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Autore: May Begood    31/03/2014    4 recensioni
[SPAMANO]
Romano si chiede cosa mai potrebbe far infuriare uno spagnolo allegro e spensierato come Antonio.
"Forse si sfogava in altri modi.
Forse era un assassino, o un giocatore d'azzardo, o ancora era più misantropo dello stesso meridionale. Forse era uno stupratore, o un ladro, oppure uno scienziato pazzo."
Genere: Comico, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: Missing Moments, Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Nonostante fosse stato lo stesso meridionale a chiedere allo spagnolo se avrebbe potuto ospitarlo per qualche mese, giusto il tempo di trovare lavoro e un nuovo appartamento, con la promessa che avrebbe pagato affitto e avrebbe dato la sua parte nelle spese quotidiane, Romano si sentiva sempre in imbarazzo quando si rendeva conto di dover rimandare per l'ennesima volta l'aiuto economico, visto che il 'lavoro'  come aiuto-cameriere non gli permetteva ci partecipare e di essere puntuale nelle spese. Antonio non gliel'aveva mai fatto pesare e cacciava i soldi dalla propria tasca più spesso di quanto Romano avrebbe desiderato.
Gli affari economici per il meridionale erano sempre un argomento piuttosto delicato, e sapeva che era lo stesso per la Spagna: erano così simili in tutto quello che succedeva, anche Antonio aveva difficoltà economiche,  per questo Romano avrebbe voluto partecipare alle spese in modo costante.
"Come cazzo faccio a dirglielo adesso?" pensò, prossimo alla bestemmia e stritolando il portafogli mezzo vuoto. Mai come in quella situazione si sentiva a disagio in presenza dell'allegro spagnolo.
Già l'ultima volta l'aveva rassicurato che gli avrebbe restituito tutti i soldi appena possibile. Quale scusa avrebbe inventato ancora?
Frustrato scese al piano di sotto, dove era certo di incontrare Antonio alle prese con il resoconto mensile ... e con la calcolatrice. Dopo l'ultimo scalino, infatti, lo vide spuntare dalla cucina con il solito sorriso spensierato mentre agitava un foglio su cui avrebbe fatto i calcoli.
-¿Estas listo Romanito?
-Sì, Antonio, ma... 
-¿Que?
-Ecco: non riesco a pagare neanche stavolta.
Come da copione, Antonio allargò il sorriso e le braccia, forse con l'intento di abbracciarlo. 
Romano si preparò per scansarlo, avesse dovuto costargli una testata sul petto.
-Nessun problema! 
-Ma, Antonio, è già la quinta volta.
-Sei mio ospite e non ti permetterò di porti un problema del genere! Posa il portafoglio, pensa a cercare lavoro con serenità e divertiti! Mi hai detto che non sei mai stato in Spagna. Presto ti mostrerò Barcelona
-Grazie, Antonio. Te li renderò presto.
Lo spagnolo fece un gesto infastidito con la mano e spostò la sedia per sedersi.
Trascorsero la maggior parte della mattinata facendo calcoli matematici.
Avrebbero potuto impiegare meno tempo, ma Antonio non riusciva a capacitarsi di un risultato ottenuto da una semplicissima sottrazione (forse l'unica dell'intero procedimento).
Arrivò presto l'ora di pranzare, ma il frigo era vuoto. O per meglio dire: era pieno di pomodori andati a male. Anche lì Romano dovette spiegare allo spagnolo per quale motivo non avevano più il bel colore rosso pieno e succoso. 
Con grande sorpresa, Antonio non si offese, nè sbroccò, come Romano aveva sempre immaginato, specialmente quando riguardava i suoi amati pomodori.
Effettivamente non l'aveva mai visto arrabbiato, e non sapeva se fosse o meno un vantaggio.
Forse Antonio accumulava la rabbia e questa si mostrava in piccoli difetti fisici.
Il meridionale guardò lo spagnolo: quel tipo avrebbe potuto avere qualsiasi problema, ma non era certo il corpo a rimetterci, anzi! 
Restava sempre attraente.
"Fottutissimo spagnolo bastardo"
Forse si sfogava in altri modi. 
Forse era un assassino, o un giocatore d'azzardo, o ancora era più misantropo dello stesso meridionale. Forse era uno stupratore, o un ladro, oppure uno scienziato pazzo.
Romano fissò meglio lo spagnolo:
"Con quella faccia? Non è stato in grado di fare una sottrazione o di capire il ciclo di vita di un pomodoro, figuriamoci se è capace di arrivare a tanto!"
Alla fine, constatando che Antonio non avrebbe fatto male ad una mosca, sebbene i suoi 'FUSOSOSOSO' fossero estremamente inquietanti, Romano lasciò perdere la questione dello spagnolo arrabbiato.
Per compensare l'ultima rata mensile, decise di andare a fare la spesa con i propri soldi, ma Antonio insistè per accompagnarlo. Accettò, a patto che non avrebbe dato fastidio.
-Romanito, vogliamo fare la paella? Te gustarìa mangiarla? Io sono bravissimo a prepararla.
-No, Antonio, ho detto che decido io cosa cucinare e cosa mangiare! Non mi interessa provare la tua stupidissima 'paella' e ...
Nell'attimo in cui voltò lo sguardo per poter dare enfasi alle proprie parole, l'italiano non trovò più lo spagnolo al suo fianco. Si era fermato ed era rimasto a capo chino due passi indietro. Romano si accorse di aver detto una cattiveria bella e buona e di aver offeso la sua patria. "Dannazione!" pensò, tornando di fronte all'amico.
-Io non volevo.
-Romano...
-Sì, hai ragione, sono stato scortese.
-Romano...
-Ma se vuoi, potremmo prepararla.
-Romano...
-Cosa?
Antonio alzò lo sguardo.
Romano ebbe un tuffo al cuore.
I suoi bei occhioni verdi erano coperti da un velo di commiserazione e cordoglio mentre diceva:
-Neanche a me piace la paella.

Ritornando a casa, Romano fissò nuovamente l'amico.
Sorrideva.
Che cazzo aveva da sorridere in quel modo?
Come faceva a sopportare la vita con quel sorriso da ebete?
Romano decise che entro quella stessa giornata avrebbe fatto infuriare lo spagnolo.
Neanche finì di elaborare quel pensiero che ecco comparire Arthur sulla strada.
"Ottimo!"
Vecchi episodi gli portarono alla mente che Antonio non aveva mai sopportato l'inglese, per ragioni sconosciute. Ed era molto difficile vederlo portare rancore nei confronti di qualcuno. Da parte sua, neanche Kirkland aveva mai gradito la presenza dell'ispanico. 
Quando Antonio si accorse dell'arrivo del suo più acerrimo nemico, cambiò espressione. Romano fu contento di guardare quel sorriso morire in una smorfia di disappunto, anche se ancora ben mascherata. Anche Arthur si accorse dei due e, da gentiluomo quale fingeva di essere, fu il primo a salutare:
-Hello, my friends. Come va?
-Non ci lamentiamo. - rispose il meridionale, folgorato poi dall'idea di assumere un atteggiamento più amichevole. Non gli era mai sfuggito lo strano affetto che lo spagnolo provava nei suoi confronti. Decise quindi di giocare quella carta e, ricordando il gaio comportamento del fratellino, scelse di imitarne qualche tratto.
Sforzò un sorriso (ma, essendo cosa rara, sarebbe risultato piuttosto sincero) e disse:
-Abbiamo fatto spese. And you?
Sapeva anche che l'inglese avrebbe apprezzato quella domanda, sebbene l'accento e l'intonazione lasciavano molto a desiderare. E poi erano le uniche due parole che il meridionale conosceva. 
Come previsto, lo sguardo di Arthur si illuminò e sorrise all'italiano addolcendo lo sguardo. Romano lanciò un'occhiata allo spagnolo che rimase in disparte e seguì l'intera conversazione in inglese senza tuttavia capire nulla nè agire.
L'italiano rimase deluso da quell'assenza di moto, e spezzò immediatamente la comunicazione con l'inglese, che però non se ne andò via senza aver dato una sonora pacca sulla spalla del meridionale.
-Hai visto cos'ha fatto?
Antonio si voltò a guardarlo perplesso, poi scoppiò a ridere:
-Certo: è davvero cambiato, me lo ricordavo più rigido. Devi insegnarmi un po' di inglese, Romanito!
E prese a canticchiare.
Romano strinze le buste della spesa tra le mani, furioso.
Neanche quello stupido inglese l'aveva fatto sbroccare! Aveva subito una carezza da quella fottuta mano britannica, ma senza ottenere risultato.
E se gli avesse spezzato una gamba di proposito?
No. Se ne sarebbe uscito con una cazzata del tipo: "Colpa mia! Sono inciampato sulle tue mani contratte!"

-Mmm... Che fame, Romanito! Meno male che ci sei tu! Cucini così bene!
Antonio si agitava affamato sulla sedia, sfregando le mani e osservando tutti i movimenti dell'amico, puntando proprio alla padella. 
-Eh! Aspetta un attimo! Tieni, ecco qua.
Non era finita.
Il maggiore dei Vargas sapeva che non era finita lì.
E approfittando del primo spasmo muscolare, fece schizzare la salsa bollente addosso allo spagnolo. Se non della camicia sporca, si sarebbe senz'altro lamentato per le scottature.
A parte un grido sorpreso e un salto lungo... Niente.
Romano provò a sporcargli il divano, il parquet (cui Francis teneva particolarmente); provò di nuovo ad insultare lui e le sue tradizioni, la sua famiglia e il suo paese; parlò di Arthur e di come sarebbe stato bello frequentarlo, ma lo spagnolo accettò ben volentieri tutte le sue proposte.
Fino a che non squillò il telefono.
L'italiano, ormai arreso, era arrivato a pensare che lo spagnolo fosse un qualche mostro alieno creato per la pazienza, e dopo aver dato una pulita al salotto e alla cucina, si distese sul divano e decise di rilassarsi un po', leggendo un libro.
Quando il telefono cominciò a squillare, Romano pensò di dare ulteriore fastidio e di non scomodarsi affatto. Tant'è che chiamò:
-Antonio?
In risposta, sentì il frusciare dell'acqua proveniente dal bagno.
Visto il risultato dello scherzo della salsa, era andato a farsi una doccia.
-Antonio!- chiamò più forte.
La doccia continuava, e in più lo spagnolo aveva iniziato a cantare.
Romano inspirò a fondo, e il telefono aveva già smesso di squillare, e a pieni polmoni tentò una terza volta:
-Uè Tatònn!
-Romanito?
"Eccolo"
Antonio fece capolino in salotto, con il solito sorriso beato:
-Mi hai chiamato?
-Il telefono stava squillando!
-Oh. No te preocupes, Romanito. Richiameranno. 
-E se era urgente?
-Non chiamano a quest'ora per un'urgenza.- rispose lo spagnolo, già rientrato in bagno.
Romano si alzò e lo raggiunse, piuttosto perplesso.
-In che senso? E se uno sta morendo? Ti avverte il giorno dopo?
L'italiano ridacchiò, affacciandosi al bagno.
E lo vide.
Vide ciò che aveva sempre desiderato vedere.
Lo sguardo frustrato di Antonio.
Anche stavolta guardava verso il basso, ma era chiara la ragione per cui era così furibondo. Romano lo capì dal momento in cui si accorse che lo spagnolo stava fissando la bilancia su cui era posizionato. La bilancia. Quella bilancia era diventata la miglior amica dell'italiano.
Romano sorrise:
-Anton...
Con una mossa fulminea, Antonio afferrò l'aggeggio e lo lanciò fuori la finestra a mo' di fresbee, sbraitando parole che neanche il più profano tra gli uomini avrebbe capito. E non erano parole gentili, per quello che Romano riuscì a intendere, visto il modo in cui Antonio gridava.
Dolce suono.
Non aveva mai sentito uno spagnolo arrabbiato urlare parolacce nella sua lingua madre.
Romano avvertì il cuore battere più velocemente contro il petto, quasi volesse uscire fuori e partecipare a quel magico canto. Finalmente vide Antonio con occhi diversi, conquistati e ammaliati da quella sinfonia. Avvampò per l'emozione e l'eccitazione, si avvicinò allo spagnolo e senza pensarci lo abbracciò da dietro, affondando il viso nella sua schiena abbronzata.
All'istante il dolce canto smise di farsi udire, ma Romano riusciva ancora a coglierne ogni singola nota.
-Romano?
-Sapevo che c'era qualcosa che non sopportavi, Antonio. Sono felice che tu ti sia finalmente liberato: è tutto il giorno che cerco di farti arrabbiare.
-Ma... di che parli?
Romano voltò l'amico e lo fissò con occhi pieni di orgoglio:
-Il tuo aspetto fisico è il tuo punto debole. Ti fa infuriare il non essere in forma, vero? Per questo hai buttato la bilancia: ti ha mostrato un numero che non corrisponde al tuo peso-forma.
Antonio sospirò imbarazzato:
-No, in realtà, la ragione è un'altra.
-Quale?
-La bilancia era rotta.





   
 
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