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Autore: soulles    01/04/2014    2 recensioni
Scarlett e Samantha. Due anime che si scontrano, due vite sconvolte dagli eventi. Dovranno lottare per far tornare le cose come prima: l'amore per Tom, da una parte, e la voglia di dare una svolta alla propria vita dall'altra. Raramente viene data una seconda possibilità dal destino, ma quando questo accade riuscirà a risolversi tutto per il meglio?
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Souls Intertwined
(1. Let it burn)
 

La giornata non prometteva nulla di buono. Il cielo era scuro, soltanto qualche raggio di sole riusciva a filtrare fra le spesse nuvole che incombevano sulla città in piena fase di risveglio. Scarlett guardava fuori dalla finestra del suo minuscolo appartamento nella periferia di Los Angeles, indecisa se mettere o no l'impermeabile. Optò per un "no" e prese le chiavi della moto dal tavolo della cucina, lasciando solo la tazzina ancora sporca di caffè e le briciole di una fetta biscottata sgranocchiata senza voglia. Avrebbe pulito al suo rientro, la sera.

La sua vita non era propriamente il sogno di ogni americano: si svegliava presto, saltava in sella alla sua moto e rombava verso l'unico, sfigatissimo, bar in cui aveva trovato lavoro. Non era mai stata una Reginetta del ballo del liceo, non aveva mai indossato qualcosa di rosa, nè approfittato del bel faccino che aveva per fare la cheerleader o cose del genere, ma non si era resa conto di aver toccato il fondo fin quando le sue amicizie non erano diventate altro che correnti negative da cui lasciarsi influenzare. Perché sì, anche lei - come la maggior parte della cerchia della quale si era circondata - era caduta nel giro dell'alcool, della droga, ed uscirne era stato difficile. "Difficile ma non impossibile", come le ripeteva sempre sua madre.  D'altronde non poteva incolpare nessuno dei suoi fallimenti o di ciò che era diventata. Aveva semplicemente lasciato che la vita le scivolasse addosso, andando avanti per inerzia - nel peggiore dei modi, è chiaro -, e adesso si prendeva tutte le conseguenze. Con gli interessi.

La sua moto era lì ad aspettarla, posteggiata sotto casa, con una grossa catena legata sulla ruota posteriore. Era lucida e, strano a dirsi, sembrava più nuova di quello che in realtà era. Le saltò su e si rese conto solo in quel momento di aver dimenticato il casco proprio accanto la porta. "Pazienza", pensò, "per un giorno che non lo metto non morirà mica nessuno".

Sfrecciare fra le strade di Los Angeles nelle prime ore del mattino era la cosa più rilassante  che si potesse fare in una città così caotica. Bastava liberare la mente, ruotare il poso sul manubrio e lasciare che il ventò le sfrecciasse fra i capelli, la colpisse in viso, sulla schiena lasciata scoperta dal giubotto di pelle corto in vita. I pensieri volavano, così come la mente, e tutto d'un tratto la vita non era più quella merda che la soffocava ogni giorno, ma un soffio d'aria fresca che la faceva respirare, sentire libera.

 
* * *
 
Non molto lontano da lì, Samantha camminava a passo spedito reggendo in mano un cappuccino Starbucks. La sciarpa di cotone che le circondava il collo lasciava una scia dietro di lei, mischiandosi con i capelli dorati; un sorriso spontaneo padroneggiava sul suo viso.
Quella mattina di buon'ora aveva salutato il suo ragazzo, Tom, ed era uscita di casa fischiettando, decisa a fare una bella camminata invece che prendere la macchina come lui la obbligava a fare. "I paparazzi, le fan, ilcanedelvicinocheotrebbescambiartiperunpostino!", queste erano le motivazioni che lo spingevano ad essere così premuroso nei suoi confronti. Ma poteva forse colpevolizzarlo, per questo? No, la sua unica colpa era di amarla troppo e a lei andava fin troppo bene così.

Sembrava passato un secolo da quando si era trasferita negli States ed aveva incrociato per la prima volta quegli occhi così ambrati da togliere il fiato. Soltanto pochi anni prima passava il suo tempo a leggere Shakespeare sui prati di Oxford e adesso quella vita gli sembrava così lontana ed incompatibile con lui, con loro, con il suo lavoro da interprete fra le stelle di Hollywood, che quasi stentava a crederci se solo si fermava un attimo a pensarci. Non poteva desiderare di meglio, ad ogni modo. Aveva sempre dato il massimo fin dal liceo e tutto quello che aveva era merito dei suoi sacrifici, del suo duro lavoro, della sua tenacia. Tom a parte, ovviamente. Lui era capitato per caso in una serata di pioggia, non lo stava cercando; era arrivato e basta, e non c'era stato verso di farlo andare via finché non gli aveva ceduto il suo cuore e aveva accettato il suo lavoro, la sua fama ed il suo amore.

Quel giorno avrebbe firmato uno dei contratti più importanti della sua carriera. Qualche mese prima le avevano richiesto un colloquio per un progetto così importante che quasi stentava a credere che avessero contattato lei. Aveva quasi deciso di non andare - "Tanto non ho speranze, figurati!" - ma, alla fine, aveva ascoltato il suo oroscopo personale - aka Tom: "Sam devi andare! Sei bravissima, sei bellissima, sei così sexy.. oh sì... ad ogni modo, certo che devi andare!" - e, contro ogni sua aspettativa, era stata scelta fra centinaia di interpreti proposte. E adesso si ritrovava a controllare nervosa la sua posta elettronica sull'iPhone, leggendo e rileggendo la mail di conferma che le avevano inviato per concordare l'appuntamento firma-documenti.
Era così assorta nei suoi pensieri che neanche si accorse di quella moto che, dall'altro lato della strada, veniva scaraventata a terra in una pozza di sangue; dei capelli ramati sparsi sull'asfalto, della folla di gente che accorreva sul luogo dell'incidente. Era così assorta che non si accorse neanche delle gambe che cedevano in un improvviso senzo di vuoto. Poi il buio.

 
* * *
 
Scarlett non sapeva come ma non era riuscita in tempo a frenare. Un momento prima sfrecciava libero, quello dopo era sdraiata a terra priva di conoscenza, su un asfalto che stava diventando velocemente rosso come quel semaforo che non aveva visto. Rosso come il gruppo che cantava "Let it burn" nelle sue orecchie, poco prima dell'impatto.

Aveva avuto il tempo di voltarsi per osservare la sua "piccola" pochi metri lontano da lei, con la ruota posteriore che ancora girava lentamente; solo il tempo di sentire un dolore lancinante al centro del petto , come qualcosa che si lacerava strappandosi da lei. Poi il buio.


" How long can you stand the pain? How long will you hide your face?
How long will you be afraid? Are you afraid?
How long will you play this game? Will you fight or will you walk away?
How long will you let it burn? Let it burn. "
  
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