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Autore: Tati Saetre    26/03/2014    11 recensioni
Edward ha 30 anni, capo della Cullen Media Group, è un uomo presuntuoso, egoista e viziato.
Isabella ha 28 anni, direttrice di una delle Gallerie d'arte più famose di New York, è in cerca dell'uomo della sua vita.
Che cosa li accomunerà per il resto delle loro vite?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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20 Settembre 2001

Secondo capitolo – Non è possibile

20 Settembre 2001

 

“Tieni.” Bella diede una tazza di tè ad Esme. “Stai attenta. E’ bollente.” Sussurrò, facendole una lieve carezza sulla testa.

Esme alzò gli occhi, stanchi e cerchiati dalle occhiaie. “Grazie, tesoro.”

Bella si allontanò, mettendo le mani dentro le tasche di quel cardigan nero che odiava. Le prudeva sotto la pelle nuda, ed aveva la fronte imperlata di sudore, perché aveva preparato tè bollente per tutti.

Si guardò intorno, soffermandosi sulle foto che ritraevano Jasper ed Alice insieme. Felici. E poi… quello che era accaduto poco più di una settimana prima.

 

“Non possiamo avvicinarci troppo.”

“Io voglio andare lì, Edward!”

Erano nella limousine di Edward Cullen, bloccati nel traffico di New York. Ma sapevano entrambi che quello non era un traffico normale.

Lui si tirò i capelli con entrambe le mani, esasperato. “Devi capire che non puoi fare niente, Isabella. Nemmeno se riusciamo ad arrivare al World Trade Center. La voce di Edward era ferma, sicura, senza esitazione.

Stettero in silenzio per minuti interi, finché la limousine frenò di botto, facendoli quasi cadere per terra.

Edward premette un pulsante in alto.

“Eric! Eric, che succede!” Parlava con l’autista.

I-io I-io!”

“Eric!”

“Signore, tiri giù il finestrino.”

Sia Bella che Edward tirarono giù i rispetti finestrini, mettendo la testa fuori. Fra il fumo che arrivava nella loro direzione, si resero conto che erano quasi vicini al World Trade Center.

Accorgendosi che WTC1 stava crollando alla velocità della luce, e poi, scomparve del tutto.

Come se non fosse mai esistito.

 

Bella si strofinò gli occhi, appoggiata alla parete bianca di casa Hale.

“Hai preparato bevande calde per tutti, senza preoccuparti per te.” Si ritrovò Jacob davanti, con una tazza fumante.

“Non ce la faccio, Jake.” Inghiottì il nodo che le si era formato in gola, scacciando con una mano la tazza che Jake teneva in mano.

Bells, non mangi da giorni.”

Non voleva toccare quell’argomento. Perché era vero. Non mangiava da giorni. Qualsiasi cosa ingurgitava, era per tenersi in piedi. Erano giorni che non faceva un pasto sano.

Lei alzò le sopracciglia, facendogli capire che non voleva.

Non voleva parlare di quello che mangiava o no, quando era successo quello che era successo.

Hey, guarda.” Bella alzò gli occhi, fissando quelli di Jake.

“Che c’è?”

Solo Alice poteva riuscire a farmi vestire in questo modo.” Fece un mezzo sorriso, indicando l’abito elegante che indossava, con tanto di giacca e cravatta.

 

Edward aveva lasciato la sua giacca in macchina, aveva tirato le maniche della camicia fino ai gomiti ed allentato la cravatta.

“Sono il dirigente della Cullen Media Group, posso sapere qualcosa?”

“Signore.” Un poliziotto gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla. “Le conviene allontanarsi da qui, il prima possibile.”

“Voglio sapere!” Il poliziotto gli indicò un altro suo collega, in lontananza.

“Lì stanno prendendo i nominativi di tutti. Dei superstiti, delle vittime, di tutte le persone che sono dentro l’edificio. Ma signore, io le consiglio di nuovo di allontanarsi!” Edward nemmeno fece caso alle ultime parole che il poliziotto urlò, perché si precipitò dall’altra parte della strada.

 

“Stai bene?”

“Bella, non preoccuparti per me.” Ricevette un sorriso da Leah, mentre si abbassava di qualche centimetro per accarezzarle la pancia, ormai ben visibile.

Si allontanò di nuovo, entrando nella cucina vuota e sedendosi su uno sgabello. Lì c’era troppo silenzio. I pensieri non la lasciavano stare, bombardandole la testa.

No. No. Non si preoccupi. Sì, la aspetteremo qui. No, l’avvocato ancora non è arrivato. Signora, no. Glielo prometto, non parleremo con l’avvocato senza di voi. Va bene. Arrivederci.”

“Qualche problema?” Non aveva potuto fare a meno di ascoltare la conversazione di Edward.

Lui sospirò, allentandosi la cravatta. Era una cosa che faceva sempre, quando era agitato.

“Gli aeroporti sono ancora bloccati.” Annunciò. “I genitori di Jasper non riescono ad arrivare dal Texas.”

“Oh.”

 

Edward faceva scorrere il dito su quella lista di nomi infinita, senza trovarne uno di sua conoscenza.

A

B

C

D

E

F

G

H

I

Tornò su.

H … Hale.

“Jasper!” Non si rese conto di aver pronunciato il nome ad alta voce, finché Bella non arrivò al suo fianco.

“Cosa? Cos’hai detto? Hai trovato Jasper?”

Il dito di Edward era ancora lì, puntato su quel cognome.

“Edward!” Bella lo strattonò per un braccio, facendole girare nella sua direzione.

“Dov’è? Voglio vederlo! Edward, cazzo!”

“Non ho detto che Jasper è vivo.” Sussurrò appena.

 

“Vuoi una tazza di tè?” Edward rise, scuotendo la testa.

“No, grazie.”

“Okay.”

Si sedette sullo sgabello vuoto accanto a Bella, posando la schiena sul piano cottura.

“Come stai?” Questa volta, fu Bella a soffocare una risata amara. “Una domanda di merda, eh?” Continuò Edward.

“Alice è riuscita a far indossare uno smoking a Jacob.” Disse, poi, indicò loro due. “E guardaci. Noi due, in una stanza da soli, a parlare. Pagherebbe oro, per vedere una cosa del genere. Sussurrò infine, mentre la voce si arrochiva.

Edward le passò un braccio sulle spalle, attirandola a sé.

“Ritornerebbe qui soltanto per vedere una cosa del genere. Poi, se ne andrebbe di nuovo con un ve l’avevo detto io, che potevate andare d’accordo’.” Bella soffocò una mezza risata nel petto di Edward, mentre lui imitava la voce di sua sorella.

Perché quello gli era rimasto.

Jasper non c’era più. E con lui, nemmeno Alice.

 

22 Settembre 2001

 

Isabella bussò lentamente, e senza sentire una risposta, entrò cautamente nella stanza.

Era piena di fiori, bigliettini d’augurio per una pronta guarigione ed una ragazza dai lunghi capelli neri era sdraiata in un letto, proprio al centro.

Bella posò i fiori nuovi sul comodino, prendendo quelli vecchi e buttandoli nella spazzatura.

Mmh.”

Hey.” Sussurrò appena, avvicinandosi alla ragazza. “Non volevo svegliarti, scusa.”

“Non preoccuparti.”

“Come ti senti?” Bella le accarezzò la fronte, per poi sedersi su una sedia lì a fianco.

Meglio. Il Dottore ha detto che la prossima settimana potrò tornare a casa.

“E’ fantastico, Angela.”

Ma dovrò tornare tutte le settimane, per la fisioterapia.”

Angela era sopravvissuta.

Ed ora era lì, su un lettino d’ospedale, con una gamba in meno.

“Tesoro, stai tranquilla.” Le disse Bella, vedendo che i suoi occhi diventavano lucidi.

“Lo so. So anche di essere una delle persone più fortunate al mondo, Bella. Eppure…” Non finì la frase, perché il cellulare di Bella iniziò a squillare.

Lo tirò fuori dalla tasca, e senza vedere chi fosse, fece per spegnerlo.

“No, Bella. Rispondi. Si può trattare di qualsiasi emergenza.” Annuì, riprendendo il cellulare in mano.

“Pronto.”

“Isabella.” Edward.

Hey. Che succede?”

“Potresti venire a casa di mia madre?” La sua voce era incerta.

“Che succede?”

“Vieni e basta.” Edward le attaccò praticamente in faccia.

“Problemi?” Le domandò Angela.

“Non lo so, ma devo andare. Passo domani, promesso.” Le schioccò un bacio in fronte, uscendo dall’ospedale.

Cosa diamine voleva Edward Cullen da lei?

 

 

Hey.” Isabella trovò Edward in giardino, con le maniche della camicia fino ai gomiti, senza giacca e con la cravatta allentata.

Flashback.

In quel momento, però, teneva una sigaretta accesa fra le dita.

“Da quant’è che fumi?”

“Da sempre.” Disse lui, scoccandole un’occhiata. “Entra. C’è Esme, Carlisle, e i genitori di Jasper.

“Perché sono qui?”

“C’è anche l’avvocato, Isabella. Entra.” Questa volta era un ordine.

Bella issò la borsa sulle spalle, sorpassò Edward ed entrò in casa Cullen senza bussare.

Esme, Carlisle, la signora e il signor Hale erano seduti intorno a quell’enorme tavolo, mentre l’avvocato, era a capotavola.

“Ciao, tesoro.” Esme accennò un lieve sorriso, e Bella le rispose con un cenno della mano.

Si sedette dall’altra parte del tavolo, posando la borsa a terra.

“Lei deve essere la Signorina Swan.”

“Posso sapere perché sono qui?”

L’avvocato ed Isabella aprirono bocca nello stesso istante.

“Signorina Swan, io sono l’avvocato Denali.” Era un uomo sulla sessantina, capelli e barba bianca, in una posa austera.

“Sì. Ed io sono la signorina Swan, questo è chiaro.

Non le piacevano i giri di parole. Preferiva arrivare dritta al punto.

“Credo che nessuno l’abbia informata su quello che è successo, pochi minuti fa.” Bella guardò prima Esme, poi Carlisle.

No, nessuno le aveva detto nulla.

“No.”

“I signori Hale, appena sposati si sono recati da me, per parlare di alcune questioni.”

“Appena sposati?”

Bella si immaginò un’Alice di diciotto anni, appena uscita da Las Vegas con un abito comprato dieci minuti prima, e un Jasper di appena vent’anni con uno smoking di due taglie più grandi della sua.

Era stato un matrimonio fatto su due piedi. Jasper aveva avuto la brillante idea di chiederle la mano dopo la cerimonia del diploma, e lei aveva accettato su due piedi.

Quindi, si erano ritrovati novelli sposi in meno di una mezza giornata, con Isabella Swan ed Edward Cullen testimoni di quel gran giorno.

“Sì, signorina Swan. Avevano previsto ogni cosa, decidendo anche a chi sarebbe andata la loro casa e le bambine.

Isabella non sapeva a chi sarebbe andata quella villa enorme, frutto di anni di duro lavoro, situata nella periferia di New York. Eppure, sapeva benissimo a chi sarebbero andate le sue nipotine: ad Esme e Carlisle.

I genitori di Jasper vivevano in Texas, ed Alice non le avrebbe mai lasciate andare così lontano.

Ad Esme e Carlisle.” Disse, indicando le due persone proprio accanto a lei.

Esme aveva quarantacinque anni, e Carlisle ne aveva appena compiuti cinquanta. Avevano avuto Edward ed Alice da giovani, con appena due anni di differenza.

Lei era una mamma ed una nonna fantastica, mentre Carlisle, beh… era Carlisle.

L’avvocato Denali si rilassò sulla sedia.

“E’ questo il punto, signorina Swan: i signori Hale non hanno dato queste indicazioni.”

“Come, scusi?”

“Proprio così.” Aggiunse Esme, prendendo la mano di Isabella e portandola sul tavolo. Stringendola lievemente. “Alice e Jasper hanno lasciato un testamento, dove le bambine vanno a te e… a Edward.” Disse infine.

Bella passò in rassegna ogni volto in quella stanza, soffermandosi su quello di Edward, appoggiato allo stipite della porta a qualche metro da lei.

E l’unica cosa che pensò era che si sarebbe fumata volentieri quella sigaretta anche lei.

   
 
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