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Autore: menestrella 07    07/07/2008    3 recensioni
Questa storia nasce come ideale seguito de Il molliccio rivelatore ma può essere letta in maniera indipendente: se nella mia prima fic mi era posta il problema di immaginare come fosse effettivamente nato l’amore tra Dora e Remus, in questo secondo capitolo provo a descrivere un momento successivo della loro relazione, ambientato in una circostanza davvero decisiva collocabile qualche giorno prima dell’arrivo di Harry ad Hogwarts per il suo sesto anno.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Ragione e sentimento'
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Premessa dell’autrice

 

Questa storia nasce come ideale seguito de 'Il Molliccio rivelatore' ma può essere letta in maniera indipendente: se nella mia prima fic mi era posta il problema di immaginare come fosse effettivamente nato l’amore tra Dora e Remus, in questo secondo capitolo provo a descrivere un momento successivo della loro relazione, ambientato in una circostanza davvero decisiva collocabile qualche giorno prima dell’arrivo di Harry ad Hogwarts per il suo sesto anno.

 

Colgo l’occasione per ringraziare coloro che hanno recensito tanto generosamente il mio 'Molliccio'! I vostri commenti mi hanno fatto un piacere immenso, anche perché ho visto che siete delle specialiste della coppia Tonks/Lupin! Ragazze, spero vi piaccia anche questa seconda puntata! ^_^

M.

 

 

Ai piedi del Gargoyle

 

 

 

 

 

 

Autrice: menestrella07

Categoria: Harry Potter

Genere: romantico, sentimentale, introspettivo

Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin

Pair: Tonks/Lupin

Rating: verde

 

Disclaimer: I personaggi di questa fanfic non mi appartengono, ma sono proprietà di J.K. Rowling e di tutti coloro ne detengano i diritti. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

 

 

 

Era fuggito. Fuggito. Quella sera, da Grimmauld Place n. 12. Lei gli aveva confessato di amarlo e lui non le aveva dato neppure il tempo di spiegarsi. Non aveva potuto. Ora un po’ lo rimpiangeva, perché da qualche giorno era sorto in lui il dubbio di avere frainteso tutto. Insomma, Tonks era una ragazza giovane, sana, piena di vita. Ed era bella, molto bella. Questo lo aveva notato persino uno come lui. La storia del lupo mannaro c’entrava, ma solo fino ad un certo punto. Lui aveva avuto paura. Per lei, naturalmente, che non si rendeva pienamente conto della situazione. Ma anche per lui che, di situazioni simili, non ne aveva mai affrontate.

 

Nessuno prima di allora gli aveva detto Ti amo. Neppure a Hogwarts, da ragazzino. Oddio, c’era stata Elise Smith, ma lei si era limitata a fargli capire che, qualora lui avesse voluto, avrebbe acconsentito molto volentieri ad uscire con lui. E poi basta. Più niente. Già, la sua vita amorosa era stata un disastro. E qui però il suo «piccolo problema peloso», come lo aveva chiamato James una volta sottovalutandone le implicazioni, c’entrava eccome. Dipendeva tutto da questo, dalla vita che lo aveva costretto a fare. Sempre emarginato, recluso il più delle volte; sempre lontano, da tutto e da tutti.

 

Quella di Tonks era stata una dichiarazione in grande stile. Uno di quei gesti clamorosi che di solito spettano agli uomini. Una di quelle dimostrazioni che lui non sarebbe mai stato in grado di regalare ad una donna.

 

Lui non sapeva niente dell’amore. Da giovane pensava che gli sarebbe piaciuto saperne un po’ di più. Ascoltava i racconti dei suoi amici sui sentimenti che giorno dopo giorno crescevano nei loro cuori, aspettando che prima o poi toccasse a lui. Ma aveva aspettato invano. A Lily che un giorno gli aveva domandato se si fosse mai innamorato, non aveva potuto che rispondere: «No, perché sono un lupo mannaro». Lily gli aveva stretto una mano fra le sue e gli aveva sorriso, ma si vedeva che era contrariata.

 

«É un peccato, Remus; un vero peccato. Hai così tanto da dare»

«Io non posso!» si era difeso lui. «Lo sai che non posso! Tu sai che cosa sono...»

«Tu sei una persona speciale. É questo il vero problema» aveva ribadito risoluta, sfidando la sua incredulità.

Vedendolo sorridere sarcastico, aveva aggiunto: «Fidati! Non te lo dico per rabbonirti. Io sono tua amica».

 

Sì, a quello aveva potuto credere. Lily era una ragazza straordinaria. Era dolce, ma forte e coraggiosa. Sapeva sempre ciò che era giusto e si comportava di conseguenza. Odiava i soprusi e aveva un innato senso di giustizia. Lei non aveva paura di stare al fianco di chi era diverso.

 

Neanche Tonks, a quanto sembrava. Non la conosceva bene, ma aveva già avuto modo di ammirarne il carattere. Testarda come un troll. Ma quasi sempre per una buona ragione. Una volta lei gli aveva raccontato di aver incontrato delle grosse difficoltà nel suo addestramento da Auror, ma di averle sapute superare grazie alla sua determinazione. Non mollo mai, quando so che ne vale la pena... gli aveva confidato. Ora quelle parole rivelavano tutto un nuovo significato; ora suonavano quasi come una minaccia.

 

Ma forse si era sbagliata. Forse il suo non era amore vero, ma solo una cotta. Per un tipo focoso come Tonks non doveva essere tanto raro innamorarsi. Forse aveva già smesso di pensare a lui.

 

Remus Lupin si sbottonò il colletto della camicia e si tolse il mantello. Quella sera faceva davvero caldo. L’afa raggiungeva livelli inverosimili, costringendolo a controllare i propri movimenti. Eppure il suo cuore fece un salto quando la vide. Procedeva spedita lungo il corridoio, lo sguardo attento. Si bloccò all’istante, non appena lo scorse.

 

Si fissarono muti per un attimo, poi lui distolse lo sguardo imbarazzato. Non era facile; non lo era per niente.

Quindi lei si avvicinò, a passi lenti questa volta, prendendo posto vicino a lui.

 

«Buonasera, Tonks»

In fondo stava solo cercando di comportarsi in maniera cortese... E allora perché si sentiva così in colpa?

«Lupin»

Aveva usato il suo cognome – non lo aveva mai fatto prima – e nella sua voce era risuonata una nota adirata.

«Come stai?»

«Come una ragazza che è appena stata scaricata...»

«Che è successo?»

«Mi prendi in giro?!?»

Tonks lo fissava dritto negli occhi, esasperata.

«Oh...»

Lupin si sentì uno stupido. Non aveva quasi capito che stava parlando del rifiuto ricevuto da lui.

 

«Senti, Tonks, mi dispiace, ma è meglio così. Per te soprattutto!»

«Non sei né mio padre, né mio fratello. A quanto pare non vuoi neppure essere il mio fidanzato» si infuriò la ragazza. «Perciò non venirmi a dire che cosa è meglio per me!»

«Io sono più vecchio di te, Tonks, è solo per questo che mi permetto...»

«Be’, se è solo per questo che ti permetti» lo rimbeccò lei «smettila subito: non sei poi così vecchio...»

 

«Per l’amor del cielo, Tonks...» rise Lupin, ma il suo era un riso amaro.

«No, Remus» si ribellò la ragazza. «Tu mi devi ascoltare!»

«No, tu mi devi ascoltare!»

Una strana agitazione si era impadronita di Lupin e lo aveva portato ad alzare la voce. Se ne pentì subito e rivolse uno sguardo di scusa alla ragazza, ma questa non sembrava minimamente intimorita.

 

«Io non avrei dovuto...» iniziò titubante. «Insomma, scusami...»

«Ti sto ascoltando, Remus» replicò lei, seria.

Con quello sguardo determinato puntato dritto contro il suo, non era così facile iniziare una discussione tanto penosa.

«Che hai fatto ai capelli?» domandò, dopo essersi accorto per la prima volta da quando era arrivata che la chioma della fanciulla aveva perso gran parte del suo colore.

«Lascia stare i miei capelli e parla, Remus. Dimmi quello che mi vuoi dire»

«Qualche giorno fa non mi sembravi tanto propensa ad ascoltare le mie ragioni» spiegò Lupin, che già temeva una contromossa da parte della compagna.

«Se voglio smontare le tue obiezioni, prima le devo conoscere» ribatté infatti Tonks. «Quindi parla»

 

No, non era facile. Anzi, era dannatamente difficile.

«Tonks» iniziò allora l’uomo, a cui parlare sembrava costare un’immensa fatica. «Tu sai cosa sono»

«Lo so e non mi spaventa!» si intromise la ragazza con foga.

«E questo spaventa me» chiarì tetro Lupin. «Non c’è nulla che mi preoccupi di più di questa tua ostinazione, nel non volerti rendere conto del pericolo»

«Tu non sei pericoloso, Remus»

«Io sono un lupo mannaro!» si ribellò Lupin.

 

«Stai cercando di dirmi che potresti aggredirmi da un momento all’altro? Che anche mentre chiacchieriamo, come stiamo facendo ora, colpito da un raggio di luna, potresti dimenticarti chi sei e azzannarmi?» domandò la ragazza in tono scherzoso.

«Esattamente, Tonks! Io rappresento un pericolo. Sempre e comunque»

«Beh, io so badare a me stessa. Sono un Auror, proprio come te!»

«Non basterebbe. Non c’è nulla che possa fermare un lupo mannaro»

«A parte ucciderlo» obbiettò sarcastica Tonks.

 

«Tu lo faresti?» domandò improvvisamente Lupin con una luce strana negli occhi, che assomigliava tanto alla speranza.

«Se ti trovassi in pericolo di vita e quella fosse l’unica soluzione, lo faresti?»

Tonks distolse lo sguardo, per nascondere gli occhi che le si stavano velando di lacrime.

«Non mi piacciono questi discorsi, Remus. Non ti voglio sentire più parlare così, mi hai capito?»

«No, certo che no» concluse Lupin con tristezza. «Tu non lo faresti mai»

«Per la barba di Merlino!» Il grido di Tonks riecheggiò nel corridoio di pietra. «Mi stai chiedendo se sarei disposta ad ucciderti?!»

«Ho bisogno di sapere che saresti disposta a difenderti!»

 

«Non potrei mai farti del male» disse piano la ragazza.

Lupin la guardò un istante addolorato. «Neanche io. Per questo mi devi stare lontana»

 

Per tutta risposta Tonks lo baciò, cogliendolo un’altra volta alla sprovvista.

«Sai, spesso confondo le espressioni di luogo. Non sono mai stata un asso in grammatica» gli spiegò allegramente.

«Ma sei impazzita?!» gridò quasi scandalizzato Lupin, scostandosi da lei ed iniziando a percorrere nervosamente avanti e indietro il corridoio. «Siamo a Hogwarts! A scuola, capisci?!»

«Se non mi ricordo male, il tuo mago l’hai preso qualche annetto fa, giusto?» commentò sarcastica. «O non avresti motivo di rammentarmi continuamente la tua veneranda età!»

 

«Ma non c’è proprio nulla che ti spaventi a questo mondo?!»

«Solo il pensiero di non poter stare con te»

Già, aveva fatto la domanda sbagliata. Invece di chiudere quella penosa questione, l’aveva riaperta in modo ancora più doloroso.

 

«Remus, io ti amo» insistette Tonks. «Non ci posso fare niente. E neanche tu»

«Su questo ti sbagli» disse Lupin, rivolgendole un’occhiata torva. «Farò tutto ciò che mi è possibile per proteggerti. Manterrò la promessa che ho fatto a Sirius» spiegò, senza tuttavia che la ragazza potesse intuire di cosa stesse parlando, «anche se quando gli diedi la mia parola, non avrei mai immaginato che sarei stato io ciò da cui avrei dovuto metterti in guardia».

 

Un silenzio scomodo calò tra di loro, incapaci di ascoltare davvero le ragioni dell’altro. Silente li trovò così, seduti alle due estremità della panca di pietra adagiata all’esterno del suo ufficio, scuri in volto e persi nei propri pensieri.

Rimase qualche istante a fissarli, prima che Lupin si accorgesse della sua presenza.

 

«Buonasera, signore» lo salutò un po’ agitato. «Non l’avevamo sentita arrivare»

Anche Tonks sembrava aver riportato l’attenzione su quanto accadeva di fronte ai suoi occhi, piuttosto che nella sua mente.

«Preside!» esclamò infatti, concentrando il suo sguardo triste su di lui.

«Mi perdonerete se vi ho fatto aspettare, ma questi sono tempi difficili e avevo alcune faccende importanti da sbrigare».

 

Silente concesse loro qualche momento per esprimere la loro disponibilità e trattenne a stento un sorriso complice. Quei due erano così simili, pur essendo tragicamente diversi... Era successo qualcosa tra loro: non aveva bisogno di ricorrere alle sue doti occlumantiche per rendersene conto; gli bastava studiare il contegno irrequieto di Lupin, di solito così padrone di sé, per averne la conferma e del resto la chioma sbiadita di Tonks era un segno altrettanto evidente.

Forse non era stata una buona idea convocarli insieme, pensò corrugando leggermente la fronte. O forse sì: forse un po’ di incoraggiamento era tutto ciò che dovevano ricevere.

 

Silente si riscosse dai suoi pensieri: i due lo fissavano, in attesa. Aveva a cuore la felicità di quei due ragazzi che aveva visto crescere sotto i suoi occhi, ma a lui spettava il compito di dare istruzioni, non consigli sui problemi d’amore.

 

«Se vuoi seguirmi, Remus» disse, indicandogli la piccola scalinata di pietra non più celata dal Gargoyle, «ho una questione piuttosto urgente di cui discutere con te».

«Sono costretto, Dora, a chiederti di attendere ancora un po’» spiegò alla ragazza. «La sicurezza di questa scuola è un problema a cui tengo moltissimo, ma la faccenda che riguarda Remus al momento ha l’assoluta precedenza».

 

Tonks non sembrava arrabbiata, però i suoi pugni si strinsero meccanicamente e non potè trattenersi dal chiedere: «Di che si tratta?».

 

Silente abbozzò un sorriso di scuse e fece strada a Lupin, senza aggiungere una parola, lasciando la giovane strega a riflettere in solitudine sulle possibili ragioni che si celavano dietro la convocazione di Remus. Certo, doveva trattarsi di una questione della massima importanza; altrimenti Silente, sempre così attento alle buone maniere, avrebbe concesso udienza prima a lei, che era una signora.

 

Beh, ad essere onesti lei non era proprio il prototipo ideale della signora. Non con la sua totale mancanza di grazia nei movimenti e nelle parole, che da sempre la rendeva più simile ad un addestratore di draghi che ad una fata delle sorgenti. Per non parlare del suo aspetto: notoriamente bizzarro, giusto per usare un eufemismo. Forse era per questo che non piaceva a Remus. Forse era per questo che lui si era volatilizzato non appena lei gli aveva rivelato i propri sentimenti. Remus era una persona gentile e dolce; non avrebbe mai potuto tollerare di ferirla: per questo invece di dirle «Tonks, mi spiace ma non sei alla mia altezza», aveva improvvisato tutte quelle scuse sull’età e sul proprio stato di semiumano. Tutto per non farla soffrire. Oddio, se possibile ora sentiva di amarlo ancora di più.

 

Era una vera stupida. In quello stesso momento Remus, il suo Remus, stava discutendo di chissà quali dettagli con Silente e lei non riusciva a far altro che pensare alla propria inettitudine, dimostrando che la scarsa considerazione in cui la teneva Lupin era ben meritata. Mentre lui e Silente cercavano un modo per sconfiggere Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, lei non riusciva neppure a pronunciarne il nome. Ecco appunto.

 

«Silente ti aspetta».

 

Di bene in meglio. Ora aveva perso anche la facoltà dell’udito, oltre che qualsiasi contatto con la realtà. Com’era possibile che Lupin stesse dritto di fronte ai suoi piedi e lei non avesse avvertito neppure il rumore dei suoi vecchi mocassini contro la pietra grezza delle scale?

«Se vuoi, io ho finito».

 

C’era qualcosa che non andava. La mano che Remus le aveva teso in segno di commiato tremava. Da quando lo aveva incontrato, aveva sempre scorto in lui, più che in chiunque altro, la fermezza di chi non teme nulla. Ora invece i suoi occhi si nascondevano; ma non era la timidezza ad inchiodarli al suolo.

«Che è successo lì dentro?» chiese Tonks, cercando di frenare i battiti del suo cuore.

 

Lupin si appoggiò involontariamente alla parete, come a cercare un sostegno.

«Remus, parlami, ti prego. Mi stai terrorizzando» lo scongiurò la ragazza.

«Andrà tutto bene» disse infine lui, ma la sua voce suonò irriconoscibile.

 

E all’improvviso Tonks comprese. Silente aveva convocato Remus per affidargli una missione. Non era la prima volta, ma in questo caso doveva trattarsi di qualcosa di veramente serio... e pericoloso.

«Non andare, Remus» supplicò piano, senza riuscire più a contenere le lacrime. «Di qualsiasi cosa si tratti, non ci andare!» disse tutto d’un fiato.

 

L’angoscia della fanciulla sembrò risvegliarlo dai suoi pensieri: la guardò con un misto di apprensione e... che altro? Gratitudine, forse. Facendo attenzione a non avvicinarsi troppo, le appoggiò una mano sulla spalla, in un gesto che voleva essere cameratesco ma non riuscì a spogliarsi dell’incredibile tenerezza che lo aveva suscitato.

«Questa è una cosa che posso fare solo io» spiegò lentamente. «Non perché sono bravo» specificò, notando la contrarietà di Tonks, «ma perché sono... io» concluse. «Mi spiace, ma è meglio che tu non sappia altro».

 

«Promettimi che starai attento!» esclamò la strega, abbracciandolo forte. «Promettimi che tornerai sano e salvo!».

«Farò il possibile» assicurò Lupin, allontanandola gentilmente.

Il professore la fissò un’ultima volta negli occhi, sperando di convincerla a dare ascolto almeno alle sue ultime parole.

«Probabilmente passerà un po’ di tempo prima che ci rivediamo...» incominciò, mentre Tonks si stringeva impotente nelle spalle. «Promettimi... promettimi che andrai avanti con la tua vita».

 

Dietro il velo di lacrime che le appannava la vista, la massiccia figura di pietra che delimitava l’accesso allo studio di Silente sembrò animarsi, ricordandole l’appuntamento con il Preside che l’attendeva ormai da diversi minuti.

 

«Farò il possibile» disse, mentre le labbra di Lupin si piegavano in un sorriso. «Ma non ti assicuro niente!» sbottò ostinata, decidendosi infine a superare il Gargoyle.

 

§ fin §

  
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