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Autore: Sylvia Naberrie    21/03/2014    13 recensioni
L'amore di Shmi è senza confini.
Ha scoperto di essere miracolosamente incinta e ha accettato questo bambino, crescendolo con tutto l'amore che una madre possa offrire alla propria creatura.
One-shot sulla vita di Shmi Skywalker.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Shmi Skywalker
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Se restiamo insieme non ci accadrà niente


Ecco, mio figlio se ne sta andando.
Continuo a ripetermi che per lui è meglio così – meglio una vita da Jedi che una vita da schiavo – ma proprio non ce la faccio. Tutto il coraggio che avevo provato poco prima sembra essere svanito ora che lo vedo andare via. Sembra così piccolo con quello zaino sulle spalle.
Anakin si ferma e lo Jedi che lo sta portando via, Qui-Gon Jinn, si gira e si ferma pure lui. Anakin corre verso di me e io mi avvicino a lui.
Mi abbraccia e sento il mio cuore che sta per spezzarsi. Gli do un bacio e gli prendo le mani.
"Non posso andare mamma, non posso lasciarti", mi dice.
"Ani!", gli dico conciliante. Anche Anakin è diviso in due ma per lui non c'è niente qui. Il mio cuore sa che questa è la scelta migliore per lui.
"Ti rivedrò ancora?", mi chiede Anakin sull'orlo delle lacrime.
Devo essere forte. Per tutti e due.
"Che cosa ti dice il tuo cuore?", gli chiedo.
"Io spero di sì. Sì. Credo", mi risponde tra un singhiozzo e un altro. Io tento di sorridergli per tranquillizzarlo.
"Allora ci rivedremo ancora", rispondo cercando di sorridere.
Faccio in modo che sembri un arrivederci e non un addio.
"Io tornerò qui a liberarti, mamma. Te lo prometto", mi dice Anakin con il tono più serio che gli abbia mai sentito.
E io gli sorrido perché gli credo. Sento che un giorno verrà a liberarmi.
Gli sorrido e gli accarezzo una guancia.
Il mio bambino...
Non posso sostenere il suo sguardo perciò fisso a terra e prendo coraggio. È tempo che lo lasci andare per la sua strada.
"Ora, sii coraggioso, e non voltarti indietro. Non ti voltare".
Mi alzo e mio figlio si rimette lo zaino in spalle. Mi stringo con le braccia come a farmi forza e cerco di non piangere. Il mio cuore si è spezzato e una metà viaggerà a Coruscant, con mio figlio.
Non appena Anakin e Qui-Gon svoltano l'angolo ritorno dentro casa. Sembra così vuota senza mio figlio. Mi sento svuotata, come questa casa. Non riesco a reggermi in piedi e mi siedo.
Su una sedia trovo una copertina. La prendo e mi accorgo che non è una semplice copertina, è quella dove avevo avvolto Ani quando era appena nato. Da un po' di tempo Anakin mi chiedeva più cose sul suo passato.
Mi sfioro il ventre, là dove circa nove anni prima si trovava il mio bambino.
Mi porto la copertina al viso e comincio a piangere. Ha ancora il suo profumo.
Oh, Anakin...

~


Stavo tornando dai miei padroni. Ero andata a comprare delle provviste, a casa stavano cominciando a scarseggiare.
Posai il cibo sul tavolo e le altre serve cominciarono a cucinare. L'odore del cibo cotto mi fece arricciare il naso e mi venne un improvviso conato.
"Vedi di uscire Shmi, non vogliamo che i padroni ci frustino perché tu hai vomitato sulla cena!", mi disse una delle serve con cattiveria.
Io uscii nella veranda, l'odore era troppo forte. Vidi Nhala, una di loro, prendermi una sedia e portarmela.
Nhala era una delle serve più anziane ma piena di energie. Era una vecchietta grinzosa, dal viso gentile con gli occhi grigi e lunghi capelli bianchi che teneva legati con una treccia.
A differenza delle altre era gentile con me. Le mie compagne erano gelose delle mie competenze e anche perché ero nuova.
Il mio precedente padrone, Pi-Lippa, era morto qualche mese prima. Era sempre stato gentile con me e mi aveva insegnato molte cose. Aveva anche promesso di liberarmi ma era morto prima di tener fede alla promessa. Alla sua morte ero diventata la schiava dei suoi parenti.
Un po' mi mancava. Per quanto una serva possa sentire la mancanza del suo ex padrone.
Mi sedetti sulla sedia che Nhala mi aveva portato e presi delle boccate d'aria fresca. Lei si inginocchiò di fronte a me, sorridendomi. La guardai interrogativa. Lei mi sfiorò il ventre sempre sorridendo. Mi ci volle un attimo per capire cosa mi stesse dicendo.
Impossibile.
"Non... Non può essere. Nhala, sai bene che non sono sposata e non conosco nessun uomo", le dissi conciliante. Lei scosse la testa e continuò a indicare il mio ventre e il suo cuore. 'Io lo so', voleva dirmi.
Nhala non poteva parlare. Lei non era stata fortunata come me, non aveva avuto dei buoni padroni. Uno di loro le aveva tagliato la lingua.
Io scossi la testa. Nhala era di certo una donna saggia e ne sapeva più di me, ma io non potevo essere incinta. Era impossibile.

Nove mesi dopo stavo partorendo Anakin. Il dolore del parto fu enorme ma sparì non appena Nhala mi mise in braccio quel piccolo esserino.
Alla fine Nhala aveva ragione. Dopo qualche mese la pancia mi era cresciuta e piano piano avevo cominciato a sentire qualcosa muoversi dentro di me. Non riuscivo a spiegarmi come potesse essere cresciuto nel mio ventre quel bambino. Ma non importava.
Una nuova vita era nata da me e l'avrei protetta a costo della mia stessa vita.
Guardai il bambino che tenevo stretto tra le mie braccia. Il mio cuore scoppiava di gioia.
Non credevo di essere capace di provare tutto questo amore.

~


Erano passati tre anni dalla nascita di Anakin. Ero su una nave diretta a Tatooine. Anakin si aggrappò alla mia veste. Entrambi avevamo paura.
I nostri vecchi padroni ci avevano venduto a Gardulla, una Hutt spietata e crudele.
"Mamma ho paura", mi disse Anakin tirandomi la veste. Presi in braccio mio figlio e lui mi abbracciò con forza.
"Se restiamo insieme non ci accadrà niente", gli dissi guardandolo negli occhi. Lui annuì e tornò ad abbracciarmi.
Gardulla ci vide e ci rimproverò. Non voleva sdolcinerie nella sua nave. Subito ci fece dividere e ordinò che me ne andassi nelle cucine e Anakin nella sala macchine. Il mio cuore perse un colpo.
"È solo un bambino! La prego, me lo faccia tenere vicino!", gridai disperata. La sala macchine non era certo un luogo adatto per un bambino di tre anni. Anakin poteva accidentalmente farsi del male.
Vidi negli occhi del mio bambino la paura di allontanarsi da me.
Gardulla ci urlò in Huttese che se non avessimo obbedito ci avrebbe frustati.
Anakin si divincolò dalla presa della guardia e corse nella mia direzione. Lo abbracciai.
"Mamma non voglio, ho paura!", pianse Anakin. Io gli accarezzai convulsamente la testa e lo guardai negli occhi.
"Non preoccuparti Ani, appena finiamo il viaggio vengo a riprenderti. Fai attenzione, amore mio!", cercai di dire velocemente prima che ci dividessero di nuovo.
Non feci in tempo a salutarlo che uno dei tirapiedi di Gardulla ci separò e portò a forza Anakin fuori dalla stanza. Lo sentii piangere e gridare finché la porta non si chiuse.
Una delle sue guardie mi spinse con l'elettrostaffa verso le cucine. Pregai che Anakin non si facesse del male.

Alla fine del viaggio, dopo Gardulla e i suoi tirapiedi, fui la prima a scendere. Mi guardai intorno alla ricerca di mio figlio. Alla fine lo vidi uscire correndo e gli andai incontro.
Subito mi abbracciò e io ricambiai la stretta. Poi lo allontanai per vedere se si fosse fatto del male.
"Stai bene?", gli chiesi preoccupata accarezzandogli una guancia. Lui mi sorrise e mi annuì. Un uomo si avvicinò a noi.
"Ho fatto in modo che suo figlio non si facesse niente di male. L'ho fatto lavorare solo il minimo indispensabile quando si avvicinavano le guardie. Per il resto del tempo abbiamo chiacchierato, vero ometto?", disse l'uomo scompigliando i capelli ad Anakin con fare amichevole.
"La ringrazio di cuore", gli dissi riconoscente. Lui annuì.
"Gardulla è una padrona spietata. Faccia attenzione", mi disse. Fece un cenno ad Anakin, che lo salutò calorosamente, e se ne andò.
Quelli furono gli anni più duri per me e Anakin.

~


Era una mattina tranquilla e io e Anakin stavamo sistemando gli sgusci di Gardulla.
Dopo un po' di tempo la Hutt si era accorta delle mie abilità tecniche – apprese da Pi-Lippa – e io le avevo insegnate ad Anakin.
Lui mostrava un talento naturale con le macchine ed era capace di riportare in vita una macchina con soli pochi attrezzi. Io cercavo sempre di tenere nascosta questa sua abilità.
Avevo paura che Gardulla potesse scoprire le potenzialità di Anakin e sfruttarle per quelle orribili corse degli sgusci.
Decisi di prendermi un attimo di pausa. Era dall'alba che lavoravo su quella carcassa.
Mi guardai attorno e vidi in lontananza un essere dalla pelle blu che volava rasoterra. Un toydariano, forse. Stava guardando nella nostra direzione. Stava osservando Ani.
Subito la paura mi avvolse. Non dovevano sapere del talento di Anakin.
"Ani", lo chiamai senza distogliere lo sguardo dal toydariano.
"Sì, mamma?"
"Prenditi una pausa, tesoro", gli dissi. Anakin seguì il mio sguardo e capì. Sapeva della mia paura.
Subito posò gli attrezzi e mi si avvicinò, aggrappandosi alla mia veste. Il toydariano distolse lo sguardo da noi ed entrò nel palazzo di Gardulla.

Qualche giorno dopo ci trasferimmo nel negozio del toydariano, il cui nome era Watto. Gardulla ci aveva perso ad una scommessa.
Da quel momento in poi lavorammo nella sua rigatteria.
Purtroppo il mio segreto non rimase celato per molto. Alcuni mesi dopo averci vinto, Watto scoprì le abilità di Anakin non solo come riparatore ma anche come pilota di sgusci.
E io ogni volta ero costretta a guardarlo gareggiare in quelle orribili corse e a pregare che mio figlio ne uscisse illeso.

Passarono gli anni.
Watto era un padrone severo ma giusto. Ogni tanto, quando perdevamo pezzi di ricambio o qualcosa non gli andava bene, Watto ci picchiava ma era niente in confronto a ciò che avevamo vissuto con Gardulla.
Lui al contrario era corretto con noi e ci permetteva anche di avere qualche oggetto personale. Fu grazie a lui che riuscimmo a trovare il piccolo tugurio dove vivevamo.
Gli anni passarono tranquilli (a parte qualche gara di sgusci qui e là) e vedevo Anakin crescere serenamente.
Desideravo per lui una vita migliore di quella di uno schiavo, ma Watto non era intenzionato a lasciarsi sfuggire la fonte dei suoi guadagni.
Non potevo immaginare che un giorno quel mio desiderio, con mia grande felicità e dolore, si sarebbe avverato.

~


"Mamma! Mamma sono a casa".
Uscii dalla cucina per andare incontro a mio figlio quando lo vidi accompagnato da alcuni stranieri – un uomo, una ragazza, un alieno e un astrodroide. Lo guardai interrogativa.
"Loro sono amici, mamma", mi spiegò. Uno di loro, l'uomo, mi si avvicinò.
"Sono Qui-Gon Jinn. Lei è Padmè e lui Jar Jar", mi disse l'uomo indicando la ragazza e lo strano alieno. Vidi Anakin trascinare la ragazza nella sua stanza per farle vedere il droide protocollare.
"Suo figlio è stato così carino da offrirci un riparo", mi disse Qui-Gon.
Io sorrisi. Una delle tante cose che amavo di mio figlio era che appena vedeva qualcuno in difficoltà correva ad aiutarlo.
Accolsi gli ospiti e, dato che la tempesta di sabbia tardava a cessare, li invitammo a pranzo.

Mentre mangiavamo gli ospiti ci chiesero quale fosse la nostra condizione. Erano molto stupiti dal fatto che fossimo schiavi, soprattutto la ragazza.
Purtroppo le leggi anti-schiavitù della Repubblica nell'Orlo Esterno non valevano. Anzi, la Repubblica nemmeno esisteva nell'Orlo Esterno.
Scoprimmo che l'uomo, Qui-Gon, era uno Jedi giunto a Tatooine per via della loro nave che era stata danneggiata.
"Io posso aiutarvi, so riparare qualsiasi cosa", disse Anakin. Io sorrisi.
"Sono sicuro che è vero. Ma prima dobbiamo acquistare i ricambi necessari", disse Qui-Gon.
"Con niente de valore da scambiar", continuò Jar Jar, che scoprii essere un Gungan, una razza anfibia di Naboo.
"Questi mercanti di rottami avranno qualche punto debole", chiese Padmè.
"Il gioco d’azzardo. Qui è tutto in funzione delle scommesse su quelle orribili corse", le risposi riferendomi alle corse degli sgusci di cui poco prima Anakin aveva accennato.
"Le corse degli sgusci. L’avidità può essere una potente alleata", meditò Qui-Gon.
"Io ho costruito uno sguscio, il più veloce mai visto. C’è una grossa corsa domani a Boonta Eve. Potreste iscrivere il mio sguscio", riferì Ani.
"Anakin! Watto non te lo permetterà", gli dissi tentando di dissuaderlo ma invano.
"Watto non sa che l’ho costruito. Tu puoi fargli credere che è tuo e convincerlo a farti prestare me come pilota", insistè Anakin rivolgendosi a Qui-Gon.
"Non voglio che tu corra, è orribile, io muoio ogni volta che Watto ti fa correre", gli dissi. Non volevo assistere all'ennesima gara dove mio figlio non rimaneva ucciso per un soffio.
"Ma mamma, a me piace tanto! Coi soldi del primo premio pagherebbero i ricambi che gli servono", protestò lui.
"Anakin…", dissi con tono che non ammetteva repliche.
"Tua madre ha ragione. Non c’è qualche amico della Repubblica che può aiutarci?", mi chiese Qui-Gon.
"No", risposi dispiaciuta.
"Mamma, tu dici sempre che il problema dell’universo è che nessuno aiuta gli altri", disse Anakin.
Sospirai. Era vero, spesso ripetevo quella frase. Volevo aiutare quelle persone, davvero, ma non a scapito della vita di mio figlio.
Ma dato che lui insisteva così tanto voleva dire che non c'era altro modo. Dovevo rassegnarmi.
"Sono certa che Qui-Gon non vuole mettere a rischio suo figlio. Troveremo un’altra soluzione", mi disse gentilmente la ragazza.
"No, non c’è altra soluzione. Io posso avere paura, ma lui può aiutarvi. È suo destino aiutarvi", dissi rassegnata.
Sentivo che Anakin avesse uno scopo in tutto questo.

Il pomeriggio passò tranquillo. Lo Jedi e la sua compagnia uscirono con Anakin e tornarono qualche minuto dopo, il tempo di informare Watto dell'iscrizione di Anakin alla corsa.
Tornati dal negozio di Watto, Anakin si mise subito all'opera per mostrare alla sua nuova amica lo sguscio costruito interamente da lui. Lo Jedi era nella veranda a parlare attraverso un comlink.
Non appena chiuse la conversazione, mi avvicinai a lui e gli sorrisi. Entrambi osservammo Anakin mentre sistemava lo sguscio.
"Lei dev’essere fiera di suo figlio. Aiuta gli altri senza pensare alla ricompensa", mi disse. Sì, ero molto fiera di Ani.
"Lui non sa cosa sia l’avidità. E ha anche…"
"Ha dei poteri particolari", continuò lo Jedi.
"Sì", risposi sorpresa che lo Jedi se ne fosse accorto.
"Vede le cose prima che succedano. È per questo che possiede dei riflessi così rapidi. È una prerogativa dei Jedi", continuò Qui-Gon. Quella frase mi fece ben sperare.
"Meriterebbe una vita migliore di quella di uno schiavo", gli dissi.
"Se fosse nato nella Repubblica lo avremmo identificato prima. La Forza è singolarmente possente in lui, è più che evidente. Chi era il padre?", mi chiese.
Io sudai freddo. Quasi nessuno sapeva della nascita miracolosa di Anakin e probabilmente non mi avrebbero creduto, ma non potevo mentire a quel Jedi. Forse poteva liberarlo.
"Non c’è stato un padre. Io l’ho portato in grembo, l’ho fatto nascere, l’ho cresciuto. Non so spiegare cos’è successo", gli rivelai. Vidi lo Jedi guardare Anakin con interesse.
"Lei può aiutarlo?", gli chiesi dopo un po' speranzosa.
"Non lo so. Io non sono venuto qui a liberare schiavi", mi disse dispiaciuto. La mia speranza svanì. Desideravo il meglio per mio figlio, non volevo che la sua diventasse una vita da schiavo.
Lo Jedi si allontanò da me e andò ad aiutare Anakin. Lo vidi accendere lo sguscio e scoprire che straordinariamente funzionava.
Il mio sorriso svanì non appena realizzai che l'indomani avrei dovuto assistere ad un'altra gara.

~


Era sera e Anakin e lo Jedi, Qui-Gon, si trovavano nel terrazzino.
"Ani, è ora di dormire!", lo chiamai dalla cucina. Sistemai gli ultimi piatti e andai nella mia stanza, passando per la porta che conduceva al terrazzino.
"Ani, non voglio dirtelo ancora!", lo rimproverai. Dopo un po' mi raggiunse nella stanza e lo misi a letto.
"Dormi bene amore mio, domani sarà un giorno importante", gli dissi accarezzandogli la fronte. Lui mi guardò assonnato e annuì. Io sorrisi e gli diedi un bacio sulla fronte.
"Buonanotte Ani"
"Buonanotte mamma". Uscii dalla stanza. Avevo ancora un paio di faccende da sbrigare. In quel momento mi accorsi che Qui-Gon era ancora nel terrazzino e stava conversando con qualcuno con il suo comlink.
"...Mi serve il conteggio dei midi-chlorian"
"Il livello va oltre la scala. Supera i ventimila. Neppure il maestro Yoda ha una quantità tale di midi-chlorian", disse stupita la voce nell'apparecchietto.
Mi sporsi un po' di più per sentire meglio, cercando di non farmi scoprire.
"Nessun Jedi lo ha", rispose sicuro Qui-Gon, quasi come se si aspettasse la risposta dell'altra persona.
"Cosa significa?", chiese la voce.
"Non ne sono certo...", disse pensieroso Qui-Gon chiudendo la conversazione.
In quel momento si girò e si accorse di me. Io mi riscossi subito dallo stupore e mi vergognai per aver origliato. Mi allontanai dal terrazzino e me ne andai nella mia stanza facendo attenzione a non svegliare Anakin.
Sapevo che stavano parlando del mio Ani. Sapevo che fosse un bambino speciale. Allora perché avevo così tanta paura?
Decisi di non pensarci. L'indomani ci sarebbe stato tutto il tempo per avere paura, con Anakin in gara in quelle orribili corse.
Mi misi a letto e per tutta la notte rimasi abbracciata a mio figlio.
Sentivo che presto le nostre strade si sarebbero divise.

~


Il mattino seguente ci alzammo di buon ora. Qui-Gon riuscì ad affittare due eopies che potessero trasportare lo sguscio di Ani nell'hangar dell'arena di Boonta Eve.
Quindi ci dirigemmo verso il luogo del raduno: Anakin in groppa ad un eopie insieme a Padmè, io nell'altro insieme a Kitster, il migliore amico di Ani. Qui-Gon ci aspettava nell'hangar.
Appena arrivammo ci accolse Watto con una frase che mi lasciò perplessa.
"Bonapa keesa! Eh eh eh, tolpa dabughi maputi chavaga, o wanna meetee chobodd, eh?*", disse rivolto ad Anakin. Cercai di capire cosa intendesse con quella frase.
Su cosa poteva aver mai scommesso Qui-Gon e con cosa, dato che Watto non accettava i crediti della Repubblica e Qui-Gon non possedeva niente di valore?
Le mie domande furono però interrotte proprio dallo Jedi che mi fece scendere dall'eopie salutandomi con un "Buongiorno!".
Decisi di tenerlo a mente tra le altre cose su cui riflettere dopo la corsa.
Ora dovevo concentrarmi sulla gara e su mio figlio.

*Buona giornata! Dì al tuo amico di non scommettere più, o diventerà mio schiavo pure lui.

~


Dopo che le bandiere furono portate sulla pista mi fu concesso di scambiare due parole con mio figlio. Mi inginocchiai per essere alla sua altezza e misi le mani sulle sue spalle.
"Fa' attenzione", gli dissi preoccupata.
"Tranquilla mamma, te lo prometto", mi rispose serio Anakin. Io gli sorrisi. Sembrava molto più grande quando parlava in quel modo. Con quella promessa nel cuore, andai nella mia postazione aspettando lo Jedi.
"È nervoso?", gli chiesi quando arrivò.
"Sta bene", mi rispose Qui-Gon. Dall'ansia che provavo quasi non mi accorsi che Padmè e Qui-Gon si stavano battibeccando ma fortunatamente non durò molto il loro screzio. La nostra postazione si sollevò per permetterci di osservare la gara da una buona visuale. Dopo qualche minuto iniziò la corsa e tenni stretto il monitor davanti a me.
Il mio cuore batteva all'impazzata e si fermava ogni qualvolta che Anakin veniva sballottato o ad ogni curva pericolosa che eseguiva o quando i Sabbipodi cominciavano a sparare sui piloti e le loro macchine.
Per questo odiavo quelle orribili corse: non solo i percorsi erano difficili e pericolosi, ma poteva accadere di tutto e a mio figlio poteva succedere qualcosa di brutto.
Cercai di ritornare al momento presente e a concentrarmi di nuovo sulla gara. Anakin stava per finire l'ultimo giro, era testa a testa contro Sebulba. Vidi che i due sgusci si erano incastrati e Anakin tentava di liberarsi. Strinsi più forte il monitor. Se continuavano così la navicella di uno dei due poteva staccarsi dagli accoppiatori di energia e schiantarsi a terra con conseguente danno del pilota. O peggio.
Alla fine, con uno strattone Ani riuscì a sganciarsi da Sebulba senza danni al suo sguscio mentre quello di Sebulba perse l'accoppiatore di energia e finì a terra. In quel momento Anakin oltrepassò il traguardo. Tirai un sospiro di sollievo.
Anakin aveva vinto.

~


Non appena lo sguscio di Anakin si fermò corremmo subito verso di lui. Una gran folla ci seguiva, per acclamare il vincitore, per acclamare mio figlio.
Qui-Gon lo aiutò a uscire dalla macchina e se lo mise sulle spalle in modo che tutti potessero vederlo.
"Mamma, ce l'ho fatta! Yeeee!", gridò mio figlio pieno di gioia. Ed io non potei che ridere ed esultare con lui.

In seguito, quando la folla si disperse, portammo lo sguscio nell'hangar. Poi ci fu il momento dei ringraziamenti.
Jar Jar lo sollevò da terra gridando: "Maxi corsa!".
Poi fu il turno di Padmè che abbracciò Anakin.
"Ti dobbiamo tutto, Ani", disse commossa la ragazza.
Io mi avvicinai e diedi un bacio sul viso fuligginoso di mio figlio che fece una smorfia.
"E' meraviglioso, Ani! Hai portato la speranza a chi non ne aveva. Sono così fiera di te!", gli dissi accarezzandogli i capelli e stampandogli un altro bacio sulla guancia.
Ero davvero orgogliosa di mio figlio. In tutta la galassia non c'era madre più fiera e felice di me.

~


Era pomeriggio e stavo aspettando Qui-Gon e Anakin che stavano riscuotendo il premio della vittoria. Sentii la porta aprirsi e vidi entrare lo Jedi con Anakin che corse verso il tavolo dove stavo lavorando.
"Mamma, abbiamo venduto lo sguscio, guarda quanti soldi abbiamo!", disse Anakin euforico mostrandomi i crediti.
"Oh mio Dio, ma è meraviglioso Ani!", esclamai ridendo.
"Ed è stato liberato", disse Qui-Gon. Il mio sorriso si spense per lo stupore. Sentii il mio cuore accellerare.
Sentivo che sarebbe arrivato questo giorno, ma non pensavo così presto.
"Cosa?", chiese incredulo Anakin.
"Non sei più uno schiavo", spiegò Qui-Gon sorridendo. Sorrisi anch'io. In fondo ero davvero felice che mio figlio non fosse più uno schiavo, desideravo il meglio per lui. Pensavo solo fosse troppo presto.
Anakin si girò verso di me.
"Sentito cos'ha detto?", mi chiese ancora incredulo.
"Ora puoi realizzare i tuoi sogni, Ani. Sei libero", dissi.
Il suo sguardo ora era triste, forse aveva capito anche lui che ci stavamo per lasciare. O forse era dispiaciuto che io fossi ancora una schiava.
Abbassai lo sguardo. C'era una cosa che volevo chiedere allo Jedi, ma avevo paura della risposta. Presi coraggio e lo guardai.
"Lo porterete con voi? Diventerà un Jedi?", gli chiesi.
"Sì, il nostro incontro non è stato casuale. Nulla accade per caso", mi rispose Qui-Gon, quasi un po' dispiaciuto.
In fondo l'avevo sempre saputo. Anch'io pensavo che il loro incontro non fosse stato casuale.
Da quando, tanto tempo prima, Ani mi aveva raccontato di aver sognato di essere uno Jedi, sentivo che quella era la strada per lui. E, guardacaso, qui a Tatooine uno Jedi si accorgeva di mio figlio e lo liberava.
Se questo è il destino di mio figlio, chi sono io per impedire che si realizzi?
"Vuoi dire che adesso io posso venire con te sulla tua astronave?", chiese Anakin sempre più incredulo ed euforico. Qui-Gon si inginocchiò per guardarlo negli occhi.
"Anakin, il tirocinio per diventare Jedi non è una cosa facile. E anche se ci riesci è una vita di rinunce", gli disse.
"Ma io voglio venire, è quello che ho sempre sognato di fare", supplicò Anakin. Poi si girò verso di me.
"Posso andare, mamma?", mi chiese. Io sentii il mio cuore spezzarsi nel sentirlo chiedere il mio permesso.
Ormai non spettava più a me decidere della sua vita. Gli presi una mano e gli accarezzai le piccole dita da bambino.
"Anakin, questo cammino è stato posto di fronte a te. La scelta è soltanto tua", gli dissi. Sentii il mio cuore accellerare, di nuovo.
"Io voglio andare", rispose Anakin. Io abbassai lo sguardo. Sentivo che sarebbe finita così, era da sempre stato il sogno di Anakin diventare uno Jedi.
Qui-Gon si alzò.
"Allora prendi le tue cose, abbiamo poco tempo", disse lo Jedi.
"Yippie!", esultò Anakin correndo verso la sua stanzetta. Ma si fermò davanti alla porta e si girò verso di noi.
"E la mia mamma?", chiese. Io lo guardai incuriosita.
"È libera anche lei?"
"Io ho cercato di liberarla, ma Watto non ha voluto", rispose Qui-Gon.
"Vieni anche tu con noi, vero mamma?", mi chiese Ani, ingenuamente.
Sentii il mio cuore spezzarsi di fronte a quella richiesta. Ani guardò prima me e poi Qui-Gon e fu negli occhi di quest'ultimo che capì che io non potevo venire con loro. Lo vidi abbassare lo sguardo dispiaciuto, così lo avvicinai a me per consolarlo.
Non sarebbe stato facile per entrambi, ma sapevo che la scelta migliore per mio figlio era di andarsene con lo Jedi. A Tatooine non c'era più niente per lui.
Gli sorrisi conciliante.
"Figlio, il mio posto è qui, il mio futuro è qui. È giunto il momento che tu segua la tua strada", gli spiegai.
"Io non voglio che le cose cambino"
"Ma tu non puoi impedire che cambino, così come non puoi impedire ai soli di tramontare. Oh, ti voglio bene", gli dissi accarezzandogli una guancia e poi abbracciandolo. Dentro di me sentivo che qualcosa si stava spezzando, ma dovevo essere forte. Per Anakin.
"E ora, corri!", gli dissi sorridendo. Anakin andò di filato nella sua stanzetta a prepararsi per il viaggio. Mi alzai e lo guardai correre via. Mi girai verso Qui-Gon.
"Grazie", dissi ritornando a guardare Anakin.
"Avrò cura di lui, le do la mia parola. Lei se la caverà?", mi chiese mettendomi una mano sulla spalla. Io lo guardai e sorrisi tristemente.
"Sì", risposi.
Sentivo che sarebbe stata molto dura. Anakin era la mia vita. Era mio figlio.

~


Sono passate tre settimane da quando mio figlio se n'è andato. La vita è difficile senza di lui. La mattina spesso trovo il cuscino bagnato.
Watto ora è molto più gentile con me. Certo, si lamenta spesso che, senza Anakin, il lavoro alla sua rigatteria va a rilento. Nonostante ciò non mi ha mai picchiato e né rimproverato. Una volta mi ha addirittura offerto di mangiare con lui.
Mentre pulisco alcuni attrezzi sento arrivare due clienti. Uno di loro mi chiede in basic dove sia il mio padrone.
"Lo vado a chiamare", dico inchinando lievemente la testa. Vado nel cortile e trovo Watto.
"Padrone, ci sono dei clienti", dico. Lui mi guarda raggiante: è da molto che non viene nessuno nel suo negozio.
"Tu ora sistema quei due accoppiatori, io pensa a clienti", mi dice. Poi vola verso i due alieni e li porta nel cortile per trovare i materiali di cui hanno bisogno. Da dove mi trovo io posso sentire tutto ciò che dicono.
"Viaggio lungo voi avete fatto, eh?", chiede Watto.
"Sì, saremmo dovuti atterrare a Naboo ma da quando c'è quel blocco non ci si può più andare. Ormai è inutile anche solo passarci per il sistema di Naboo", dice uno dei clienti.
"Io ora sapere che blocco finito. Grande battaglia io sa c'è stata. Uno Jedi morto io pure sapere", sento dire all'altro cliente in un basic stentato.
Alla parola 'Jedi' sia io che Watto ci guardiamo.
"Jedi tu dice... Tu sai nome di questo Jedi?", chiede Watto dando voce ai miei pensieri.
"Jino, Juno, Jinn... Questi Jedi tutti nomi strani avere, non so bene nome. Perché tu vuole sapere?", chiede sospettoso quello.
"Uno Jedi deve a me molti money", mentì Watto.
'Io sono Qui-Gon Jinn'
Mi sento mancare ed entro dentro. Se lo Jedi, Qui-Gon, è morto non oso pensare della sorte che sia toccata a mio figlio.
No, non può essere. Non devo crederci.
Mio figlio è vivo, lo sento.

A fine giornata i due clienti se ne sono già andati. Watto mi raggiunge e mi guarda.
Io sento che mio figlio è vivo e sta bene, ma per averne la certezza assoluta dovrei fare una cosa. Ma non ho i soldi per farla.
"Padrone, io ho paura per Anakin. Quello Jedi, Qui-Gon Jinn, è quello che l'ha portato via. Se è veramente morto... Io devo saperlo", dico a Watto guardandolo negli occhi. Lo vedo guardare a terra e sospirare.
"La prego... È per Anakin", continuo implorandolo. Lui mi guarda.
"Tu viene". Lo guardo sorpresa e lo seguo.
Stiamo andando allo spazio-porto e lo vedo parlare con alcune persone. Poi mi si avvicina con una di loro. È una donna dai capelli corti e corvini. Da come cammina sembra un uomo.
"Qui pilota Khora porta messaggio a Coruscant per Jedi, per te", mi dice Watto. Porgo la mano alla donna che ricambia vigorosamente.
"Sì, come ti ha detto lui, devo andare a Coruscant per portare un carico. Posso anche portare un messaggio per voi. Al Tempio Jedi, eh?", mi dice.
"Mio figlio si trova lì", dico titubante. Mi guarda sospettosa.
"Che messaggio devo portare?", mi chiede.
"Desidero avere notizie su Anakin Skywalker a seguito della battaglia di Naboo", dico. Vedo Khora segnarsi il messaggio nel datapad e farmi un cenno.
"Bene. Il prezzo?"
"Prezzo?", chiede Watto sorpreso.
"Sì, prezzo! Ha mai visto le strade che portano al Tempio? E i cecchini Jedi che sostano sopra di esso? Se dovessi avere problemi per via del vostro messaggio, chi mi ripaga, eh?", grida la donna.
Sto per dire a Watto che non importa, che se non può pagare rimarrò con il mio dubbio, quando lo sento parlare.
"Va bene, io pagare te", e gli vedo consegnare dei soldi alla donna. Khora li conta e poi ci fa un cenno con la testa.
"È un piacere fare affari con voi", e se ne va.
"La ringrazio, padrone", dico dopo che ci siamo allontanati.
"Tu chiama me Watto. Non più padrone", mi dice. Io lo guardo riconoscente e insieme ritorniamo al negozio.

È passato un mese da quando ho mandato il messaggio e ancora nessuna risposta. Vedo Watto entrare nel negozio, sembra felice.
"Shmi! Amico mio pilota dice di avere messaggio da Tempio. Dice Ani stare bene e ora essere allievo di altro Jedi. Obi-Wan Kenobi io crede. Allievo di Jinn. Lui stare bene", mi ripete. Io sorrido raggiante e lo ringrazio.
Sta bene. A me basta sapere questo.

~


"Watto, è da un po' di giorni che vedo quell'uomo gironzolare da queste parti... Chi é?", chiedo curiosa.
Watto guarda fuori dalla rigatteria preoccupato. Da un po' di tempo è entrato in bancarotta e ha sempre il terrore che venga uno dei suoi creditori. Guarda fuori e fa un verso scocciato.
"Cliegg Lars io crede si chiami. Estrattore di umidità. Interessato a te io crede", mi dice. Io lo guardo sbalordita.
"A me?"
"Già. Lui vuole te come schiava", mi riferisce Watto.
Guardo incuriosita l'uomo. Da un lato mi piacerebbe fare qualcos'altro che lavorare nella rigatteria, dall'altro lato non voglio abbandonare questo posto. Ani è cresciuto qui. Mi dispiacerebbe lasciarlo.
Esco fuori dal negozio e vado incontro all'uomo. Più mi avvicino più vedo che si fa nervoso. Con lui c'è un bambino, avrà qualche anno in meno di Ani.
"Salve", dico.
"Salve", mi risponde lui nervoso.
"Desidera qualcosa?"
"N...no. Ero venuto...a dare un'occhiata", dice afferrando il primo oggetto che gli capita tra le mani.
L'entrata del negozio è piena di cianfrusaglie quasi quanto il cortile.
Io sorrido e mi abbasso per parlare con il bambino.
"Ciao!"
"Ciao", è timido quasi quanto il padre.
"Come ti chiami?"
"Owen. Owen Lars. E tu?"
"Io sono Shmi Skywalker. Quanti anni hai?"
"Ne ho dieci", mi risponde.
"Sai, anch'io ho un figlio. Si chiama Anakin. Ora si trova molto lontano, studia per diventare Jedi. Ha più o meno la tua età, sai?", gli dico sorridendo. Lui mi sorride in risposta e decido di lasciarli soli.
"Se avete bisogno chiamatemi!", dico allontanandomi. Penso che li rivedrò presto.

~


Alla fine Watto mi ha venduto a Cliegg Lars. Ma lui non mi ha voluta come schiava. Al contrario, mi ha liberato e ogni giorno mi corteggiava. Alla fine ho acconsentito a sposarlo.
Owen è davvero affettuoso con me. Mi ricorda così tanto Anakin. A volte con loro parlo della mia famiglia, del mio bambino.
Ora sto andando a casa. Nella cesta che ho in mano ci sono i funghi che ho raccolto da un condensatore di umidità. Mi sono svegliata presto stamattina per prenderli. Stranamente non soffia un filo di vento e tutto sembra calmo e tranquillo.
All'improvviso sento delle grida. Grida inumane, ostili, di furia feroce. Tunsken.
Mi aggrediscono e mi colpiscono più volte. Non vedo più niente.

~


Sono giorni, settimane, forse anche mesi o addirittura anni che sono intrappolata qui dentro. Ogni giorno vengono e mi torturano con le loro lame appuntite.
La mia resistenza e perseveranza li infastidisce. Ogni giorno mi torturano in maniere diverse.
Ma io resisto. Anakin mi ha fatto una promessa e io dovrò vivere abbastanza a lungo per vederla realizzata. Per sentirmi appagata.

"Io tornerò qui a liberarti, mamma. Te lo prometto"

Lui mi libererà, io lo sento.
"Ani, figlio mio, dove sei?", imploro a mezza voce.
Sono sola, solo il ricordo di mio figlio mi fa compagnia e mi dà forza.
"Anakin..."

~


È da giorni, forse mesi, che sono rinchiusa in questa capanna. A volte mi sembra di vedere Anakin da bambino.
Gira per la mia prigione, io lo chiamo ma lui non mi risponde e va via.
Sono così stanca. Sento che non resisterò a lungo.
Qualcuno mi sta slegando i polsi. Non possono essere i Tunsken, loro mi torturano da legata, in piedi.
"Mamma. Mamma!", dice una voce.
I miei occhi incontrano un giovane viso. Quegli occhi. Non può essere. Sto di nuovo delirando.
"Ani? Ani, sei tu?", chiedo. Lui mi prende la mano e me l'accarezza. Da tanto tempo non sentivo un gesto d'affetto simile.
"Sono tornato, mamma. Ora sei salva", mi dice Ani. Mio figlio. Mi sorride.
"Ani... Ani... Come sei bello, figlio mio. Figlio mio...", dico in un fil di voce.
Accarezzo il volto di mio figlio. Lui mi bacia le ferite della mano.
"Il mio piccolo Ani... Come sei cresciuto. Tua madre è molto orgogliosa di te", gli dico. Il mio cuore scoppia di gioia.
All'improvviso non sento più il dolore, le ferite, la sofferenza. Ci siamo solo io e Anakin. E sono così fiera dell'uomo che è diventato. Tanto, tanto fiera.
"Mi sei mancata tanto", mi dice Ani commosso.
'Anche tu mi sei mancato, figlio mio', vorrei dirgli ma non ci riesco.
"Ora mi sento appagata", dico soltanto. Lo sentivo che sarebbe tornato. Ha mantenuto fede alla sua promessa.

"Io tornerò qui a liberarti, mamma. Te lo prometto"

Lo sentivo...
La metà del mio cuore che Anakin si era portato quand'è partito è tornata da me. Ora mi sento completa con lui. Il suo sguardo è tutto ciò che mi serve.
"Ti voglio bene", tento di dirgli. Non ho più le forze per parlare e sento il mio cuore rallentare.
"Cerca di resistere, mamma. Andrà tutto... bene...", dice mio figlio, la disperazione nei suoi occhi.
Non c'è più tempo. Devo dirgli cosa provo per lui, quanto lo amo, che io ci sarò sempre, sarò sempre nel suo cuore.
"Ti voglio... tanto... tanto...", non riesco più a parlare. Il mio respiro si ferma, insieme al mio cuore.
Guardo un'ultima volta gli occhi di mio figlio.
Poi il buio.






Note dell'autrice

Salve a tutti! Spero vi sia piaciuta questa OS. Circa il mese scorso mi è venuta in mente quest'idea di scrivere su Shmi Skywalker. Trovo molto interessante questo personaggio e mi spiace molto che nel film sia ridotta a quasi una comparsa. Ho cercato di scrivere sulla vita di Shmi inventandomi situazioni e personaggi, anche se alcuni di loro esistono davvero nell'Universo di Star Wars. Molte notizie le ho apprese dal database di SWX e ho "ricamato" una storia tramite quelle informazioni :)
Detto questo, spero che la storia vi sia piaciuta, vi abbia trasmesso qualcosa o che so io. Personalmente, sono molto orgogliosa del risultato, anche perchè ho lavorato molto su questa OS :)
Bene, vi ho tediato abbastanza XD
A presto!

Sylvia Naberrie

   
 
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