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Autore: Black Hayate    30/03/2014    1 recensioni
Ascoltate:
Galleggiava in un oceano di vento, trascinato dalla brama di correnti invisibili.
P.S: grazie, Radiohead.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N.B: nello scrivere questo piccolo testo, ho ascoltato Pyramid Song dei Radiohead. Se volete ascoltarla nel mentre, ecco qua il link:

https://www.youtube.com/watch?v=zbKQPqs-cqc

Non ha richiami diretti con il testo: mi sono solo lasciata trasportare dalla musica. Spero che vi piaccia.

 

 

Blu

 

Era un sogno bellissimo e angosciante.

 

Galleggiava in un oceano di vento, trascinato dalla brama di correnti invisibili. Il respiro della tempesta non sferzava solo il suo piccolo corpo, fragile nella voracità del vortice: esso era anche nelle sue membra, ne aveva pervaso ogni angolo, ed esse si contraevano e rabbrividivano, di freddo e meraviglia. Si accorse che non aveva più alcun potere su di loro, nonostante le percepisse più vive e sensibili che mai. Era semplicemente diventato parte del vento, rimanendo tuttavia cosciente della propria identità. Si lasciò cullare dal gelo e percepì una sensazione che aveva dimenticato fino a quel momento; era un ricordo antico, caduto nell’oblio degli anni, o dei secoli – non ne era più sicuro.

Una sferzata della bufera lo prese per mano e lo condusse più in alto, su sentieri scolpiti nell’aria. La vorticosa danza del vento lo fece ad un certo punto voltare, con veemenza e dolcezza, ed egli si ritrovò immerso nella sconfinata vastità di un blu terso. Mai avrebbe rimembrato quel sogno, ma se l’avesse fatto, il ricordo di quel colore avrebbe reso tutti gli altri di un’opaca inconsistenza. In quel cielo, inondato e infuocato di blu, egli vide le stelle.

E ivi si perse.

 

Remote - in un passato, o forse in un futuro, ma comunque del tutto sconosciuto -, quelle stelle risplendevano di una luce così intensa e fredda da far pensare che non vi fosse null’altro che la loro egoistica presenza. Egli le contemplava e ne comprendeva la distanza siderale e, improvvisamente, se ne sentì totalmente partecipe. Ormai, puntino irrisorio nell’Universo, anche lui era distante, esattamente come lo erano le stelle. Distante da chi, o da cosa, non poteva in alcun modo saperlo: il distacco era tale da non consentirgli nemmeno di chiederselo.

E quando finalmente comprese che nessuna domanda poteva più essere posta, che nessuna azione aveva più un suo motivo, che nessuna ragione esisteva più, egli sospirò,

svanendo per sempre.

 

 

   
 
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