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Autore: Blath_    28/03/2014    1 recensioni
...Improvvisamente un suono quasi assordante spezzò gli altri suoni fino ad allora udibili, sbarrai gli occhi di colpo, spiazzata. Subito dopo, uno sparo.
Immaginai che quella fosse una di quelle situazioni che si percepiscono lo stesso giorno in chi debbano succedere, ripensandoci una strana sensazione di irresolutezza mi accompagnò per tutta la durata del giorno, una malinconia a volte impercettibile, a volte fin troppo presente.
Tuttavia non avevo mai pensato alla mia morte in quel modo o al fatto che ci fossero così tante cose irrisolte nella mia vita, sogni irrealizzati e parole non dette, per paura di ferire o di perdere. Piombai a terra di fianco e battei la testa, che iniziò a rendermi più confusa di quanto potessi già essere.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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..uno strano scricchiolio, difficile da interpretare, un suono stridulo, come se qualcuno stesse graffiando una finestra.
Mi alzai a sedere sul freddo materasso del mio letto avvolta tra le coperte, indecisa sul da farsi. Dopo qualche minuto di riflessione, mi alzai in punta di piedi stringendomi tra le mie braccia per riscaldare il mio corpo infreddolito, origliai porgendo un orecchio alla porta socchiusa e lentamente, raccogliendo ogni briciola di coraggio in corpo, la aprii.
Mi diressi verso la zona dalla quale proveniva quel curioso rumore, ero quasi certa non fossero dei ladri o chissà quale mostro bavoso citato in quegli squallidi libri horror-splatter da pochi spiccioli per bambini, ma avevo comunque uno strano senso di inquietudine; notai che man mano camminassi verso la sala da pranzo della casa ormai disabitata dopo la morte di mia nonna, i suoni andavano crescendo. Ispirai profondamente prima di abbassare la maniglia della porta e addentrarmi in quella stanza buia, per un attimo pensai di tornare indietro e fingere che nulla fosse mai successo, per poi addormentarmi con un misto di ansia e paura nello stomaco, ma sarebbe stato un atteggiamento codardo e a me non era mai piaciuto esserlo.
Sin da piccola, al contrario degli altri bambini mi abituai ad associare la paura all'irrazionalità. 
Così mi armai di coraggio per l'ennesima volta in pochi minuti ed entrai nella stanza; provai ad accendere la luce ma fu un tentativo vano, sicuramente la lampadina una volta estremamente luminosa aveva smesso di funzionare da tempo, chi sa da quanto poi. Ridussi gli occhi in fessure provando a distinguere oggetti ed ombre e serrai la mascella tanto da avvertire fastidio ai denti, mille pensieri attraversarono la mia mente, pensieri appunto irrazionali ed incredibilmente negativi - immaginai fosse strano che una persona come me si facesse sopraffare tanto dal mistero e dall'ignoto - pensai che semmai ci sarebbe potuto essere qualcosa o qualcuno che mi avrebbe portata alla morte, sarei andata via senza salutare nessuno, senza lasciare un ricordo di me, un bigliettino o comunque qualcosa che i miei cari potessero tenere in mano, stringere al petto e rileggere nei momenti più bui, nei momenti in cui la mancanza fosse troppa ed insopportabile.
Notai che da dal momento in cui aprii la porta il rumore aveva cessato la sua attività, il cuore cominciò a battere più del dovuto e strinsi i pugni conficcando le unghia quasi lunghe nei palmi delle mie mani, probabilmente cercando in qualche modo di donarmi forza per affrontare la situazione, sigillai le labbra l'una contro l'altra per pochi secondi e poi, finalmente, chiesi ciò che avrei voluto chiedere dal primo istante in cui varcai la porta.
"C'è qualcuno?" azzardai nervosa, con un tremore nella voce.
Non ottenni alcuna risposta dall'altra parte della stanza, non che mi aspettassi chi sa quale conversazione, ma pensai fosse opportuno tentare;  al momento in cui avvertii dei movimenti, dei suoni causati probabilmente dallo strusciare dei vestiti contro qualche mobiletto, ispirai involontariamente e trattenni il respiro affinando l'udito, alla ricerca disperata di un qualsiasi suono. Per qualche secondo udii soltanto lo sfrecciare delle auto nella stradina di fronte casa, il vento che spirava contro le finestre e il rintocco dell'antico orologio a pendolo ancora funzionante a qualche passo da me.
Improvvisamente un suono quasi assordante spezzò gli altri suoni fino ad allora udibili, sbarrai gli occhi di colpo, spiazzata. Subito dopo, uno sparo.
Immaginai che quella fosse una di quelle situazioni che si percepiscono lo stesso giorno in chi debbano succedere, ripensandoci una strana sensazione di irresolutezza mi accompagnò per tutta la durata del giorno, una malinconia a volte impercettibile, a volte fin troppo presente.
Tuttavia non avevo mai pensato alla mia morte in quel modo o al fatto che ci fossero così tante cose irrisolte nella mia vita, sogni irrealizzati e parole non dette, per paura di ferire o di perdere. Piombai a terra di fianco e battei la testa, che iniziò a rendermi più confusa di quanto potessi già essere.
Mi resi conto di avere ancora gli occhi spalancati e i muscoli del viso e del corpo tesi e indolenziti, mi rilassai immediatamente sentendo il suono dei passi di qualcuno affievolirsi, qualcuno che velocemente correva affannato verso il balcone della cucina per darsela a gambe, mi fece pensare a qualcuno che avesse studiato attentamente la casa prima ancora di entrarci. Che vigliacco, che persona debole, pensai tra un colpo di tosse e l'altro.
Probabilmente il destino aveva scelto che quello fosse il giorno giusto per me, proprio quel giorno in cui convinta decisi di non seguire la mia famiglia alla festa di inaugurazione a cui eravamo tutti stati gentilmente invitati; non essendo dell'umore credetti fosse meglio rimanere al caldo, magari sorseggiando del tea e sfogliando pagine di un meraviglioso e coinvolgente libro.
Al contrario di ciò che ci si potrebbe aspettare non pensai affatto a chi potesse essere stato, avvertivo un forte fastidio all'altezza dello sterno, sollevai una mano e la premetti forte contro, le dita si inumidirono di qualcosa che immaginai essere sangue e mi accigliai, stavo per morire, non avrei mai permesso a un'individuo di occupare la mia mente in quegli ultimi momenti della mia vita.
Percepii un leggero pizzicore agli occhi. Avevo sonno. Chiusi gli occhi e li riaprii lentamente, se mi fossi addormentata il dolore sarebbe cessato, per un po', e al risveglio avrei potuto raccontare tutto ai miei genitori, sicuramente saremmo riusciti a scovare il mascalzone, uomo o donna che fosse. O forse stavo davvero per morire.
Pensai che sarebbe stato troppo scontato se fossi morta così, al risveglio avrei dato un forte abbraccio a mia sorella.
"Non sto morendo." sospirai, mentre gli occhi divenivano sempre più pesanti "non le ho ancora detto quanto le voglio bene." continuai con un filo di voce.
Mantenni il respiro regolare e mi resi conto che ormai gli occhi erano ridotti in due sottili linee, avevo proprio bisogno di dormire.
Un ultimo pensiero mi passo per la testa prima di lasciarmi cullare dalle braccia di Morfeo, lo pensai, lo ripensai e lo ripetei in mente come per scolpirlo maggiormente proprio lì e nel cuore e nell'animo. Poi chiusi finalmente gli occhi deglutendo e bisbigliai segretamente
"Ti amo.".
  
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