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Autore: Emo pumpkin    26/03/2014    2 recensioni
una notte di novembre Alec si trova seduto su un marciapiede.
dal testo: "Rimango seduto sul marciapiede guardando ogni tanto quella porta, immaginandomi a suonare quel campanello in ottone. E anche sta sera, in questa notte di novembre che sa di pioggia, sono qui seduto sul cemento gelido dando le spalle alla casa"
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IN A COLD NOVEMBER NIGHT
 
 






Dovrei tornare all’Istituto, di corsa anche, eppure sono di nuovo qui, in questo vicolo di Brooklyn.
Sono settimana che praticamente ogni notte torno qui e… non faccio niente.
Rimango seduto sul marciapiede guardando ogni tanto quella porta, immaginandomi a suonare quel campanello in ottone. E anche sta sera, in questa notte di novembre che sa di pioggia, sono qui seduto sul cemento gelido dando le spalle alla casa. Mi prendo la testa tra le mani, affondando le dita tra i capelli troppo lunghi che mi ricadono sugli occhi. In questi momenti mi odio. Odio la mia dannata vigliaccheria che mi impedisce di suonare quel maledetto campanello; odio le mi gambe che tremano quando penso a lui; odio i miei piedi quando esco dall’Istituto e inevitabilmente mi ritrovo qui.
Il rombo di un tuono fa vibrare i vetri delle finestre in questa via e subito inizia a piovere.
Rimango immobile sentendo l’acqua fredda che mi bagna i capelli e in gelidi rivoletti tra scende tra le scapole.
Dieci minuti dopo sono bagnato fradicio, la maglietta logora si attacca al torace, la giacca in pelle pesa il doppio.
Di colpo com’è arrivato, l’acquazzone finisce, anzi no, sono io a trovarmi sotto a un ombrello.
-Sali, Alec-
Riconoscerei questa voce tra un milione.
-Non importa Magnus, devo tornare all’Istituto- faccio per alzarmi e andarmene, ma una sua mano sulla spalla mi trattiene.
-Sali-
-O-ok- balbetto.
Lo seguo su per le scale del palazzo; è in pigiama, un paio di pantaloni di seta verde smeraldo e una maglietta bianca, semplice per i suoi soliti standard, i capelli neri sono sciolti sulla schiena e senza un filo di glitter. Nemmeno il suo viso è truccato e i suoi occhi felini sembrano più grandi e brillano anche senza il solito eyeliner.
L’interno dell’appartamento è cambiato, sembra quasi una casa normale adesso: in cucina c’è un tavolo in legno con attorno quattro sedie spaiate, in salotto troneggia un divano blu in pelle, di fronte alla televisione ultimo modello. Solo le tende sono le solite: viola con il bordo foderato in pelliccia bianca.
Seguo Magnus in salotto.
-Be’ cosa aspetti?- domanda dopo un po’.
-Co-cosa?-
-Togliti i vestiti…-
Strabuzzo gli occhi.
-… o ti prenderai l’influenza. Vado a prenderti qualcosa di mio da mettere-
Lo guardo salire le scale tre gradini alla volta.
Faccio ancora in tempo a scappare ma poi decido che è meglio di no e così mi tolgo la giacca lasciandola a terra dove forma un alone bagnato sul pavimento.
Dal piano di sopra giungono strani rumori: probabilmente Magnus sta rovistando nel suo enorme armadio alla ricerca di qualcosa di assurdo da fami mettere.
Mi sfilo la maglia dalla testa rimanendo a torso nudo.
-Dovresti toglierti anche pantaloni  e boxer- dice Magnus dal pianerottolo.
Sento il mio viso avvampare.
-Tranquillo, non guardo. Tieni questi- mi porge un paio di jeans neri e un maglione blu.
Poi si dirige in cucina sorridendomi un’ultima volta.
Mi svesto in fretta e altrettanto velocemente mi metto i vestiti di Magnus.
-Sapevo che quel colore ti sarebbe stato benissimo- dice.
Mi volto verso di lui abbozzando appena un sorriso.
Lui si siede sul divano porgendomi una tazza di caffè fumante.
-Come mai questo arredamento?- domando tanto per dire qualcosa mentre mi siedo dalla parte opposta del divano.
Magnus scrolla le spalle: -E’ un esperimento, volevo vedere come era questa casa con un aspetto normale, e devo dire che non è così male come pensavo, è solo strano-
Gli sorrido e lui continua a fissarmi così mi guardo i piedi rimanendo in silenzio.
-Come mai sei venuto?- domanda all’improvviso.
Mi aspettavo quella domanda ma non riesco a impedirmi di sussultare –Non  so cosa vuoi dire. Stavo passeggiando per schiarirmi le idee e sono capitato qui per puro caso- non posso far altro che arrampicarmi sugli specchi mentendo spudoratamente.
Lo sento imprecare in lingua demoniaca.
Magnus, sempre così controllato e moderato che impreca?
-Non mi mentire, Alec. Sono giorni che ti guardo dalla finestra sperando che tu riesca a suonare quel campanello e a trovare il coraggio di salire-
Ogni parola mi colpisce come una frustata, sento tutto il dolore nella sua voce e fa male anche a me.
-Mi dispiace-  sussurro.
Sbuffa, balzando in piedi –Ti dispiace?! No, Alec! Dispiace a me! IO potrei renderti felice ma tu continui ad amare un altro per cui sarai sempre e solo un fratello!- grida.
Sento gli occhi bruciare ma mi alzo per affrontarlo guardandolo negli occhi -Io non amo Jace! Io amo TE!- 
Rimane a bocca aperta, mi si avvicina quasi incespicando.
-Tu... tu hai detto…?-
Oddio, non ci credo! Gli ho davvero urlato che lo amo? A quanto pare si…
-Sì, l’ho detto-
Magnus mi salta in braccio, stringendosi a me con gambe e braccia.
Per poco non cadiamo entrambi sul pavimento, ma se fosse successo non me ne sarei accorto tanto il bacio di Magnus è travolgente.
-Non sai da quanto aspetto questo momento- mi sussurra accarezzandomi il contorno del viso con la punta delle dita.
-Mi dispiace- mormoro sulle sue labbra.
-Troverai il modo di farti perdonare- dice malizioso.
Ci baciamo ancora con più slancio di prima.
Le nostre labbra combaciano alla perfezione, la mia lingua gioca con la sua mentre le sue braccia si stringono attorno al mio collo.
L’Istituto può aspettare fino a domani mattina.

 
  
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