilight conosceva quasi tutto di Equestria, ma l’Impero rimaneva ancora nei meandri dello sconosciuto, o per lo meno lo sarebbe stato fino a quando non avesse trovato il tempo di chiudersi nella vasta biblioteca locale per leggere da capo a coda ogni singolo libro sugli scaffali.

Purtroppo, per il momento aveva un problema ben più grande a cui pensare. Un problema che si manifestava su Equestria ogni sei mesi, e aveva la forma di un incubo di quaranta metri d’altezza, per migliaia di tonnellate di peso.

I Kaiju non avevano ancora preso di mira l’Impero, né lo avevano fatto i terremoti che si erano scatenati dopo la loro comparsa, ma quella condizione non sarebbe durata in eterno. Prima o poi – lo sapevano tutte – sarebbero tornate e avrebbero dovuto proteggere i pony di cristallo dall’assedio dei mostri.

Rarity e le altre avevano parlato alacremente durante il loro viaggio, e qualcuna di loro, probabilmente, aveva anche rivolto la parola a Twilight, ma i pensieri che covava la Principessa la tennero isolata dal gruppo come dentro una cupola magica. Capì di essersi distratta quando vide le costruzioni in quarzo dei palazzi farsi sempre più grandi sotto di loro, e il maestoso obelisco del castello coprirle sempre di più il suo campo visivo. Erano arrivate nel cortile.


«Mio Signore, la Principessa Twilight Sparkle e le Custodi degli Elementi sono qui.» Annunciò Flash, una volta che tutti erano entrati nella grande sala del trono.

Percorrendo il corridoio, restarono ancora una volta ammaliate dai fantastici giochi di luce che le pareti di cristallo restituivano, dalle grandi finestre laterali, ai raggi solari di quella splendida giornata. La maestosità di quel luogo, fonte di grandi meraviglie a ogni loro visita, sembrava infondere da ogni angolo una magia ancestrale antica di secoli.

«Twily, ragazze! Siete arrivate finalmente!»

«Shining Armor! Cadance!» Twilight trottò verso il trono, ansiosa di rivedere la sua famiglia. La Principessa Cadance fu la prima a incontrare le sue braccia. In un evento più informale avrebbero eseguito anche il loro speciale balletto di gioventù, ma nelle circostanze correnti, preferirono limitarsi a un saluto più discreto. Si scambiarono alcuni convenevoli, dopo di che fu il turno di Shining.

Lo stallone dalla criniera blu zaffiro estese una zampa verso la sorella, pronto ad accoglierla, e fu allora che lei li vide. «Santo cielo! Che cosa ti sei fatto lì, fratellone?» Chiese, indicando le escoriazioni di cui Shining faceva bella mostra sul petto: una vasta chiazza che sembrava un’ustione da colpo magico dirompente (un incantesimo praticato dalla maggior parte degli unicorni, che permetteva di infliggere danni fisici agli avversari); non indossava il suo elegante abito rosso da Principe, e questo, in contrasto con il suo manto bianco nevoso, la faceva risaltare in modo evidente. «Oh, questa. Una piccola ferita di battaglia, niente di grave.» Rispose con la sicurezza di uno che aveva affrontato molte campagne e conosceva bene il suo corpo.

«Ti fa… male?» Incalzò lei, non sapendo bene come trattare l’atteggiamento del fratello.

Lo stallone ridacchiò. «Sciocchezze! Il peggio è stato quando la pettorina si è incrinata». Indicò con lo zoccolo i segni che all’inizio Twilight non aveva notato: tutt’intorno all’ustione, come una corona di spine, delle cicatrici ormai quasi completamente guarite evidenziavano i punti dove il metallo era penetrato nella carne. «Ma non è stato niente di preoccupante. Un paio di minuti con l’incantesimo di guarigione di Cadance e sono tornato in zoccoli! Non mi resterà nemmeno una cicatrice da esibire di fronte ai soldati.»

«Sì, ma ricorda caro» iniziò Cadence, appoggiandogli uno zoccolo sulle spalle «non sei ancora del tutto guarito. Quindi evita di tirarti zoccolate sul petto solo per dimostrare la tua virilità da stallone.»

Il volto di Shining Armor diventò rosso. «Io n-non… capisco di che parli… cara?!»

La reazione provocò una risata generale tra le sei Custodi.

Twilight si guardò alle spalle, in cerca di qualcuno. Flash Sentry e il commilitone pegaso che li avevano accompagnati si erano riposizionati in riga con le altre Guardie Reali, ai lati del grande tappeto color ciclamino che attraversava la sala del trono, e mantenevano diligentemente gli occhi fissi davanti a loro. Per un breve momento cercò la sua attenzione, desiderando di poter sentire ancora una volta su di lei il suo dolce e tenero sguardo, ma capì di non poterlo pretendere in quel momento.

«Ehm… sentite» Rainbow Dash avanzò nell’aria, volteggiando sulle ali «mi dispiace interrompere la rimpatriata familiare ma… qualcuno sarebbe così gentile da dirci che ci facciamo noi altre qui?»

«Ehi, non dimenticatevi di me!» Saltellò Spike, fermandosi quando Twilight gli rivolse un’occhiata severa.

«Mi secca dare ragione a Rainbow Dash.» disse Applejack, ignorando il suo successivo “ehi!” di protesta. «Ma… ha ragione! Sembra di essere a una festa campestre in cui si fa a gara a chi tiene meglio il segreto!»

«Uhh! Qualcuno ha detto FESTA?!»

«Non in quel senso, Pinkie.»

«Oww, uffa!» Pinkie Pie dovette far sparire il suo party cannon, che non aspettava altro che detonare il suo colpo carico di festosità.

Twilight s’impose di lasciar perdere le ferite di suo fratello, per tornare al vero motivo della loro visita. «Allora, Shining Armor? Chi sarebbe questo ricercato di cui Celestia parlava?»

Il portone della sala si spalancò in quel momento, accompagnato dal suono dei cardini, mentre due Guardie Reali spingevano verso l’interno la doppia anta.

«Qualcuno la cui presenza, in questo momento, tutti noi avremmo preferito evitare.» La voce soave di Princess Celestia anticipò la sua entrata in scena, accompagnata dalla sorella Luna.

Il drappello militare s’inchinò al loro passaggio, e lo stesso fecero le amiche di Twilight.

«Alzatevi pure, mie piccole pony, non è più necessario questo inchino.» Disse l’alicorno, calma e materna.

«E’ bello rivedervi, Celest… cioè… v-volevo dire… Principesse.»

Le due regali giumente sorrisero al timido saluto di Fluttershy. «Anche per noi, ragazze, ma chiamateci pure con il nostro nome.» Parlò Luna.

Fluttershy annuì nervosamente, ma lo fece più per non contraddire l’ex-Nightmare Moon, che per assenso.

«Celestia, io… sono veramente mortificata» si scusò Twilight, senza che le due regnanti ne capissero la ragione «mi dispiace di averci messo così tanto ad arrivare, ho fatto del mio meglio!»

Celestia mostrò un sorriso candido. «Oh, cara Twilight. Non c’è bisogno di scusarsi.» Avanzò di qualche passo in avanti, facendo un breve cenno di saluto a Shining Armor e Cadence – i due legittimi padroni di casa – e tornò a parlare al gruppo di pony. «Quello che conta è che siate riuscite a venire nonostante il poco preavviso. Anche se forse, ammetto di aver misurato male l’entità della situazione.»

«Se per “misurar male” vuole dire “spedire una lettera con sigillo marziale per un semplice interrogatorio”, allora sono d’accordo con lei.» Bisbigliò Luna all’orecchio di Spike, che dovette coprirsi il muso con le mani per non far vedere che rideva.

«Quindi, di preciso con chi abbiamo a che fare questa volta?» Chiese nuovamente Rainbow Dash, un po’ spazientita da tutta quella suspence. Le sue iridi rosso ciliegia cozzarono contro quelle di Celestia, e la Principessa sospirò rumorosamente. Le Custodi attesero in silenzio, azzittite dalla tensione.

«Qualcuna di voi ha mai sentito parlare di Bibski Doss?» La sua voce era cupa. La sua espressione seria e severa.

Le sei pony convocate trasalirono, con una gamma di gemiti che variarono di timbro a seconda del loro carattere, dando una risposta alla domanda retorica di Celestia.

«Quel Bibski Doss?! Stiamo parlando dello STESSO Doss?!?» Esplose Twilight, con la mascella che quasi le toccava gli zoccoli, da quanto era calata in giù.

Celestia si limitò ad annuire posata.

«Ahhhh!!!» L’urlo di Pinkie Pie venne inaspettato, cogliendole di sorpresa proprio nel momento di massima disattenzione. Fluttershy si spaventò così tanto da mettersi a cercar riparo tra le braccia di Dash, la quale riuscì ad afferrarla solo per merito dei suoi riflessi fulminei.

Nelle due schiere di Guardie Reali che presenziavano come sculture di cristallo l’incontro, qualcuno sguainò istintivamente la propria lancia verso di loro, per poi tornare in posizione subito dopo.

«Pinkie Pie, non ti sembra di aver esagerato un po’?» Domandò Luna, mentre si strofinava un orecchio con lo zoccolo.

La pony in rosa si voltò senza capire. «Oh? No, non era per quello! Guardate qui: il pavimento riflette il mio volto!» Cominciò a giocare col suo riflesso «Oh, sì. Chi è la super-iper Pinkie Pie? Tu lo sei! Oh, ma che bella criniera rosa che hai oggi! Grazie, grazie!» Muovendo su e giù la testa per ingrandire e rimpicciolire il faccione, ridendo con se stessa alle smorfie che faceva.

L’occhio di Luna si mosse e andò alla ricerca di qualcuno che la schiarisse.

«Quella è semplicemente Pinkie Pie.» Le venne in soccorso Rarity.

«Ehi, un secondo!» Spike alzò il braccio richiamando l’attenzione. «Sono l’unico qui che non sa chi sia questo tizio?» Ispezionò i presenti alla ricerca di un pony che condividesse con lui l’ignoranza, ma a giudicare dalle loro espressioni, era effettivamente così. Solo Applejack sembrava trasmettere qualche dubbio.

«Beehh… non mi chiedere i dettagli. Ma ricordo che qualcuno a Ponyville me ne aveva parlato, una volta… »

Twilight batté gli zoccoli. «Vorrei ben vedere, sono stata io!» Tuonò all’amica.

«Oh, già… » ridacchiò imbarazzata.

«Non era quell’unicorno che ha costruito delle ali meccaniche per volare come i pegasi?» Pigolò Fluttershy, ancora tra le braccia di Dash, in un’inusuale abbondanza di fiducia in sé.

«Sì, e che poi ha svaligiato la Banca Centrale di Manehattan poco dopo l’attacco del Kaiju.» Aggiunse la pegaso arcobaleno, facendola scendere a terra.

«A dire la verità è un pony di terra» chiarì Celestia «e prima di quegli eventi era anche il più promettente inventore che avesse mai cavalcato il suolo di Equestria.» Il suo corno s’irradiò di luce solare, e in mezzo a loro, partendo dal pavimento, si materializzò una proiezione 3D di un ampio complesso industriale circondato da grandi palazzi familiari a tutte loro. Era Manehannan, o per essere precisi, la zona colpita dal primo attacco, ma prima dell’attacco. L’edificio era a forma triangolare, diviso in tre settori che si differenziavano tra loro per sottili dislivelli di altezza tra un tetto e l’altro, più un quarto, che si sollevava dagli altri di un piano. Un’insegna davanti al giardino d’entrata recava il nome del complesso, e lo stesso era visibile più in grande e in rilievo sulla parete a sinistra.

Guardandolo, le ragazze riconobbero uno degli edifici le cui foto della devastazione erano circolate sui quotidiani d’Equestria di quell’anno.

«Sotto la sua guida, la società di cui era al comando, la Reborn Technologies, stava lavorando su brevetti che avrebbero portato il nostro intero regno a una nuova rivoluzione industriale, come Equestria non ne ha mai avuti in oltre mille anni di storia!» La Principessa sospirò ancora, preparandosi al punto delicato del discorso. «Poi, però, è cambiato.»

«L’Equalizzatore.» Spiegò Twilight, volgendosi verso le amiche.

«L’Equalizzatore?» Applejack si accigliò. «Era di questo che parlava Fluttershy?».

La pegaso giallo canarino, annuì, poi Celestia riprese il timone del discorso. Un altro bagliore del corno cambiò la proiezione dell’edificio, sostituendola con una rappresentazione dell’invenzione di Bibski. «L’Equalizzatore, se indossato, permette a qualunque pony di terra, sia esso puro di cuore e meritevole, o irto dagli aculei dell’oscurità, di godere degli stessi privilegi riservati alla stirpe degli alicorni. La capacità di volare nei cieli come i pegasi, e di manipolare la magia come gli unicorni.»

«Non del tutto, però.» Evidenziò Twilight, in tensione.

Osservandola attentamente, si capiva che non era un argomento che lei accettava di buon grado.

«No, infatti. Parliamo di capacità artefatte. Troppo pericolose da gestire da giovani e inesperti, e troppo debilitanti per tutti gli altri. Pony che per natura non sarebbero mai stati predisposti a quei doni si sarebbero abituati a farne un affidamento smodato, rinunciando a quei talenti che rendono tutti voi unici e speciali.»

Spike e le cinque Custodi guardano la loro amica ascoltare, con il volto chinato a terra in un’espressione affranta, le parole della sua mentore. Sapevano quante prove aveva dovuto superare per meritarsi il rango di Principessa e il dono degli alicorni, e nonostante ciò, ancora esitava a calzarne su di sé le vesti. Ascoltare il racconto di un pony che aveva dato vita a un artificio che potesse renderli tutti tali, indossandolo semplicemente come una bardatura da lavoro, significava calpestare con lo zoccolo quel titolo che soltanto il valore delle azioni e la nobiltà dell’animo potevano renderlo meritevole.

«E poi cos’è successo?» Spronò Applejack a continuare.

Princess Luna trottò verso la sorella maggiore, facendo segno che avrebbe risposto lei. «Volevamo dargli una possibilità.» appoggiò uno zoccolo consolatorio su Twilight, che la guardò con gratitudine. «Gli avevamo promesso che avremo finanziato il progetto, a patto che ci desse il tempo di valutare gli schemi tecnici e disciplinarne la commercializzazione.»

Restituì la parola a Celestia.

«Ma a Bibski non andò giù la proposta. Ci accusò di agire contro gli interessi della società e di tutta la Nazione. Temeva che consegnandoci i progetti, come richiesto, li avremmo fatti sparire o manipolati in modo che nelle tabelle di valutazione i test risultassero negativi.»

«Ed era così?» Chiese Rainbow Dash, suonando più diffidente di quanto non lo volesse per davvero.

«Ovviamente no» obiettò Celestia «per quanto sia io che Luna nutrivamo dei dubbi al riguardo, non ci saremo mai opposte a priori senza prima valutarlo oggettivamente. Ma Bibski Doss voleva fare di testa sua, e ha finito per interrompere ogni rapporto con Canterlot. Abbiamo cercato di risolvere la questione per via diplomatica, ma non ha voluto darci ascolto. Bibski Doss… beh, avrete modo di vedere con i vostri occhi che genere di personaggio sia.»

«Uh, già. Un vero spasso.» Ironizzò Shining Armor, ricordandosi del pungente scambio di battute che avevano avuto un paio di giorni prima. «Del genere che vorreste incatenargli gli zoccoli e gettarlo in pasto a un drago famelico.»

Quell’improvviso parlare di cibo per draghi fece ricordare a Spike che non mangiavano niente dal giorno prima.

Le Principesse di Canterlot si scambiarono ancora la parola, e Luna riprese da dove la sorella aveva interrotto. «Quando abbiamo scoperto che Bibski Doss si stava preparando alla produzione su larga scala dell’Equalizzatore senza la delibera della capitale, siamo state costrette a tagliargli i fondi per lo sviluppo.»

Gli occhi di Twilight si allargarono. Conosceva i retroscena di quella vicenda, ma non la parte appena raccontata. «Siete state voi?» Chiese ora, con una punta di biasimo.

Luna negò con la testa. «No… non direttamente. Avevamo delegato il compito al municipio di Manehattan. Erano loro che dovevano tenere sotto controllo la Reborn Technologies e le sue attività… »

A Celestia sembrò che la sorella non stesse dando alle ragazze la risposta esatta, e sentì il bisogno di chiarire il punto. «Dovete capire che fummo costrette a farlo. Se le copie dell’Equalizzatore fossero state messe in commercio senza ordinamenti specifici, avrebbero potuto cadere negli zoccoli di qualche organizzazione criminale che le avrebbe usate per fini illeciti, e a quel punto non saremmo più riuscite a bloccarne la diffusione incontrollata. Gli alicorni a Equestria non sono molti, la maggior dei pony non sarebbe in grado di difendersi contro un nemico che al contempo vola e usa la magia degli unicorni.»

«Pff, sciocchezze.» Sostenne Dash con fare superbo «abbiamo fatto fuori tre mostri di quaranta metri in meno di due anni. Qualche pony volante non mi spaventa.»

«Diresti lo stesso se fossi attaccata da una flotta di venti alicorni che ti attaccano da ogni fronte, mentre uno ti tenesse ferma con la telecinesi?»

Tutta la sicurezza della pegaso si frantumò come un vaso di porcellana, quando fu costretta ad ammettere che Princess Luna aveva ragione.

«Ancora non mi do pace per ciò che siamo state costrette a fare a Bibski e alla sua società, ma era necessario!» La voce di Celestia, ora, era carica di rimorsi e dubbi. Il ricordo di quando era stata costretta a bandire sua sorella nella luna gravava ancora su di lei, come un fardello troppo pesante da trainare.

Twilight le trottò vicino, e fece su di lei il gesto di cui Princess Luna le aveva fatto dopo poco prima, appoggiandole uno zoccolo sulla spalla. «Non ti preoccupare, mia Principessa, ti capiamo.» Le sorrise, e anche lei fece lo stesso.

Occasionalmente, quando sapeva di non correre il rischio di essere notato, Flash Sentry voltava la testa verso di loro e guardava Twilight di nascosto, restando incantato da quanto quella giovane alicorno sapeva essere allo stesso tempo dolce, saggia, e rassicurante. Se ne stava innamorando, e presto, lo sapeva, sarebbe stato un problema gestire la cosa, tra il suo lavoro nelle Guardie Reali dell’Impero e la distanza da Ponyville.

«In tutto ciò, io non ho ancora capito una cosa!» Disse Pinkie Pie, annichilendo tutti con la sua entrata in scena. «A questo punto del capitolo, noi che ci facciamo qui?!» La domanda, invece di spronarli a rispondere, ottenne l’effetto opposto, e ognuno dei presenti la fissò come se fosse una creatura aliena.

“Ehm… che intendi con capitolo, cara?” fu quasi tentata di rivolgerle Cadance, ma un delicato colpo di fianchi di Shining Armor le suggerì di tacere. «Ricorda: è Pinkie Pie. Fattene una ragione» le bisbigliò in un orecchio, poi si mise a spiegare. Dopotutto quella parte del racconto riguardava anche lui. «Voi ragazze sapete già che dopo il primo attacco c’è stata la rapina alla banca.» Le Custodi annuirono insieme. «Posso solo ipotizzare che dopo che il Kaiju aveva raso al suolo la Reborn Technologies, Bibski Doss si sia sentito in diritto di rimpossessarsi dei soldi che gli erano stati negati per l’Equalizzatore. Nessuno lo avrebbe creduto capace di un atto del genere, non in quella circostanza… con tutti quei morti… cavolo.» Si fermò per cacciare via le immagini oscure che albergavano nella sua testa. Era stato presente il giorno della catastrofe, e aveva visto con i propri occhi molto più di quanto avesse voluto.

Cadance lo rincuorò con lo sguardo, e lo stallone si riprese. Spiegò che Bibski Doss aveva sottratto dai caveau di Manehattan due milioni di monete d’oro, prima di fuggire con i suoi complici - quanto erano fisicamente in grado di trasportare con sé – per poi sparire nel nulla senza lasciare traccia del suo passaggio. Tutti pensavano che avrebbe usato quei soldi per ricostruire la Reborn Technologies in un'altra città di Equestria, e di conseguenza, era stato diffuso il mandato di cattura per qualunque centro abitato in cui si sospettava che potesse trovarvi rifugio.

Nei mesi a seguire, però, nessuno era stato in grado di fornire informazioni sulla sua nuova posizione, né i suoi ex-collaboratori (quelli che avevano mollato, il giorno della distruzione della metropoli), né le autorità locali.

Per quasi due anni Bibski Doss e il suo team (quelli che restarono) sembravano scomparsi nel nulla.

Almeno fino quando, un paio di giorni fa, per un fortuito caso li avevano colti sul fatto ai confini dell’Impero di Cristallo, impegnati a istallare dell’insolita attrezzatura nella gola di una collina innevata.

«Che genere di attrezzatura?» Chiese Twilight, accigliata.

Shining Armor scrollò le spalle. «A una prima occhiata sembrerebbero dei misuratori di un qualche tipo. Ma non saprei dirvi di che genere.»

Rimasero in silenzio, riepilogando le informazioni che avevano appena ricevuto.

«Immagino che ne sapremo di più una volta che li avremo interrogati.» Disse Luna.

Annuendo, Shining Armor ordinò di andare a prenderli, e un gruppo di Guardie Reali formato da due pegasi e tre unicorni uscirono dalla sala, dirigendosi verso i sotterranei del castello. Flash Sentry, invece, era rimasto lì.

Mentre aspettavano il loro ritorno, il Capitano delle Guardie continuò il racconto, riprendendo da dove aveva interrotto. Riassunse i dettagli della cattura senza tralasciare nulla. Parlò di Bibski Doss e del secondo prigioniero, descrisse l’attrezzatura che avevano con loro, del velivolo con il quale erano giunti, della battaglia che precedette il loro arresto e anche dei portali dimensionali con i quali erano fuggiti la maggior parte dei complici dell’inventore.

Ascoltando incredula il fratello, Twilight cominciò a capire perché i due ricercati avessero destato tanto clamore tra le Principesse, e col senno di poi – pensò – forse Celestia non aveva esagerato a convocarle.


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Uno zoccolo provato si strinse intorno a una sezione orizzontale della cella, mentre le zampe posteriori cercavano a fatica l’appoggio in quella sottostante.

Cercando di tirarsi su, nei limiti concessi dalla fisionomia dei pony di terra, Bibski Doss puntava con bramosia il suo obiettivo sul soffitto, nell’angolo della parete dove il metallo delle sbarre penetrava nel muro.

Quelle che una volta erano le celle degli schiavi, durante l’epoca della tirannia di Re Sombra, erano state convertire in prigioni per i nemici della pace dell’Impero.

Quando i soldati della pattuglia li avevano catturati e condotti lì, il pony aveva contato venti loculi lungo il corridoio che avevano percorso (ma era molto probabile che ce ne fossero degli altri diramati lungo il cammino), e nessuno di loro era occupato. Assunse che erano gli unici prigionieri a venir rinchiusi lì dentro da molti secoli a questa parte.

Erano stati abbandonati a loro stessi, chiusi in due celle distinte, l’uno di fronte all’altro, in compagnia dei fantasmi del passato e degli spiriti degli schiavi che avevano sofferto e forse conosciuto la morte lungo quei corridoi bui e sconosciuti.

Sul soffitto delle celle e lungo il percorso, cristalli di luce che irradiavano di un leggero bagliore azzurro, erano stati collocati al fine di garantire l’illuminazione indispensabile per i prigionieri, ma a giudicare dallo stato della loro lucentezza, sembravano risalenti a non più di qualche anno prima, forse predisposti su ordine dei nuovi regnanti. Bibski dubitava che all’epoca della tirannia, l’oscuro imperatore si fosse preoccupato di un tale dettaglio verso i prigionieri.

Ciò nonostante, la Principessa Cadance e suo marito avrebbero dovuto percorrere molta strada, se il loro obiettivo era quello rendere quei locali vivibili nei limiti del tollerabile.

Il ticchettio delle gocce di condensa che cadevano dal soffitto ipnotizzavano i sensi e facevano perdere la cognizione del tempo. Se non fosse stato per l’unicorno di guardia che a intervalli regolari tornava da loro per consegnare la razione quotidiana di acqua e cibo, e ritirare i resti della precedente, Bibski non avrebbe mai preso coscienza dei due giorni che erano trascorsi.

La noia era divenuta la sua nuova sovrana, e per quanto si sforzasse di combatterla, tenendo allenato il cervello con schemi mentali di nuove possibili invenzioni, dopo due giorni d’isolamento totale, lontano dai suoi strumenti e dai laboratori, cominciò a temere che la permanenza forzata stesse avendo effetti negativi sul suo intelletto.

Come se le condizioni non fossero abbastanza degradanti, capitava poi frequentemente che piccole creaturine bianche, simili a scarafaggi di diamante, invadessero i loro spazi per curiosare sui due nuovi inquilini.

Per combattere la noia, la prima volta che li vide Bibski Doss pensò d’ingannare il tempo provando a schiacciarne uno, ma quando realizzò che le corazze lucenti degli esserini erano troppo dure per i suoi zoccoli, fu costretto a dire addio anche a quell’unica via di evasione.

Dopo tre giorni e due notti di frustrante attesa, decise che non sarebbe rimasto lì un minuto di più.

Il suo cutie mark lampadina brillava ispirato, mentre si arrampicava lungo le sbarre.

In alto, stalattiti di quarzo erano cresciute su tutto il soffitto, avviluppandolo come muschio, e riflettendo per tutta la cella il fulgore del cristallo di luce. Una di esse, più prominente delle altre, era quella che aveva attirato l’attenzione del pony di terra.

Mentre la guardava, si tenne aggrappato alle sbarre con le zampe anteriori, piegando le ginocchia e preparandosi a compiere un balzo.

«Questa volta sarai mia!» Disse, con la voce carica di convinzioni.

Gli zoccoli si staccarono dal metallo e le zampe posteriori gli diedero la spinta per protendersi verso il suo obiettivo. Si allungò quanto più lo slancio gli consentiva, e per un istante fu sicuro di farcela. Invece, si schiantò a terra, atterrando di faccia sulla ciotola di cibo che gli era stata servita per pranzo: una specie d’impasto di farina d’avena e legumi vari. Proteico, ma non certo saporito.

Mentre falliva, Bright era sdraiato di schiena sulla brandina della sua cella, e lo guardava annoiato, seguendolo con la coda dell’occhio. «Credo di aver perso il conto. Questo era il tentativo numero quattro?» Il suo corno era ancora imprigionato nel sigillo di Shining Armor, impedendogli di usare qualunque tipo di magia.

«Oh, certo! Prendi pure in giro adesso, ma vedremo chi di noi due riderà quando sarò uscito!» Berciò, pulendosi via i resti del pasto dalla sua faccia.

Incaponendosi nel ritentare, e con il cutie mark che gli risplendeva sul fianco come non mai, andando quasi a prevalere sull’azzurro glaciale del cristallo di luce, si arrampicò un’altra volta sulle sbarre. Focalizzò tutta la sua attenzione sulla stalattite, e si apprestò a saltare di nuovo.

Questa volta, finì con la faccia nella ciotola dell’acqua, maledicendo la sua bassa statura.

«Adesso posso ridere?» Lo stuzzicò l’unicorno.

Bibski divampò di rabbia. «Perché non mi dai una mano invece di startene lì a fare lo splendido?!» Pestò gli zoccoli a terra, guardando il meccanismo che sigillava la sua unica via di fuga. Il foro d’entrata era ampio e profondo. Se soltanto fosse riuscito a raggiungere la stalattite, avrebbe potuto usarla per tentare di scassinarlo. Era quello il suo piano. L’unico che era riuscito a escogitare rinchiuso in quei sotterranei dimenticati da Equestria.

Bright gli rispose in tono distaccato. «Rinuncia, anche se tu riuscissi a raggiungerlo, non potresti farci niente lo stesso. Le serrature si possono aprire soltanto con una specifica magia degli unicorni.»

«Senti» si corrugò esausto «io non riesco a stare qui dentro a mangiare tre volte al giorno quella… roba» era l’unico termine lecito che gli fosse venuto in mente «sento scemarmi la forze. Credo perfino di aver perso qualche punto di QI da quando siamo… qui.» Esitò di fronte al gioco di parole che aveva involontariamente formato. «Grandioso. Mi sto trasformando in una zebra.» Commentò con poco entusiasmo.

«Ti stai agitando come al tuo solito.» Bright, supino sulla sua branda continuava a parlargli con voce atona. «Trovandosi in situazioni come queste, il segreto di chi riesce a fuggire, è quello di saper ponderare attentamente le sue risorse, tramite l’osservazione dell’ambiente e la capacità di fare la scelta giusta al momento giusto.» A quel punto la sua testa si volse verso il pony di terra, trapassandolo con lo sguardo. «É per questo che non puoi a fare a meno di me.»

Le parole suonarono come un’accusa, una vendetta personale per la situazione in cui erano precipitati a causa sua.

Sebbene non lo dichiarasse ai quattro venti, qualcosa nel cuore di Bibski si ruppe, aprendo una crepa nella sua ostinata sicurezza. Ma dove non furono le parole a commentare, ci pensò il suo cutie mark, che si spense lasciando alla luce del cristallo campo libero per riconquistare il proprio spazio.

Bibski guardò l’unicorno con risentimento, sapendo tuttavia che aveva ragione. La bocca invece si mosse nel verso opposto, incoraggiata dall’orgoglio. «Beh, chiedo scusa, mio Maestro di vita e Mentore dalla parlantina sciolta. Allora tu che cosa proponi di fare?»

Bright tornò a guardare il soffitto, apparentemente disinteressato. Bibski stette per dirgli qualcos’altro, quando l’unicorno si alzò dalla branda e tirò un possente calcio sulla parete sinistra della cella.

Un attimo dopo un’altra stalattite di cristallo si staccò cadendo sul materasso dell’unicorno, lasciando Bibski di sasso e Bright con un compiaciuto sorriso in volto.

«Prego, divertiti.» Gli disse facendola scivolare sul pavimento fino alle sbarre dell’altra cella.

Il pony di terra ricambiò con un grugno feroce e l’orgoglio ferito.

«Osserva l’ambiente. Valuta tutte le tue risorse.» Lo ragguagliò Brightgate in tono solenne, anche se sembrava più una presa per i fondelli, e tornò a distendersi sulla branda.

Bibski Doss raccolse con la bocca il cristallo, e la lampadina del cutie mark si riaccese. «Oscievha l’hambhienthe he vhalhutha lhe hrihshorshe. Scieeh, chomhe nho!»

Mentre lo imitava, armeggiò con la serratura cercando di capirci qualcosa del complesso meccanismo interno. La punta penetrava appena di due centimetri attraverso il foro, ma era comunque molto di più di quanto avesse sperato di poter fare con la stalattite che aveva adocchiato lui.

Bright seguiva i suoi gesti con un occhio socchiuso, studiandolo in meditato silenzio.

Insistette per oltre dieci minuti, senza mai arrendersi, ma sul fronte dei progressi, la situazione continuò a languire.

«Che Celestia sia dannata!!» Calciò il pezzo di cristallo con un impeto violento,  spezzandolo in due. «Certo sarebbe molto più facile se tuo fratello si decidesse a venire ad aiutarci!»

Bright spalancò subito gli occhi e scattò sugli zoccoli. «Non tirare in ballo lui adesso! Non è certo per colpa sua se ora ci troviamo qui!»

«Noo, naturalmente!» Esclamò sarcastico «Non è colpa sua se ho un campo base pieno di pony lasciati a se stessi e un terzo in comando che non si degna di rivolgere la parola a nessuno, mentre noi ce ne stiamo qua a contare gli scarafaggi!»

La discussione s’infiammò improvvisamente, come un incendio nella sterpaglia.

«Se siamo qui è solo perché tu non sai tenere a freno quella dannata linguaccia!»

«Però non ti sei lamentato quando questa “dannata linguaccia” ha suggerito di essere l’unica ad avere la soluzione vincente per combattere i Kaiju! Anzi, sembravi pure deciso a difenderla fino alla morte!»

Bright puntò gli zoccoli. «L’ho fatto soltanto perché ti volevo portare via da lì!»

«Devi smetterla di dare corda a tuo fratello, Bright!»

«Cosa?! Non cambiare discorso adesso!» Aggrottò le sopracciglia.

«Non l’ho fatto. Devi smetterla di difenderlo!»

«Bibski, falla finita! Non in questo momento!»

«Devi smettere di appoggiarlo!» Insistette.

«Bibski, dico sul serio!»

«Devi smetterla!»

«Bibski… »

«Smetterla!»

«Non costringermi a farlo… »

«Smetterla!»

«No… »

«Smetterla!»

Il colpo partì violentissimo.

«CHE L’INFERNO DEL TARTARO TI DIVORI VIVO, CHIUDI QUELLA DANNATA BOCCAAAAA!!!!!»

Ci fu un forte rimbombo, che echeggiò a lungo nei corridoi del sotterraneo, poi il tempo si congelò in una cupola di silenzio spettrale. Le gocce sulle pareti non ticchettarono più. Gli scarafaggi di diamante si nascosero nelle loro tane recondite.

I due pony si osservavano in silenzio. Sul viso di Bibski si colorò un sorriso gonfio di vittoria, e passarono diversi secondi prima che Brightgate si rendesse conto di ciò che aveva appena fatto. Il suo zoccolo aveva sfondato una parte delle sbarre, piegandole verso l’esterno nel punto in cui la zampa aveva oltrepassato il metallo. Era stato decisamente… epico. Ma non sarebbe mai riuscito a fuggire attraverso quel piccolo squarcio. Che cosa aveva escogitato, dunque, l’inventore?

Fu allora che Bright realizzò: la lampadina non si era spenta, nemmeno quando aveva spezzato in due la stalattite di cristallo. Fin dal principio, il piano di Bibski si era posizionato su un altro livello.

Remissivo, l’unicorno trasse un profondo sospiro e gli parlò con voce docile. «Mi hai appena fregato, non è vero?»

«Diciamo soltanto che mi sono guardato intorno, e ho valutato tutte le risorse.»

L’unicorno si arrese. «Quindi… che succederà adesso?»

«Aspetta e vedrai.»


Non dovettero attendere a lungo.

La violenza che esplose dal suo colpo si propagò fino alla caserma delle Guardie Reali, attirando l’attenzione di tutti i presenti.

In poco meno di un minuto, una coppia di unicorni di cristallo in armatura scintillante scese nelle segrete per verificare.

«Appena ti si presenta l’occasione, fai quello che va fatto!» Avvisò il pony di terra.

Bright lo guardò, ma la confusione faticava a volersene andare. «Qual è il piano esattamente?»

«Cercherò di distrarli. Tu fai solo quello che ti riesce meglio.»

L’unicorno dalla criniera corvina stava per ribattere, ma l’arrivo delle due guardie lo costrinse al silenzio.

«Che sta succedendo qui?!» Domandò uno di loro, indossando i panni del soldato tutto-d’un-pezzo. Aveva una voce roca e l’aspetto di un veterano.

Il compagno, che a giudicare dai dettagli dell’armatura sembrava di grado inferiore, esaminò la cella di Bright. «Signore!» Lo chiamò, indicandogli con uno zoccolo l’apertura nelle sbarre.

L’unicorno di rango maggiore rivolse ai prigionieri una smorfia furente. «Passerete dei grossi guai quando il Capitano Shining Armor verrà a saperlo!» Minacciò con la voce grossa.

«Pff. È il massimo che sai dire? Che banalità.» Disse Bibski, con l’intento di prendersi gioco di loro.

La Guardia ruotò verso di lui. «Ti va di scherzare, traditore del Regno?! Rispondi alla mia domanda: che cosa pensavate di fare?» Rivolse l’attenzione al cutie mark luminoso. «E… c-che cos’è quella cosa che brilla sul tuo fianco?!» Questa volta la domanda suonò più nervosa, rivelando che, probabilmente, era la prima volta che si trovava di fronte a un cutie mark animato.

«Quante domande. A quale devo rispondere per prima?»

L’altro soldato, nel frattempo, teneva gli occhi incollati a Bright, analizzandolo e contemplando con stupore lo squarcio nell’inferriata. L’unicorno Brightgate si sforzava di restare calmo e silenzioso, cercando di non aggravare la loro posizione. “Che accidenti ti passa per la testa, Bibski?”

Questa volta non sarebbe potuto intervenire in suo soccorso. L’inventore avrebbe dovuto cavarsela da solo, qualunque fosse stata la piega degli eventi.

Rimpianse che i suoi poteri fossero bloccati, ma almeno non doveva preoccuparsi di essere distratto dalla voce di Deepblue; il sigillo di cristalli oscuri impressogli sul corno dal Capitano delle Guardie gli impediva anche di accedere alla telepatia col fratello.

«Ti avverto. Un’altra battuta è rimpiangerai di aver messo zoccolo nel nostro Impero!» Intimò il soldato anziano, con fare da bullo.

«Beh, tecnicamente non l’ho fatto. Mi ci avete trascinato voi con la forza!»

L’unicorno di cristallo nitri furioso. «Ne ho abbastanza!» Inserì il suo corno all’interno del meccanismo incantato della sbarra, e la serratura scattò con un bagliore magico e un click dei perni.

La sbarra stridette di un clangore arrugginito e si aprì, mentre gli zoccoli del soldato varcarono la soglia della cella.

Bibski si ritirò in un angolo, mentre Bright dovette osservare la scena dalla distanza.

Il colpo arrivò violento, impattando sul costato del piccolo pony di terra, che si accasciò sulle zampe posteriori tossendo e gemendo di dolore.

Il grande unicorno rinchiuso nell’altra cella sbatté gli zoccoli sulle sbarre. «Questo non è leale! Non avete nessuno diritto di farlo!»

La Guardia di Cristallo che aveva di fronte lo derise con un ghigno. Brightgate sentì l’odio salirgli nelle vene.

«Allora, hai finito il repertorio?» Domandò il crudele unicorno nella cella di Bibski Doss.

Malgrado il bruciore che lo consumava da dentro e gli contorceva le budella, il pony di terra trovò la forza di rialzarsi e sorridere. «Non ho nemmeno cominciato.»

Un secondo colpo lo centrò sul muso, schiantandolo a terra. Sentì Bright chiamare il suo nome, urlando qualcosa ai loro aguzzini, ma era troppo stordito per capire.

«Signore… credo che dovrebbe andarci un po’ più piano con lui. Il Capitano e le Principesse non sarebbero contenti se lo conciasse troppo male… »

Nell’esatto momento in cui lo disse, Brightgate allargò gli occhi, avendo compreso finalmente il vero piano di Bibski.

«Sciocchezze. Basterà un rapido incantesimo curativo per rimetterlo in senso in un attimo.» Si abbassò sul muso della sua vittima, tanto da potergli sussurrare: «è il vantaggio dell’essere unicorni.»

Bibski Doss sollevò la testa tremante. Un rivolo di sangue gli gocciolava dal naso, e il labbro inferiore era lacerato. «Davvero? Quindi quella piccola escrescenza che hai sulla fronte sarebbe il tuo corno?»

Come risposta, ricevette un altro colpo sullo stomaco, che gli fece mancare il fiato.

Gli zoccoli di Bright tamburellavano concitatamente, mentre cercava di contenere l’ondata di emozioni che lo stava investendo. Ora che aveva capito le sue intenzioni, doveva solo attendere il momento giusto per agire.

«Ne hai avute abbastanza?!»

«L-lo sai… picchi come un puledro!»

L’unicorno di cristallo gli rifilò un’altra serie di calci, e questa volta ci andò pesante.

Incapace di difendersi, Bibski subiva i pestoni che i furiosi zoccoli infierivano sul suo esile corpo, ma non si lamentò neanche per un secondo. Incassava in silenzio, attendendo la fine della tempesta, senza regalare al suo aggressore alcun tipo di soddisfazione.

Alla fine, la Guardia Reale si fermò esausta, ansimando.

L’armatura era pesante, e lo schiacciava come un macigno, mentre il sudore si mischiava all’umidità della prigione, facendogli provare brividi di freddo.

Guardò il corpo steso a terra.

Bibski Doss non si muoveva. Il sangue usciva copioso dalla bocca e dalle orecchie. Piccoli tremiti muscolari scuotevano il suo manto, ma a parte questo, sembrava che la vita avesse abbandonato il corpo dell’inventore. Il cutie mark si era spento da tempo.

«Bibski!!» Bright si protese verso le sbarre, urlando con tutto il fiato che il suo corpo poteva espellere. «L’hai ammazzato! Bastardo, l’hai ammazzato!!»

La Guardia anziana toccò il corpo con una zampa, e quando questi rimase immobile, cominciò ad arretrare, incapace di distogliere lo sguardo. «Dannazione, ho esagerato… »

L’unicorno di guardia all’altra cella era paralizzato dallo shock. «S-Shining Armor ce la farà pagare cara… »

«Stai zitto! State zitti entrambi!» Intimò l’altro.

Bright si sentì come se il suo sangue avesse smesso di scorrergli nelle vene e al suo posto fosse entrata in circolo il magma. Bibski Doss, il suo socio e compagno di tante avventure… non c’era più.

Aveva fallito. Era stato troppo lento, malgrado avesse intuito il suo piano.

Il pony di terra aveva sempre riposto in lui la sua fiducia più cieca, e ora quando più che mai contava sul suo supporto, era morto invano prima di poter rivelare a tutta Equestria il suo piano per distruggere i Kaiju.

Gli unicorni responsabili del ponicidio di Bibski se ne stavano fermi sul posto, senza fare nulla.

Li supplicò di fare qualcosa, almeno di tentare di soccorrerlo con un incantesimo curativo, ma quando lo disse, gli fu nuovamente intimato di tacere.

Travolto dalla rabbia, i suoi muscoli cominciarono a contrarsi. Gliel’avrebbe fatta pagare, e lo avrebbe fatto senza sconti!

Le Guardie Reali non immaginavano nemmeno cosa stava per abbattersi su di loro.

Quando ogni cosa sembrava ormai irreparabile e il grande unicorno grigio cenere era pronto ad attuare la sua vendetta, il piccolo pony dalla tempra d’acciaio mosse un singolo zoccolo verso l’alto, facendo trasalire tutti i presenti, Brightgate compreso.

Era ancora vivo!

Usando l’unica zampa che riusciva a muovere, fece leva su di essa per mettersi in zoccoli, e sputò qualcosa che era un misto tra sangue e saliva, con forse una scheggia di molare nel mezzo. «Mi sbagliavo.» Disse con una voce incredibilmente convinta, malgrado il volto completamente tumefatto. «I puledri picchiano meglio di te!»

Nessuna parola uscì dalla bocca della Guardia anziana. La sua mente rifiutava di credere che quel piccolo pony di terra avesse resistito a tutti quei colpi.

«Bright… fallo. ORA!»

La Guardia che fino a poco prima vigilava sulla cella, aveva commesso l’errore di distrarsi.

L’unicorno dal manto corvino questa volta agì rapido: estendendo gli zoccoli oltre le sbarre, afferrò il militare per il collo, stringendolo tra le sue braccia.

Nell’altra cella, l’unicorno veterano commise il secondo errore, dando le spalle al pony di terra ferito. Bibski Doss scattò verso il suo fianco, anestetizzato dall’adrenalina, e diresse un colpo laterale con lo zoccolo anteriore destro sulla gola scoperta. Bastarono tre mosse per stenderlo: la prima gli paralizzò la trachea, troncandogli il respiro. La seconda gli fu inferta con un montante sinistro sotto il mento, abbastanza forte da fargli rimbalzare via l’elmetto protettivo. E quando la sua collottola fu scoperta, un ultimo colpo con la destra sulle vertebre cervicali fu sufficiente a fargli perdere i sensi e stramazzare al suolo.

«Tsk, dilettante. Un puledro sarebbe durato di più.» Commentò Bibski, come ultimo smacco al soldato.

Il corpo della Guardia Reale di grado inferiore cadde a terra esanime, dopo che Bright lo ebbe stretto fino a fargli perdere i sensi.

Finalmente, dopo due giorni di frustrazione e prigionia, Bibski poté mettere zoccolo fuori dalla sua cella, sebbene zoppicasse con tre zampe e strisciasse con la quarta.

L’amico lo stava guardando, con un misto di paura e apprensione. Ma anche di meravigliata sorpresa, considerata la destrezza con la quale aveva atterrato il militare nella sua cella.

«Ricordi quando mi accusasti di non prestare attenzione alle tue lezioni di difesa personale?» Disse entusiasta. Anche troppo, considerando le condizioni in cui il suo corpo vessava.

Bright sospirò. Dopotutto, almeno uno dei due era libero. «Già. Sei stato attento… però sei un idiota!!»

«Esatto. E fintanto che i miei piani funzioneranno, continuerò a esserlo!» Un dolore improvviso lo trafisse da parte a parte. L’adrenalina che aveva in circolo stava calando, e le ferite stavano cominciando a negoziare con la sua forza di volontà. Aveva bisogno di qualcosa che gli tenesse impegnata la mente. «Ora dobbiamo trovare il modo di tirarti fuori di qui, però.» Si guardò intorno, in cerca di una soluzione. Il cutie mark non dava segni di collaborazione. «Hai qualche suggerimento?»

Bright si mise a osservare le due guardie che avevano steso, e che ora stavano ronfando come cuccioletti appena allattati. «Prova a usare il suo corno» indicò verso il più alto in grado «inseriscilo nella serratura, e vedi se si attiva.»

«Secondo te funzionerà, anche se l’ho spedito nel regno dei sogni di Princess Luna?»

Bright fece spallucce. «Tentar non nuoce.»

Bibski si passò una zampa sulla bocca, pulendosi dal sangue, e inspirò una boccata d’aria che lo fece sussultare di dolore. «E va bene. Facciamolo.»

Il corpo del soldato pesava un quintale, e ora che l’eccitazione aveva dato il benservito ai suoi muscoli, le sue forze fecero di tutto per ostacolargli il trasporto. Lo spinse con la testa fin dove lo spazio gli dava possibilità di manovra, ma doveva sbrigarsi, o rischiava di svegliarlo prima che Bright si liberasse.

«Senti… è giusto che tu lo sappia: malgrado quello che tu mi abbia sentito dire, questo tizio picchiava come un orso!»

L’unicorno nella cella alzò un sopracciglio verso l’amico. I lividi e il sangue che lo ricoprivano erano già di per sé una tabella più che esplicativa. «Lo so.» Si limitò a dire, temendo che successivi commenti potessero incitare l’ennesima discussione con Bibski Doss.

«Perciò» riprese il pony terra, quando la Guardia Reale si trovò a un passo dalle sbarre «non è che ti dispiacerebbe darmi una mano a sollevarlo?»

Bright non riuscì a contenere una risata. Il ricordo di quel momento sarebbe entrato negli annali della storia di Equestria: Bibski Doss aveva appena ammesso la propria debolezza di fronte a uno dei suoi collaboratori più fidati! Era un vero peccato che Deepblue non fosse lì a testimoniare l’evento.

Risollevatosi dalla breve distrazione (e con lo sguardo torvo di Bibski su di lui), lo aiutò nell’operazione, alzando insieme il corpo del militare fino all’altezza del meccanismo.

«O la va, o la spacca.» Disse l’unicorno per scaramanzia, per poi spingere il corno dentro il foro d’entrata.

Sembrò non succedere nulla, e Bibski teneva già in canna un’imprecazione impronunciabile, ma dopo un breve momento di esitazione, l’incantesimo di sblocco partì in automatico, e Brightgate si trovò finalmente libero di uscire.

«Sìì!! Beccatevi questo, G.I. Pony luccicosi!!» Un altro lamento muscolare gli castrò l’entusiasmo.

«Dobbiamo trovare qualcuno che possa curarti, e alla svelta!»

«Sì, beh… basterà rimuovere dal tuo corno quei dannati cristalli. E io so già a chi rivolgermi.» Ghignò.

Il grande unicorno grigio cenere guardò il piccolo pony di terra, temendo che fosse impazzito. «Non vorrai andare da loro dopo quello che abbiamo passato?!»

Anche il piccolo pony guardò l’amico, sorpreso del suo stupore. «Perché credi che abbia fatto tutto questo, altrimenti?»

Le zampe di Bright cedettero, e dovette sedersi a terra. Eccola, dunque, la “variabile” di cui aveva accennato. Il grande puzzle della follia di Bibski Doss che si completava di fronte ai suoi occhi.

Tutte le insensate casualità che avevano vissuto, gli scatti d’ira, il pestaggio, l’evasione. Ogni singolo elemento era il mosaico di un grande disegno che ora si stava esibendo da dentro una grande cornice d’oro. Armonico come gli Elementi protettori di Equestria.

«Hai fatto tutto questo perUN’UDIENZA?!?»

Bibski gli rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Siamo ricercati, Bright. Non ci avrebbero mai concesso un’udienza formale con le Principesse. Non senza prima dare nell’occhio con un atto clamoroso. Ci avrebbero arrestati e spediti ai lavori forzati in una cava di gemme prima ancora di avere il tempo di archiviare le nostre foto segnaletiche. E per completare la mia arma anti-Kaiju, avremo bisogno del loro aiuto.» Osservava il suo assistente, che si era perso nell’atto di scuotere la testa in modo compulsivo.

Le labbra di Brightgate tremavano, mentre tentava di completare la prossima domanda. «E… l-l’evasione?!»

Il pony di terra, il cui occhio destro era talmente gonfio e tumefatto che quasi non riusciva ad aprirlo, si portò uno zoccolo al mento, pensoso. «Uhm… beh, te l’ho già detto. Mi ero semplicemente stufato di aspettare.
   
 
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