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Autore: ladyflowers    05/07/2008    2 recensioni
< < Ma ogni suo pensiero venne cancellato (non che ne avesse molti...) quando scorse sopraggiungere una creatura elfica presso il ponte. Che visione sublime! Era bella come la luna nel cielo, gli occhi azzurri luminosi come stelle i capelli lunghi e setosi. La riconobbe subito, l'avrebbe fatto anche tra mille elfe, era lei... era la sua speranza di vita, il suo amore proibito che rendeva ogni fatica un peso leggero al pensiero di tornare a vederla: "Hinata! - esclamò Sasuke facendo un passo avanti - Sei sempre bella e radiosa come ti ricordavo, delicata come un fiore e... un po' più altina... ma pur sempre affascinante e femminile!" Ci fu qualche istante di silenzio finché l'elfa non disse: "Sono Neji, idiota!">> Questo e altro in una delle parodie più assurde nelle quali i nostri ninja potessero venire coinvolti! Leggete per scoprire quali altre perfide idee l'autrice ha architettato... le avventure nella Serra di Mezzo continuano!!
Genere: Parodia, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Incubo


Buongiorno a tutti! Questa è una sorta di parodia a cui stavo pensando già da un po' di tempo e giorni fa, colta da un'improvvisa ispirazione folgorante, l'ho scritta. Tendo a precisare che la storia potrà subire molte variazioni da quella originaria a seconda di ciò che mi ricordo (Alzheimer precoce?) e di ciò che ho voglia di scrivere. Detto questo, buona lettura!!



IL SIGNORE DEGLI OSTELLI


LA COMPAGNIA DEL CHIAVISTELLO


CAPITOLO I: Il Portatore del Chiavistello.

Il Cantone era un’amena località in collina presso la quale vivevano strani piccoli esseri, i Mobbit. Tali innocenti creature erano personcine pacifiche, dedite all’agricoltura dei loro campicelli e a trascorrere una serena esistenza bucolica.
L’unico insignificante difetto era che si organizzavano secondo una rigida gerarchia sociale per la quale i nuovi arrivati, che dopo un’infanzia piena di illusioni si riversavano nel mondo dei lavori agricoli, subivano pressioni non indifferenti dai loro superiori e molti non resistevano abbandonando così il lavoro e dedicandosi a fumare ehm… erba, dei campi, s’intende.
In poche parole facevano mobbing, i pochi che resistevano a queste incresciose pressioni potevano dirsi dei Mobbit soddisfatti di sé stessi che ben presto si sarebbero dedicati alla tortura delle nuove generazioni.
Uno dei torturati in questione era proprio Bulbo Baggins, Oculare per gli amici che non aveva. Bulbo aveva viaggiato a lungo per lidi sconosciuti ai Mobbit, dediti ai loro piccoli terreni, fuggendo dal mobbing dei più grandi scoprendo così un mondo completamente nuovo.
Le sue disgrazie però erano cominciate da quando, per puro caso, si era impossessato del Chiavistello… maledetto il giorno in cui… ma questa è un’altra storia.
Quando, anni dopo, era ritornato al Cantone con appeso al collo il chiavistello aveva subito prese in giro dei suoi abitanti che lo consideravano alla stregua di una porta dello sgabuzzino. Ma aveva trovato conforto nel suo adorato nipote, vedendo il lui un ribelle quasi quanto era stato egli stesso in gioventù, se non di più.
Quel giorno ce lo aveva davanti a sé: Gaara Baggins. Era lì, con i suoi adorabili capelli rosso scuro e quegli occhi stranamente cerchiati di nero.
Era orgoglioso di come l’aveva cresciuto, anche se faceva orecchie da mercante quando l’accusavano di aver creato un mostro anziché un pacifico Mobbit.
Ignorava persino le voci insistenti che accusavano Gaara di aver ucciso tutti coloro che avevano cercato di fare mobbing con lui, oppure che parlavano dell’abitudine del suo adorato ed innocente nipote  di salire sul tetto di casa la notte e guardare insonne la luna.
Lui rispondeva sempre: “Sono cose che fanno tutti i Mobbit adolescenti.”
Notare che i Mobbit normali soffrivano di vertigini croniche e, quando si trattava di riparare l’antenna, aspettavano che un colpo di vento gliela tirasse giù.
Ma quel giorno nessuno poteva importunare né lui né il caro nipote omicida: era il suo compleanno e un po’ di bustarelle distribuite nella giusta maniera facevano si che tutti si comportassero al meglio delle loro possibilità.
Bulbo squadrò qualche istante Gaara e notò che effettivamente lui era basso come tutti i Mobbit ma non era dotato di quegli orrendi piedi lunghi quanto stecche da sci e pelosi più del tappeto d’ingresso presso la porta di casa.
Come al solito fece finta di nulla, anzi, cordialmente si rivolse al giovane nipote:
“Allora Gaara, sei pronto per la mia fantastica festa di stasera? Ho invitato anche alcune Mobbit niente male…”
Gaara non colse l’allusione dello strampalato zio limitandosi ad incrociare le braccia, lanciandogli un’occhiata raggelante con i suoi inquietanti occhi azzurri. In realtà non voleva essere nulla di particolarmente minaccioso ma Bulbo, come tutti i comuni Mobbt, lo interpretò come un chiaro segno omicida.
“Va bene, allora… magari… vai a prendere Jiraiya il Grigio Topo.”
Gaara alzò le spalle con indifferenza, preparandosi ad uscire per poi correggere lo zio una volta sulla porta di casa: “Ma all’anagrafe non si era fatto togliere il cognome Topo?”
Bulbo sbuffò: “Ma si, che vuoi che sia! Secondo me è meglio precisare Grigio Topo, lo sai quanto può variare il color grigio topo da… che ne so… grigio asfalto?”
Non faceva una piega. Gaara annuì e si allontanò silenzioso da casa Baggins, incrociando il suo fido giardiniere ed amico Naruto Gamgee innaffiare una pianta morta da tempo e potare con cura le erbacce. Com’era esperto lui!
Si salutarono cordialmente ma Gaara non gli dette tempo per attaccare bottone, altrimenti non se lo sarebbe più levato di torno: quando ci si metteva sapeva essere più appiccicoso della marmellata al pane.
Così disse di dover urgentemente andare in bagno e il povero Naruto prese per oro colato ogni sua parola, dandola per assolutamente veritiera.
Non considerava il fatto che Gaara fosse appena uscito di casa.
A quel punto, schivato pericolo Mobbit caccola, Gaara si diresse lungo le vie del Cantone oltrepassando le casette idilliache e gli sguardi carichi d’odio e terrore dei suoi compaesani.
Cosa importava se lo guardavano come un orrido mostro? Tanto li avrebbe uccisi tutti.
Con questi allegri pensieri nel cuore scorse in lontananza un carretto trainato da un rospo alto quanto un cavallo e il suo animo omicida non poté che rafforzarsi alla vista di una delle persone che più detestava al mondo, il che era un fatto abbastanza comune per lui.
L’odiato in questione era Jiraiya il Grigio Topo, uno dei più grandi stregoni di tutta la Serra di Mezzo. Andava in giro coi vestiti laceri e il corpo lercio al punto che persino i barboni, appartenenti al Circolo Amici dello Sporco, avevano rifiutato orripilanti il suo in gresso nel club. Ma poco importava, ciò che contava davvero era vagare avanti e indietro alla ricerca di nuove e continue ispirazioni per il suo ultimo libro “Stregato dalla Pomiciata”
“Oh giovane Baggins! Sei venuto ad accogliere questo povero vecchio?”
Per qualche rapido istante Gaara aveva pensato di soffocare il potente Jiraiya con un sano Funerale del Deserto ma, ricordandosi del compleanno dello zio e dell’ira funesta che si sarebbe abbattuta su di lui una volta scoperto della morte di Jiraiya, si limitò ad un cenno della mano.
Jiraiya si sarebbe aspettato parole di conforto del tipo “Ma quale vecchio! Sei ancora un gagliardo uomo di cinqueant’anni con un po’ di bollenti spiriti. Vuoi che ti porti in un posto esclusivo con tante belle Mobbit che…”
Ok, ok adesso stava vagando un po’ troppo con la fantasia così decise di invitare il pacifico Gaara (evidentemente anche lui era poco aggiornato sui fatti del Cantone) a sedere sul calesse accanto a lui, mentre il rospone inghiottiva come se nulla fosse un ignaro Mobbit che passava da quelle parti, convinto che fosse il giorno più bello della sua vita, non certo l’ultimo.
Jiraiya tossicchiò alla vista di quanto era capitato al Mobbit ma fece finta di nulla e Gaara, stanco dopo ben due metri di cammino, accettò volentieri di sedersi anche per evitare di essere inghiottito dal batrace carnivoro.
Si diressero così presso la casa di Bulbo attorniati lungo il cammino da piccoli Mobbit festanti che esultavano: “È Jiraiya! È Jiraiya! Chissà cosa ci avrà portato!”
Jiraiya rise come Babbo Natale sulla sua slitta, dimentico però dei numerosi Mobbit che circondavano il calesse così che a tratti alcune di quelle innocenti creaturine vennero brutalmente investite, anche a causa dei loro piedi dalle dimensioni anormali.
Finalmente però, scrollandosi di dosso qualche cadavere attaccato alle ruote, il duo riuscì a raggiungere casa Baggins. Sulla soglia dell’abitazione il piccolo Bulbo attendeva con gioia Jiraiya e con gioia ancora maggiore accolse un inizio di stesura del tanto atteso “Stregati dalla pomiciata”.
“Amico mio, da quanto tempo!” lo abbracciò Bulbo, arrivandogli all’addome.
“Troppo, troppo davvero!” aggiunse l’altro scompigliando i pochi capelli presenti sull’onorevole testa del vecchio Bulbo, contribuendo a renderlo più pelato di quanto già non rischiasse di essere.
Gaara stava per vomitare di fronte a quella scena d’affetto ma si impose di resistere e non massacrarli, sperando un giorno di potersene andare da lì.
Una volta in casa Jiraiya si sedette presso il piccolo tavolo, per la verità troppo piccolo anche per Gaara che si limitava a starsene seduto su un cumulo di sabbia comparsa misteriosamente.
Un’altra delle faccende su cui Bulbo aveva preferito non indagare.
I due anziani signori si erano messi a chiacchierare del più e del meno parlando della tragica situazione della Serra di Mezzo come se si fosse trattato di una soap opera.
Finché, un po’ per caso, un po’ perché Jiraiya stava facendo insistenti pressioni con la complicità dell’alcool, non saltò fuori un argomento che per anni Bulbo aveva temuto.
 “A proposito - chiese Jiraiya con finto disinteresse - che ne è stato di quel… chiavistello? Ti ricordi, quella storia molto acida?”
Bulbo rabbrividì e anche Gaara, nella sua apatia totale, provò un certo interesse per quella acida storia che mai aveva sentito raccontare.
Bulbo deglutì, infine ammise con una certa aria colpevole: “Ebbene, l’ho conservato.”
Jiraiya storse la bocca, cercando però di controllare la sua ira crescente:
 “Come?… non l’hai rifuso per coniare monete?”
“No… direi proprio di no.Avrei pensato a tanti usi ma mai di poterne coniare monete.” Ammise il Mobbit con onesto candore.
A quel punto Jiraiya tese una mano coperta da un fazzoletto smoccolato: “Porgimelo.”
Bulbo, inorridito dalla vista dello scracio verde fluorescente, si decise e andò a prendere l’oggetto del misfatto. L’aveva nascosto, grande genialata, in una busta da lettere spacciandola per anni agli occhi del nipote per una bolletta.
Aprì la busta e tirò fuori l’infimo chiavistello, mezzo arrugginito e con il catenaccio completamente andato. Jiraiya lo guardò con orrore poi, con un cenno del capo, intimò all’amico di posarlo sul fazzoletto spiegando con un borbottio:
“Sai com’è, prendo le mie precauzioni… l’igiene.”
Certo, come no, anche quell’armatura di cracia era igiene. Bulbo non commentò lasciando andare il chiavistello sul lembo della stoffa, così che Jiraiya potesse esaminarlo con calma.
“Questo chiavistello è parte del Male. Secoli fa Orochimauron, Signore del Male, non avendo altro di meglio da fare decise di condividere la sua anima con un anello ma, essendo povero in canna, non aveva i soldi necessari per comprarselo così decise di trasferirla su di un semplice chiavistello. Aveva optato per il chiavistello della porta del suo albero MiraMordor - un postaccio, non vi consiglio di andarci in villeggiatura - solo che sapete, tutti quegli orchetti che andavano in vacanza, in poco tempo gli hanno sfasciato l’ostello e il chiavistello è andato perso. Bulbo, per non so quale fortunata coincidenza, lo ha ritrovato in uno dei suoi viaggi ed ora eccolo qui, davanti a noi, con tutto il suo malefico potere.”
Nella realtà a vederlo l’oggetto sembrava cadere a pezzi da un momento all’altro e la ruggine aveva creato una sorta di grumo informe.
Gaara interruppe il momento di silenzio chiedendo dubbioso:
“Beh? E quindi, qual'è il punto?”
Jiraiya non poté che dargli ragione, ancora una volta la sua spiegazione era stata inconcludente, ma non l’avrebbe mai ammesso davanti a quel saputello così sbottò:
“Adesso vedrete, osservate attentamente.”
Detto ciò afferrò il chiavistello con una delle pinze da camino, pinze che tra l’altro Bulbo di sarebbe premunito di gettare via personalmente, e fece lambire l’arrugginito strumento tra le fiamme del caminetto che, per inciso, nessuno sapeva come mai dovesse stare acceso anche in una bella giornata di sole come quella.
“Bisogna stare attenti - avvisò saggiamente Jiraiya, facendo un po’ lo sborone - se lo faccio riscaldare troppo diventa una serratura.”
A quel punto, prima che accadesse l’irreparabile, Jiraiya gettò il chiavistello sul fazzoletto lordo non badando alle pinze che nel frattempo, abbandonate con scarsa grazia, avevano sbreccato una mattonella del pavimento.
Bulbo sospirò ma non fece in tempo a piangere per il danno ricevuto che Jiraiya richiamò la loro attenzione. Improvvisamente sul chiavistello la ruggine si era tolta rivelando due scritte incandescenti.
La prima recitava così “Anno xxxx Ochettina mia ti amo, tuo per sempre Orchetto Peloso”
Jiraiya scosse la testa commentando: “Orchetti adolescenti…”
Maggiormente di loro interesse era sicuramente la seconda frase, scritta poco più in basso:
“Un ostello per deviarli, un ostello per ubriacarli tutti.”
“Che significa?” Chiese Gaara, tenendosi comunque a debita distanza da quell’oggetto infetto, certo che mai se lo sarebbe scarrozzato addosso.
Jiraiya scosse la testa e appoggiò al tavolo, una volta immacolato, il fazzoletto spiegando con aria mesta: “Da tempo molti popoli, soprattutto gli umani, sono attratti dall’enorme potere che conferisce questo chiavistello. Una volta impadronitesi di questo sono convinti che potranno entrare nel nuovo Ostello di Orochimauron ed avere sconfinati piaceri e poteri. Una sorta di terra promessa che in realtà ha il solo scopo di annichilire le menti degli stolti che si avvicinano al chiavistello e sottometterli così alla volontà di Orochimauron.”
Gaara scosse la testa dicendo con fare sprezzante: " Ma chi è quell'idiota che ci cascherebbe? Insomma, si vede lontano un miglio che è uno specchietto per le allodole!"
Bulbo fece finta di niente fischiettando e mettendosi a guardare il soffitto anche per ignorare le occhiate cariche di rancore di Jiraiya.
A quel punto però Jiraiya decise di smetterla di detestare Bulbo perché non gli aveva mai consegnato il chiavistello e disse: "Ormai Orochiumauron sta muovendo le sue terribili armate e il richiamo del chiavistello verso il suo padrone si fa sempre più forte. Cercate di capirlo, non può gestire un albergo come si deve senza un minimo di sicurezza, la gente entra ed esce come le pare. Ma noi dobbiamo comunque fermare questo luogo di perdizione che è diventato l'Ostello MiraMordor II: l'unica soluzione è distruggere il chiavistello e così annientare Orochimauron per sempre."
A quel punto Bulbo intervenne: "Allora basterà fonderlo in monete, giusto?"
Jiraya rise di fronte all'ingenuità dell'amico: "Ma no, ci vuole qualcosa di più plateale e definitivo: bisogna gettarlo dalla cima del Monte Vacuo!"
Bulbo e Gaara sussultarono, improvvisamente però l'anziano Mobbit finse di avere un'artrite cronica per poi gettarsi a terra e rotolare sul pavimento. Gli altri guardarono la pietosa scena con una leggera venatura di disprezzo fino a che Bulbo non si tirò su, dandosi una spolverata ai pantaloni ed esclamò: "Beh?! Non vedete quanto sono vecchio e malato di mente? E poi è il mio compleanno, mica vorrete mandarci me!"
Jiraya fece una smorfia... effetivamente non aveva tutti i torti, almeno per quanto riguardava la malattia mentale. A quel punto si volse verso Gaara, che aveva guardato con disgusto lo zio tenendo le braccia incrociate, e disse:
"Bene, allora ci andrai tu, sarai... il Portatore del Chiavistello."
Gaara per un attimo abbandonò la sua proverbiale inespressività per poi esclamare:
"Cosa?! Non ci penso nemmeno! Mai, non lo farò mai!"
Ma le sue proteste, per quanto piene di furia omicida, non sarebbero servite a sottrarlo da un fato già segnato da tempo...

 
  
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