Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |       
Autore: BlueMoon_    26/03/2014    0 recensioni
Le amicizie possono nascere anche nei posti più bui, nulla può fermare quel sentimento così potente...
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Lo trovammo seduto affianco al corpo della donna. Era li che la fissava, non riusciva a distoglierle lo sguardo da lei, da sua moglie. La donna era distesa sul pavimento ai piedi del letto. Dalla profonda ferita che riportava sulla testa fuoriusciva un fiume di sangue che le scendeva giù lungo il volto e il collo, fino al pavimento dove formava una pozza che si era estesa enormemente. Il marito l’aveva colpita con un ferma carte che riponeva sulla scrivania; ci disse che era un regalo che la moglie gli aveva portato dal suo ultimo viaggio in Spagna. Era un’assistente di volo.
Il marito era amorfo, stava seduto sul pavimento e accarezzava i capelli alla moglie, giocherellando a intrecciare le sue dita nelle ciocche unte. Aveva gli occhi arrossati e gonfi, di uno che aveva pianto fino allo sfinimento.
“Perdonami” le sussurrava in continuazione “perdonami, perdonami…” non riusciva a dire altro.
Si vedeva che era un uomo distrutto. Ma noi dovevamo fare il nostro lavoro.
I miei colleghi lo strattonavano per le braccia. Non potevo vedere certe scene. Intervenni e lo presi sotto la mia custodia.
Arrivati in centrale cominciarono a interrogarlo; ma l’uomo non riusciva a pronunciare nessuna parola. Si dondolava sulla sedia con lo sguardo perso nel vuoto ripetendo quella semplice parola che lo assillava da casa sua. “Perdonami”. Una parola sussurrata, lieve e poco udibile.
Provavo pena per lui, non riuscivo a vederlo come un assassino. Forse mi feci contagiare dal modo con cui pronunciava quella parola. Proveniva dal cuore.  E non stava mentendo, ne ero sicuro. Avevo assistito a un centinaio di interrogatori e tutti con uomini subdoli, capaci solo di mentire. Nessuno di loro si era mai pentito di ciò che aveva compiuto. Tutti tranne lui. Lui era diverso. Non aveva mai negato l’omicidio, continuava a colpevolizzarsi e a implorare il perdono.
Nessuno aveva capito ciò che provava. Tutti tranne io. Riuscivo a percepire lo stato di confusione, disperazione e dolore in cui si trovava.
I miei colleghi continuavano a urlargli contro di confessare. Ma non capivano che aveva già detto tutto. Attraverso quella singola e semplice parola, egli voleva liberarsi da un peso che gli opprimeva il cuore e lo soffocava. Ma non ci riusciva, perché il ricordo di quella visione gli impediva qualsiasi via di uscita.
Non sopportavo più quel trattamento. Così mi alzai dal posto, andai dall’uomo e lo condussi via. Quando fummo da soli lo lasciai in pace. Non gli dissi niente, non gli feci niente. Volevo lasciarlo da solo, con i suoi pensieri e paure. Gli posai solo delicatamente la mia mano sulla sua spalla per fargli capire che avevo compreso il suo dolore; mi parse di vedere gratitudine nei suoi occhi, ma probabilmente su solo una mia impressione.
Passò un’ora e l’uomo non proferì parola. Stetti lì ancora un po’; poi mi alzai, ma , quando stavo per uscire, mi afferrò la mano.
“Rimanga qui la prego” mi disse con il suo solito filo di voce “Non voglio rimanere da solo. La solitudine mi uccide”.
Non potei far altro che acconsentire alla sua richiesta. Mi risedetti e, con mia grande meraviglia, iniziò a parlarmi e a dirmi tutto.
“Sì, sono stato io ad ucciderla. Io, solo ed esclusivamente io. Ed è tutta colpa mia, per ogni cosa. Io ho iniziato la lite. Io l’ho spinta. Io l’ho percossa. Io l’ho colpita con l’oggetto. Io, io, io e solo io. Lei non ha fatto niente”. Le lacrime sgorgavano, non riuscivano a fermarsi. Compresi che quel giorno non avrebbe detto nient’altro. Gli diedi una pacca sulla spalla e lo lasciai solo. Mentre uscivo alzò la testa dalle mani e mi guardò. Era la prima volta che vedevo sul volto di un detenuto quello sguardo.
Era uno sguardo di ringraziamento.  Compresi che anche la prima volta non mi ero sbagliato.
Tornai a casa, mi immersi nella vasca e pensai.
Mi tornava in mente quello sguardo, così intenso. L’unica cosa di cui quell’uomo aveva bisogno era trovare qualcuno che gli stesse vicino. Non uno che gli mentisse dicendogli che non aveva fatto niente, ma voleva qualcuno che gli facesse compagnia. Ed io ero quella persona. Io riuscivo a capire cosa provava e ciò di cui aveva bisogno.
Il giorno dopo tornai in centrali e andai subito da lui. Fu contento di vedermi. Mi disse che avevano provato a interrogarlo. Questa volta però disse tutto. E si sentì  più libero. Ma il pensiero della moglie lo tormentava.
Mi raccontò di come si erano conosciuti. Si ricordava ogni minimo particolare. Dal vestito che indossava, al trucco, alle scarpe, al sorriso e all’espressione degli occhi. Raccontava tutto con estrema precisione. La voce gli tremava e gli occhi luccicavano. Si vedeva che quella donna era stata fondamentale nella sua vita. Da quello che diceva, lei era stato un dono dal cielo. Era quel tipo di donna che sapeva farti sentire accettato e vivo, che sapeva tirati su il morale e con la quale non ci si annoiava mai, aveva sempre mille idee e riusciva a realizzarle tutte. Mi raccontò che una volta, nel bel mezzo della notte fece le valige per tutti e due e partirono per il mare.
Mi raccontò tutto di lei, cose le piaceva, cosa odiava e cosa adorava fare, come fare la dog-sitter. Amava stare con gli animali.
Più ne parlava e più si sentiva orgoglioso di lei. Era una donna forte e sicura di sé. Il suo punto di riferimento, la sua roccia su cui appoggiarsi.
Quella donna è stata molto importante per lui, ma lo era tuttora. Perché il suo ricordo era ancora vivo in lui e ciò gli conferiva forza e vigore. La presenza della moglie tirava fuori il alto migliore di lui. Era un gran chiacchierone  e questo lo apprezzai molto, perché io invece ero molto introverso. Ma con lui riuscivo a sbloccare il mio vizio di chiudermi al mondo.
 L’unica cosa che non mi disse fu il motivo per cui la uccise. Nemmeno ai miei colleghi, ma a loro bastava la confessione. Io ,invece, ero curioso; ma non volevo essere inopportuno.
I mesi passarono e le nostre chiacchierate si fecero sempre più intense. Ogni giorno lo trascorrevamo insieme, chiusi in quella piccola cella a parlare e ad aprirci l’uno all’altro.
Mai persona mi fu più preziosa di lui.

 
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: BlueMoon_