Finalmente è giunto questo giorno. Verrà infine posto un termine alle mie sofferenze. Tre anni sono passati dalla guerra tra uomini e maghi. Tre anni che vivo in isolamento, come altri miei sette compagni catturati. Oggi saremo giustiziati per alto tradimento e offesa alla corona di Northalba.
Che la nostra morte non metta in pericolo questa tregua, in bilico sul filo della rovina, sospinta da venti contrari che minacciano il già precario equilibrio! Dalla finestra della mia cella posso vedere il muro di cinta che mi separa dalla mia patria. Ci sono giunte voci di certi sicari inviati dal nostro re per sabotare l’esecuzione: una preghiera per quegli sventurati! Spero che sulla loro via non incontrino l’angelo della morte, assetato delle loro anime; una preghiera anche per tutti coloro che sono morti prima ancora di arrivare al patibolo, che vivono con la mano gelida della grande mietitrice sulla spalla! Che gli dei concedano loro un nuovo meraviglioso risveglio verso l'inconoscibile.
Milyana, sovrana dei maghi ed Evethlon, re degli uomini, non conoscono la parola ‘collaborazione’.
In questi anni di prigionia mi sono interrogato su quale potesse essere il significato di questa guerra fredda, di questa eterna notte senza stelle, di questa asfittica prigionia senza fine, ma gli dei non mi hanno ancora concesso la risposta.
E così scrivo l’ultima pagina di questo diario di guerra. Che le stelle guidino il nostro viaggio lungo il fiume dell’eterno oblio.
Matheus Urundomis, uomo, soldato, poeta e padre.