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Autore: Harryette    26/03/2014    7 recensioni
Se esisti, esiste una posteriorità. Ma se sei presente eppure non esisti, che cosa c’è dopo?
Se ci sei ma non ti senti, e non lo senti, come ti senti?
Se esisti, senti. Ma se non senti niente? Se non senti niente ma sei reale, quanto e come vivi?
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti
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All the little lights.
We’re born with millions of little lights shining in the dark
and they show us the way.

Il piumone di casa di sua nonna è verde, ma di un verde così spento che proprio non sa che cosa fare per convincerla a gettarlo una volta per tutte. Fuori dalla finestra le luci illuminano le strade, due lampioni dal colore scolorito come quel piumone allietano quella via asfaltata, desolata e triste. Così tanto che non sa che cosa far per convincere la nonna a cambiare casa. I suoi occhi brillano nel buio della notte, fiocamente, come quei lampioni che sono come quel piumone che a sua volta è proprio come lei. Perché le hanno sempre ripetuto che non sei quello che hai, che vali per ciò che custodisci dentro, ma lei non sa cosa ha dentro quindi- a questo punto- come la vedono? Come appare?
Perché ha due occhi quasi gialli, che ha sempre detestato con tutta l’anima, perché ha i capelli più neri della morte- e questo è un dato di fatto-, ha tre buchi all’orecchio sinistro e uno solo a quello destro, ha la frangetta e le gote sfiorite ma poi? E’ tenuta in piedi da duecentosei ossa e da strati e strati di carne pallida, ma sotto? Cosa c’è sotto?
Se non sei quello che hai fuori ma quello che hai dentro, lo sai per certo cosa hai dentro?
E se ti amano per quello che trasmetti e per quello che mostri, lo sai per certo quello che trasmetti e quello che mostri?
E magari, poi, la incontri quella persona a cui piaci sia fuori che dentro e allora poco importa se non sai cosa contieni interiormente, perché sai come sei esteriormente, no? Perché hai tre specchi a casa, uno nel bagno, uno in camera tua e uno nella camera di tua nonna, e allora devi saperlo per forza chi sei e come sei. Perché un conto è l’apparire, ma un altro è l’essere.
Ma allora sei quello che appari, o appari per quello che sei?
Sei la ragazza nello specchio o sei la ragazza dentro lo specchio?
Sei la ragazza che ride e a cui le si forma una fossetta sulla guancia destra, o sei la ragazza che piange e a cui le si forma una ruga fra le sopracciglia? E cosa le distingue? Un sorriso? Una lacrima? Una ruga? Una fossetta?
Sei sempre tu quindi, infondo, che importa alla gente se piangi o ridi? Se hai una fossetta o una ruga? Cosa importa alle persone che ti stanno attorno se stai bene o no? Tanto ci sei comunque, quindi è quello che conta. E non importa nemmeno se ci sei per quello che hai dentro o per quello che sei fuori, perché si fermano all’esistere e non vanno oltre. Perché o ridi o piangi, o sorridi o strepiti, ci sei comunque e quindi va bene. Va bene e basta.
Ma chi sei? Per chi sei?
Sei coperta da un piumone verde ed orribile, e questa è un’ovvietà, ti sporgi alla finestra e maledici i lampioni sfioriti, ed è un’ovvietà anche questa. Ogni mattina vai a scuola, magari prendi un bel voto o magari torni a casa piangendo, ma dopo? Cosa c’è dopo?
Se esisti, esiste una posteriorità. Ma se sei presente eppure non esisti, che cosa c’è dopo?
Se ci sei ma non ti senti, e non lo senti, come ti senti?
Se esisti, senti. Ma se non senti niente? Se non senti niente ma sei reale, quanto e come vivi?
E se credi al ‘’vivere felici’’, allora dovresti avercelo un finale felice no? E’ una prassi, come minimo. Ma chi te lo dice? Dove sta scritto?
Perché, alla fine, quanti credono al ‘’vivere felici’’?
E quanti credono al ‘’vivere’’?
E quanti, invece, credono?

Perciò, in conclusione, capisci che quel poeta di cui non ricordi neanche il nome aveva ragione quando diceva che nella solitudine, l’individuo è divorato da se stesso ma nella moltitudine è divorato dagli altri. O sei incudine o sei martello. Ma tu cosa sei?
Ora scegli.
  
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