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Autore: Mewberry    11/12/2004    7 recensioni
Il cielo dove volavo io era più alto di quello altrui. Era il mio cielo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Onde che d’oro tingono la terra… ciò che si trova al di là della memoria…

Onde che d’oro tingono la terra… ciò che si trova al di là della memoria…

 

Guardai la figura che, legata, teneva china la testa. Rosse rose e verdi rovi percorrevano il suo corpo. Esausto alzò il volto. Uno sguardo vuoto mi colpì. Era irriconoscibile.

-Poeta!- enunciò la donna vestita di grigio; quella strega color del metallo, il colore del suo cuore.

Si avvicinò all’uomo che sfinito la guardò. Ancora uno sguardo d’odio invadeva gli occhi spenti.

Come poteva mai una donna avere il potere di fare tutto ciò?

Come poteva una donna ridurre così tutto ciò che la circondava?

Così come lei infangava la dignità d’un uomo, così lei meritava la morte. Ma ancora poca era essa per poter ricostruire ciò che era stato distrutto.

Freddi gli occhi dei suoi servitori, freddi come il pavimento del castello del cielo.

Lentamente le labbra dell’uomo si incresparono in un gemito di dolore, quando i rovi strinsero la presa al suo collo nudo.

-Onde che d’oro tingono la terra…- mormorò.

Un sorriso compiaciuto della donna ci fece sprofondare nello sconforto. La sua felicità annullava la nostra, perché tutto ciò che per lei era fortuna, gloria ed allegria, per noi era distruzione, morte, tristezza.

Niente poteva aiutarci in un sorriso, niente poteva far tornare la gioia nei nostri occhi.

Sognavo il cielo terso in quel momento, il cristallino gocciolio dell’acqua, il rumore della vanship che si preparava alla partenza.

Sognavo le dolci e vellutate nuvole, quelle ormai perdute, quelle che solo io vedevo.

Il cielo dove volavo io era più alto di quello altrui. Era il mio cielo.

Continuai a guardare la tortura.

-Ciò che si trova al di là della memoria…- disse allo stremo.

Un ghigno comparve. Niente poteva essere paragonato a ciò che provavamo. Odio, dolore, tristezza, malinconia….troppo poco a parole. Finché non si prova non si sa.

“Vorrei poter fare qualcosa”, fu il mio pensiero. Ma esso non vale niente se non si offre la propria vita, perché solo con questa puoi far vivere gli altri, che forse, mai abbastanza ti saranno riconoscenti.

-Ed ora il misterium della famiglia Bassianus!-

-Non lo conosco….-

Rossi petali. Lentamente la rosa si posò a terra perdendone molti.

Dagli occhi della donna scaturiva rabbia. La mia aumentò.

Essa prova rabbia per questo. Ella non ha un cuore, ha solo pietra, perché la rabbia è un sentimento troppo grande per manifestarsi in questo.

La vera rabbia è quella che provano i combattenti, lì fuori. Non si può conoscere essa finché non si è là. Solo quando, al sorgere del sole, corpi inanimati ti accolgono ad un nuovo giorno in questa terra, ed in questo cielo, solo allora puoi provare rabbia. Solo allora il cuore ti si stringe in una morsa, le gambe si fermano ed una vena alla tempia ti pulsa senza sosta. Le lacrime non servono, ormai esse non possono dimostrare più niente.

Potevo piangere, potevo disperarmi, potevo gettarmi a terra e graffiare il pavimento, potevo fare ciò che volevo, niente avrebbe cambiato gli avvenimenti, anzi, tutto ciò avrebbe fatto ridere, gioire, esaltare ancora di più quella donna, se così si può definire.

La guardai dirigersi verso Alvis e lentamente sussurrale all’orecchio che per quel momento non c’era altro da fare.

Alex non aveva resistito, sotto tortura aveva detto tutto, tutto ciò che poteva aiutare Delphine alla vittoria. Sono sicuro, lo potrei anche giurare, che se Alex fosse stato cosciente di ciò che diceva, anche se ormai irrimediabilmente costretto a dirlo, avrebbe squarciato i rovi, i petali pur di non rivelarlo. Non avrebbe mai coinvolto Sophia.

Poi apparve un volto. Vuoti occhi azzurri pesarono sulle mie spalle.

In qualunque modo fosse andata la sfida io avrei fatto ciò che ho fatto. Ho pianto. Una dozzina di persone era morta per mano sua.

Ricordo il terrore nei suoi occhi nel nominare il nome della sorella.

Io, ed ancora adesso mi sento male al sol pensiero, non credevo che Delphine potesse essere così terribile.

Rimpiango di non averlo ascoltato. Rimpiango tutto ciò da quando ho visto i suoi occhi guardare il vuoto. Una spada alta sopra la sua testa in segno di vittoria. Corpi esanimi ai suoi piedi. Un rosso liquido copriva la sua guancia di schizzi. Occhi freddi, il segno del giuramento sulla fronte. L’orgoglio di sua sorella. Uno dei Principal, Dio Eraclea, era diventato l’erede al titolo di Maestro.

Che grande onore….preferirei morire che ricevere ciò. Ricevere un permesso per uccidere. Perché è questo che la Gilda faceva, ammazzava la serenità e la pace del cielo, ricercando un equilibro nel caos.

Ecco il loro progetto inattuabile. Noi già cerchiamo di attuare quell’utopia del nostro pensiero di pace, ma essi cercavano l’impossibile.

Ma oramai tutto è terminato, anche se, al ricordo di quegli occhi, che osservavano, scrutavano nel vuoto, dimostravano la gloria finta della vittoria.

I brividi mi percorrono ancora la schiena, e l’ansia mi conquista le membra indicandomi i brutti ricordi.

Ora ci hai lasciati ma il tuo ricordo rimane ancora vivido nei nostri pensieri. Maledico me stesso per non averti aiutato, mi dispiace, non capivo. Che tu possa riposare in pace.

Se mi potessi sentire, sono certo che diresti che questo non è nel mio linguaggio. L’ho appreso con l’esperienza, come tutto d’altronde.

Mi dispiace non averti compreso.

Perdonami.

Un’altra delle cose che mai dai miei ricordi svanirà, sono gli occhi del tuo più fidato amico. Gli occhi di Lucciola.

Neanche lui sono riuscito a capirlo in tempo, e nuovamente mi maledico per questo.

Pensavo che tu non contassi niente per lui quando, lo osservavo tacere davanti alle decisioni di Delphine. Invece lui, era pronto. Avrebbe voluto salvarti, ma giuro, che sarebbe stato impossibile.

Lucciola, anche tu rimarrai impresso nelle nostre menti. Esse sono colme di ricordi, purtroppo orribili.

Mi rincresce dire che i nostri preziosi ricordi, quelli belli, quelli indimenticabili, si sono quasi definitivamente cancellati. Inconsciamente li abbiamo dimenticati, per lasciar posto a quelli nuovi, quelli che non vorrei ricordare, ma che sembrano marchiati ormai irrimediabilmente anche nel nostro cuore. Esso mi fa male ricordandovi.

L’Exile, l’esilio.

Esiliati dal loro mondo, il nostro,ora qui, preda dei desideri dei grandi,

panico nelle menti dei poveri,

aiuto economico,

perdita vitale,

fonte di calore,

gelido inverno,

fiore che sboccia,

pianta morente,

rigido presente,

lascivo futuro,

grazia divina,

morte spirituale.

Ora noi qui, fortunati sopravissuti, guardiamo il cielo in modo differente. Io vedo un cielo diverso, un cielo più alto di quello altrui, il mio cielo.

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La mia prima fic su Last Exile. La puntata ‘Queen Delphine’ mi ha praticamente fatto restare davanti al televisore a fissare la sigla finale. Ci sono rimasta veramente male, pur sapendo che tutto questo sarebbe accaduto. Forse nella storia c’è qualche accenno di spoiler, ma non tanto pesante, visto che si capisce già nella puntata sopra citata. Comunque leggete e naturalmente recensite.

Dato che l’ho scritta in un momento di forte ispirazione, qualcosa di buono deve essere saltato fuori, poi, spetta a voi deciderlo.^^

Ciao.

Mewberry

  
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