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Autore: PhoenixQuill    30/03/2014    3 recensioni
"Non ho mai voluto metterti in mezzo a tutta questa storia." 
"Non ho mai voluto lasciarti da solo."
Una BastonxKatie che affronta la guerra. Spero vi piaccia :3 
[La storia è stata scritta per il contest "Keep calm and write for magic" indetto da Ginny Weasley in Potter]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katie Bell, Oliver Wood/Baston
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Nome (su EFP e forum): PhoenixQuill
Titolo della storia: "Che ne dici di andare alla "Testa di Porco"? Dicono che si facciano dei bei incontri, lì."
Lunghezza storia: One-Shot da 3136 parole
Pacchetto: Gliglio
NdA (facoltative): Allora, di solito non scrivo NdA, ma, in questa storia, è d'obbligo. Ringrazio, prima di tutto, Ginny Weasley in Potter per il meraviglioso contest e, prima della lettura, devo fare un paio di constatazioni. Nella mia storia, ho dovuto togliere alcuni particolari della saga: per esempio, ho supposto che dopo che Harry, Ron e Hermione siano fuggiti dal Ministero e, quindi, dal numero 12 di Grimmauld Place, Kreacher sia stato costretto dai Malfoy a lasciare la casa e che Katie non abbia mai frequentato le lezioni dell' ES.

Spero di non aver travisato troppo il tutto!

Buona lettura!

 

                 

Oliver Baston, ora uomo di ventidue anni, si aggirava tra le strade deserte di Hogsmeade. Si era accorto, con amarezza, che tutte le vetrine che amava da ragazzino, con le loro luci e colori, erano spente e vuote. Persino la neve sembrava avere una particolare sfumatura grigia che conferiva al paesaggio una nota in più di tristezza. 
Le strade, poi, erano zuppe di persone dalle sfumature più scure, specchio di ciò che accadeva nel mondo. Guerra, tristezza. E, silenziosa come un serpente, allo stesso modo, silenziosamente, la guerra si insinuava tra di loro. 
Lo sguardo, però, gli cadde ben presto sul camino fumante della "Testa di Porco" e, non del tutto convinto, entrò dentro, in cerca di ristoro. Non era certamente il miglior nascondiglio che avesse trovato, ma sapeva che lì fuori, solo e ricercato, non sarebbe durato più di due secondi. Non con tutti i Ghermidori che aveva alle calcagna. 
Si sedette, quindi, comodamente ad un tavolo e ordinò dei tramezzini e del Succo di Zucca. La cameriera, una ragazza che doveva avere uno o due anni meno di lui, guardò da capo a piedi quell'uomo che, con un bagno caldo ed un Incantesimo Rasatore, sarebbe potuto benissimo essere un bel boccone da addentare. Ma, ahimè, doveva adempiere al suo dovere, si ritrovò a pensare. Altrimenti, chi sente Aberforth! 
La ragazza gli portò più in fretta che poté l'ordinazione e continuò ad osservarlo, sottecchi, dal bancone. 
Oliver, di solito acuto osservatore, non si accorse dello sguardo posato su di lui; l'unica cosa che riusciva a vedere era il suo pranzo relativamente caldo, di cui assaporò tutti i sapori a cui aveva dovuto amaramente rinunciare. 
"Oliver!" 
Una voce urlò il suo nome. D'istinto, Baston portò la mano alla bacchetta e la estrasse, per puntarla contro la gola di una sbigottita Katie Bell. Tutte le persone intorno a loro tacquero all'istante, per poter osservare al meglio la scena. Pronto di riflessi, però, lui le disse: "Ci eri cascata, vero?" 
Katie diede una risata isterica e, placando mentalmente i battiti del suo cuore, si sedette con lui. Aspettarono, in silenzio, che la maggior parte dei clienti si voltasse dall'altra parte e smettesse di farsi domande su quello strano personaggio. 
Una volta che tutte le voci si furono acquietate, Katie iniziò a parlare: "Cosa ti prende? E cos'hai fatto al volto?" 
"Niente." Rispose, spiccio, lui. Con una mano, tentò di coprire la ferita che aveva sulla fronte con i lunghi capelli della frangia - Troppo lunghi, constatò Katie, per uno pignolo come Baston-. Bevve un sorso dal suo boccale e domando: "Come vanno le cose, Katie?" 
Quella, se possibile ancor più stupefatta, lo osservò stranita. "Io... Non bene." Confessò, ancora titubante. L'uomo che aveva davanti a sé non poteva davvero essere il Capitano che aveva salutato solo pochi anni prima. 
Baston, non stupito della sua risposta, chiese, con fare rude: "Ah, davvero? Come mai?" 
"C'è una guerra, lì fuori." Sostenne Katie. "Le persone muoiono ogni giorno. Nessuno sta realmente bene." 
Oliver fece una smorfia con le labbra. Sapeva benissimo che nessuno stava bene. 
Ne seguì un lungo silenzio, carico di disagio da una parte e tensione dall'altra.
"Quindi..." Tentò di cominciare lei. "Sei stato preso nei Puddlemere." 
Oliver si sforzò di fare un sorriso. Poi, le rispose: "No, false voci." Non aveva intenzione di trattare male Katie. Voleva solo che si allontanasse da lui. Era un pericolo per sé stesso, per lei e tutti quelli che gli stavano attorno. 
Lei, però, che stupida non era, ribatté: "Balle. Ho visto la foto." Fissò lo sguardo su di lui e chiese: "Cosa nascondi, Oliver?"
Gli si gelò il sangue nelle vene. La situazione degenerava proporzionalmente alle parole del discorso. Aprì la bocca come per parlare, ma la sua frase venne interrotta da una mano, che si posò bruscamente sulla sua spalla.
"Documenti." Ringhiò qualcuno, alle sue spalle.
Voltatosi, Oliver si accorse che dietro di lui, c'erano almeno tre uomini, alti e nerboruti. Ancora una volta, Katie gli chiese cosa non andasse. Non ad alta voce, però. Con lo sguardo. Le sue iridi domandavano perché una squadra di Ghermidori fosse venuto a cercarlo, in una bettola com'era la "Testa di Porco". 
Il ragazzo tenne a bada i nervi, pronti a saltare e rispose, placido: "Non li ho addosso." 
"Non è un buon periodo per non girare con i documenti addosso, lo sai, vero?" Sibilò l'altro, appena alla destra di quello che aveva fatto la domanda. 
"Qual è il tuo nome, allora?" Gli chiesero ancora. Questa volta fu l'altro a parlare, l'uomo sulla sinistra. 
"Tom Hemsworth." Dissimulò. 
Dall'altro lato della Sala, un uomo, nascosto fino ad allora nella penombra del locale, urlò: "E' un bugiardo!" 
L'omaccione al centro si fece avanti e, con un sorriso stirato, esclamò: "Fletcher. Pensavo fossi in qualche sgabuzzino di Azkaban. Cosa c'è che non va, in questo giovanotto?" 
"La ragazza." Sussurrò. "Lo ha chiamato Oliver, prima." 
Gli altri due uomini si voltarono e quello più alto: "Non mi dire..." Masticò. "...che siamo al cospetto di Oliver Baston?" 
"Oliver Baston? E chi sarebbe? Ho detto di chiamarmi Tom Hemsworth." 
"La descrizione corrisponde." Disse l'altro, quello che aveva parlato con Mundungus. "Prende-" Ma le parole gli morirono in bocca, perché quello iniziò a barcollare e, nel giro di pochi attimi, finì riverso per terra, inerme. 
"Cos-" Oliver si voltò e vide Katie, bacchetta tesa, che lo guardava, come a dire: "Mi sono cacciata in un bel guaio, vero?" 
Ma non fece in tempo a rispondergli che sì, quello in cui si era cacciata era un grosso guaio, che lanciò degli Schiantesimi e si Smaterializzò insieme a lei, nel primo posto che gli venne in mente.

 
"Ghermidori?!" Gli urlò contro Katie. "Cosa diavolo hai combinato per metterti contro una banda di Ghermidori?" 
Oliver si sedette sul divano del numero dodici di Grimmauld Place e si massaggiò le tempie con le dita delle mani. "Sono un Nato Babbano." Confessò.
La rabbia e il terrore di Katie, a quelle parole, si tramutarono, repentinamente, in sorpresa. "Cosa?" 
"Sono un Nato Babbano. Tre mesi fa, sono stato mandato come spia del Ministero tra di loro." Stava sputando fuori quelle parole come se fossero state un boccone amaro tenuto in bocca per troppo tempo. "Non sono stato abbastanza bravo, però. Anzi, a dire il vero, sono stato un fallimento." Ridacchiò della sua stessa ingenuità. "Mi hanno scoperto, la mia persone, il mio stato di sangue." Lo disse con disprezzo, caricandolo della sua espressione più disgustata. "Sono uno dei loro piatti preferiti." 
Dalla bocca di lei uscì solo un "Oh", pieno di risentimento e senso di colpa. Si sedette con calma sul divano e prese un respiro. 
Per tutto il pomeriggio, nessuno dei due parlò più. Uno perlustrava la casa, l'altra controllava se ci fosse qualcosa da mettere sotto i denti. Avevano dedotto, entrambi, che l'elfo domestico, Kreacher, dovesse aver abbandonato la casa. Costretto, molto probabilmente, perché un elfo domestico non fa mai nulla di propria iniziativa. 
A cena si scambiarono solo alcune parole, per educazione. Nessuno dei due aveva voglia di parlare con l'altro. E, così, andarono a dormire, augurandosi una buonanotte che, erano sicuri, di buono non avrebbe avuto nulla. 

 
La mattina dopo, Oliver si alzò di buon mattino, disturbato dai raggi del sole che arrivavano dalla finestra dischiusa. Non aveva nessuna intenzione di svegliare la sua nuova compagna di disavventure e, felice di avere del tempo libero, si diresse in bagno, dove riassaporò il piacere dell'acqua calda. Quando vide, poi, dopo mesi, il suo volto riflesso in uno specchio, quasi si spaventò. Non era abituato a quei suoi nuovi lineamenti. Barba folta, capelli lunghi e ferite e cicatrici sparse un po' ovunque. Con attenzione, quindi, applicò l'Incantesimo Rasatore e riuscì anche a tagliarsi decentemente i capelli. 
Ecco, forse, in questo modo, il vecchio Oliver Baston sarebbe potuto venire a galla, pensò, osservandosi allo specchio. Ma, ribadì amareggiato, il vecchio Oliver Baston non c'era più. La sua pelle violata ne era la prova più lampante. 
Dopo che ebbe finito, decise di andare in cucina, dove sapeva di trovare Katie. Doveva parlarle. 
E, infatti, fu lì che la trovò. Vestita esattamente come il giorno prima, preparava, voltata di spalle, la colazione. Osservò le sue spalle muoversi a ritmo delle proprie mani e la schiena arcuarsi ogni volta che qualcosa di quella casa lo sorprendeva. Molto probabilmente, non si era nemmeno accorta che lui era lì. 
Non l'aveva mai osservata, da quella prospettiva. Katie per lei era sempre stata la Giocatrice di Quidditch o la Grifondoro diligente a scuola. Ogni tanto, si soffermava sulle sue spalle o sulle sue dita, quando riusciva a intravederle. Notò che, nonostante tutti gli anni passati assieme, di lei non sapeva quasi nulla. Non conosceva nemmeno le mani esili che osservava tanto attentamente ora.
Si costrinse, però, a non pensare quelle cose. Non si trovavano in vacanza. E la ragione per cui erano in tutta quella cosa era proprio lui. 
"Buongiorno." Le disse, facendola sussultare. No, non si era accorta che lui fosse lì. 
"Buongiorno." Gli augurò e, ancora una volta, assunse un'espressione stranita, non appena lo vide. 
Oliver, sorridendo sornione, chiese: "Cosa c'è?" 
"Niente." Sorrise appena lei. "Mi ero giusto abituata al Baston versione ricercato." 
Anche lui rise. Ed era qualcosa che non faceva da molti mesi, perché si accorse che i muscoli quasi gli facevano male, a quel movimento.  
"Perdonami." Sussurrò. I contatti umani non erano mai stati il suo forte. Lui andava dritto al punto, senza troppi giri di parole. Qualcuno lo aveva anche tacciato dell'appellativo di 'insensibile'. "Perdonami, se ti ho messo in questo guaio. Non avrei dovuto permetterlo."
Katie sorrise. "L'ho scelto io. Se non avessi voluto, non avrei mai Schiantato quel Ghermidore." 
"Tu non correvi nessun pericolo. Potevi tranquillamente vivere la tua vita." Oliver abbassò gli occhi. Non riusciva, ora come ora, a perdonarsi. 
Katie sospirò. Sapeva che, con Oliver, era una battaglia persa fin dall'inizio. "Ho preparato la colazione." Poi arcuò gli angoli della bocca. "Ricordi quando Fred e George aggiunsero quell'essenza di peperoncino alla colazione dei Serpeverde?"
"Come dimenticare." Sorrise lui. "Li ho dovuti rimpiazzare all'ultimo momento per la punizione della McGranitt." Risero insieme, di nuovo. "Quella volta perdemmo, ora che ricordo." Aggiunse, poi, con una nota di sarcasmo.

 
"Sai evocare un Patronus?" Gli chiese Katie, un giorno. 
La loro convivenza forzata durava da qualche settimana. Gli altri membri dell'Ordine li avevano scoperti quasi subito e informati che i Mangiamorte erano a conoscenza di quel luogo. Ma erano passati mesi, dall'ultima volta che vi avevano messo piede lì. Per cui, potevano anche stare tranquilli. Con le dovute precauzioni, ma tranquilli.
Fred e George, dopo averli abbracciati entrambi, accamparono alcune tesi, secondo le quali non erano lì propriamente per fuggire dai Mangiamorte. 
"Cosa vorreste dire?" Gli sbraitò contro Katie. 
"Sì, insomma..." Iniziò Fred. 
"...Tu e Baston da soli. In una casa abbandonata..." Continuò George. 
"...Con più letti!" Cantilenarono insieme. 
Katie, per tutta risposta, diventò paonazza e Oliver, come precedentemente Katie, urlò cose non trascrivibili in questa sede.  
Anche Alicia Spinnet venne a fargli visita. E, una volta che Baston si fu allontanato da loro, disse all'amica: "Complimenti, Katie. Davvero. Baston è Oltre Ogni Previsione." 
"Oh, ma smettila!" Le intimò. 
Oliver, a quella domanda, sollevò la testa dal libro che stava leggendo.
"Allora, lo sai evocare un Patronus?" Chiese ancora Katie. 
"Perché me lo chiedi?" 
"Perché voglio imparare." 
Oliver sospirò e chiuse la copertina del libro. "Sì, lo so evocare." 
La ragazza, entusiasta, prese in mano la bacchetta, segno che era pronta per cominciare. 
"Non è molto facile, sai?" Le disse, guardandola. 
"Lo so." Rispose lei. "E' per questo che ci sei tu." 
Con pazienza, iniziò a spiegarle tutti i fondamenti di un Incanto Patronus. Che doveva pensare al ricordo più bello che avesse e che doveva essere totalmente concentrata. Che non era importante se non ci fosse riuscita subito. Era un livello avanzato di Difesa, era più che normale. 
Katie socchiudeva gli occhi ogni volta, pensava a qualcosa di bello che era accaduto nella sua vita, e agitava insistentemente la mano. 
"No, la bacchetta dev'essere presa così, guarda." Le si avvicinò e poggiò le mani sulle sue. "Così..." Sussurrò lui, nell'orecchio di lei. 
Katie, che riusciva a sentire tutto ciò che avveniva nel suo petto, deglutì a vuoto e lasciò che Oliver la guidasse, con la sua voce dolce che rimbombava nella sua testa. Anche lui sembrava essere preso dal momento. Ma, immediatamente, ritrasse le mani, sciogliendo quello pseudo-abbraccio e tossicchiò: "E questo è quanto."
"Mi fai vedere com'è il tuo?" Gli chiese lei, per sciogliere la tensione che si era creata. 
Baston sorrise e, bacchetta ben stretta tra le dita, scandì: "Expecto Patronum!" Dalla sua bacchetta, fuoriuscì un fiotto di luce bianca che, velocemente, prese la forma di un leone. 
"Grifondoro." Sussurrò, estasiata, Katie. 
"Grifondoro." Confermò lui. 

 
Nei giorni successivi, Katie non riuscì ad evocare il suo Patronus. Dalla sua bacchetta uscivano solo alcune scintille bianche, poi più niente. 
"Hai tenuto il conto dei giorni?" Le chiese Oliver, dall'altro capo del divano su cui erano seduti. 
"No. Ma Lee mi ha insegnato un incantesimo utile, una volta." Prese la bacchetta e recitò: "Monstras hora!" 
Davanti a loro, alcuni sbuffi indicarono che era il 2 Maggio 1998, esattamente le 20:22. 
"Siamo chiusi qui dentro da più di un mese." Sospirò Katie. 
Anche Oliver sospirò. "E' tutta colpa mia. Mi sarei dovuto consegnare." 
"Oliver." Katie gli si avvicinò. "Non lo dire neanche per scherzo. Ti avrebbero ucciso." 
"Sono morto comunque, Katie. Siamo morti comunque." 
Katie gli venne vicino, ancora di più, e disse: "Pensi che resteremo in questa topaia per il resto della nostra vita? Pensi che invecchieremo qui? Be', allora ti sbagli di grosso, Oliver Baston." Sussurrò, guardandolo negli occhi. "Un giorno, verrà la guerra, quella vera. E noi saremo pronti e lotteremo. E io non morirò, né tanto meno tu." 
Oliver si voltò verso di lei e scoprì averla meravigliosamente vicina. 
"Non ho mai voluto metterti in mezzo a tutta questa storia." 
"Non ho mai voluto lasciarti da solo." 
La fronte di lei sfiorò quella di lui e la vicinanza era tale che Oliver poteva percepire l'essenza di quella casa impregnata in lei. E le labbra erano torturate, tanto piccola era la distanza da annullare tra di loro. Così vicine che sarebbero bastati solo due secondi in più. Se solo un Patronus sotto forma di lince non fosse arrivato lì e avesse annunciato, con la voce di Shacklebolt: "Hanno attaccato Hogwarts. Abbiamo bisogno di voi."  

 
Oliver tentava in tutti i modi possibili di Disarmare o Schiantare qualcuno. Non era riuscito, nel mentre, a tenere d'occhio anche Katie. Era semplicemente scomparsa dal suo campo visivo. E questo non andava affatto bene. 
"Protego!" Urlò, correndo disperatamente verso un corridoio, dove altri stavano duellando. "Katie!" Chiamò a gran voce, ma nessuno parve sentire. "Katie!" 
Vagò in lungo e in largo per l'intero castello, rischiando più e più volte l'osso del collo. Disarmò perfino un Mangiamorte che gli stava per lanciare contro una Maledizione, ma di Katie sembrava non esservene traccia. 
Si guardò ancora una volta intorno, mentre intorno a lui volavano incantesimi di ogni genere. 
E se..., gli diceva una voce, dentro la testa. 
No, non poteva essere. Era molto brava, l'aveva visto lui stesso. 
Svoltò in un altro corridoio, urlando ancora una volta il nome di Katie. Ma, ad aspettarlo, non trovò lei.
"Guada, guarda." Disse un omaccione. "Il signor Oliver Baston." Sogghignò leggermente e prima che Oliver potesse muovere un singolo muscolo, lo disarmò. "Ho perso l'uso di un orecchio per colpa tua, quella volta alla "Testa di Porco", lo sai?" 
Lui strinse i pugni, pronto a lottare, se fosse stato necessario. 
"Calmo, pivellino. Ti lascio in mani più... delicate delle mie." 
L'omaccione corse via verso un altro corridoio, con ancora un ghigno impresso in volto. 
"Ehi!" Urlò Oliver. "La mia bacchetta!"
Sollevò i piedi per iniziare a correre, quando, all'improvviso, si sentì come morire. Il suo corpo venne pervaso da una sensazione di freddo e tristezza. Sapeva bene a cosa era dovuto. Si voltò e, con il fiato mozzo, lo riconobbe. 
Era un Dissennatore. Non sapeva come, ma erano riusciti ad entrare nella scuola. E uno era lì, proprio affianco a lui. Intento a strappargli via l'anima. 
Non riusciva nemmeno a gridare, tanto era il dolore a livello del petto. La sua mente era ora affollata dai lunghi mesi di stenti, dai giorni di fame e di pioggia che aveva dovuto vivere fino a quell'anno. Le sue ginocchia cedettero e così anche il suo corpo. 
E così finisce, pensò, in un ultimo barlume di lucidità. 
Il volto del Dissennatore - sempre ammesso che quello fosse un volto - era vicinissimo a lui. Invece di un bacio di Katie, come desiderava da qualche settimana a quella parte, ora otteneva un bacio da un Dissennatore. No, non era affatto giusto. 
Ma il volto, quasi come avesse ascoltato i suoi pensieri, si allontanò e una figura argentea - qualcosa di molto grosso, dai tratti femminili - si interpose tra lui e il Dissennatore, che volò via. 

 
"Oliver? Oliver?" Qualcuno gli scuoteva le spalle e lo chiamava per nome. Faticosamente, socchiuse gli occhi, che, in un primo momento, vennero accecati dalla luce del giorno. 
"Oliver!" Esclamò la stessa voce. 
Katie, dal volto ferito e dalla capigliatura scombussolata, lo abbracciò, singhiozzando rumorosamente. 
"Oh, Oliver... Pensavo... Pensavo..." 
Lui, una volta sveglio, si drizzò a sedere e pose una mano sulla spalla di lei. "Sono qui. Sono qui." Continuava a ripeterle.
"Merlino, è stato un inferno.." Singhiozzava ancora. "Ti stavo cercando e-e e ti ho visto pe-per terra e-e quel Dissennatore..."
"Era tuo?" Le chiese, sorpreso. "Il Patronus era tuo?" 
Katie alzò lo sguardo e annuì, asciugandosi le lacrime. "Era mio." 
"Doveva essere un gran bel Patronus!" Sorrise, stringendola a sé. "E dimmi, che forma aveva?" 
"Oh." Si limitò a dire lei, abbassando lo sguardo ancora una volta. "No, nulla di particolare. Un animale, uno qualunque." Farfugliò. 
Baston si piegò sui gomiti e cominciò a ridere. "Non essere modesta, Katie. Era un Patronus meraviglioso! Impossibile che tu non abbia saputo riconoscerne la forma!" 
Katie farfugliò qualcos'altro, nulla che comunque potesse essere capito. Per poter cambiare discorso, gli restituì la bacchetta e lo informò che il Ghermidore era morto, dopo che un muro gli era crollato addosso. 
"Grazie. Quindi..." Sussurrò, malizioso. "...non mi vuoi dire che il tuo Patronus era una leonessa?" 
Le guance di Katie, se possibile, si dipinsero di un rosso ancora più forte, sotto lo sguardo carico di aspettativa di lui. 
"Sei libera domani sera?" Le chiese, fissandola negli occhi. Gli occhi che amava da un mese a quella parte.
"Sì, sono libera. Molto libera. Un sacco libera." Balbettò lei. 
"Allora, che ne dici di andare alla "Testa di Porco"? Dicono che si facciano dei begli incontri lì." 
Katie si voltò verso di lui e gli sorrise. 
"Perché no?" 
 

 

   
 
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