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Autore: itkindaofhappened    23/03/2014    4 recensioni
-"Ehi, perchè piangi?" un bambino di sei anni la guardava incuriosito, gli occhioni blu spalancati e un sorriso sincero dipinto sul viso.
-"Loro - la bambina indicò un gruppetto di ragazzini a pochi passi da loro- hanno staccato la testa alla mia bambola preferita." disse la piccola dai capelli corti e neri, gli occhi verdi pieni di lacrime.
-"Non piangere, ci sono io adesso." il fanciullo gonfiò il petto, per mostrarsi più grande di quello che in realtà era, e si diresse verso i bulletti che ridacchiavano tra loro.
Era buffo, camminava impacciato e, nonostante lo sguardo duro e fiero, era chiaro che non avrebbe fatto male ad una mosca.
Qualche minuto dopo tornò, seguito dagli altri bambini che, uno ad uno, le chiesero scusa.
-"Io sono Luca, comunque." le porse la piccola mano, un sorriso a trenta denti, due mancavano.
-"Giulia." rispose l'altra, tirando leggermente su il naso, e prendendo la mano dell'altro.
-"Io sarò il tuo eroe, e tu sarai la mia piccola principessa." una mano sul petto, come per fare un giuramento, e l'espressione più convinta che un bambino di sei anni potesse avere.
Quello, fu l'inizio di una grande amicizia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Tra bambole senza testa e principesse senza eroi.



Quella era una delle prime serate primaverili.
Giulia, lunghi capelli neri e occhi verdi come i prati che presto avrebbero ricoperto i giardini, camminava lentamente, la testa immersa in mille pensieri ai quali non riusciva a trovare alcuna fuga.
Non si accorse, quindi, di essere arrivata ad un parco, quel parco.

Quello in cui tutto era iniziato.
Quello in cui tutto era finito.

Ricordi, leggeri come farfalle, le invasero la mente e, proprio come farfalle, volarono via un secondo dopo, lasciandole solo tanta tristezza


Dodici anni prima.

-"Ehi, perchè piangi?" un bambino di sei anni la guardava incuriosito, gli occhioni blu spalancati e un sorriso sincero dipinto sul viso.
-"Loro - la bambina indicò un gruppetto di ragazzini a pochi passi da loro- hanno staccato la testa alla mia bambola preferita." disse la piccola dai capelli corti e neri, gli occhi verdi pieni di lacrime.
-"Non piangere, ci sono io adesso." il fanciullo gonfiò il petto, per mostrarsi più grande di quello che in realtà era, e si diresse verso i bulletti che ridacchiavano tra loro.
Era buffo, camminava impacciato e, nonostante lo sguardo duro e fiero, era chiaro che non avrebbe fatto male ad una mosca.
Qualche minuto dopo tornò, seguito dagli altri bambini che, uno ad uno, le chiesero scusa.
-"Io sono Luca, comunque." le porse la piccola mano, un sorriso a trenta denti, due mancavano.
-"Giulia." rispose l'altra, tirando leggermente su il naso, e prendendo la mano dell'altro.
-"Io sarò il tuo eroe, e tu sarai la mia piccola principessa." una mano sul petto, come per fare un giuramento, e l'espressione più convinta che un bambino di sei anni potesse avere.

Quello, fu l'inizio di una grande amicizia.
E, forse, qualcosa di più.


Giulia sorrise ricordando se stessa e il piccolo Luca.

Si sedette su una vecchia panchina traballante e, l'albero davanti ad essa, le fece ricordare il loro addio.


Nove anni prima.

Sempre il solito parco, sempre gli stessi bambini, solo leggermente cresciuti.
I capelli neri di Giulia arrivavano ormai alle spalle, quelli biondi di Luca creavano un delizioso contrasto con quelli dell'amica
Si erano arrampicati su un alto albero, il loro preferito.
-"Senti Luca – iniziò titubante la ragazza- noi saremo amici per sempre, vero?" domandò, pensando a quello che gli avrebbe detto dopo.
-"Certo che no, noi non siamo solo amici. Tu sei la mia principessa ed io il tuo eroe, ricordi?" gli occhi verdi le divennero lucidi.
L'avrebbe abbracciato, se solo non si fossero trovati sui rami di un albero.
Così, gli riservò il più luminoso dei sorrisi.
-"Quindi fra tre anni, quando tornerò dalla Finlandia, saremo sempre noi?" ecco, aveva sganciato la bomba.
Gli occhi di Luca si spalancarono e la fissarono spaventati, non voleva separarsi dalla sua amica.
-"Perchè vai via?" Giulia fece spallucce, non lo sapeva nemmeno lei, aveva solo capito che riguardava il lavoro del padre.
-"Quando parti?" sperò che fosse il più tardi possibile.
-"Domani." e le sue speranze caddero in frantumi.
Scese lentamente dall'albero, seguito subito dopo dalla ragazza.
Si portò le mani al collo e tolse la piccola catena dalla quale non si separava mai.
-"Ecco, è tua. Quando tornerai me la restituerai e noi torneremo quelli di sempre." gliela agganciò attorno al collo.
Giulia si girò e lo abbracciò, Luca ricambiò la stretta in modo impacciato.
-"Allora ciao." disse e corse via, diretta verso casa.
-"Ciao." rispose in un sussurro lui.


Senza accorgersene sfiorò la catena, non se ne era mai separata.

La strinse forte, ricordando quello che era successo al suo ritorno.


Sei anni prima.


Era tornata, ora doveva affrontare la prima media. Luca, invece, era già in seconda.
Si incontrarono proprio a scuola, il primo giorno.
Era suonata la campanella e Giulia era scesa in giardino, da sola: non era riuscita a fare amicizia con nessuno, era la nuova arrivata.
Sperava solo di ritrovare il suo eroe.
E lo vide, stava scherzando con un gruppetto di ragazzi, tra di loro riconobbe alcuni di quelli che, il giorno del loro primo incontro, le avevano rotto la bambola.
Era impossibile non riconoscerlo, era impossibile non riconoscere la sua rumorosa risata, il suo sorriso luminoso e gli occhi blu vivaci.
Emozionata, si avvicinò all'amico di sempre e aspettò che lui la notasse.
-"Beh? Cosa vuoi, primina?" la guardava dall'alto al basso, le labbra curvate in un leggero ghigno.
-"Non mi riconosci?" gli chiese, gli occhi speranzosi e un sorriso timido.
Se lui non era cambiato di una virgola, lei lo era.
Ora portava degli occhiali orribili, per non parlare dei vestiti.
Inoltre in viso era ricoperto di brufoli.
L'età dell'adolescenza, insomma.
Gli occhi però, quelli non erano cambiati.
-"Come potrei conoscere una come te?" le rispose, sottolineando in modo sprezzante il "te".
Giulia scoppiò in lacrime e corse via piangendo.
In quel momento Luca ricordò quegli occhi.
Gli occhi che, all'età di nove anni, gli avevano fatto battere furiosamente il cuore.
Gli occhi che, spesso, tornavano a tormentarlo nei sogni.
Ma quella non era la bambina di cui si era innamorato, quella era una racchia.
La cattiveria di un ragazzino di dodici anni che pensava solo alle apparenze e all'aspetto fisico.


Giulia si tolse la catena e la buttò lontano, pensando a come si era sentita ferita in quel momento.

I loro rapporti, poi, non avevano fatto altro che peggiorare.
 

Tre anni prima.

La loro amicizia era definitivamente finita. Non c'era più nulla tra i due, nemmeno un saluto.
A volte Luca si divertiva a umiliarla davanti a tutta la scuola o a romperle matite, quaderni e astucci.
Era diventato lui il suo bulletto, altrochè eroe.
Ora andavano entrambi alle superiori, stessa scuola, stesso piano, classi una accanto all'altra.
Era impossibile non incontrarsi durante la ricreazione o all'uscita, e, ogni volta, non perdeva occasione per infastidirla.
Giulia decise di affrontarlo, sperava solo di non peggiorare la situazione.
Lo prese in disparte, durante la pausa pranzo, allontanandolo dalle oche che si portava dietro, queste, vedendoselo portar via, manifestarono apertamente in loro disappunto.
-"E adesso cosa vuoi?" un sorriso arrogante gli incorniciava il volto.
-”Voglio parlare, voglio capire.” gli rivolse un sorriso incoraggiante.

Luca la guardò, quasi schifato.
-”Non c'è nulla da capire, non ti conosco.” continuava a mentire, non voleva che lei capisse quanto gli facesse male il suo ricordo.
Era cambiata, la ragazza brufolosa aveva lasciato il posto ad una splendida fanciulla dai neri capelli.
Gli occhiali erano spariti, sostituiti da un paio di lenti a contatto.
-”Non conosci nemmeno questa?” e gli mostrò la catena che teneva al collo.
Il ragazzo sussultò, non pensava che lei l'avesse tenuta, non dopo tutte le cattiverie che le aveva fatto.
-”Basta con queste sciocchezze, non voglio avere nulla a che fare con te. Ti lascerò in pace, non rivolgermi mai più la parola.” e se ne andò, non una parola, non uno sguardo di più, niente.
Questa volta Giulia non pianse, non aveva più lacrime per lui.
Luca non tornò dalle oche che l'aspettavano: si diresse verso il giardino della scuola e si nascose dietro ad un muro, fumando una sigaretta.
La verità era che si sentiva tradito da lei, lei l'aveva lasciato solo.
Non c'era quando aveva scalato l'albero più alto del loro parco.
Non c'era quando aveva vinto la sua prima partita di calcio da capitano.
Non c'era quando sua madre era morta.
Lei non c'era.
E ora lui non ci sarebbe stato per lei.
Non poteva ignorare, tuttavia, il calore al petto che sentiva quando la guardava.


Giulia non ce la faceva più a stare in quel parco, lasciò la catena per terra, nello stesso punto in cui lui gliel'aveva messa al collo.
Se ne andò, mentre un ultimo ricordo, il peggiore, le tornava in mente.

 

Un anno prima.

I due anni successivi non si erano calcolati, lui aveva mantenuto la parola data.
Così aveva fatto anche lei.
Poi, un giorno, lui era andato da lei.

Si era appostato sotto casa sua, l'aveva svegliata lanciando piccoli sassi contro la sua finestra e poi, quando lei si era affacciata, gli occhi assonnati e i capelli scompigliati, le aveva chiesto di andare a vedere le stelle con lui.
Lei aveva accettato, era il suo compleanno.
Aveva pensato che se ne fosse ricordato, che volesse riallacciare i rapporti.
Iniziarono a frequentarsi, quell'amore assopito, che avevano cercato i tutti i modi di reprimere, era uscito con forza.
Lei si era completamente ed irrimediabilmente innamorata di lui.
Gli aveva dato la sua prima volta e diamine, era stata assolutamente perfetta.
Si era sentita estremamente amata.
Poi aveva scoperto che lui la stava prendendo in giro, o almeno così aveva capito.
L'aveva sentito parlare con un amico mentre gli diceva che il suo piano era quasi completato.
In quel momento non aveva ben compreso di cosa si trattasse.
Il giorno dopo, a scuola, lui aveva chiesto l'attenzione di tutti, voleva fare un annuncio.
Fu lì che capì.
Pensò che volesse darle il colpo di grazia.
Così lo lasciò, lì, davanti a tutti gli studenti e anche a qualche professore.
Era stanca di essere sempre umiliata da quel ragazzo, aveva deciso che sarebbe stata lei, quella volta, a metterlo in ridicolo.
Lui rimase immobile, gli occhi spalancati dallo stupore, il cuore in mille pezzi.

Non la cercò mai, non le chiese mai il motivo del suo gesto.
Lei pensò che questo suo comportamento fosse dovuto al fatto che l'aveva solo presa in giro.
Le loro vite andarono avanti, tutto quello che c'era stato, o non c'erta stato, era stato completamente rimosso dalla mente di entrambi.
Ma non dal cuore.

 

Dall'entata opposta a quella che aveva preso Giulia, stava entrando Andrea.
Si era sentito trascinare lì da una forza superiore e si era diretto verso il loro albero.
Guardando per terra, aveva visto la sua catena.
L'aveva raccolta e stretta in un pugno, poi aveva iniziato a correre verso la casa della ragazza.
In pochi minuti era arrivato al suo cancello, respiro affannato e cuore a mille.
Suonò il citofono e subito rispose la voce dolce della ragazza, chiedendo chi fosse.
-”Sono Luca, dobbiamo parlare.” cercava di avere il tono più fermo e convincente possibile.
-”Luca, vai via.” la voce leggermente incrinata.
-”No, non me ne andrò finchè non avremo parlato.” continuò.
-”Vai via.” e mise giù.

Il ragazzo si guardò in giro, alla ricerca delle macchine dei genitori della ragazza.
Non c'era nessuna delle due.
Decise, quindi, di scavalcare il cancello e di costringerla a parlare, se necessario.
Una volta dall'altra parte, si diresse al balcone e con un balzo raggiunse le sbarre, tirandosi poi su.
Andò alla porta, e poichè era chiusa, iniziò a bussare contro il vetro.
Giulia accorse subito e, vedendolo, si esibì in un'imprecisata gamma di espressioni che fecero sorridere Luca.
-”Ti avevo detto di andare via.” gli disse mentre gli apriva la vetrata.
-”Non potevo non lottare.” le rispose, prima di stingerla in un abbraccio.
Lei per un attimo rimase ferma, poi lo allontanò da se, mettendo le distanze.
-”Hai buttato la mia catena.” le disse in modo atono, mostrandogliela.
-”Non farlo, non venire a rinfacciarmi cose di cui non ho colpa, non venire qua come se non mi avessi mai presa in giro.” stava per mettersi a piangere, lo si sentiva dalla voce.
-”Chi ti ha mai presa in giro?” stava per mettersi ad urlare, ma si trattenne.
-”Tu, quel tuo stupido annuncio. Volevi umiliarmi davanti a tutta la scuola, vero? Ancora una volta!” lei invece si mise ad urlare.
-”Ed io stupida convinta che tu mi amassi.” finì piangendo.
-”Umiliarti? Non è mai stata quello il mio piano.” disse in tono rabbioso.
-”Vedi? Parliamo sempre di piani. Cosa volevi? Cosa vuoi?” era stanca, non ce la faceva piùdi quella situazione.
-”Cosa volevo? Volevo chiederti di fidanzarti ufficialmente con me, stupida. Cosa voglio? Voglio sempre la stessa cosa. Voglio te. Voglio svegliarmi la mattina e sentire il tuo profumo sulla pelle; voglio passarti a prendere e andare a scuola insieme; voglio venire davanti alla tua classe, durante la ricreazione, e baciarti, voglio tornare a casa con te, mano nella mano; voglio preparare con te degli stupidi dolci, che alla fine mangerò solo io; voglio guardare un film con te la sera, abbracciati sul divano, voglio fare l'amore con te, più e più volte; voglio guardarti dormire e sussurrarti parole dolci, anche se non sono il tipo; voglio poterti abbracciare; voglio poterti accarezzare i capelli. Voglio amarti.” disse tutto in un fiato, gli occhi lucidi per l'emozione.
-”Vai via, te lo chiedo un'ultima volta. Tu mi distruggerai e nessuno mi raccoglierai, nessuno mi salverà.” lo stava pregando.
-”Forse ti distruggerò, è vero ma tu stai distruggendo me, adesso.” le si avvicinò lentamente, mettendole le spalle al muro.
-”Amami, ti prego.” le chiese.
-”Amarti? Capisci che un fottuto giorno senza te è una continua morte? Capisci che se non incrocio almeno una volta i tuoi occhi, mi sento vuota? Capisci che non poterti nemmeno sfiorare mi strazia il cuore?
Io senza di te non ce la faccio, ma se dovesse finire tutto? Se dovessi stancarti di me? Sei una dipendenza, una fottuta dipendenza. Sei ciò che mi tiene in vita, il mio horcrux. Capisci che...” ma non ebbe il tempo per finire la frase, le sue labbra erano state coinvolte in un bacio dolce ed irruento allo stesso tempo.

-”Ti amo, principessa.” era la prima volta che glielo diceva.
-”Ti amo.”

 

 

 

  
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