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Autore: AlyaBlack    24/03/2014    0 recensioni
"-Dovremmo scriverla noi, una storia!- esclamò il giovane, osservandola.
Lei si morse il labbra e corrucciò la fronte, come faceva sempre quando pensava a qualcosa di importante.
-Che storia vorresti scrivere?-
-Voglio raccontare di quella volta che Dioniso pianse tutte le sue lacrime.-
-E come mai piangeva?- chiese la bambina, spalancando gli occhi scuri in un’espressione preoccupata."
Due fratelli seduti in un parco, un libro finito, una storia nuova, per cambiare un po' il solito "e vissero per sempre felici e contenti"...
Buona lettura,
Alya :)
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Silvia&Lele'
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Viola.


Si sedette sulla solita panchina e cominciò a leggere.
Silvia lo ascoltava estasiata, con gli occhi persi nel vuoto e un piccolo sorriso sulle labbra.
Lesse di draghi e principesse, di cavalieri impavidi e di scudieri pasticcioni, di streghe cattive e di re gentili.
E poi anche quella storia finì.
La sua voce si spense gradualmente su quell’ultima, banalissima frase:-E vissero per sempre felici e contenti.-
Chiuse il libro e se lo poggiò sulle ginocchia, girando la testa per osservare la bambina.
-Che bella storia! Come tutte quelle che mi racconti…- disse la piccola, sorridendogli.
Gabriele sospirò.
-Già, esattamente come le altre.-
Silvia si girò veso di lui, confusa. Non capiva la frustrazione del fratello nel leggere storie a lieto fine, scritte in fotocopia. Era ancora piccola.
A vederli da lontano erano proprio belli.
Un ciuffo nero copriva parzialmente gli occhi verdi del giovane, dandogli un’aria malinconica, quella di chi si sforza di andare avanti comunque. Un sorriso malinconico gli arricciava gli angoli della bocca, senza però illuminare il suo volto dai lineamenti affilati.
Il suo sguardo dolce si posava sulla sorella, seduta accanto a lui.
La bambina dondolava le gambe nel vuoto, non riuscendo a toccare terra. Dieci anni di pura allegria, nonostante il suo dolore. Sorrideva allegra, con il viso rivolto in direzione del fratello, senza poterlo vedere, ma felice di averlo accanto.
-Dovremmo scriverla noi, una storia!- esclamò il giovane, osservandola.
Lei si morse il labbra e corrucciò la fronte, come faceva sempre quando pensava a qualcosa di importante.
-Che storia vorresti scrivere?-
-Voglio raccontare di quella volta che Dioniso pianse tutte le sue lacrime.-
-E come mai piangeva?- chiese la bambina, spalancando gli occhi scuri in un’espressione preoccupata.
-Dioniso era un giovane solare, dai capelli color grano e gli occhi viola scuro. Era un dio e come tale rimaneva eternamente giovane. Tutte le dee lo guardavano con affetto e molte giovani erano innamorate di lui. Ma Dioniso era libero e passava le giornate nei boschi, cantando melodie sempre nuove con i merli e le ghiandaie. I conigli, i tassi, i cervi e le volpi uscivano dalle loro tane per sentirlo cantare. Una sera il giovane arrivò nei pressi di una sorgente e si inginocchio sull’erba bagnata di rugiada per bere l’acqua fresca. Quando ebbe finito, alzò il volto, e vide una ninfa sdraiata sul ramo di un albero, a pancia in giù. La fanciulla lasciava penzolare un braccio fino a sfiorare l’acqua con la punta delle dita e, muovendole, creava ponti e bolle sospese in aria, cerchi e spirali che volteggiavano leggere, onde giganti che sparivano a pochi metri dal suo braccio. Era una ninfa dell’acqua, comprese il dio. Quando un immenso arcobaleno si formò in aria per gli schizzi provocati dalla fanciulla, Dioniso si alzò e si avvicinò all’albero.
“Sei bravissima” disse, mentre si arrampicava sul ramo vicino.
“Grazie. Tu non sei molto bravo a passare inosservato. Non con quegl’occhi viola, comunque”.
“Come ti chiami, ninfa?” chiese Amore, estasiato dalla bellezza della ragazza.
“Io sono Ametista, mio signore. Tu, invece, devi essere il dio Dioniso.”
Il dio annuì, sorridendo. Poi si sedette sul ramo, e parlò con la ninfa fino a notte fonda. I due avevano tanto, in comune: entrambi amavano suonare la cetra, parlare con Selene, la Luna, quando si sentivano tristi, e guardare i fiori sbocciare in primavera.
Nacque una bellissima amicizia fra i due, fatta di intesa e fiducia, di sorrisi e scherzi sciocchi. Passavano molte sere a parlare, camminando nel bosco, ma la mattina la ninfa spariva, e Dioniso non sapeva dove andasse.
“Ametista, dove vai di giorno a nasconderti?” soleva chiederle, ma la ninfa rispondeva sempre un posto diverso.
Una giorno Dioniso, quando la vide sparire, tornò alla sorgente dove si erano conosciuti e si sedette sull’erba, poggiando la schiena al tronco scuro dell’albero.
“Acqua” chiamò “tu sai dove si nasconde la mia bella amica? E tu, amico Albero, tu lo sai?” chiese.
“Dioniso, cosa ci fai qui?” la voce della ninfa si levò alta nella radura, ma il dio non riusciva a vederla.
“Dove sei?”
“Dioniso, cosa ci fai qui?” ripetè la voce.
“Sono venuto a cercarti. Volevo sapere perché ogni giorno, con il sorgere del sole, scappi via.”
“Dioniso, io scappo perché sono maledetta.”
“Maledetta? Chi può averti fatto questo?”
“Sono stata maledetta quando ero in fasce. Urano, il Firmamento, mi ha fatto questo. Era geloso di me, e della mia bellezza. Voleva avermi solo per sé. Perciò gettò su di me una potente magia: ogni giorno, con il calar della Luna, sarei dovuta tornare alla mia radura, e nascondermi dietro la cascata, o sarei evaporata sotto i raggi del sole.”
“Come si rompe la maledizione?”
“Non c’è rimedio, Dioniso, nessuno può liberarmi. Questa cascata è la mia unica salvezza.”
Il dio pianse, quella notte, pianse tutte le sue lacrime, fino ad addormentarsi.
La sera quando si svegliò, Ametista era davanti a lui, inginocchiata sull’erba, e fissava qualcosa di fronte a sé. Dioniso si alzò e vide ciò che stava osservando la fanciulla. Una piccola pietra a forma di goccia brillava splendente nella luce delle stelle. La prese in mano e se la rigirò fra le dita. Aveva lo stesso colore viola scuro dei suoi occhi.
“Ametista.” Disse, sorridendo.
“Cosa?” chiese la giovane.
“Ametista. Questa è una delle lacrime che ho pianto stanotte. Voglio darle il tuo nome. In questo modo saremo uniti per sempre. Avrà il colore dei miei occhi, il tuo bellissimo nome e la tua maledizione: di notte splenderà, rifulgendo alla luce della luna, ma di giorno, al calore del sole, sbiadirà, fino ad impallidire.”
Ametista si mise a piangere dalla gioia e una sua lacrima, cadendo sulla pietra, la rese più chiara, donandole un colore più tenue. Così nacque l’ametista.-
Il ragazzo finì di parlare e tacque.
La bambina, vicino a lui, sorrise.
-Che bella storia. E’ molto più bella di quelle che mi racconti di solito!-
Gabriele la abbracciò.
-Grazie piccola mia.-
-Lele- lo chiamava così fin da quando era piccolissima -com’è il viola?-
La bimba sorrise, per niente turbata dalla sua cecità, alla quale si era abituata ormai da tempo. Il fratello la guardò a lungo, non sapendo bene come risponderle. Silvia non aveva mai visto i colori, quindi lui non sapeva bene come rispondere alla sua domanda.
Ad un certo punto sorrise.
-Come tu vuoi che sia.-


Note d’autrice
Ciao a tutti :)
Mi sto concentrando molto sulle OS in questo periodo e vi sto facendo aspettare tanto per il prossimo capitolo della mia long. Sono tremenda, lo so… Vi do il permesso di fucilarmi!
In questo periodo non ho molta ispirazione. Sto cercando di scrivere tutto ciò che mi viene in mente, ma non riesco bene ad assemblarlo.
Questa OS è basata su un mito vero, risalente all’antica Grecia, ma ho voluto cambiarlo un po’ e renderlo più… mio, diciamo.
 
Approfittò di questo spazio anche per segnalarvi una nuova OS su Harry Potter che ho pubblicato da poco: "Come rugiada nei prati"
e per informarvi che la mia long è sempre la stessa, ma ha cambiato nome: ora si chiama "Quali colombe dal disio chiamate"
  
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