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Autore: Saysomething97    24/03/2014    1 recensioni
KURTBASTIAN
Kurt come tutti i giorni scappa da Karofsky e dalla sua banda. Un semplice livido sulla guancia lo farà avvicinare a Sebastian e magari un semplice aiuto da uno sconosciuto si trasformerà in altro.
Dal primo capitolo: *“Okay, comunque sono Sebastian Smythe e sai dovresti metterci qualcosa su quel livido o continuerà a gonfiarsi”
“Cosa sei ora la mia infermiera?”
“Se per te va bene” mi rispose Sebastian facendomi l’occhiolino.
Mi prese per un braccio e mi fece uscire dal locale.
“Comunque non mi hai detto come ti chiami”
“Kurt, Kurt Hummel” risposi.
Non sapevo per quale motivo lo stessi seguendo ma tanto ormai la situazione non poteva peggiorare.*
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Hunter Clarington, Kurt Hummel, Sebastian Smythe, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non resistevo più, la mia vita faceva schifo e nessuno sembrava accorgersene. Le nuove direzioni erano troppo occupate nei loro triangoli amorosi e nelle battaglie per gli assoli, mio padre combatteva contro la malattia, Finn faceva avanti e indietro tra Rachel e Quinn. Ero solo.  

Karofsky continuava a minacciarmi ed importunarmi, ormai era evidente la sua omosessualità, almeno ai miei occhi. Non so esattamente perché ce l’avesse tanto con me, ero come lui! Gli unici due omosessuali al Mckinley e sicuramente per proteggersi dagli altri faceva finta di essere omofobo.

Ogni giorno la stessa storia, facevo corse dall’uscita di scuola fino alla mia macchina per sentirmi sicuro e sperare che in quel tragitto lo scimpanzé e la sua banda non mi fermassero per picchiarmi.

Per fortuna ero brava nel trucco e con un pizzico di fondotinta e correttore riuscivo a coprire qualsiasi segno le corpulenti mani di Karofsky mi procuravano durante le ore scolastiche. Molte volte per rilassarmi dopo le svariate corse che facevo a scuola per scampare al pestaggio, dopo scuola andavo al Lima Bean.

Lì loro non venivano mai, forse lo trovavano troppo un locale da gay.

Lì riuscivo a trovare tranquillità, non avevo i miei problemi e non avevo i problemi della mia famiglia ad infliggermi stress. Potevo stare tranquillamente lì a sorseggiare caffè ed a leggere riviste di modo od a fare i compiti. Mio padre non si preoccupava se stavo un bel po’ di ore fuori, credeva che andassi a corsi extrapomeridiani a scuola o che andassi a fare shopping con Mercedes. A proposito di lei, lei era l’unica  preoccuparsi un po’, non capiva cosa mi succedeva. Mi faceva semplicemente domande del tipo “come ti è andata la giornata?”, “ti vedo pallido è successo qualcosa?” ed io ogni volta rispondevo con “tutto bene” o “non è successo niente”.

Non potevo metterla in mezzo ai miei casini, conoscevo Mercedes, avrebbe agito da sola e la situazione si sarebbe messa male. Non potevo far del male alla mia migliore amica. Alcune volte pensavo di parlarne con i ragazzi del glee, magari loro avrebbero potuto parlare con Karofsky e risolvere la situazione o magari affievolirla. Ma ogni volta ci ripensavo, rimuginavo troppo sulle cose e andava sempre a finire che rimanevo da solo nei miei problemi.

Quel giorno finito il corso di chimica, la mia giornata scolastica era ufficialmente terminata. Come facevo abitualmente feci la mia corsa per arrivare alla macchina ma mentre correvo sentii una mano afferrarmi dal bordo della maglietta e tirarmi indietro fino a farmi cadere.  In quella caduta mi feci male al gomito che sentii incominciare a formicolare.

Quando alzai lo sguardo la scena che mi si mise davanti agli occhi non era niente di nuovo. Karofsky insieme ad Azimio Adams erano davanti a me sogghignado e dandosi
pacche sulla schiena come segno di “ben fatto!” li odiavo, dannazione se li odiavo, se avessi potuto li avrei entrambi infilati nell’acido. Stavo cercando di rialzarmi quando Azimio mi diede un altro colpo e mi rimise a terra. Caddi sullo stesso gomito di prima ed allora parlai:

“Cosa volete oggi? Mi volete colpire perché sono più bravo di voi anche nel football? Quant’è che non vincete senza di me in squadra?” detto questo il viso di Karofsky diventò rosso dalla rabbia.

“Non dovevi dirlo, finocchio” bofonchiò e mi scagliò un pugno dritto sopra lo zigomo sinistro.

Rimasi stupido, mi aveva sempre colpito ma questa volta era stato più forte. Non riuscivo a respirare per il dolore e per lo shock. Per fortuna se ne andarono subito dopo, non prima di darmi un ultimo calcio sulle costole, questo fu opera di Azimio.

Ero rimasto lì disteso per una decina di minuti, avevo provato ad alzarmi ma le gambe non mi reggevano. Dopo aver preso un po’ di forza ritentai, il risultato ci fu. E con calma mi avviai verso la mia macchina, le lacrime cominciavano a farsi sentire calde ed amare scendendo sullo zigomo ormai diventato violaceo e gonfio. Entrato in macchina mi osservai allo specchietto, ecco ora chi glielo spiegava a mio padre questo? Non si poteva di certo coprire con del fondotinta.

Mi sistemai i capelli, era la cosa più futile da fare in quel momento ma non avevo idea di cosa fare realmente.

Stavo pensando di andare al Lima Bean come di programma, ma avrei avuto gli occhi di tutti addosso. E in quel momento era l’ultima cosa che volevo.
Di tornare a casa non se ne parlava, ero troppo sconvolto e continuavo a piangere. Alla fine accesi solamente il motore della mia auto ed uscii dal parcheggio senza una destinazione. Fino a quando arrivai in un piccolo parco non tanto lontano dal Bean, decisi di fermarmi lì per cercare di calmarmi e magari coprire quel po’ che potevo.

All’entrata del parco c’era una piccola panchina malconcia con qualche pezzetto di muschio che le cresceva sopra, decisi di sedermi in quel luogo e cominciare la mia trasformazione. Il correttore ed il fondotinta fecero poco o niente, come immaginavo, ormai ero sconfitto. Stavo già pensando ad una scusa da dire a mio padre, Carole e Finn. Magari avrei potuto dirgli di avrei preso una porta in faccia a scuola, scusa poco credibile ma fu l’unica che mi venne in mente.

Ricominciai a piangere, perché? Perché doveva succedere tutto a me? Mi odiavo per non essere abbastanza forte e coraggioso per affrontare tutto quel casino in cui mi ero messo solamente perché non ero nei loro standards.

Kurt Hummel, il Kurt Hummel fiero di se stesso che camminava a testa alta per i corridoi del Mckinley era ormai polvere, ogni giorno che passava ad essere attaccato da quel gruppo di scimmie solamente per la sua sessualità, lo rendeva più debole e con l’autostima sotto i piedi.

Il Kurt Hummel di qualche mese prima lo avrebbe preso a pugni se lo avesse visto adesso, anche il Kurt di ora lo avrebbe fatto.
“Loser Like Me” gli risuonava in testa, quella canzone lo aiutava sempre: quando Sue Sylvester cercava di distruggere il glee club, ogni volta che perdeva a qualche competizione e quando succedevano episodi come questi.

Ma in quel momento neanche quella canzone riusciva ad aiutarlo, neanche il pensiero che quel branco di animali in futuro avrebbe lavorato per lui.

In quel momento aveva solamente bisogno di qualcuno che lo salvasse dai propri demoni.

Ma Kurt non sapeva che in quel momento quella persona non stava molto lontano da lui, infatti si trovava nel Lima Bean a sorseggiare caffè ed a studiare.
Con un fazzoletto che apparteneva a sua padre e che profumava ancora di lei si asciugò le lacrime e decise di andare al Lima Bean, l’unico posto tranquillo in quel momento e non gli interessava se tutto lo avessero fissato.

Fece la fila con gli occhi addosso di un gruppo di ragazzi e prese il suo cappuccino con un pizzico di cannella.

Si fece strada tra diversi gruppi di ragazzi e si mese seduto al suo solito tavolo vicino alla finestra. I suoi occhi erano ancora rossi e gonfi stessa cosa per il livido enorme sopra la guancia.

Si stava mangiando le unghie e aveva la testa appoggiata su una mano quando un ragazzo alto si mise seduto al posto davanti al suo.

“Ehi ragazzino, come mai così giù?”

Alzai gli occhi a quella voce, e mi ritrovai davanti una ragazzo con due occhi verdi enormi che mi osservavano un ciuffo castano sbarazzino ed un sorriso stampato in faccia. Portava la divisa della Dalton, conoscevo quella scuola. Avrei voluto frequentarla anch’io ma la tassa di quella scuola era decisamente troppo alta per la mia famiglia.

“Non sono cose che ti riguardano” gli risposi, ero già sconvolto di mio non mi ci voleva anche un estraneo ficcanaso che peggiorasse la situazione.

“Calmati tesoro, mi sembravi giù e volevo aiutarti. Sai ti ho notato, quasi tutti i giorni sei qui, esattamente come me, e non ti ho mai visto così. E diciamo che quel livido la dice lunga sulla tua giornata”

Avrei dovuto ridirgli che non erano affari suoi ma invece risposi con:

“Semplicemente una giornata no, non preoccuparti”

Il ragazzo sorrise e mi rispose:

“Okay, comunque sono Sebastian Smythe e sai dovresti metterci qualcosa su quel livido o continuerà a gonfiarsi”

“Cosa sei ora la mia infermiera?”

“Se per te va bene” mi rispose Sebastian facendomi l’occhiolino.

Mi prese per un braccio e mi fece uscire dal locale.

“Comunque non mi hai detto come ti chiami”

“Kurt, Kurt Hummel” risposi.

Non sapevo per quale motivo lo stessi seguendo ma tanto ormai la situazione non poteva peggiorare.
 
 
*Salve popolo di efp! Sono tornata con una nuova ff oggi avevo l’ispirazione e mi sono semplicemente messa a scrivere ed ecco il piccolo scarabocchio che ne è uscito. Spero vi piaccia, era da tanto che volevo scrivere una Kurtbastian quindi eccola qui. Sto anche lavorando alla mia altra storia sebtana, se vi va passate a leggerla, quindi gli aggiornamenti non so come si evolveranno visto che sono un po’ impegnata in questo periodo. Non vi dico niente riguardo la storia nei prossimi capitoli scoprirete tutto. Detto questo vi saluto ed aspetto commenti sia negativi che positivi ovviamente. Un bacio ed alla prossima! Dì*
  
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