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Autore: formerly_known_as_A    24/03/2014    5 recensioni
Sono immobili, buttati uno accanto all'altro su uno dei materassi di protezione della palestra, le mani palmo a palmo tra di loro con una naturalezza che farebbe pensare che nessuno dei due si sia accorto del gesto.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cuore di Kise batte ancora all'impazzata, nonostante il respiro sia ormai tornato normale e il loro one on one terminato da tempo.

Sono immobili, buttati uno accanto all'altro su uno dei materassi di protezione della palestra, le mani palmo a palmo tra di loro con una naturalezza che farebbe pensare che nessuno dei due si sia accorto del gesto.

Kise sorride, nascondendo il rossore dietro la mano libera e chiude gli occhi, concentrandosi sul calore che quella mano gli trasmette.

Non è morbida o curata, anzi, è resa ruvida dall'abitudine del giocatore di passare una buona parte della propria esistenza con una palla da basket in mano, ma tiene la sua quasi in modo casuale, il pollice che si muove appena sul dorso.

È calda e un po' sudata, ma Kise muove la propria per intrecciare le dita, cercando di non voltarsi verso il compagno di squadra. È difficile, soprattutto dopo un duello così acceso, in cui hanno dato come sempre il meglio di sé, portandosi al limite. È difficile quando, dopo che Aomine l'ha stracciato e lui ha promesso di batterlo, hanno cominciato a baciarsi sul materasso, il respiro ancora affrettato per lo sforzo, Kise che ridacchia di tanto in tanto perché è così felice che non può farne a meno.

Aomine è stato il suo primo bacio.

Ricorda che erano in una situazione del tutto simile, distrutti dopo una delle loro solite partite, spinti fino allo stremo delle forze. Kise convinto che non si sarebbe mai più alzato dal pavimento fresco della palestra, le gambe molli e i polmoni in fiamme.

Erano rimasti così, uno accanto all'altro come stelle marine pronte a seccarsi al sole, anche mentre Kise aveva iniziato a parlare, come ogni volta più libero di esprimere le insicurezze che il suo lavoro portava.

“Devo baciare una modella, nel set di domani.” aveva detto, sentendosi arrossire e dando la colpa all'esercizio fisico.

Stranamente, Aomine l'aveva lasciato parlare. Non aveva chiesto se fosse carina o se fosse messa bene fisicamente, come pensava avrebbe fatto.

Forse aveva intuito il suo nervosismo, forse era soltanto troppo stanco, ma di sicuro lo stava ascoltando con attenzione, perché aveva smesso di respirare forte, come se potesse disturbarlo.

“Non voglio dare il mio primo bacio sul set.” era riuscito a mormorare, un misto di paura ed insicurezza che lo tormentava al centro dello stomaco. Quasi senza pensare, aveva mosso appena la mano verso Aomine, sfiorandogli le dita senza guardarlo. Il soffitto della palestra era sempre uguale, ma sembrava essere diventato improvvisamente interessante.

Aveva sentito le orecchie bruciare, prima della sua risata. L'aveva sentita chiaramente nonostante la sensazione orribile che sembrava schiacciarlo.

Era stato più un incidente ferroviario che un bacio, denti contro denti, i nasi improvvisamente inutili ostacoli in mezzo alla faccia, ma a Kise era bastato ed era tornato a casa subito dopo con un sorriso enorme sul volto.

Il suo primo bacio era stato dato ad una persona importante e per quanto lo riguardava, incisivi salvi per miracolo e naso dolorante inclusi, era stato perfetto.

Aomine l'aveva baciato anche il giorno dopo e quello successivo. L'aveva baciato di nascosto sulle scale che portavano al tetto prima di raggiungere gli altri a pranzo, dopo le loro partite faccia a faccia, accompagnandolo a casa quando non aveva nulla di meglio da fare.

Kise non aveva mai chiesto niente.

I baci di Aomine sono diversi perché riesce a scatenare in lui reazioni che solitamente solo il basket provoca. Ogni volta che lo vede avvicinarsi, quando le sue mani si posano sui suoi fianchi e finiscono su un materasso di protezione quasi a peso morto, il suo corpo si abbandona completamente e, nel contempo, accetta una sfida che non si sono mai lanciati ufficialmente.

Aomine gli fa venire voglia di essere sempre migliore, anche come persona.

È del tutto normale che abbia finito per portargli il pranzo in più occasioni. È normale che sia il primo a cui scrivere un sms quando succede qualcosa di importante. È stato normale regalargli un portachiavi con un minuscolo gatto quando gli ha confessato di non trovare mai il mazzo di chiavi giusto in casa.

Si volta verso di lui senza riuscire a reprimere un sorriso. Ha voglia di appoggiarsi alla sua spalla e dormire, perché pensa sarebbe comodo e ha bisogno di un'ora di sonno prima di andare al lavoro la sera.

Aomine copia la sua posizione, ma lo guarda seriamente, il braccio girato in un modo strano per tenergli ancora la mano nella sua. Comincia a non sentire più i confini tra le due ed è una sensazione caldissima e dolce, quella.

“Kise. Dovremmo smettere con questo.”

Sente il sorriso trasformarsi in una linea dura, le labbra che si separano per la successiva sorpresa, il gelo che l'avvolge nonostante il caldo soffocante.

Non è giusto, pensa, cercando di ignorare la fitta che gli devasta il petto, stavo pensando a quanto fosse bello tenere la sua mano.

“Questo?” riesce a dire, la voce che risuona lontana, ovattata, come se stesse per perdere i sensi.

Kise non ha mai chiesto, ma non ha pensato ce ne fosse bisogno.

Perché c'erano le mani strette e i one on one e i baci, ma soprattutto quelle mani, non necessarie, eppure il gesto che più spesso ripetono.

“Questo, dovremmo smettere questo.” ripete Aomine, facendo un gesto alla palestra che li circonda. Lo fa con la mano che ancora stringe la sua e Kise non riesce a guardarle senza sentire gli occhi bruciare.

Di riflesso, stringe le dita intorno alle sue, puntando uno sguardo annebbiato di lacrime allo spogliatoio. Vorrebbe alzarsi e gridare che non vuole sentire niente di tutto questo, ma non ce la fa davvero. Dovrebbe lasciarlo andare, per questo e non ci riesce, non con la sicurezza che quella sarà probabilmente l'ultima volta.

“Aominecchi.” riesce a dire, la voce priva di ogni forma di allegria.

Non è giusto per niente. Perché ora?

Sente le lacrime scivolare sulle tempie e tenta inutilmente di trattenerle. Aomine sembra non notarle e deve reprimere un singhiozzo.

“Eh?! Perché stai piangendo?!” sbotta, voltandosi finalmente verso di lui.

Gli lascia la mano e Kise cerca di riprenderla, nel panico, ritrovandosi invece il compagno di squadra addosso, le mani sulle guance e il viso vicino come a controllare che non ci sia niente di strano in lui.

Vuole odiarlo, ma le sue sopracciglia corrucciate sono così ridicole che ride e singhiozza allo stesso tempo. Come si permette di farlo ridere in un momento come quello?

Gli tira un pugno sulla spalla per mandarlo via, ma non produce nessun risultato. Al contrario, Aomine si corruccia ulteriormente e gli blocca i polsi.

“Non devi piangere!”

Cerca di calmare le onde di dolore al petto, di dirsi che continueranno a vedersi ogni giorno, che continueranno a parlarsi, ma è difficile rinunciare alla luce appassionata e felice dei suoi occhi, a quei piccoli gesti diventati ormai una routine che non l'annoia mai.

“Tu vuoi lasciarmi! Cosa devo fare?! Lo so che nemmeno stiamo insieme davvero, ma io voglio stare così sempre!” sbotta, arrabbiato e deluso, la tristezza che lo confonde mentre la presa dell'altro ragazzo si allenta, il viso più rilassato in un'espressione stupita.

“C'è un campo da basket vicino a casa mia. Volevo chiederti di andare lì, d'ora in poi, per stare poi a casa e fare qualcosa di diverso dal solito.” risponde finalmente, lasciandogli i polsi e mettendosi a sedere. C'è uno strano stupore, in lui, mescolato ad una delusione che -sa di essere egoista, ma non gli importa- scalda il cuore di Kise di nuovo. Lo sente battere all'impazzata mentre si siede e tende una mano verso di lui, incredulo.

Non vuole lasciarlo.

“Davvero hai un'opinione così bassa di me?” chiede Aomine, sbuffando.
Kise gli vola addosso ed affonda il viso nella sua maglietta, scuotendo la testa con energia. Ha finito la sua resistenza e ha bisogno di quel contatto quanto dell'aria che respira.

“Non voglio lasciare la tua mano!” si giustifica, stringendo abbastanza da rompergli qualche costola. L'altro non si lamenta, tirandogli una ciocca di capelli.

“Sei uno stupido. Non succederà.”

Per sicurezza, però, Kise resta nascosto e stretto ancora un poco.

   
 
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