Ambientata in The Last Olympian.
Ethan aveva gli occhi aperti. Quei due pezzi d'ossidiana fissavano Percy e Annabeth quasi sorridendo; come se, finalmente, il loro proprietario avesse capito qualcosa. Il moro alzò lo sguardo dalla ferita al ventre del corvino - uno squarcio, più che una ferita, che spillava sangue scuro a fiotti irregolari, a ogni battito di polso - e quasi soffocò. Sopra di lui brillava un ologramma scuro, confuso. Il segno di una bilancia, riconobbe tuttavia, e abbassò nuovamente gli occhi sul suo viso disteso.
«Ho capito, finalmente» mormorò, sgranando le pupille, al punto che Percy non riuscì più a guardarlo, «Finalmente ci sono arrivato- »
Annabeth scosse la testa, afferrandogli un polso.
«Respira, Ethan- »
Ma il corvino non la ascoltò. Le rivolse uno sguardo felice, quasi, al limite del grottesco, e tornò a volgere lo sguardo al cielo livido. Non c'era neanche una stella. Zoe taceva.
«Mia madre- ha finalmente pareggiato i conti. Ero una bilancia. Lo sono sempre stato. Ho ridato equilibrio- »
La sua voce si ruppe. Gli occhi scuri divennero vitrei, e Percy ingoiò un singhiozzo. Annabeth lo fissò dietro le sopracciglia sollevate e un'espressione scioccata, come se non credesse a ciò che le si presentava davanti.
«Ci servirà un drappo» mormorò la bionda, chinandosi e abbassandogli le palpebre. Percy annuì, alzandosi a fatica. Gli tremavano le mani.
«Per un figlio di Nemesi.»