Galak osservava gli orchetti. Li aveva sempre trovati ripugnanti, pur essendo un suo alleato quale servitore del terribile Sauron. Otto anni or sono aveva abbandonato la sua terra, Umbar, per imbarcarsi e prendere il mare al fianco dei pirati, oscuri servitori del male. Era sempre stato votato all'avventura e al saccheggio fin da quando, ancora bambino, suo padre tornava a casa e lo prendeva sulle spalle per portarlo insieme a lui nelle spedizioni punitive verso le tribù avversarie. Non aveva mai avuto rimorsi e mai ne avrebbe avuti.
Osservava il branco di orchi di fronte a lui, ve ne erano di tutti i tipi: alti, bassi, con musi schiacciati, con fronti ampie, uno diverso dall'altro. Una cosa sola li accomunava: la ripugnanza che evocavano negli uomini. L'assalto alla città era terminato, avevano preso la rocca difesa dai guerrieri di Tulmur e ora erano riusciti a vincere. La guerra dell'Anello infuriava a sud e i corsari facevano la loro parte nel grande disegno di Sauron. Galak aveva sempre ubbidito agli ordini, ma non gli erano mai stati dati da degli orchetti.
Uno di questi si avvicinò al gruppo di corsari e disse «Voi, muovetevi! Dove raggiungere la cima del colle e fare da vedette, sbrigatevi non abbiamo tutto il giorno!» Galak lo guardò negli occhi e rispose «Che cosa vuoi da noi, bestia?!». L'orco si rigirò e lo guardò digrignando i denti «Cos'hai detto?»
«Cosa vuoi da noi?»
«Ti ho dato un ordine e tu lo esegui» disse, estraendo il suo pugnale dal fodero che portava alla cintola. Vedendo questo gesto gli altri corsari si prepararono a sguainare le proprie lame in difesa del loro compagno.
La medesima cosa fecero gli orchetti. Galak guardava dritto negli occhi il capo orco. Non aveva timore, anzi. La creatura di Mordor tuonò «Ora basta! Vai su quel colle e taci!» Galak non ci vide più. Estrasse la sciabola e trafisse il capo, uccidendolo. I corsari estrassero a loro volta le lame e si avventarono contro gli orchetti che fecero lo stesso. In un attimo gli alleati divennero nemici.
Galak fu raggiunti da un orchetto armato di piccone, con cui tentò di colpirlo alla testa, ma il pirata fulmineo schivava ogni colpo muovendosi a destra e a sinistra. Con la sciabola infine deviò la punta della rozza arma e taglio di netto la testa del mostro. Si voltò immediatamente e trafisse un altro orco alla schiena, poi vide che un nemico armato di spada e scudo correva lui incontro, menando fendenti nell'aria. Cercò di schivarli e ne deviò alcuni, ma un colpo calò con molta forza contro la sua spalla, conficcando la lama dell'arma all'altezza dell'omero. Un urlo disumano uscì dalla sua gola disperdendosi nell'aria. L'orco ridacchiava ma Galak gli tagliò la gola con un fendente netto.
Con la mano sinistra teneva la spada, mentre con la destra premeva la ferita, siccome stava perdendo molto sangue.
Ad un tratto sentì un sibilo alle sue spalle e una freccia lo colpì alla schiena, seguita da un altro dardo che gli tolse il respiro. Cadde in ginocchio e, guardandosi intorno notò amaramente che il numero degli orchetti superava in maniera schiacciante il numero dei corsari ribelli. Questi ultimi erano stati quasi tutti trucidati. Una terza freccia lo colpì nell'incavo del ginocchio strappandogli un gemito di dolore, subito seguito dalla perdita dei sensi e dalla caduta definitiva in terra.
L'ultima cosa che vide fu la faccia di un orchetto che, ridendo, fece calare la lama della sua spada sulla sua gola.