Anime & Manga > D.Gray Man
Ricorda la storia  |      
Autore: Ya_mi    30/03/2014    4 recensioni
Estratto: "Nell’atmosfera particolare di quell’acquazzone, la pelle lucida come coperta di rugiada e gli abiti aderenti al suo corpo esile la facevano apparire eterea, come una ninfa o una di quelle sirene che ammaliavano i marinai nelle leggende e nei miti. Una Loreley.
Ecco come la vedeva Lavi mentre si attorcigliava i capelli fradici intorno alle dita e canticchiava tra i denti un motivetto inventato."
Pioggia e poesia possono portare a conseguenze inattese...
{Side story di "Velvet Ribbons & Fiery Hammers"}
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rabi/Lavi
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
¡Hola a todo el mundo! La Yami è appena tornata da un'intensa settimana di stage linguistico in quel di Siviglia e ancora non è completamente rientrata in una dimensione mentale normale (e quando mai l'ha avuta?!)
Come avrete visto nella descrizione questa è una side story della mia fanfiction "Velvet Ribbons & Fiery Hammers", uno di quelli che ho definito "frammenti" o "capitoli perduti".
E molti di voi, che probabilmente (come spero!) saranno lettori fissi delle avventure di Lavi e Angelica, si staranno chiedendo cosa cavolo ci faccio qui a presentare una one-shot invece del capitolo che avrebbe dovuto essere pubblicato qualcosa tipo due mesi fa... vi chiedo perdooono!! Il capitolo è a buon punto, mi auguro di riuscire ad aggiornare il prima possibile! >__<
Nel frattempo consolatevi (??) con questo capitolo "perduto" che è un pochino diverso dal solito (e che ho pubblicato perché sono stata ricattata, fosse stato per me lo avrei lasciato chiuso nel cassetto a prender polvere!)
Spero vi piaccia e vi do appuntamento alle note finali. Buona lettura. ^__^

VELVET RIBBONS & FIERY HAMMERS

LOST CHAPTERS ARCHIVE:

-LORELEY-

-Tu e le tue idee del cavolo...!-
Angelica batteva i piedi per terra mentre camminava sul suolo scivoloso del parco dell'Ordine, mentre una pioggia incessante ed impietosa si abbatteva fredda su di lei e sul suo compagno.
-Ma dai, Ann, non essere così caustica! La mia era una bella idea, se solo non si fosse messo a piovere!-
 
Lei sbuffò e lanciò un'occhiataccia a Lavi, che si muoveva al suo fianco scostandosi i capelli bagnati dal suo unico occhio verde smeraldo.
Nel primo pomeriggio si erano incontrati in biblioteca e di slancio lui le aveva proposto di andare a leggere insieme da qualche parte all'aperto, approfittando della bella giornata.
E lei? Lei naturalmente aveva accettato. Difficilmente riusciva a dire di no a Lavi...
Così si erano scelti un libro (il “Buch der Lieder” di Heinrich Heine in lingua originale) ed erano usciti nel parco.
Lavi trovò un bel posticino, all'ombra di un grande albero, con l'aria tiepida della tarda primavera che passava ogni tanto ad accarezzare loro la pelle.
Si erano sistemati tra le radici e avevano trascorso piacevolmente il tempo, il ragazzo sdraiato sul prato soffice guardando distrattamente i rami coperti di foglie verdi attraversati dai raggi del sole e ascoltando la voce di Angelica che leggeva per lui una poesia in tedesco dopo l’altra con la sua pronuncia un po’ accademica.
Dopo un po' però il cielo si era riempito all'improvviso di nuvoloni neri e prima che potessero spostarsi la pioggia aveva iniziato a cadere abbondante e fresca, inzuppandoli da capo a piedi.
Cercarono di tornare di corsa all’Ordine ma a metà strada decisero di ripararsi sotto una quercia che sembrava più frondosa delle altre, sperando che smettesse di piovere presto.
La ragazza si appoggiò al fusto con le mani allacciate dietro la schiena, i suoi lunghi capelli erano disordinati e gocciavano copiosamente, lasciando scivolare piccole lacrime di acqua trasparente e pura lungo le sue braccia sottili.
Nell’atmosfera particolare di quell’acquazzone, la pelle lucida come coperta di rugiada e gli abiti aderenti al suo corpo esile la facevano apparire eterea, come una ninfa o una di quelle sirene che ammaliavano i marinai nelle leggende e nei miti. Una Loreley.
Ecco come la vedeva Lavi mentre si attorcigliava i capelli fradici intorno alle dita e canticchiava tra i denti un motivetto inventato.
Quella lirica che lei stessa gli aveva letto poco prima, ora gli risuonava nella testa compresa di tutte quelle dolci inflessioni che prendeva la sua voce quando scivolava su una T o una scharfes S:

 
Die schönste Jungfrau sitzet
Dort oben wunderbar,
Ihr goldnes Geschmeide blitzet,
Sie kämmt ihr goldnes Haar.

Sie kämmt es mit goldnem Kamme,
Und singt ein Lied dabei;
Das hat eine wundersame,
Gewaltige Melodey.

Den Schiffer im kleinen Schiffe,
Ergreift es mit wildem Weh;
Er schaut nicht die Felsenriffe,
Er schaut nur hinauf in die Höh‘.

Ich glaube, die Wellen verschlingen
Am Ende Schiffer und Kahn;
Und das hat mit ihrem Singen
Die Loreley getan.
La bellissima fanciulla siede
lassù meravigliosamente fiera;
i suoi gioielli d’oro luccicano,
lei pettina i suoi capelli d’oro.

Si pettina con un pettine d’oro,
e intanto canta una canzone;
essa ha un’enigmatica,
forte melodia.

Il marinaio nella piccola nave,
è preso da un violento dolore;
egli non guarda la scogliera,
egli guarda solo in alto verso la cima.

Credo che le onde abbiano inghiottito
alla fine marinaio e barca;
e questo con il suo canto
ha fatto la Loreley.

Come il marinaio cantato da Heine si sentiva il ragazzo dai capelli rossi.
Perso. Affascinato. Incantato. Attratto.
Più la guardava più si sentiva risucchiato dai suoi grandi occhi celesti, come il cielo che ora si nascondeva dietro il grigiore delle nubi cariche di pioggia, dal suo viso serafico, dal suo profilo diafano che traspariva dalla stoffa bagnata del vestito bianco che portava, talmente fradicio da lasciare davvero poco spazio alla fantasia.
Lavi stringeva tra le mani il libro che gli aveva ispirato quell’associazione di pensieri e osservava di sottecchi la piccola figura al suo fianco guardarsi intorno con aria assente persa nei proprio pensieri tremando impercettibilmente.
 
-Hai freddo?-
Lei trasalì, non aspettandosi di venire interpellata così all’improvviso, e si strinse nelle spalle.
-Sì, un po’...-
Il giovane allargò un braccio e le sorrise rassicurante.
-Vieni qui.-
Angelica si mosse lateralmente e si rannicchiò contro il suo petto mentre lui la abbracciava e appoggiava la testa contro quella di lei.
-Grazie...-
-Non preoccuparti.-
Rimasero per un po' a guardare la pioggia in silenzio prima che lei parlasse ancora.
-Comunque era un'idea carina, abbiamo solo avuto un po' di sfortuna.-
-Uhm...-
 
Il giovane non ne era più molto sicuro a quel punto.
La situazione corrente era tutt'altro che semplice dal suo punto di vista e le condizioni atmosferiche avevano complicato maggiormente le cose.
Cercava di tenere i suoi pensieri altrove ma quella piccola forma che gli si stringeva addosso grondando acqua e tremando come una foglia lo distraeva e lo faceva impazzire.
 
-V-va meglio così?-
Quando poi lei sollevò la testa mostrandogli il suo visino innocente ornato da una leggera sfumatura di rosso dovette resistere all'impulso di prenderla per le spalle e cancellare quel piccolo sorriso dalle sue labbra catturandole in un bacio.
-Sì, molto meglio.-
-Bene.-
 
Doveva concentrarsi, concentrarsi e non pensare alla sensazione della sua mano poggiata su quella schiena candida coperta solo da uno strato sottile di stoffa reso quasi trasparente dalla pioggia.
Doveva tirarsi fuori da quella situazione. Subito!
 
-Senti, perché non torniamo al castello e basta? Insomma... qui non sembra che abbia intenzione di smettere e noi comunque più bagnati di così non possiamo essere, direi...-
 
Angelica si limitò ad annuire e i due si separarono riluttanti.
Lavi cercò di non guardarla ma non poté evitare di vederla con la coda dell'occhio mentre si staccava il vestito dal corpo cercando di apparire meno esposta.
 
-Pronta?-
-Pronta.-
-Va bene. Al tre, allora. Uno... due... tre!-
 
Uscirono di scatto sotto la pioggia battente e corsero fino all'edificio che ospitava il quartier generale dell'Ordine, arrivandoci senza fiato, fradici quanto lo erano prima, ma almeno al riparo.
Si scambiarono uno sguardo e scoppiarono a ridere.
Le risate di Lavi si accentuarono quando lei dovette interrompersi a causa di un sonoro starnuto.
 
-Non ti starai mica ammalando, eh, Ann?-
Gli venne riservata un'occhiataccia.
-Sto congelando, che ti aspettavi?-
-Certo, sei fradicia!-
-E di chi è la colpa se lo sono?-
lo accusò scherzosamente.
-Stai dicendo che sarebbe colpa mia?-
-Sto dicendo che sarebbe colpa tua.-
Il giovane sogghignò.
-Stai cercando di irritarmi, forse?-
-Può darsi...-
-Credo che dovrei fare qualcosa a riguardo, allora...-
-Sempre se riesci a prendermi...!-
 
Angelica cominciò a correre lungo il corridoio, seguita a ruota da Lavi ed entrambi ridendo come dei matti.
Corsero fino ad arrivare all'altezza della stanza di Angelica e la ragazza era già riuscita ad aprire la porta per fiondarcisi dentro quando sentì le mani di Lavi che la afferravano per i fianchi e la tiravano all'indietro facendola finire contro il corpo forte del giovane.
 
-Ti ho presa, e adesso?-
La sua voce affannata per la corsa le riverberò nell'orecchio e la fece rabbrividire.
-N-non lo so...-
Nessuno dei due parlò fino a quando...
-Credo di saperlo io...-
 
La spinse leggermente in avanti verso la porta semiaperta e una volta dentro la stanza richiuse lo sportello appoggiandovisi contro e tirandosi dietro anche la giovane, che per tutto il tempo aveva trattenuto il fiato per la sorpresa.
La braccia del ragazzo le si chiusero intorno alla vita e presto sentì anche la punta del suo naso accarezzarle la pelle umida di pioggia della spalla e del collo. Quando poi iniziò a baciarla ripetutamente appena sotto l’orecchio e la gola chiuse gli occhi con un piccolo sospiro, piegando istintivamente la testa di lato.
Le labbra di Lavi si spostarono verso l’alto e aiutandosi con una mano fece voltare la fanciulla abbastanza da poterla baciare sulla bocca.
Era un bacio lento, intenso, come se entrambi lo avessero atteso per lungo tempo e ora cercassero di renderlo il più bello e durevole possibile.
Presa dalla pienezza del momento Angelica si accorse appena delle mani di Lavi che lottavano contro la stoffa bagnata del suo vestito cercando di farle scivolare le spalline lungo le braccia, e solo quando percepì le dita di lui sfiorarle l’addome si rese conto che era nuda dalla vita in su.
L’incertezza svanì all’istante quando lui la girò in modo da poterla abbracciare accarezzandole la schiena con entrambe le mani e affondando si nuovo il viso contro la sua spalla.
Assecondando i movimenti del giovane indietreggiò lentamente fino ad incontrare il letto, sul quale Lavi la fece stendere accompagnandola dolcemente, ritrovandosi così sopra di lei. L’acqua che colava dai loro corpi e dai loro abiti creò una chiazza bagnata sul cuscino e sulle lenzuola a cui però nessuno dei due fece caso mentre riprendevano a baciarsi e a toccarsi con gesti urgenti ma delicati e quasi cauti.
Il ragazzo le prese le ginocchia e le separò, mettendosi poi nello spazio che si era creato tra le gambe della giovane mentre annaspava alla cieca con le labbra e con le mani cercando di arrivare al seno.
 
-Lavi...-
 
Appena quel sussurro le sfuggì dalla gola l’atmosfera si modificò completamente.
Lavi si bloccò tutto d’un tratto e si sollevò leggermente per guardarla in volto.
 
-Oh no...-
Il suo unico occhio verde si spalancò.
-Lavi?-
Angelica non capiva cosa gli avesse preso, era come se avesse compreso solo in quel momento ciò che stava succedendo... e la cosa peggiore era che ne sembrava orripilato.
-Che cosa sto facendo...?-
Si era tirato su e si era messo seduto sul letto, imitato dalla ragazza che nel frattempo aveva sollevato il vestito per coprirsi.
-Lavi, cosa c’è?-
 
Cercò di mettergli una mano su un braccio ma lui si sottrasse.
Non voleva che lo toccasse, riusciva a malapena a guardarla.
 
-Ann... mi dispiace...-
-Ma cosa stai dicendo?-
Riluttante la prese per le spalle, tenendo però la testa bassa.
-Ti prego... perdonami...-
 
Lei avrebbe voluto parlare, capire, spiegargli anche che ciò che avevano fatto (o ciò che avevano cercato di fare) forse non era permesso né corretto ma sicuramente da parte sua era una delle cose più giuste che fossero accadute tra loro e perciò non le importava.
Ma non ne ebbe la possibilità perché Lavi, non appena le ebbe chiesto perdono, si era alzato e avviato per uscire dalla stanza.
 
-Lavi, aspetta!-
-Scusa... scusa, Ann...-
-Ti prego, prima di andartene ascoltami!-
 
Ma lui si era già chiuso la porta alle spalle e i suoi passi già si stavano trascinando lungo il corridoio.
Angelica si lasciò cadere all’indietro e affondò il viso nel cuscino bagnato singhiozzando silenziosamente.
Come aveva potuto essere così ingenua da credere anche per un solo istante che Lavi potesse volere proprio lei? Lei che non era nulla per lui, niente più di una macchietta di inchiostro su una pagina bianca e vuota.
Né lei né la sua vita dovevano avere alcun significato per lui, lo aveva sempre saputo ma aveva sempre stupidamente creduto anche che potesse non essere così, che potesse esserci una speranza, seppur piccola.
Ora aveva la prova che non era così.
Si era infatuata di una visione o un’utopia e ne era rimasta stregata a tal punto da non capire che era un sogno e nulla più.
Si ritrovò ad avere freddo e rannicchiandosi su se stessa pianse tutte le sue lacrime ponendosi un’unica domanda.
 
-Perché non mi vuole?-
 
* * *
 
Lavi raggiunse la camera che condivideva con Bookman e vi entrò sbattendo la porta,  trovandola fortunatamente vuota. Avrebbe potuto stare solo con i propri pensieri, almeno.
Perché non sarebbe bastato fingere che nulla fosse accaduto, non questa volta.
Non poteva perdonarsi il fatto di esserci quasi cascato, di aver lasciato dominare il suo lato egoista che gli sussurrava idee allettanti come quella che aveva prevalso in lui fino a pochi minuti prima: ‘la vuoi? Allora prenditela’.
Ma non poteva, non poteva fare una cosa del genere. Non a lei.
Si sedette prendendosi la testa tra le mani e soffocando un gemito di rabbia.
Aveva rischiato di farle del male, perché checché potesse pensarne Angelica una cosa del genere avrebbe solo potuto farle male.
Stava per prenderla e rovinarla come aveva fatto con tante altre, e nonostante in passato non si fosse mai fatto scrupoli sentiva di non poterlo fare anche con lei.
Era così pura, così perfetta, e lui avrebbe potuto solo corromperla e distruggere quanto di buono e bello c’era in lei.
 
-Lavi...-
-Lavi, aspetta! Ti prego, prima di andartene ascoltami!-
 
Sentiva ancora la sua voce riverberargli nella testa, dapprima espirata quasi a fatica, poi disperata.
Ma non si era fermato ad ascoltarla, perché nulla di ciò che avrebbe potuto dire avrebbe cambiato ciò che lui aveva tentato di fare.
Alla fine il marinaio si era lasciato ammaliare dal fascino della Loreley e aveva rischiato di perdere il controllo della barca. Ma era durato solo un secondo.
Lavi strizzò l’occhio e si ripromise che mai più, mai più, avrebbe permesso che accadesse una cosa simile.
Perché lui era quello che era... e per lei non sarebbe mai stato abbastanza.
 
-Ann... io ti voglio, ma tu sei quanto di più magnifico si possa sperare... e io non ti merito.-
 

Author corner: bene gente, asciughiamoci le lacrimucce (??) perché questa è la vita e... insomma, non vi sarete davvero aspettati che li facessi arrivare fino in fondo?! ò__o È presto, ragazzi! Per vederli arrivare a qualcosa di serio dovrete aspettare i prossimi capitoli di "Velvet Ribbons & Fiery Hammers"... forse... mah... chissà... magari pure lì non succede niente... o forse sì? ù__ù
Anyway, spero davvero che la storia sia stata di vostro gradimento, scriverla mi è costato molto impegno e fatica, se avete notato nella parte più "fisica" ho cercato di escludere l’analisi psicologica per accentuare il fatto che non era una cosa ragionata.
In effetti una volta conclusa mi sono resa conto che questa one-shot mi è venuta molto alla James Joyce, associazione di idee, paralisi... leggete Joyce e capirete cosa intendo. u__u
Tanto per rimanere in tema letteratura vi racconto la genesi di questa storia: all’inizio mi era stata ispirata da “La pioggia nel pineto” del mio amato Gabriele D’Annunzio, poi però mentre la scrivevo ho visualizzato questo quadro di Eduard Jakob von Steinle, “Loreley”, che sul mio libro di letteratura tedesca accompagna l’omonima poesia di Heine. Non chiedetemi come abbia fatto a venirmi in mente un testo che non ho nemmeno mai studiato, fatto sta che mi sono informata e l’ho trovata perfetta: Lorelei è il nome di un promontorio che domina un’ansa del Reno e dove tradizionalmente appariva una specie di bellissima sirena (la Lorelei, appunto) che incantava i marinai e causava naufragi e disgrazie. La lirica di Heine lo racconta molto bene, non trovate anche voi? ^^
Io ho selezionato e tradotto personalmente le ultime quattro strofe, il testo completo è composto da sei strofe.
Credo di aver finito di annoiarvi con queste note autore, che sono sempre quasi più lunghe della storia stessa. ^^”
Vi ringrazio per aver letto questo piccolo “lost chapter”, mi auguro con tutto il cuore che vi sia piaciuto e vi invito, se ne avete voglia, a farmi sapere cosa ne pensate.
Grazie ancora e a presto, per chi ci sarà, con il capitolo 16 di “Velvet Ribbons & Fiery Hammers”.
Adios, tschüss, dasvidania, sayonara, auf Wiedersehen, hasta la vista, usw (?!)
Yami =^.^=
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D.Gray Man / Vai alla pagina dell'autore: Ya_mi