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Autore: Princess Kurenai    05/07/2008    5 recensioni
Sasori ha veramente rifiutato i suoi sentimenti? O è solo una menzogna?
[Terza Classificata al Contest sull'Akatsuki indetto da Akuro e giudicato con l'aiuto di Rekichan]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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sasori

È una Sasori Centric e se devo essere sincera, non mi piace proprio affatto come l'ho scritta.

Va beh, buona lettura.
- : . : . :  -

I suoi occhi castani scorrevano lenti sui corpi, ormai privi di vita, di Chiyobaachan e dell'altra ragazzina. Sakura. Quella sarebbe stata un'ottima marionetta, con lei avrebbe raggiunto la quota duecento novantanove creazioni.
Un lieve sorriso nacque sulle sue labbra, dando al viso una parvenza di felicità.
[Aveva abbandonato ogni emozione. Non poteva provare felicità ma era bravo a fingere]
Osservò di nuovo il vecchio corpo di sua nonna.
No. Quella non sarebbe mai diventata parte della sua collezione.
Non tanto per l'affetto che aveva nutrito per lei in passato, ma per il suo stato.
Era vecchia.
Aveva vissuto così a lungo che ormai non poteva più desiderare la vita eterna.
Nella sua esistenza aveva sofferto così tanto da voler dimenticare quelle piaghe con la morte.
Non avrebbe mai potuto godere della bellezza dell'eternità con lui.
La ragazza, invece, era giovane e forte, facendola diventare una marionetta sarebbe rimasta bella in per sempre.
[La sua arte, l'unica forma che accettava, era la bellezza eterna. Un fiore che non sarebbe mai appassito]
Si sedette su una roccia attirando a sé, con i fili di chakra, la palandrana dell'Akatsuki.
Celando gelosamente il suo vero corpo da occhi indiscreti.
[Aveva fatto di sé la sua più grande opera d'arte.
Era come un'esteta, desideroso di rendere la sua vita come un'opera d'arte, l'unico però a esserci realmente riuscito.
L'orgoglio non poteva fingere di provarlo.]
Continuò a far vagare il suo sguardo, annoiato, nella grotta.
Non aveva una meta precisa.
Attendeva solo con impazienza il ritorno di Deidara, anche se ormai sapeva che non sarebbe mai arrivato puntuale.
[Il fastidio che gli causava il 'ritardo', era reale?
Era convinto - o meglio, si convinceva - di fingere quando si mostrava 'felice', eppure non fingeva l'orgoglio.
E quell'irritazione che sentiva quando qualcuno lo faceva attendere era reale.
Possibile che avesse sempre mentito? Anche a riguardo della felicità? Infondo, orgoglio e irritazione erano sentimenti.]
Ripensò al biondo.
Gli faceva quasi piacere la presenza di quel diciottenne sempre allegro, un po' folle e indisponente.
Era divertente sentirlo vaneggiare su quella 'cosa' che osava chiamare arte e quando lo chiamava 'Danna'.
[Altre emozioni. Erano vere o un'illusione? Lui era un bugiardo quando diceva di non sentire nulla?]
In ogni caso, sperava tornasse presto, possibilmente con il Jinchuuriki del Kyuubi.
Stare lì, solo, lo inquietava.
Non tanto per la solitudine - che spesso e volentieri cercava - ma per la presenza delle sue prime opere.
I suoi genitori.
[Per un attimo, quel cilindro nero sul petto - il suo cuore - sobbalzò]
Con un leggero, e quasi impercettibile, movimento delle dita li fece avvicinare a sé.
Erano un po' malconci a causa del combattimento e per il tempo ma erano belli.
Stupendi.
[Erano Okaasan e Tousan. Erano eterni.]
Li scrutò con attenzione - in un misto tra nostalgia e tenerezza - poi, quasi con venerazione, carezzò il viso della donna.
[Altri sentimenti si riversarono in lui come un'onda.
Sentiva la mancanza dei suoi genitori.
Sentiva di nuovo il dolore per la loro perdita.
Possibile che la sua mente - che il suo cuore - fosse così crudele da ricordargli quei sentimenti che aveva sempre voluto eliminare?]
Un movimento verso l'entrata della grotta gli fece staccare i fili di chakra - quasi imbarazzato per essere stato visto in quel momento così intimo.
[Vedere i suoi genitori cadere per terra gli ricordò la sua infanzia.
Non era la prima volta che quei fili si spezzavano.
Non era la prima volta che cadevano privi di vita.
Perché doveva ricordare tutto in quel momento? Perché non poteva dimenticare?]
All'entrata della grotta vide apparire un uomo, un po' malconcio e ferito.
Era alto, dai capelli argentati.
[L'ennesimo flash della sua infanzia lo attraversò in un lampo.
*Un bambino dai capelli rosso fuoco stava nascosto dietro un albero.
Tremava spaventato abbracciandosi le ginocchia e cercando di tapparsi le orecchie.
Inutile.
Sentiva perfettamente i rumori del combattimento.
Sentiva i gemiti di dolore.
Sentiva il cozzare metallico delle armi.
Sentiva l'odore del sangue.
Era colpa sua.
Solo sua.
Sarebbe dovuto rimanere all'accampamento, anziché seguire i genitori - perché troppo curioso.
Se non li avesse seguiti, i suoi genitori non si sarebbero dovuti ergere a sua difesa.
Non avrebbero incontrato quel ninja.
Avrebbero svolto la loro missione senza intoppi.
Poi, all'improvviso, il silenzio.
Tese tutti i suoi sensi, avvertendo solo un ombra calare su di sé.
Alzò lentamente lo sguardo, e i suoi occhi, carichi di lacrime mal trattenute, incontrarono quelli castani di un uomo dai capelli argentati.
Quel ninja.
Tremò ancora scoppiando silenziosamente in lacrime.
L'uomo lo osservò poi si mise diritto.
" Ho un figlio poco più piccolo di te...", mormorò senza più guardarlo, quasi gli desse fastidio guardarlo.
Poco dopo fuggì, all'arrivo dei soccorsi, lasciando il bambino solo.
Solo a piangere tra le braccia della nonna che, invano, cercava di consolarlo.*
Quel ricordo.
Il ricordo della morte dei suoi genitori ora era vivido nella sua mente.
Bruciava. Così come ardeva l'odio verso quel ninja e verso quello appena entrato.
Troppo simili per non essere parenti.]
Le iridi castane di Sasori si assottigliarono, stringendo forte il pugno.
" Le hai uccise...", mormorò l'uomo, guardando i due cadaveri.
Il rosso rispose - lo osservava, studiandone movimenti e gesti.
Solo quando i loro sguardi si incrociarono il marionettista ebbe la conferma dei suoi dubbi.
[" Ho un figlio poco più piccolo di te..."]
" Sei suo figlio...", sibilò.
Fu l'uomo stavolta a tacere e a osservare Sasori muoversi.
[Quei sentimenti erano reali.
Lo sapeva.
Li sentiva.
Lui non aveva perso le sue emozioni le aveva ignorate.
Ma in quel momento, di fronte alla rabbia, all'odio e alla voglia di vendetta le accettava tutte.]
Sbottonò lento la palandrana lasciandola scivolare per terra.
" Sarai tu la mia creazione numero trecento."
[L'avrebbe costretto a rimanere con lui per l'eternità.
L'avrebbe fatto combattere contro i suoi amici.]
L'uomo si mise in posizione di guardia.
" Stolto.", mormorò semplicemente il marinettista prima di partire all'attacco.
[Sapeva che avrebbe vinto.
Lo sapeva perché lui, per la prima volta, si stava lasciando guidare da vere emozioni.
Le sue emozioni.]


   
 
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