Dal
giornale cittadino
Lo chiamavano Jack ed era un duro di quelli veri. Tutti lo temevano e
adoravano segretamente, perché, in quel quartiere senza legge e senza
dio lui era la legge. Tutti in pubblico lo criticavano ma poi, in segreto,
pregavano per lui e lo ringraziavano, per aver salvato loro un figlio o una
figlia. Viveva vicino al fiume all’angolo di via Manzoni, nessuno sapeva
da dove venisse. Pensavano fosse il figlio bastardo del prete e della sua
perpetua.
E allora che ci faceva con lui, quella fatidica notte, la figlia del
postino, quella fanciulla timida, timorosa di dio e laureanda, orgoglio insomma
di mamma e papà?
E soprattutto perché ha deciso di farsi avanti solo adesso?
“Eravamo a casa sua e stavamo vedendo un
film come facevamo di solito, un film classico. Frequentavo Jack da tanto tempo
ma non eravamo ne innamorati ne amanti. Volevo fare la scrittrice e lui aveva
accettato di fare da cavia, raccontandomi la sua vita, un po’ alla volta
come gli veniva in mente. Non potevo dirlo a nessuno, con la sua reputazione
chi avrebbe creduto che la nostra relazione era solo platonica? Se fossero
stati suoi metà dei figli attribuitigli dai pettegolezzi delle signore
sarebbe stato una specie di cavallo da monta.
Comunque quella sera ero molto stanca e lui (
cosi lo chiamava la gente, non potevano neanche pronunciarne il nome) mi
propose di rimanere a dormire lì, nessuno l’avrebbe saputo, io
vivevo da sola. Mi fece dormire sul divano, poco cavalleresco direte voi, ma
neanche io che ero la persona più vicina a lui da anni potevo entrare
nella sua stanza sul retro.
Quella notte non riuscivo a dormire, mi
chiedevo se qualcuno mi avesse visto, mi agitavo. Forse fu per questo che me ne
accorsi. Vidi una macchina, pensavo fossero due amanti, magari un marito bisognoso
di sfogo, poi però scesero quattro persone buttarono qualcosa per terra
e gli diedero fuoco. Iniziai a gridare chiamando Jack, avevo paura che il fuoco
si avvicinasse troppo, era tutto secco, quell’estate non aveva piovuto. Lui venne e mi disse di andar via, perché se
qualcuno vedendo il fuoco fosse venuto, mi avrebbero trovata lì e
chissà che cosa sarebbe successo.
Cosi terrorizzata fuggii. La mattina volevo
andare da lui per sapere se stava bene ma dovevo prima recarmi dai miei
genitori: mi lasciavano vivere da sola a patto che ogni giorno andassi da loro.
Si fidavano di me, vedete, ma la mia vena creativa li aveva sempre spaventati
un po’.
Quel giorno mi fecero quello che pensai fosse
il più bel regalo della mia vita. Un viaggio. Tutto pagato ovviamente,
per tutte le capitali d’Europa per poter vedere le opere d’arte e
magari conoscere qualche scrittore famoso.
Quanto mi sono pentita di quel viaggio.
Comunque dovevo salutarlo e magari affrettargli
la memoria, avevo il volo l’indomani ma a casa sua non c’era, in
città non lo vidi e pensai stesse facendo uno dei suoi servizi
misteriosi a vantaggio di qualcuno della città. Non ero preoccupata, se
gli fosse successo qualcosa lo avrei saputo. Quel giorno impegnata con i
preparativi, non mi accorsi di una certa tensione nell’aria e la polizia
fu brava a nascondere tutto.
Bè il resto lo sapete. Due mesi dopo tornai e
trovai Jack processato per l’omicidio di Marienne,
il corpo bruciato, morto in carcere per il dolore di essere stato ritenuto
capace di una cosa cosi tremenda.
Ma io sapevo che non era stato lui, ero
distrutta, parlai con i miei genitori che mi pregarono, supplicarono,
minacciarono di non dire niente. Tanto ora a che serviva, dovevo pensare alla
mia reputazione, inoltre a chi importava di lui? E di certo i veri colpevoli
saranno stati dei balordi ormai lontani, non li prenderanno mai, lascia perdere
mi dicevano.
Cosi mi lasciai convincere, perché sono
una vigliacca, avevo paura delle conseguenze.
Non divenni più scrittrice ma scelsi una
carriera più sicura, l’insegnamento, mi sposai e tutti
dimenticarono quella brutta storia.
Ero felice, avevo una bella vita. Ma ogni tanto
lui mi torturava, il mio rimorso mi rodeva dentro. Poi mio marito si
ammalò di un mare incurabile e morì nel giro di due mesi. Pensai
fosse una punizione, fu un duro colpo.
Una settimana fa, mettendo a posto tra le cose
di mio marito, trovai uno scrigno mai visto prima. All’interno conteneva
un accendino, una vecchia foto di quattro ragazzi vicino ad una macchina, una
cartolina firmata con una dedica di Marianne e una lettera in cui lei gli
diceva di essersi innamorata di un altro, un uomo che i suoi apprezzavano e che
poteva frequentare liberamente, una lettera d’addio dunque. Quel bastardo
che avevo sposato e i suoi amici, suoi complici, sicuramente, quella notte, da
giovani erano dei veri scavezzacolli ma protetti dal buon nome delle famiglie
nessuno osava punirli. I genitori di Marianne, però, non si fidavano e
li allontanarono, i miei bè si fecero
incantare dai soldi, quanto a me trovai affascinante quegli atteggiamenti
ribelli.
Questo spiegava il processo veloce, il silenzio
della polizia ( la macchina era stata venduta).
Cosi i quattro avranno raccontato qualcosa su
come Marianne si lamentasse di Jack, su come questi l’avesse seguita, non
so come siano andate le cose di preciso ma la polizia e la gente furono veloci
a crederci: genitori vendicati, un tipaccio tolto di mezzo, bella figura per la
polizia.
Bene prima di lasciarvi per sempre vorrei dirvi
due parole sull' uomo che avete, anzi abbiamo ucciso. Era veramente un figlio
illegittimo ma di un medico, non di un prete, e della sua inserviente. La madre
lo abbandonò davanti alla porta di un’anziana signora che lo
crebbe in povertà ma con amore. Rimasto solo a venti anni si trasferì
in quella casa, dieci anni prima dell’incidente. Viveva con una rendita
datagli dal padre, forse per rimorso, con il quale non aveva contatti, i soldi
gli venivano dati tramite un avvocato. Proteggeva chi poteva. Sapete quante
vostre figlie ha salvato dal "disonore" ,dai brutti tipi che voi
neanche pensavate potessero frequentare e quanti mariti o figli indebitati ha
aiutato con i suoi soldi?
Ma nessuno poteva ringraziarlo, vero?
Sarebbe stato come ammettere di avere qualche
brutto segreto in famiglia, meglio denigrarlo. E lui ha sempre sopportato in
silenzio e sapete perché?
Perché perché
quella donna che lo aveva cresciuto gli aveva insegnato a fare ciò che
era giusto senza ricompense.
Certo non era un angelo ma non era certamente
migliore di voi, di tutti noi.
E ora spero che dopo questa mia riuscirete
ancora a vivere perché io non posso più.”
Per il giornale cittadino.
21:30 pm
23/01/08
La cronaca riporta la notizia del suicidio di Elisa
con una pistola acquistata qualche giorno prima con regolare porto d’armi
e la riapertura del caso.