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Autore: BabyLolita    26/03/2014    5 recensioni
Vorrei dirti quello che penso di te, ma non posso farlo. Vorrei poter esprimere liberamente i miei sentimenti, ma la nostra attuale situazione mi impedisce di confessarti tutto. Vorrei gridare al mondo quanto ti trovo stupenda, ma se lo facessi rovinerei tutto quanto.
La nostra relazione si basa su un accordo che non posso infrangere, perché se ti confessassi ciò che provo davvero, perderei tutto quello che sono riuscito ad ottenere. Perché tu hai bisogno di me, ed io ti amo più di chiunque altro al mondo.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nathaniel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: Salve a tutti! Premetto che è la prima storia che scrivo su Nath e, sebbene lui all'inizio del racconto sia un "determinato tipo di personaggio" vi garantisco che le cose, man mano che avanzano i capitoli, cambieranno decisamente =D Quello che apprezzo particolarmente di questa storia è la trasformazione che il personaggio principale ha man mano che le cose intorno a lui cambiano, man mano che prende coscienza di ciò che desidera davvero! Beh, buona lettura!!! =D




Mentre giro per i corridoi con un plico di fogli in mano mi chiedo perché non mi decido a mollare tutto e smetterla di essere il delegato scolastico. Cammino a passo lento rallentando ogni tanto cercando di non far cadere tutto quanto. Sbuffo facendo spostare a lato del mio viso un ciuffo noioso che da qualche minuto mi perseguita. Non appena arrivo alla sala delegati cerco di aprire la porta con il gomito e dopo un paio di tentativi ci riesco senza combinare disastri. Spalanco la porta dandole una leggera spallata e mi avvicino alla scrivania appoggiandoci il pesante strato di fogli. Alzo le braccia al cielo stirandomi e prendendo una bella boccata d’aria prima di uscire dalla sala dirigendomi verso la mia classe. Cammino a passo svelto nel corridoio, voglio arrivare non appena scocca il cambio dell’ora. Salgo le scale raggiungendo il primo piano e proseguo lungo tutto il corridoio raggiungendo l’ultima porta sulla destra. Osservo il foglio appeso con la scritta 5A e mi accorgo che è tutto scarabocchiato. Sbuffo annoiato sapendo di dover fare l’ennesima ramanzina a Castiel. La campanella suona ed io apro la porta spostandomi di lato per far uscire il professore salutandolo con un leggero inchino. Mi dirigo al mio banco: il primo a sinistra, accanto alla finestra. Non appena mi siedo sento qualcosa cadermi sui pantaloni. Abbasso lo sguardo osservando una bottiglietta d’acqua ormai vuota cadere suoi miei pantaloni diventati fradici. Osservo con disappunto il filo che dalla bottiglia si collega alla mia sedia e ci metto meno di un secondo ad identificare il colpevole. Afferro la bottiglia slegandola dal filo ed alzandomi reggendola in mano. Mi volto andando a cercare il suo volto infondo all’aula.
   «Ehy signor delegato te la sei fatta sotto?» Urla Castiel sorridendomi come se umiliarmi fosse la sua unica ragione di vita.
Alzo gli occhi al cielo cercando di controbattere ma so che non avrebbe senso. 
Mai confrontarsi con uno stupido, prima ti porta al suo livello e poi ti batte con l’esperienza. 
Penso facendo spallucce e dirigendomi verso il cestino della plastica. Getto la bottiglia e saluto il professore dell’ora seguente scusandomi per il fatto che devo allontanarmi per mettermi un paio di pantaloni della tuta. Il professore mi fa cenno di stare tranquillo e noto nei suoi occhi un velo di compassione. 
Già…È questo che suscito alle persone…Gli faccio pena perché da sempre sono vittima degli scherzi di Castiel. 
Esco dall’aula chiudendomi la porta alle spalle. Faccio qualche passo appoggiandomi al muro ed abbassando lo sguardo a terra. Cerco di ripensare ai primi anni delle superiori, quando ancora avevo la voglia di controbattere ad ogni suo scherzo. Da allora è passato parecchio tempo e l’esasperazione ha preso il sopravvento cosicché mi sono adeguato alla situazione limitandomi a sgridarlo quando compie atti di vandalismo verso la scuola ma non verso di me. Sto per ripartire dirigendomi verso lo spogliatoio della palestra quando la porta della classe davanti alla mia si apre. Osservo il foglio con scritto 5C indietreggiare seguendo la porta mentre essa si apre ed alle sue spalle compare l’unica persona dalla quale non vorrei farmi vedere in questo stato. I suoi occhi blu mi scrutano imperturbabili, prima sorpresi poi impassibili. Mi passa in rassegna accorgendosi subito dei miei pantaloni bagnati. Cerco di nascondermi come posso mentre il mio volto è diventato rosso come il sole:
   «N-non è come pensi… »
Cerco di sviare ogni possibile dubbio me lei resta inespressiva, come se non le importasse più di quel tanto.
   «Castiel?» si limita a dire.
   «Già…»
Incrocio il mio sguardo con il suo immaginandomi di vedere quella classica nota compassionevole che vedo in tutti quelli che mi osservano dopo che Castiel mi ha giocato un brutto tiro. Ma nei suoi non lo noto, anzi, non ce n’è alcuna traccia. La osservo fare spallucce e passarmi davanti. I miei occhi non l’abbandonano nemmeno per un istante. I suoi lunghi capelli viola ondeggiano lisci lungo la sua schiena. Indossa una maglia bianca attillata con la scritta “angel” sul davanti e due ali disegnate sulla schiena che scorgo appena. Le gambe sono avvolte in dei jeans blu come i suoi occhi ed ai piedi indossa della all stars nere. La osservo camminare fino al bagno e sparire entrandoci senza più degnarmi neppure di un’occhiata. Chiudo gli occhi e mi massaggio le tempie cercando di calmare il batticuore. Cerco di riportare alla mente il momento in cui ha fatto breccia nel mio cuore. Ricordo perfettamente il primo giorno che si trasferì qui: all’epoca portava i capelli a media lunghezza, le arrivavano giusti alle spalle. Quel giorno indossava una maglia verde con una mela rossa sul lato sinistro e degli shorts neri. Si presentò in sala delegati consegnandomi i moduli per il trasferimento, era l’inizio del secondo anno. Subito non mi suscitò nessuna particolare emozione. Tra l’altro, in quel periodo, ero il primo a non occuparsi di faccende sentimentali. Avevo respinto Melody da poco anche perché in lei non vedevo, e nemmeno ora vedo, nulla più di una semplice amica. Il mio unico obbiettivo era quello di fare bene il mio lavoro di delegato e far rispettare le regole a tutti gli studenti. Ricordo che i miei litigi con Castiel erano frequenti e più di una volta avevano portato a risse talvolta parecchio pesanti. Ci sono state sospensioni, cali nel rendimento e persino io venivo sgridato per cose che non facevo. Con il tempo persi la voglia di stare dietro a molte cose. Una mattina ero uscito a prendere una boccata d’aria durante l’intervallo. Mi ero rintanato nel club di giardinaggio ben sapendo che nessuno lo frequentava se non durante i corsi pomeridiani. Ero nascosto tra le rose quando un rumore attirò la mia attenzione. Mi alzai avvicinandomi lentamente verso quel suono quando mi accorsi che lei era lì. Ci misi alcuni minuti prima di ricordare il suo nome. Era passato un anno dal suo trasferimento e non ci eravamo scambiati molte parole. Mi ero accorto che era una ragazza parecchio fredda e distaccata, spesso persa nel suo mondo. Pareva sempre distratta ma sufficientemente attenta da cogliere quei dettagli che le servivano per scrivere qualcosa, che immaginavo fossero poesie, nel taccuino che si portava sempre dietro. La osservai inginocchiarsi a pochi metri da me e, senza accorgersi della mia presenza, iniziare a chiamare ad alta voce un nome:
   «Luna! Ehy Luna!»
La guardavo curioso mentre ancora nella mia mente cercavo di ricordare il suo nome. Poco dopo una gattina comparve saltando il cespuglio e raggiungendola. Lei si mise ad accarezzarla ed estrasse dalla borsa una ciotola ed una bottiglia di latte che versò per nutrire la piccola. Avrei dovuto fermarla dato che non si possono portare animali nella scuola ma, per qualche motivo, non lo feci. Rimasi inebetito a guardarla fino a quando, non appena la gattina ebbe finito di mangiare, le saltò addosso sorprendendola e facendola sedere. Fu in quel momento che il mondo mi sembro smettere di girare, per poi riprendere a farlo nel senso opposto. I miei occhi si sgranarono e la mia bocca si aprì sorpresa mentre sul suo volto sempre così gelido comparve il sorriso più bello che ebbi mai visto. Fu in quel preciso istante che qualcosa cambiò, nell’esatto momento in cui nella mia mente comparve a caratteri enormi e splendenti il suo nome: Celeste.

Sbatto le palpebre in fretta riportandomi alla realtà. Controllo l’ora e non appena mi accorgo che sono passati più di dieci minuti scatto correndo verso la palestra per cambiarmi. 
Il professore mi ammazzerà me lo sento. 
Fortunatamente il docente non fa caso al mio ritardo, anzi, non si accorge neppure del fatto che sono rientrato. La cosa in parte mi ferisce perché dimostra quanto poco io susciti l’interesse delle persone. Subito Celeste mi torna alla mente. 
Come potrei mai piacere ad una come lei se nessuno si accorge nemmeno che esisto? 
Allo scoccare dell’intervallo esco dall’aula scendendo al piano di sotto per raggiungere le macchinette. Mentre cammino vedo in lontananza Armin che parla con lei. Il mio cuore si irrigidisce pervaso da una scossa di gelosia. Armin ed Alexy sono due gemelli che si sono trasferiti nel nostro istituto a metà dell’anno scorso. Non so per quale motivo ma Celeste ed Armin sono spesso assieme e questo mi fa supporre che, dato che lei non ha legami con nessun altro, lui sia il suo genere di ragazzo. Mentre ci passo accanto faccio finta di nulla e proseguo dritto per la mia strada. 
Che dovrei fare? Cosa potrebbe mai fare uno come me? Non sono come Castiel che subentrerebbe portandola via esercitando il diritto di proprietà. Non sono neppure come Lysandro che con quel suo fare da persona d’altri tempi attira le attenzioni di tutti e la porterebbe via con una frase d’effetto che Armin nemmeno afferrerebbe. Tantomeno sono come Kentin, diventato uno dei beniamini della scuola dopo il suo ritorno dalla scuola militare, e che l’attirerebbe con qualche metodo che non riesco neppure ad immaginare. Io sono solo…una persona timida e sincera. Non conosco cose come la prepotenza o la violenza e anche volendo non riuscirei mai ad usare paroloni per indurre qualcuno a seguirmi o altro. 
Mentre mi rassegno all’idea di essere una persona totalmente anonima e senza speranze infilo le monetine nella macchinetta selezionando un cappuccino. Non appena la bevanda è pronta afferro il bicchiere rigirandolo tra le mani. La schiuma pare aver formato una specie di cuore mescolandosi con il caffè. 
Pure tu ti prendi gioco di me? 
Inizio a sorseggiare la bevanda semi-fredda. Purtroppo la scuola non ha abbastanza fondi per permettersi una nuova macchinetta quindi tutto quello che possiamo permetterci è questo catorcio sforna bevande leggermente tiepide.
   «Non sapevo che anche tu prendessi il cappuccino.» la sua voce entra nelle mie orecchie improvvisamente, spaventandomi a sufficienza da farmi mollare la presa facendo finire il resto della bevanda sui miei pantaloni. Celeste mi guarda incredula mentre infila le monete e preme il pulsante del cappuccino. «Allora è una tua mania quella di macchiarti i pantaloni.»
   «N-non proprio…diciamo che mi hai semplicemente spaventato.»
La osservo alzare un sopracciglio come se la mia storia non reggesse. Estraggo un fazzoletto dalla tasca e sto per abbassarmi per pulirmi il ginocchio quando lei me lo frega dalle mani.
   «Lascia, faccio io. Infondo è colpa mia, no?»
Conclude la frase senza nemmeno guardarmi negli occhi ed inizia ad asciugare quello che può dai miei pantaloni. La situazione è tremendamente imbarazzante e, senza volerlo, inizio a diventare rossissimo. Quando si rialza e si rende conto del colorito un po’ troppo acceso del mio volto fa una faccia strana.
   «S-sto bene.»
Mi limito a dire portandomi una mano sul volto.
   «Tu sei…strano.»
Così è questo che pensa di me? 
   «Me lo dicono in tanti…»
   «Nono tu sei strano forte…ma in senso buono. Voglio dire… sei particolare.»
   «Particolare? Beh, se per particolare intendi privo di caratteri distintivi allora si, direi che sono particolare.»
   «È proprio questo che trovo particolare. Tu non sei qualcuno che si fa vedere per qualcosa o è riconosciuto da tutti perché ha un determinato carattere. Tu…sei tu e basta.»
   «E dovrebbe essere un pregio?»
   «La domanda giusta è… tu lo vedi come un difetto?»
   «Beh…la gente non si accorge nemmeno che esisto. Eccetto Castiel. Lui mi vede solo perché deve dimostrare che è superiore a tutti.»
   «Vorrà dire che solo le persone che lo meritano si accorgeranno di te.»
   «Ah si? Beh mi pare che siano cinque anni che sono qui dentro eppure sono sempre stato invisibile, a parte per qualche rara eccezione.»
   «Le cose possono sempre cambiare, non pensi?»
   «E come?»
   «Beh, per iniziare in questo modo.» mi dice porgendomi la mano. L’aria intorno a lei è ancora impassibile ed il suo sguardo come sempre non trasmette emozioni, ma nella mia mente ricordo ancora quel suo viso splendente. Avvicino la mia mano alla sua e lei l’afferra stringendola forte. Il mio cuore sussulta ma cerco di non scompormi per non far trasparire la mia emozione. «Bene, ora siamo amici.»
   «Io…e te?»
   «Vedi forse qualcun altro qui?»
   «Oh si beh c’è Ben, il mio amico immaginario! Saluta Ben!»
Osservo la sua espressione diventare a mio parere schifata. 
Oh grande Nath! Sei davvero un grossissimo idiota! 
Subito dopo qualcosa sembra brillare nei suoi occhi mentre pare nascondere un sorriso:
   «Si, sei decisamente un tipo particolare.»
Dice voltandomi le spalle e cominciando ad allontanarsi.
   «Ma il tuo cappuccino?» le urlo poi.
   «Prendilo, è tuo, infondo ho fatto finire il tuo sui tuoi pantaloni no?»
Mentre parla continua a darmi le spalle ma non mi importa. Afferro il cappuccino ormai gelato e lo sorseggio sorridendo. Di certo, questa è la bevanda più calda che io abbia mai assaporato.






Commento Dell'Autrice: Buonsalve a tutti quanti :) allora questa è una cosa nuova per me e non ho idea del perchè mi sie venuta in mente questa storia che vede Nath come protagonista...però si sa, se le cose succedono lo fanno per un motivo no? E allora mi sono messa a scrivere e...beh...eccovi il risultato. Cosa ne pensate? Spero di non avervi annoiate e che la storia vi sia piaciuta anche se siamo solo al primo capitolo xD Se lasciate una recensione mi Rendete molto felice :) Detto questo vi saluto e spero di non aver deluso nessuno xD
   
 
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