Smalto nero
Era rintanata in un piccolo angolo di quella stanza, le ginocchia leggermente rannicchiate verso il busto, una piccola luce soffusa unica testimone di un’arcana ed inspiegabile pratica. Un piccolo pennellino, apparentemente insignificante, si muoveva ritmico al di sopra di una liscia superficie rosacea, dando vita ad una bizzarra danza, attraente nelle sue movenze. Può una semplice apparenza dettare qualcosa di noi? Di certo no, pensava la ragazza tranquilla e sorridente, controsenso di quel luogo.
Eppure potrebbe forse
rispecchiare qualcosa
I capelli biondi le ricadevano morbidi sulle spalle, leggermente mossi e boccolosi, richiamanti la chioma di una giovane bambina. Il viso ancora un pochino paffuto, non ben delineato le conferiva un’aria infantile, contrastante con il lucido nero dello smalto che lento, in un’invisibile guerra, colorava inesorabilmente ogni unghia di quelle ditina affusolate.
Urla
rabbiose, gutturali, emergenti da un animo intenso
Cominciò a soffiare soddisfatta sul suo capolavoro, cercando di renderlo permanente, almeno per un paio di giorni. Un pochino stanca, appoggiò la schiena contro lo schienale della morbida poltrona su cui era accucciata socchiudendo gli occhi nel tentativo di rubare un istante a quel frenetico tempo. Il petto si alzava ed abbassava regolarmente, gli occhi pacificamente chiusi, un leggero sorriso leggiadro sul viso. Una rabbia indescrivibile scorrerle fra le vene, insinuata in un liquido di un rosso troppo tenue.
Unghia
avventate contro pareti dure, graffi profondi, disperazione radicata
nell’animo.
Aprì lentamente gli occhi. No, il semplice colore di uno smalto non cambia la natura di una persona. Se si è nati agnelli, si morirà come tali, si avrà una fine da vittime. Ma in fondo, la rabbia è un sentimento naturale, e lo smalto nero ne era il concentrato puro. Visibile agli occhi di tutti, eppure il più tacito dei segreti. L’ira è realmente un sentimento legittimo? Non le importava, non era il suo caso. Spalancando gli occhi di viva curiosità per un mondo circostante ancora da scoprire, abbandonò la sua stanza, piena di poster e arredamenti allegri. Socchiuse la porta senza lasciar uscire nemmeno un piccolo raggio di quella luce soffusa contrastante con l’ambiente, confinandola nel profondo dell’animo da cui mai sarebbe dovuta uscire.
Penetranti
ferite di una tacita rabbia. Nulla più.
Altro frutto di non so quali pensieri notturni. Fic piuttosto contorta, spero solo sia comprensibile. Scusatemi per questo abominio. Saluti a tutti quanti
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