Swing
my way
{
steps of the Date Thing }
way before the Date Thing: step one ~
Monica
cammina lentamente, quasi in punta di piedi, nel corridoio sud-est del primo
piano del castello. È stata una scelta naturale – di qui si va solo per la
biblioteca, non saranno poi molte le
persone che verranno a incrociare il suo cauto percorso; cionondimeno non può
evitare di sentirsi ridicola.
Le braccia spiegate come ali, ma non certo per
inseguire la libertà; i piedi come prigionieri nelle scarpette più eleganti,
privati di quella cosa bellissima che è correre e pestare i tappeti e andare
dove e come accidenti si vuole; tutta la scena ha un che di tragicomico – e la
voce perplessa che viene a ricordarglielo non aiuta di certo.
«Altezza... Cosa state facendo?»
Monica sussulta, raccoglie le braccia contro il
petto, e il librone che si è così faticosamente posizionata sulla testa si
schianta ai suoi piedi in un tonfo di carta e cuoio. Misera fine di un
esperimento destinato a fallire dal principio. Seccata, scacciando via con
gesti taglienti delle mani la frotta di ancelle accorse in suo aiuto dal capo
opposto del corridoio, solleva le gonne quel tanto necessario ad accucciarsi a
raccogliere il libro. Non che sia rimasta molta dignità da preservare,
comunque. Di nuovo in piedi, si volta infine di scatto con una rispostaccia in punta
di lingua... Ma la vista del sorriso educatamente confuso di Clair la
trattiene.
«Oh... Una stupidaggine» borbotta. «Una specie
di stupido, stupido esercizio. La
signora Appleby pensa che debba migliorare il mio
equilibrio. A quanto pare la mia camminata è sgraziata e decisamente poco consona a una principessa» cita a
memoria, prima di gonfiare sdegnosamente le guance, più offesa che imbarazzata.
«Si penserebbe che una persona interessata alla mia testa non dovrebbe guardarmi le gambe,
mi spiego? Insomma, è la mia istitutrice, non mia madre. Mia madre non si è mai spinta al punto di
esprimere un’opinione del genere!»
Clair si sistema gli occhiali sul naso, un vago
sorriso sulle labbra. «Sono certa di no, non oserebbe mai... Bene, non vi
disturberò oltre. Vogliate perdonare il mio passaggio.»
Monica si fa da parte e la osserva percorrere il
corridoio, diretta alla porta della biblioteca – come sempre, in pratica. Percepisce
con chiarezza l’affiorare di una piccola ruga sulla propria fronte: pur così sommersa
in quella sua grossa e dura tunica di studiosa, Clair cammina in un modo così femminile. Monica non fa alcuna
fatica a indovinare, sotto gli strati di stoffa pesante, le linee dei fianchi,
il movimento morbido delle cosce che si sfiorano a ogni passo, delle ginocchia
che il tessuto accarezza appena... Clair le è accanto, la supera, e l’aria si
riempie del suo tipico profumo di pergamena vergata d’inchiostro fresco. Monica
arriccia il naso, ma non sa se il suo fastidio è di quel tipo che nasce dall’invidia
– o da qualcos’altro di completamente diverso.
Clair si volta a guardarla quando la sua mano
già posa sull’intarsio della maniglia. Ha ancora quell’ombra di sorriso sulle
labbra. «Lavorerete molto sul vostro equilibrio, Altezza?»
Solo allora lei si ricorda del librone, della
passeggiata nel corridoio e degli stupidi suggerimenti della signora Appleby. «Perché t’interessa?» sputa lì a caso, infastidita.
Il sorriso di Clair si estende agli occhi, e
prima ancora di sentire e assimilare le sue parole, Monica avvampa.
«Chissà... Potreste finalmente cominciare a
pendere dalla mia parte.»
the Date Thing: step two ~
Un
turbine azzurro piomba tra gli scaffali, uno svolazzo di seta e pizzi dotato
della forza distruttiva di un ciclone. Clair riconosce lo schianto delle mani
guantate sul legno del suo tavolo personale, ma non alza lo sguardo prima dell’esplosione
definitiva – la voce della principessa.
«Non ne
posso più!»
Stringendo le labbra con cortese perplessità,
Clair segue con gli occhi la caduta di quel corpicino arrabbiato sulla panca di
fronte a lei. Monica parla in fretta, il visetto appuntito rosso di regia indignazione,
quel poco di petto appena intuibile sollevato da spasmi frequenti e frustrati –
è l’immagine stessa della dignità offesa, ed è deliziosa.
«È inconcepibile, Clair. Non mi sembrava di
pretendere la luna. Volevo solo uscire con qualcuno, accidenti, qualcuno che
una volta tanto mi facesse dimenticare
di essere rinchiusa qua dentro!»
Clair mette ordine tra gli ingredienti del suo
piccolo esperimento, quelli che la stessa principessa ha provveduto a
raccogliere per lei. «Non avete riscontrato alcun interesse?» domanda, cauta.
«Tutto il contrario!» La voce di Monica si alza
pericolosamente. Non per la prima volta, Clair si rallegra che il Re suo padre
non venga mai ad assicurarsi di persona della veridicità dei propri preconcetti
circa le donne in biblioteca. «Figuriamoci,
erano tutti più che disponibili. Però sai cosa? Ho portato in giro per tutto il
castello scope e disegni e mele e fiorellini rosa, ho consegnato pesci a gatti,
gatti a scudieri, scudieri a ladri – e sai cosa, lo sai? Neanche uno di loro che abbia mosso un dito per
aiutarmi. Per venirmi incontro. O che almeno mi abbia promesso in cambio qualcosa
di serio come hai fatto tu, Clair – e
poi ti prego, non chiedermi di
raccontarti la storia del girino.»
Girino?
A quest’ultima sconcertante affermazione Clair
batte le palpebre e sorride esitante, nel modo che sa lei – quello cui, di solito,
la principessa risponde con uno stizzito volgere altrove le guance paonazze –
ma l’unico chiarimento che oggi giunge dalla ragazza è uno sbuffo sonoro,
seguito da un’enunciazione ben precisa.
«Comincio a pensare che i maschi siano del tutto
inutili.»
Clair abbassa di nuovo lo sguardo sulla catena d’oro
antico che Monica le ha portato ore fa con aria trionfante – «Una bella catena per un bell’amuleto,
giusto, Clair?» – e si rigira tra le mani il piattino dorato che sa
benissimo appartenere al Re – «Fingerò di
non sapere dove l’avete preso, Altezza.»
«Capisco. È un vero peccato. Immagino non
abbiate più bisogno, dunque, del mio modesto rimedio contro l’indifferenza di
chi vi circonda...»
Monica scuote il capo convinta, i capelli che le
schiaffeggiano le guance come orecchie di volpe. È così carina.
«E pensare che nutrivo la segreta speranza di
usarlo su di voi. Oh, be’.»
Clair indulge in un sorriso più malizioso, già
aspettandosi la riconferma di un giudizio già espresso, o anche solo l’ennesimo
oltraggiato friggere di guance. Non può farne a meno – le piace troppo, giocare con lei, portarla al limite
della pazienza, solo per sorprenderla poi, nei momenti più casuali, a voltarle
le spalle e rovesciare qualcosa su un qualsiasi tappeto con colpevole
goffaggine... Ma stavolta l’attenzione della principessa per lei non reca
tracce di rifiuto: la sua espressione si distende in un’aria di quieta
riflessione, i gomiti si puntano sul tavolo – il busto, le spalle, il volto
avanzano circospetti verso i suoi.
«Mah» mormora Monica, e il suo respiro è un
soffio fin sulle labbra che, inconsapevolmente, aspettano. «A questo punto, io
una prova a pendere dalla tua parte la farei.»
soon after the Date Thing: step three ~
«C’è
una cosa, Altezza, che mi piacerebbe sapere.»
«Mmm?» Inebriata dalle
stelle e dalla brezza profumata venuta a chiudere la più piacevole delle
serate, Monica si volta e cerca di concentrarsi sulla figura di Clair, china
accanto a lei sullo steccato che segna il confine tra il castello e i campi, il
sogno e la realtà. «Che cosa?»
I lunghi capelli biondi di Clair – raccolti solo
in parte da una treccia, sciolti e liberi tutt’attorno ai suoi occhi – si muovono
nel vento. Monica sa di essere
leggermente ubriaca, dopo la tappa finale alla taverna del villaggio, ma non è
sicura che siano i fumi della birra a darle la voglia di toccare quelle ciocche
e intrecciarsele tra le dita e portarsele alle labbra. Ma poi vede l’espressione
di Clair, e si costringe a pensare con lucidità.
«Mi avete concesso l’onore della vostra
compagnia solo perché... solo perché delusa dal genere maschile?»
Monica singhiozza, si raddrizza e incrocia le
braccia sul petto. «Chiariamo un paio di cose, Clair. È ora che la smetti di
essere così formale con me. Tanto per
cominciare puoi chiamarmi Mona – le persone importanti per me fanno così. E
poi, dannazione, smettila di commiserarti in quel modo e approfitta della sbronza
che mi sono presa, perché non sono sicura che domani ammetterò tanto
candidamente di aver cominciato a pendere dalla tua parte qualcosa come una vita fa...»
Le ultime parole si perdono in un borbottio
farfugliato, ma un sorriso consapevole viene a sollevare la sua bocca impastata
dalla seccante incombenza di proseguire su quella strada.
«Oh, ma questo
lo so, Mona» è l’ultimo suono che
Monica distingue, mentre mani e braccia e seni morbidi la incontrano e la
circondano, «volevo solo averne la conferma definitiva. Sono una scienziata,
sapete com’è.»
La principessa barcolla sui piedi, e per un
attimo si sente raggirata, ma le sfugge un risolino – un risolino che suona
proprio bene lì, tra le labbra di
Clair, labbra di donna e non certo di
girino – al pensare che dopotutto il suo equilibrio sta benissimo così come
sta.
Spazio dell’autrice
Una
spiegazione è d’obbligo. XD
Di
recente sono finita nel vortice degli otome. Avete
presente quei videogiochi, di stampo prettamente giapponese, in cui dovete
scegliere un certo percorso, attraverso certe scelte, per individuare un certo
finale romantico – in genere in mezzo a una più o meno vasta gamma di partner
opzionali? Ebbene, Castle Chase è questo ma è anche di più: è una
vera e propria quest!adventure in cui l’obiettivo
della protagonista, la principessa Monica Logelin, è
quello di trovare nei confini del suo castello un uomo con cui sperimentare l’esperienza
del primo appuntamento. (Detta così può sembrare una cosa stupida, ma vi
assicuro che è geniale. Quella parte della consegna dei pesci e dei gatti e IL
MITICO GIRINO e compagnia bella non me la sono mica inventata. Dateci un’occhiata,
vi assicuro che ne vale la pena.)
Comunque,
ad essere sincera questo mio vergognoso atto di fangirling
nasce da quella che giudico l’unica pecca del gioco: la route
di Clair. Clair è, in CC, un uomo, che Monica scambia inizialmente per una donna.
È lo studioso del castello e si offre di realizzare per la principessa un certo
amuleto (in cambio della consegna di alcuni ‘ingredienti’ quali i sopracitati
catena d’oro e piattino dorato) che la renderà irresistibile agli occhi di chi
la circonda, così da assicurarle il tanto agognato appuntamento. Alla fine
(SPOILER!ALERT), se la vostra scelta cadrà proprio su Clair, vedrete che questi
si dichiarerà a Monica per mezzo di quello stesso amuleto, e capendo di aver
visto lucciole per lanterne lei non incapperà più nella sua solita scusa “I don’t swing your way!” (Questo è
il gioco di parole su cui ho basato il punto d’origine della mia storia – la
mancanza di equilibrio di Monica – partendo però dal presupposto che Clair
fosse veramente una donna, l’unica ad
esercitare su Mona un certo inequivocabile fascino. Yay,
è la mia prima volta con il gender bender! XD) Unica
pecca, appunto, come dicevo, perché penso che sarebbe stato molto più
interessante se uno dei SETTE diversi percorsi fosse finito con una partner
femminile. Senza contare che Mona che decide di uscire con Clair così, solo
perché effettivamente è un uomo, mi sa di ship a
prescindere. u__ù
Niente,
insomma, tutto qui. Mi rendo conto che è una sciocchezza, ma ci tenevo tanto a
portare questo mondo anche qui in EFP. Per inciso, sto progettando tutta una
serie di storielle basate su certe ship tratte da otome, perché – oh, nel mio essere ancora nel mezzo del vortice
sarò pure poco obiettiva, ma a me
sembra proprio che certi otome e certe coppie abbiano
delle trame molto ma molto più interessanti di ciò che siamo abituati a vedere
in un qualsiasi anime sentimentale... Quindi chissà, potrei tornare a farvi facepalmare molto presto. ^^’
Aya ~