Premessa
dell’autrice
Questa storia nasce come ideale seguito de 'Il
Molliccio rivelatore' ma
può essere letta in maniera indipendente: se nella mia prima
fic mi era posta
il problema di immaginare come fosse effettivamente nato
l’amore tra Dora e
Remus, in questo secondo capitolo provo a descrivere un momento
successivo
della loro relazione, ambientato in una circostanza davvero decisiva
collocabile qualche giorno prima dell’arrivo di Harry ad
Hogwarts per il suo
sesto anno.
Colgo
l’occasione per ringraziare coloro che hanno recensito tanto
generosamente il mio 'Molliccio'! I vostri commenti mi hanno fatto un
piacere
immenso, anche perché ho visto che siete delle specialiste
della coppia
Tonks/Lupin! Ragazze, spero vi piaccia anche questa seconda puntata! ^_^
M.
Ai
piedi
del
Gargoyle
Autrice:
menestrella07
Categoria:
Harry Potter
Genere:
romantico, sentimentale, introspettivo
Personaggi: Nimphadora
Tonks, Remus Lupin
Pair: Tonks/Lupin
Rating:
verde
Disclaimer: I
personaggi di questa fanfic non mi
appartengono, ma sono proprietà di J.K. Rowling e di tutti
coloro ne detengano
i diritti. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo
di lucro.
Era fuggito. Fuggito.
Quella sera, da Grimmauld Place n. 12. Lei gli aveva
confessato di amarlo e lui non le aveva dato neppure il tempo di
spiegarsi. Non
aveva potuto. Ora un po’ lo rimpiangeva, perché da
qualche giorno era sorto in
lui il dubbio di avere frainteso tutto. Insomma, Tonks era una ragazza
giovane,
sana, piena di vita. Ed era bella, molto bella. Questo lo aveva notato
persino
uno come lui. La storia del lupo mannaro c’entrava, ma solo
fino ad un certo
punto. Lui aveva avuto paura. Per lei, naturalmente, che non si rendeva
pienamente conto della situazione. Ma anche per lui che, di situazioni
simili,
non ne aveva mai affrontate.
Nessuno prima di allora gli aveva detto Ti amo. Neppure a Hogwarts, da
ragazzino. Oddio, c’era stata Elise Smith, ma lei si era
limitata a fargli
capire che, qualora lui avesse voluto, avrebbe acconsentito molto
volentieri ad
uscire con lui. E poi basta. Più niente. Già, la
sua vita amorosa era stata un
disastro. E qui però il suo «piccolo problema
peloso», come lo aveva chiamato
James una volta sottovalutandone le implicazioni, c’entrava
eccome. Dipendeva
tutto da questo, dalla vita che lo aveva costretto a fare. Sempre
emarginato,
recluso il più delle volte; sempre lontano,
da tutto e da tutti.
Quella di Tonks era stata una
dichiarazione in grande stile. Uno di quei gesti clamorosi che di
solito
spettano agli uomini. Una di quelle dimostrazioni che lui non sarebbe
mai stato
in grado di regalare ad una donna.
Lui non sapeva niente dell’amore. Da
giovane pensava che gli sarebbe piaciuto saperne un po’ di
più. Ascoltava i
racconti dei suoi amici sui sentimenti che giorno dopo giorno
crescevano nei
loro cuori, aspettando che prima o poi toccasse a lui. Ma aveva
aspettato
invano. A Lily che un giorno gli aveva domandato se si fosse mai
innamorato,
non aveva potuto che rispondere: «No, perché sono
un lupo mannaro». Lily gli
aveva stretto una mano fra le sue e gli aveva sorriso, ma si vedeva che
era
contrariata.
«É un peccato, Remus; un vero
peccato.
Hai così tanto da dare»
«Io non posso!» si era difeso
lui. «Lo
sai che non posso! Tu sai che cosa
sono...»
«Tu sei una persona speciale.
É questo il vero problema» aveva ribadito
risoluta,
sfidando la sua incredulità.
Vedendolo sorridere sarcastico, aveva
aggiunto: «Fidati! Non te lo dico per rabbonirti. Io sono tua
amica».
Sì, a quello aveva potuto credere. Lily
era una ragazza straordinaria. Era dolce, ma forte e coraggiosa. Sapeva
sempre
ciò che era giusto e si comportava di conseguenza. Odiava i
soprusi e aveva un
innato senso di giustizia. Lei non aveva paura di stare al fianco di
chi era
diverso.
Neanche Tonks, a quanto sembrava. Non la
conosceva bene, ma aveva già avuto modo di ammirarne il
carattere. Testarda
come un troll. Ma quasi sempre per una buona ragione. Una volta lei gli
aveva
raccontato di aver incontrato delle grosse difficoltà nel
suo addestramento da
Auror, ma di averle sapute superare grazie alla sua determinazione. Non mollo mai, quando so che ne vale la
pena... gli aveva confidato. Ora quelle parole rivelavano
tutto un nuovo
significato; ora suonavano quasi come una minaccia.
Ma forse si era sbagliata. Forse il suo
non era amore vero, ma solo una cotta. Per un tipo focoso come Tonks
non doveva
essere tanto raro innamorarsi. Forse aveva già smesso di
pensare a lui.
Remus Lupin si sbottonò il colletto
della camicia e si tolse il mantello. Quella sera faceva davvero caldo.
L’afa raggiungeva
livelli inverosimili, costringendolo a controllare i propri movimenti.
Eppure
il suo cuore fece un salto quando la vide. Procedeva spedita lungo il
corridoio, lo sguardo attento. Si bloccò
all’istante, non appena lo scorse.
Si fissarono muti per un attimo, poi lui
distolse lo sguardo imbarazzato. Non era facile; non lo era per niente.
Quindi lei si avvicinò, a passi lenti
questa volta, prendendo posto vicino a lui.
«Buonasera, Tonks»
In fondo stava solo cercando di
comportarsi in maniera cortese... E allora perché si sentiva
così in colpa?
«Lupin»
Aveva usato il suo cognome – non lo
aveva mai fatto prima – e nella sua voce era risuonata una
nota adirata.
«Come stai?»
«Come una ragazza che è
appena stata
scaricata...»
«Che è successo?»
«Mi prendi in giro?!?»
Tonks lo fissava dritto negli occhi,
esasperata.
«Oh...»
Lupin si sentì uno stupido. Non aveva
quasi capito che stava parlando del rifiuto ricevuto da lui.
«Senti, Tonks, mi dispiace, ma
è meglio
così. Per te soprattutto!»
«Non sei né mio padre,
né mio fratello.
A quanto pare non vuoi neppure essere il mio fidanzato» si
infuriò la ragazza.
«Perciò non venirmi a dire che cosa è
meglio per me!»
«Io sono più vecchio di te,
Tonks, è
solo per questo che mi permetto...»
«Be’, se è solo per
questo che ti permetti» lo
rimbeccò lei «smettila subito: non sei
poi così
vecchio...»
«Per l’amor del cielo,
Tonks...» rise
Lupin, ma il suo era un riso amaro.
«No, Remus» si
ribellò la ragazza. «Tu
mi devi ascoltare!»
«No, tu
mi devi ascoltare!»
Una strana agitazione si era impadronita
di Lupin e lo aveva portato ad alzare la voce. Se ne pentì
subito e rivolse uno
sguardo di scusa alla ragazza, ma questa non sembrava minimamente
intimorita.
«Io non avrei dovuto...»
iniziò
titubante. «Insomma, scusami...»
«Ti sto ascoltando, Remus»
replicò lei,
seria.
Con quello sguardo determinato puntato
dritto contro il suo, non era così facile iniziare una
discussione tanto
penosa.
«Che hai fatto ai capelli?»
domandò,
dopo essersi accorto per la prima volta da quando era arrivata che la
chioma
della fanciulla aveva perso gran parte del suo colore.
«Lascia stare i miei capelli e parla,
Remus. Dimmi quello che mi vuoi dire»
«Qualche giorno fa non mi sembravi tanto
propensa ad ascoltare le mie ragioni» spiegò
Lupin, che già temeva una
contromossa da parte della compagna.
«Se voglio smontare le tue obiezioni,
prima le devo conoscere» ribatté infatti Tonks.
«Quindi parla»
No, non era facile. Anzi, era
dannatamente difficile.
«Tonks» iniziò
allora l’uomo, a cui
parlare sembrava costare un’immensa fatica. «Tu sai
cosa sono»
«Lo so e non mi spaventa!» si
intromise
la ragazza con foga.
«E questo spaventa me»
chiarì tetro
Lupin. «Non c’è nulla che mi preoccupi
di più di questa tua ostinazione, nel
non volerti rendere conto del pericolo»
«Tu non sei pericoloso, Remus»
«Io sono un lupo mannaro!» si
ribellò
Lupin.
«Stai cercando di dirmi che potresti
aggredirmi da un momento all’altro? Che anche mentre
chiacchieriamo, come
stiamo facendo ora, colpito da un raggio di luna, potresti dimenticarti
chi sei
e azzannarmi?» domandò la ragazza in tono
scherzoso.
«Esattamente, Tonks! Io rappresento un
pericolo. Sempre e comunque»
«Beh, io so badare a me stessa. Sono un
Auror, proprio come te!»
«Non basterebbe. Non
c’è nulla che possa
fermare un lupo mannaro»
«A parte ucciderlo»
obbiettò sarcastica
Tonks.
«Tu lo faresti?»
domandò improvvisamente
Lupin con una luce strana negli occhi, che assomigliava tanto alla
speranza.
«Se ti trovassi in pericolo di vita e
quella fosse l’unica soluzione, lo faresti?»
Tonks distolse lo sguardo, per
nascondere gli occhi che le si stavano velando di lacrime.
«Non mi piacciono questi discorsi,
Remus. Non ti voglio sentire più parlare così, mi
hai capito?»
«No, certo che no» concluse
Lupin con
tristezza. «Tu non lo faresti mai»
«Per la barba di Merlino!» Il
grido di
Tonks riecheggiò nel corridoio di pietra. «Mi stai
chiedendo se sarei disposta
ad ucciderti?!»
«Ho bisogno di sapere che saresti
disposta a difenderti!»
«Non potrei mai farti del
male» disse
piano la ragazza.
Lupin la guardò un istante addolorato.
«Neanche
io. Per questo mi devi stare lontana»
Per tutta risposta Tonks lo baciò,
cogliendolo un’altra volta alla sprovvista.
«Sai, spesso confondo le espressioni di
luogo. Non sono mai stata un asso in grammatica» gli
spiegò allegramente.
«Ma sei impazzita?!»
gridò quasi
scandalizzato Lupin, scostandosi da lei ed iniziando a percorrere
nervosamente
avanti e indietro il corridoio. «Siamo a Hogwarts! A scuola, capisci?!»
«Se non mi ricordo male, il tuo mago l’hai
preso qualche annetto fa,
giusto?» commentò sarcastica. «O non
avresti motivo di rammentarmi
continuamente la tua veneranda età!»
«Ma non c’è proprio
nulla che ti
spaventi a questo mondo?!»
«Solo il pensiero di non poter stare con
te»
Già, aveva fatto la domanda sbagliata.
Invece di chiudere quella penosa questione, l’aveva riaperta
in modo ancora più
doloroso.
«Remus, io ti amo» insistette
Tonks. «Non
ci posso fare niente. E neanche tu»
«Su questo ti sbagli» disse
Lupin,
rivolgendole un’occhiata torva. «Farò
tutto ciò che mi è possibile per
proteggerti. Manterrò la promessa che ho fatto a
Sirius» spiegò, senza tuttavia
che la ragazza potesse intuire di cosa stesse parlando,
«anche se quando gli
diedi la mia parola, non avrei mai immaginato che sarei stato io ciò da cui avrei dovuto
metterti in
guardia».
Un silenzio scomodo calò tra di loro,
incapaci di ascoltare davvero le ragioni dell’altro. Silente
li trovò così,
seduti alle due estremità della panca di pietra adagiata
all’esterno del suo
ufficio, scuri in volto e persi nei propri pensieri.
Rimase qualche istante a fissarli, prima
che Lupin si accorgesse della sua presenza.
«Buonasera, signore» lo
salutò un po’
agitato. «Non l’avevamo sentita arrivare»
Anche Tonks sembrava aver riportato
l’attenzione su quanto accadeva di fronte ai suoi occhi,
piuttosto che nella
sua mente.
«Preside!» esclamò
infatti, concentrando
il suo sguardo triste su di lui.
«Mi perdonerete se vi ho fatto
aspettare, ma questi sono tempi difficili e avevo alcune faccende
importanti da
sbrigare».
Silente concesse loro qualche momento
per esprimere la loro disponibilità e trattenne a stento un
sorriso complice.
Quei due erano così simili, pur essendo tragicamente
diversi... Era successo
qualcosa tra loro: non aveva bisogno di ricorrere alle sue doti
occlumantiche
per rendersene conto; gli bastava studiare il contegno irrequieto di
Lupin, di
solito così padrone di sé, per averne la conferma
e del resto la chioma
sbiadita di Tonks era un segno altrettanto evidente.
Forse non era stata una buona idea
convocarli insieme, pensò corrugando leggermente la fronte.
O forse sì: forse
un po’ di incoraggiamento era tutto ciò che
dovevano ricevere.
Silente si riscosse dai suoi pensieri: i
due lo fissavano, in attesa. Aveva a cuore la felicità di
quei due ragazzi che
aveva visto crescere sotto i suoi occhi, ma a lui spettava il compito
di dare
istruzioni, non consigli sui problemi d’amore.
«Se vuoi seguirmi, Remus»
disse,
indicandogli la piccola scalinata di pietra non più celata
dal Gargoyle, «ho
una questione piuttosto urgente di cui discutere con te».
«Sono costretto, Dora, a chiederti di
attendere ancora un po’» spiegò alla
ragazza. «La sicurezza di questa scuola è
un problema a cui tengo moltissimo, ma la faccenda che riguarda Remus
al
momento ha l’assoluta precedenza».
Tonks non sembrava arrabbiata, però i
suoi pugni si strinsero meccanicamente e non potè
trattenersi dal chiedere: «Di
che si tratta?».
Silente abbozzò un sorriso di scuse e
fece strada a Lupin, senza aggiungere una parola, lasciando la giovane
strega a
riflettere in solitudine sulle possibili ragioni che si celavano dietro
la
convocazione di Remus. Certo, doveva trattarsi di una questione della
massima
importanza; altrimenti Silente, sempre così attento alle
buone maniere, avrebbe
concesso udienza prima a lei, che era una signora.
Beh, ad essere onesti lei non era
proprio il prototipo ideale della signora.
Non con la sua totale mancanza di grazia nei movimenti e nelle parole,
che da
sempre la rendeva più simile ad un addestratore di draghi
che ad una fata delle
sorgenti. Per non parlare del suo aspetto: notoriamente bizzarro,
giusto per
usare un eufemismo. Forse era per questo che non piaceva a Remus. Forse
era per
questo che lui si era volatilizzato non appena lei gli aveva rivelato i
propri
sentimenti. Remus era una persona gentile e dolce; non avrebbe mai
potuto
tollerare di ferirla: per questo invece di dirle «Tonks, mi
spiace ma non sei
alla mia altezza», aveva improvvisato tutte quelle scuse
sull’età e sul proprio
stato di semiumano. Tutto per non farla soffrire. Oddio, se possibile
ora
sentiva di amarlo ancora di più.
Era una vera stupida. In quello stesso
momento Remus, il suo Remus, stava discutendo di chissà
quali dettagli con
Silente e lei non riusciva a far altro che pensare alla propria
inettitudine,
dimostrando che la scarsa considerazione in cui la teneva Lupin era ben
meritata. Mentre lui e Silente cercavano un modo per sconfiggere
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, lei non riusciva neppure a
pronunciarne il
nome. Ecco appunto.
«Silente ti aspetta».
Di bene in meglio. Ora aveva perso anche
la facoltà dell’udito, oltre che qualsiasi
contatto con la realtà. Com’era
possibile che Lupin stesse dritto di fronte ai suoi piedi e lei non
avesse
avvertito neppure il rumore dei suoi vecchi mocassini contro la pietra
grezza
delle scale?
«Se vuoi, io ho finito».
C’era qualcosa che non andava. La mano
che Remus le aveva teso in segno di commiato tremava. Da quando lo
aveva
incontrato, aveva sempre scorto in lui, più che in chiunque
altro, la fermezza
di chi non teme nulla. Ora invece i suoi occhi si nascondevano; ma non
era la
timidezza ad inchiodarli al suolo.
«Che è successo lì
dentro?» chiese
Tonks, cercando di frenare i battiti del suo cuore.
Lupin si appoggiò involontariamente
alla
parete, come a cercare un sostegno.
«Remus, parlami, ti prego. Mi stai
terrorizzando» lo scongiurò la ragazza.
«Andrà tutto bene»
disse infine lui, ma
la sua voce suonò irriconoscibile.
E all’improvviso Tonks comprese. Silente
aveva convocato Remus per affidargli una missione. Non era la prima
volta, ma
in questo caso doveva trattarsi di qualcosa di veramente serio... e pericoloso.
«Non andare, Remus»
supplicò piano,
senza riuscire più a contenere le lacrime. «Di
qualsiasi cosa si tratti, non ci
andare!» disse tutto d’un fiato.
L’angoscia della fanciulla
sembrò
risvegliarlo dai suoi pensieri: la guardò con un misto di
apprensione e... che
altro? Gratitudine, forse. Facendo
attenzione a non avvicinarsi troppo, le appoggiò una mano
sulla spalla, in un
gesto che voleva essere cameratesco ma non riuscì a
spogliarsi dell’incredibile
tenerezza che lo aveva suscitato.
«Questa è una cosa che posso
fare solo
io» spiegò lentamente. «Non
perché sono bravo»
specificò, notando la contrarietà di Tonks,
«ma perché sono... io»
concluse. «Mi spiace, ma è meglio
che tu non sappia altro».
«Promettimi che starai
attento!» esclamò
la strega, abbracciandolo forte. «Promettimi che tornerai
sano e salvo!».
«Farò il possibile»
assicurò Lupin,
allontanandola gentilmente.
Il professore la fissò
un’ultima volta
negli occhi, sperando di convincerla a dare ascolto almeno alle sue
ultime
parole.
«Probabilmente passerà un
po’ di tempo
prima che ci rivediamo...» incominciò, mentre
Tonks si stringeva impotente
nelle spalle. «Promettimi... promettimi che andrai avanti con
la tua vita».
Dietro il velo di lacrime che le
appannava la vista, la massiccia figura di pietra che delimitava
l’accesso allo
studio di Silente sembrò animarsi, ricordandole
l’appuntamento con il Preside
che l’attendeva ormai da diversi minuti.
«Farò il possibile»
disse, mentre le
labbra di Lupin si piegavano in un sorriso. «Ma
non ti assicuro niente!» sbottò
ostinata, decidendosi infine a
superare il Gargoyle.
§
fin §