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Autore: NoceAlVento    02/04/2014    2 recensioni
Cosa succede a Kalos? Forze oscure agiscono nell'ombra, perseguendo i loro ignoti obiettivi ai danni di innocenti; misteriosi frammenti di una gemma celeste sono apparsi nella regione dal nulla; una ragazza, anche se non ancora non lo sa, è stata tenuta sotto segreta osservazione per tutta la sua vita. E in tutto ciò c'è Bellocchio, appena precipitato da un'aeronave in fiamme e portato a scoprire che cela un passato lontano a Kalos, anche se non l'ha mai vista in vita sua. Nuovi capitoli ogni due settimane!
 
***
 
« Ehi, non mi hai detto come ti chiami! ».
« Bellocchio ».
« Bellocchio chi? ».
« Cos’ho appena detto riguardo le domande stupide? ».
« Ma ti chiami davvero così? ».
« Ma certo che no! Chi mai si chiamerebbe Bellocchio, è un nome ridicolo! ».
Genere: Avventura, Comico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Previously on LKNA: un rapitore è evaso dal Carcere di Luminopoli ed è scappato verso sud, venendo incastrato da un embargo a Novartopoli escogitato dalla polizia di Kalos per catturarlo. Bellocchio, Serena, Calem, Trovato, Tierno e Shana si infiltrano nel Liceo per Allenatori locale, dove si presume il fuggitivo sia nascosto, in un tentativo di catturarlo. Qui scoprono che un misterioso oggetto dal nome in codice di Prototipo è stato sottratto, ragionevolmente dal criminale stesso, e programmano una visita notturna al laboratorio che lo ospitava. Bellocchio, Serena, Calem e la loro nuova amica e compagna di stanza Ada penetrano dunque nel Liceo dove trovano un progetto dettagliato del Prototipo. Non c’è tempo per riflettere: una misteriosa figura rapisce Ada, che viene poi salvata da Bellocchio, e attiva gli allarmi costringendoli alla ritirata. Le brutte notizie non finiscono qui: i documenti, di cui solo una parte è stata inviata a Trovato per le analisi, sono scomparsi.

 

 

 

 

 

 

Venerdì, ore 08:01

« I ladri tornano nel Liceo per Allenatori di Novartopoli, ma questa volta non lasciano segni del loro passaggio. Fortunatamente, infatti, gli individui che si sono introdotti nella scorsa notte all'interno del plesso scolastico non hanno sottratto nulla, né hanno compiuto atti vandalici di alcuna sorta. Questo hanno accertato ieri mattina le autorità chiamate da alcuni abitanti limitrofi allertati da un allarme: uno o più ignoti si sono introdotti nell’ala nord, bla, bla, bla… Le ipotesi che riguarderebbero l’evaso del Carcere di Luminopoli, ancora a piede libero, si sprecano, bla, bla… Niente, non parlano di noi » commentò Bellocchio sdraiato sul letto, mentre sorseggiava del latte e miele da un bicchiere appoggiato su un comodino in abete lì accanto « Che delusione. Per voi, voglio dire, non sarebbe la prima volta che io finisco in prima pagina » Detto ciò posò la sua copia de L’Eco di Novartopoli sul ripiano e tornò al PSS, intento a seguire le repliche mattutine di Breaking Bad.

« Già. Immagino che tu avessi una vita molto avventurosa prima di arrivare qua dal cielo ».

Bellocchio non rispose, lasciando Serena in una meditazione solitaria mentre Calem, l’unico altro inquilino della stanza al momento, stava occupando il bagno.

Si era chiesta diverse volte cosa facesse il suo amico prima di Kalos. Da quando era entrato nella sua, di vita, aveva visto nell’ordine una villa infestata, una bambina posseduta, dei Beedrill che l’avevano quasi uccisa e un rapitore evaso che si nascondeva in una scuola. Non poteva fare a meno di chiedersi se tutto ciò fosse nuovo, se in qualche modo lo stupisse. Che per lui fosse divertente era fuor di dubbio: eppure, pur non annoiandosi, affrontava quelle situazioni con la sicurezza di chi ha visto di peggio. Di chi ne è esperto. Chissà cosa sarebbe stato del suo viaggio, una volta che lui fosse tornato alla sua regione natale.

Un Calem vestito con l’usuale giacca color indaco varcò la soglia della toilette, guardandosi attorno sorpreso « Dove sono gli altri? ».

« A scuola, presumo. Sai, la copertura » rispose Bellocchio sovrappensiero. Il cuore di Serena saltò un battito.

« A scuola? Che ore sono? ».

« Le otto e qualcosa ».

« E perché tu sei ancora qui? ».

« Che domande, perché non ho la prima ora oggi. Jem si era concesso il venerdì per dormire di più » l’uomo alzò lo sguardo, fulminato dalla tempestiva realizzazione « Ah, aspetta, ma voi… ».

 

 

 

Episodio 1x09

Istantanee

 

 

 

Venerdì, ore 11:15

Driiiiiiiiiiin~

« Una verifica! A chi è arrivato ieri! Quali sono le politiche di questo Liceo? ».

« Dimentichi che siamo in una fan fiction, Calem. Mi sono sorpresa che non ci fosse ieri, di solito è così ». I corridoi della scuola iniziavano a riempirsi per l’intervallo quotidiano, affollandosi di studenti esausti.

« Parli come il Dottor Cravatta ».

Serena fece spallucce « Beh, qualcuno dovrà pur fare battute senza senso quando non c’è lui, giusto? ». Detto ciò entrò nell’aula in cui il giorno precedente avevano portato Ada, vuota come se l’aspettava dal momento che era libera per usi straordinari come interrogazioni fuori orario: al suo interno c’erano Trovato e Shana, con il primo curvo sul suo PSS che studiava le poche fotografie che era riuscita a inviare dal laboratorio.

« Dov’è Tierno? » domandò la ragazza.

« Che domande, sarà a fare la fila alle macchinette ».

« Gentile come al solito, Calem. Che state facendo? ».

Trovato alzò la testa « Scopriamo a cosa serve il Prototipo, non è ovvio? ».

« Adesso? » chiese Serena perplessa « Non avete lezione dopo l’intervallo? ».

« No ».

« Che coincidenza! Anche noi abbiamo un’ora vuota adesso ».

« Non è una coincidenza » replicò Trovato « È fatto apposta. Le classi in cui ho inserito tutti hanno le pause sincronizzate, così possiamo parlare meglio ».

« Oh, brillante! » esclamò lei, causando nel ragazzino un moto d’orgoglio « Che cosa aspettiamo, allora? ».

« Beh, aspettiamo Capo Rosso ».

« E chi sarebbe? ».

La porta dell’aula si spalancò e Bellocchio entrò di corsa con un bicchiere traboccante della solita bevanda « Scusate per il ritardo, il microonde era preso da Craig e dal suo infame the ».

Calem sghignazzò « Capo Rosso? ».

« Poverino, non apprezza le citazioni a Guerre Stellari » lo compatì l’uomo con una pacca sulla spalla « Povero davvero. Allora! Siamo pronti per cominciare? ».

« Beh, manca Tierno, ma direi che non è una scusa accettabile » convenne Trovato « Ho esaminato le poche pagine che mi avete inviato, e sono riuscito a ottenere qualche informazione interessante ».

« Ovvero? ».

« Beh, ecco, guardate un attimo sullo schermo… Questa sezione è molto simile a un oggetto che ho trovato negli archivi, lo chiamano Devonscopio. Nulla di segreto questa volta, ma pur con qualche ritocco è sicuramente il suo processore quello che vedo qua ».

« Devonscopio » ripeté Serena, battendo l’indice sulla tempia « Mi sembra di averlo già sentito. Cosa fa? ».

Bellocchio anticipò Trovato « Rileva i Pokémon invisibili, un altro modo per dire Kecleon. Non è uno strumento molto interessante, principalmente perché i Kecleon sono molto rari ».

« In effetti non li ho mai sentiti ».

« Pff, sai che novità ».

« Ah, ah, molto spiritoso, Calem. C’è altro? ».

« Parecchio. Questa sezione qua, per esempio, è presa pari pari da un modello particolare di Spettrosonda, la 1.8.10. A quanto pare è stata prodotta in una regione, Kanto, dove i Pokémon di tipo Spettro si sono evoluti in modo tale da rendersi irriconoscibili agli occhi umani, e la Spettrosonda serve proprio a identificarli. Notate un trend? ».

« Riconoscimento di Pokémon che si camuffano » intuì Calem.

Trovato annuì « Esattamente. Il che è fondamentale per capire ciò che costituisce il terzo pezzo del Prototipo: un sollecitatore cellulare. A dire il vero non avevo mai visto nulla del genere in vita mia, ma nelle tue foto era chiamato così. Trattandosi solo delle prime pagine nessuna delle tre componenti è approfondita, questo per farvi capire che le mie sono supposizioni ».

« Arriva al sodo ».

« Le cellule nei nostri tessuti, e in generale di qualunque essere vivente, sono tenute insieme da sostanze intercellulari che consentono loro di essere più o meno stabili. Ciò che fa questo sollecitatore è stimolare proprio le associazioni di cellule stesse, inducendole a smembrarsi ».

Serena trasalì, soffocando al contempo i conati di vomito. Trovato le fece segno di tranquillizzarsi.

« Non fa quello che pensi, non scioglie le persone. Il tipo di sollecitazione fornita è estremamente debole, poco più di un solletico per organismi saldi. C’è un caso però in cui ciò non è verificato: quando un Pokémon usa Trasformazione ».

La stanza precipitò in un silenzio tombale. Calem, a essere sinceri, aveva intuito che doveva trattarsi di quello, visti i principi seguiti dal Prototipo; ma l’idea che un Ditto trasformato potesse essere identificato era comunque rivoluzionaria « Nel qual caso cosa succede? ».

« Le cellule ricollocatesi da poco vengono spinte a riprendere la loro conformazione iniziale. Ditto torna Ditto » Trovato abbassò di nuovo la testa sul PSS, riprendendo a studiare « Questo è quello che ho scoperto. Sul perché un evaso dovrebbe volerlo, buio totale ».

« Per venderlo ».

Tutti gli occhi furono puntati su Bellocchio, fino a quel momento rimasto taciturno a braccia congiunte « Mi stavo chiedendo da ieri che senso avesse per un criminale nascondersi in una scuola anziché, non so, in una casa, magari minacciando i proprietari ». Inspirò ed espirò, allentando la cravatta che iniziava a procurargli un fastidioso prurito al collo « Ecco la risposta. Non si sta nascondendo, si sta pagando il nascondiglio. La sua missione è stata fin da subito rubare il Prototipo e riuscire a portarlo all’uomo che in cambio gli fornirà protezione dalle autorità. Qualcuno cerca di identificare Pokémon, ed è disposto a tutto per farlo ».

Trovato si batté la mano sulla fronte « Ma certo! ».

« Ehi, ehi, aspetta un attimo » intervenne Shana « Questo vuol dire che non è più nella scuola? ».

Bellocchio non rispose, mantenendo lo sguardo meditabondo fisso nel vuoto. Poi fece dietrofront e uscì dall’aula, sempre senza dire una parola. Troppi pensieri per la mente, troppi problemi che si affollavano chiedendo ciascuno di essere esaminato per primo. Era talmente assorto che quasi non si accorse del fatto che qualcuno di sua conoscenza lo stava attendendo appena fuori. Quasi.

« Ah, eccoti! Ti ho cercato per tutto l’intervallo! ».

« Oh, ciao Ada. Dovevi dirmi qualcosa? ».

« Possiamo dire così » sorrise « Però è meglio parlarne fuori ».

 

 

Venerdì, ore 11.21

Tierno gironzolava ciondolante per il corridoio, un Twix nella mano e una bottiglia di the alla pesca nell’altra. Stava masticando silenziosamente l’ultima delle merende che si era accaparrato alle macchinette durante la ricreazione, passando la lingua sui denti per togliere il caramello che vi si appiccicava sopra. D’altronde non aveva fatto colazione, ne aveva il pieno diritto.

Giunto nell’ampio atrio del primo piano si diresse dal lato opposto, dove si trovava una rampa di scale che percorreva l’intero edificio attraverso ogni piano, a differenza di alcune che sostavano a livelli alterni.

« Ah, professor Seacombe! Non si preoccupi, sarò qui ancora per poco, devo solo controllare lo scheda–– ».

Un violento rumore, come se qualcosa avesse urtato contro un muro, fece sobbalzare Tierno. Proveniva da una porta socchiusa dietro di lui che aveva appena imboccato gli scalini. Si voltò, notando la targhetta apposta su di essa: Aula professori.

« Che cos’hai in mente? » domandò una voce ringhiante dall’interno. Il ragazzo si avvicinò alla stanza, accostandosi per sbirciare attraverso lo spiraglio di luce. Dentro due individui, uno alto e slanciato in abiti eleganti e un inserviente più basso in sopravveste blu, stavano avendo un diverbio. Il primo aveva preso il secondo per il colletto della maglia e lo stava premendo contro un mobile a cassettoni addossato alla parete.

« Non… Io non capisco cosa–– ».

« Credi che qui siamo tutti stupidi? Che non ci accorgiamo di cosa stai facendo? ».

« Professore, davvero, io–– ».

Seacombe non lo lasciò finire, sbraitandogli contro « Dal Laboratorio D è scomparso anche il dossier del Prototipo. Sia questo che il primo furto sono successi quando tu avevi in custodia l’ala est. Quanto ci credi deficienti, bastardo? ».

Tierno avvertì un groppo alla gola quando la voce del bidello, da spaventata e tremolante, divenne cupa e minacciosa « Lasciami andare ».

Quindi afferrò i polsi del suo aggressore e senza battere ciglio li spostò come fossero di cartapesta. Seacombe, sorpreso e con il respiro pesante, si prese qualche istante per rendersi conto della situazione. Poi riprese « Stammi bene a sentire, sappi che staserà ci sarò io stesso. Quindi vedi di non fare scherzi, o è la volta buona che te ne esci di qui con qualche dente di meno. Non me ne frega nulla se la polizia ti sta cercando ».

L’altro uomo, sempre inflessibile, aggiustò il proprio camice e fissò dritto negli occhi il docente « Con chi credi di stare parlando? ».

Seguì un breve ma teso silenzio. « Se pensi davvero che io abbia rubato il Prototipo del laboratorio… E che io sia colui a cui le autorità stanno dando la caccia in questo preciso momento… » gli si avvicinò, sussurrandogli all’orecchio « Forse la tua prossima mossa dovrebbe essere muoverti con cautela ».

Sibilate quelle parole si avviò verso l’uscita, e i suoi occhi incrociarono per un istante quelli di Tierno. Il ragazzo scappò giù per le scale con il cuore che gli rimbalzava nel petto, sperando con tutto se stesso che quell’individuo fosse stato troppo distratto per accorgersi che li stava spiando. Sempre terrorizzato e con le mani sudate raggiunse più velocemente che poteva il secondo piano, dove si trovava l’aula designata per il raduno. Spalancò la porta in preda al panico, trovandosi di fronte Trovato e Shana seduti mentre parlavano.

« Ma scusa, allora che differenza c’è tra Ditto e Zoroark se entrambi si trasformano? Come li distingui? ».

Tierno rimase ritto davanti a loro aspettandosi di essere quantomeno notato; invece i due continuavano imperterriti il loro animato dialogo.

« Beh, Zoroark tende a diventare di più la maschera, diciamo, imita ogni aspetto dell’oggetto in cui si trasforma ».

« Ah, capisco… ».

« Ahem! » si schiarì la voce.

« Oh, ciao! » esclamò Shana « Perché ci hai messo così tanto? ».

Il ragazzo prese una sedia e si appostò dal lato opposto della coppia di banchi che stavano utilizzando « So chi è il fuggitivo ».

A quelle parole Trovato si fece sfuggire di mano il PSS che cadde sul tavolo con un tonfo « Come? Nel senso che l’hai visto? ».

« Esatto. Era nella sala dei professori e stava litigando con qualcuno che sospettava di lui. Gli ha detto di fare attenzione, o una cosa simile ».

« Wow, io non… E chi è? ».

« È il bidello che ha in carica il primo e il terzo piano dell’ala est » proseguì « Non so se ce l’avete presente, quello bassino col riporto ».

« Lui? » Trovato sobbalzò, con la sua amica al seguito, all’annuncio. Poi, come se avesse realizzato qualcosa, annuì « Ricordo, l’ho visto un paio di volte. Cavolo, avrei dovuto pensarci, era lui ad avere sotto controllo il laboratorio dove siete stati voi ».

« Scusate, ma ora che facciamo? » intervenne Shana con una leggera inflessione ansiosa dettata dall’idea di trovarsi a qualche gradino da un criminale « Lo diciamo a mio fratello e agli altri? ».

« Quello è il passo successivo, ma nel frattempo dobbiamo iniziare a pensare a come comportarci. Se quello che ha detto Bellocchio è vero, se era qui solo per rubare il Prototipo… potrebbe anche essere l’ultima volta che lo vediamo ».

« Quindi? ».

« Quindi serve qualcosa per seguire i suoi spostamenti. Se dovesse riuscire a sfuggire alla polizia riprenderlo sarebbe un’impresa tanto quanto trovarlo la prima volta » Trovato fissò il suo PSS, come se dovesse suggerirgli la soluzione « Denunciarlo ora sulla base della nostra testimonianza sarebbe rischioso considerando le sue possibili ritorsioni, senza contare che noi non dovremmo nemmeno essere qui. Dobbiamo agire senza uscire allo scoperto, come ha fatto lui ».

Shana annuì, poi ebbe un’intuizione « Perché non una cimice? ».

« Una cimice? ».

« Sì, una cimice. Sai, come quelle nei film, quelle che segnalano la posizione ».

« Un segnale triangolare » comprese Trovato « Sì, ma come dovremmo ottenerla? Non possiamo aspettare e pregare che in un laboratorio che ne sia una ».

« Non puoi costruirla tu? ».

Il ragazzo sorrise con una punta di amarezza « Sono un novellino, non so nulla di ricetrasmittenti. Non saprei nemmeno da dove iniziare ».

« Tu no » Tierno gli fece eco risoluto. Poi si guardò attorno a braccia conserte « Ma so chi può farlo. Dov’è Ada? ».

 

 

Venerdì, ore 11.16

Dall’interno la fontana del campus del Liceo appariva ben meno imponente di quando l’aveva adocchiata in quella fatidica notte, quando aveva inseguito Saul per tutta Novartopoli e ritorno. Il sole mattutino che in quella limpida giornata vi si rifletteva produceva comunque giochi di luce affascinanti, tanto che non si sarebbe nemmeno detto che era appena iniziata la primavera. La campana era appena suonata riportando gli studenti alle loro classi, tuttavia Ada proseguiva imperterrita la sua marcia sul sentiero di mattoni.

« Non hai lezione, ora? ».

« La Barrett ritarda sempre, non è un problema ».

Ponendo più attenzione mentre seguiva i suoi passi, Bellocchio aveva notato che teneva sottobraccio un volume con un’etichetta della biblioteca scolastica, probabilmente preso in prestito per l’occasione. Non ne aveva scorto il titolo, però.

I due raggiunsero un muretto di mattoni alto sì e no mezzo metro che circondava i gorgoglianti giochi d’acqua. Ada vi si sedette sopra, invitando il suo amico a fare lo stesso, e aprì il tomo sulle sue ginocchia. Erano soli nel giardino antistante l’edificio e regnava una calma quasi paradisiaca. Bellocchio gettò uno sguardo sulla pagina aperta, pressoché bianca e occupata da una breve citazione.

 

Interrogare il presente non serve a niente. È al passato che bisogna fare le domande. Senza passato, il presente è solo disordine.

 

« Che cos’è? ».

« L’ho trovato la scorsa ora. Mi hanno mandata a cercare un libro al quarto piano ed era vicino a questo ».

Spirava una fresca brezza campagnola. « E perché l’hai preso? ».

« È una raccolta di fotografie del secolo scorso » spiegò Ada « Si chiama 1000, perché dentro ce ne sono mille appunto, raccolte meticolosamente in tutta Kalos ».

« Beh, affascinante, ma perché mi hai fatto venire qui? ».

La ragazza iniziò a sfogliare le pagine, fermandosi alla 64: essa era interamente occupata da un ritratto di coppia a scale di grigi, come diversi se ne erano scorti nelle istantanee precedenti. Sotto di essa compariva una lunga didascalia: Foto di matrimonio di Mary MacIntyre e William Grundy. Flusselles, 6 giugno 1908.

« Chiamami pazzo, ma continuo a non capire ».

« Guardali bene ».

Bellocchio si sforzò di concentrarsi sui particolari. Lo sposo, dalla fronte alta e i baffi a manubrio, indossava sopra la camicia bianca un panciotto corredato con orologio da taschino, insieme a giacca in cotone e pantaloni di tela propri del periodo. La sposa, dal tradizionale abito nuziale a collo alto ornato da una quantità industriale di pizzi e merletti, aveva raccolto i capelli smossi in una corona sormontata da un fiocco scuro. Nulla di speciale. L’uomo alzò le spalle, come a dire che proprio non ci arrivava.

« Non sembriamo noi due? ».

« Come? ».

« Ecco, guarda lui ad esempio » Ada coprì parte del volto con un indice e medio « Ha il tuo stesso sguardo ».

Non guardandosi spesso allo specchio Bellocchio non poté né confermare né smentire. Tuttavia concordò su una cosa « Effettivamente lei ti assomiglia in un certo senso. Per l’attaccatura dei capelli, e anche la bocca ha un che di tuo ».

La ragazza sorrise « Tu pensi che siamo stati imparentati? Del tipo cugini di chissà quale grado ».

« Beh, non vedo perché no » ribatté lui condiscendente. 1908, praticamente tre generazioni, tutto poteva essere. Dovevano essere state delle belle ramificazioni, però, se lui era finito a Sinnoh. Ciò che era più importante, però, era che ciò che aveva intuito durante il dialogo con Saul era vero: serbava qualcosa di Kalos dentro di sé.

Buttò nuovamente un’occhiata alla fotografia, cogliendo questa volta i dettagli dello sfondo: oltre le due figure umane si riusciva a intravedere, per quanto sfocata, una sorta di enorme gemma preziosa stagliata su una scogliera.

« Che cos’è quella? » domandò indicandola.

Ada avvicinò la foto agli occhi per osservarla meglio, quindi rispose sicura « La Meridiana di Fluxopoli ».

 

 

Venerdì, ore 17:59

Dom si deterse il sudore della fronte con uno straccio, rendendosi poi conto che era lo stesso con cui aveva appena finito di ripulire la lavagna. Lo gettò a terra con un sobbalzo, rammentando bene la sua allergia al gesso, e il panno ricadde nel secchio d’acqua sporca ai suoi piedi. Con uno sbuffo si chinò a recuperarlo, lasciandolo gocciolare sulle scarpe con uno sguardo rassegnato. Chi gliel’aveva fatto fare, poi.

« Mi scusi, signore ».

Colto da un mezzo attacco di cuore, l’inserviente si voltò di scatto trovandosi di fronte un ragazzino paffuto che lo fissava insistentemente con un paio di occhi persi. Sospirò sollevato.

« Cosa c’è? Sto pulendo, non vedi? ».

« Sì, lo so, volevo ridarle questo ».

Tierno sfilò la mano da dietro la schiena porgendo all’uomo un drappo di tessuto violaceo in apparenza alquanto logoro. Dom lo squadrò perplesso, non capendo.

« E cosa dovrei farmene? ».

« Beh, usarlo per pulire, no? ».

« Ma se è più sporco dei banchi ».

« Come? No! » esclamò Tierno burrascoso « Lo sembra e basta, in realtà è pulitissimo! Quello è il suo colore naturale! ».

 

« Questo piano è la cosa più stupida che abbia mai sentito » bofonchiò Calem con il naso premuto contro la finestra. Bellocchio, accanto a lui e Trovato nella stanza, sorvegliava attraverso il vetro ciò che accadeva dal lato opposto dell’edificio con un binocolo.

« E abbi un po’ di fede, bimbolin, so quello che faccio ».

« D’accordo, ripassiamo un attimo, tu vuoi? » lo interrogò polemico « Hai alzato il riscaldamento della sala in cui si trova il bidello sperando che si asciugasse la faccia con il suo unico straccio usato per la lavagna e che quindi per l’allergia lo bagnasse rendendolo inutilizzabile ».

« Ed è successo tutto, mi pare. Di che ti lamenti? ».

« Ma è solo fortuna! Santo cielo, ti rendi conto che non potevi sapere che proprio oggi sarebbe rimasto senza, vero? ».

Bellocchio rise di gusto « La fortuna non c’entra ».

Proprio in quell’istante la porta dell’aula si spalancò lasciando entrare un’esausta Serena. La ragazza, tra un annaspo e l’altro, trascinava dietro di sé un pesante carrello di plastica ricolmo fino all’orlo di strofinacci dei più svariati colori. Ebbe a malapena la forza di richiudere l’anta prima di stramazzare al suolo.

« Senti… » cominciò trattenendo il fiatone « C’è una ragione particolare… anf… per cui i lavori pesanti… anf… devo sempre farli io? ».

 

Dom, dopo aver immerso per la quinta volta un lembo dello straccio nel secchio d’acqua, convenne che era violaceo di natura.

« Va bene » bofonchiò seccato « Ora puoi lasciarmi in pace? Dovrei lavorare ».

« Okay, però domani me lo deve restituire… ».

« Io… Sì, d’accordo, come ti chiami? ».

« Genta Kojima, della 1C ».

« Gen… Gem… » il bidello si strofinò i capelli, innervosito dalla calura e dal tono di voce del ragazzino « Non me lo ricorderò mai ».

« Genta Kojima! ».

« Genna Ko… Non me lo ricordo, ho detto! Non puoi venire a riprendertelo tu? ».

« No! » esclamò Tierno con irriverenza « Ah, aspetti ». Quindi infilò la mano nella tasca posteriore, estraendone un tesserino plastificato con una sua fototessera appiccicata sopra « Prenda questo ».

Sull’orlo dell’esaurimento Dom gli strappò dalle mani la carta, esaminandola. Era il badge riconoscitivo del Liceo « Ma non ti serve? ».

« Tanto me lo può ridare domattina ».

In altri casi avrebbe detto di no. Assumersi una responsabilità simile, lui! Se quei badge andavano perduti si rischiava l’espulsione. Figuriamoci. Ma quel giorno sembravano tutti coalizzati per mandarlo in esaurimento, quindi accettò.

« Ora vattene ».

 

« Ha messo via la tessera! E andiamo! » Bellocchio lanciò in aria il binocolo, afferrandolo al volo. Quindi si rivolse a Calem, ancora imbronciato contro la parete « Qual è il piano stupido, ora? Eh? ».

« Oh, ma per piacere! Hai solo messo insieme un mucchio di variabili fuori dal tuo controllo e pregato che ti andasse tutto bene! È stato solo un caso che ti sia riuscito, lo sai anche tu! ».

« Il caso non esiste » chiosò il giovane voltando il capo verso Trovato « Allora? ».

Quello, occhi chini sul suo PSS, osservava soddisfatto un puntino rosso che lampeggiava sullo schermo « Funziona! Il GPS nel badge sta passando il segnale! Il nostro fuggitivo non può sfuggirci ».

« Scusate, fatemi capire bene » intervenne Serena smorzando l’entusiasmo « La tessera contiene il chip per tracciarlo, giusto? ».

« Sì ».

« E il nome è falso ».

« Sì ».

« E allora cosa gli impedirà di buttarla quando avrà capito che lo studente associato non esiste? ».

Bellocchio sorrise beffardo, inarcando un sopracciglio « Non siamo così sprovveduti. Abbiamo inserito il nome di Genta Kojima nel database, nell’archivio degli studenti passati ».

« Risulta immatricolato dieci anni fa » soggiunse Trovato con orgoglio « Sembrerà che uno degli addetti abbia sbagliato una cifra all’iscrizione, e dovranno andare a verificare aula per aula se Genta esiste. La parte migliore è che nessuno controlla mai quegli archivi, quindi non si accorgeranno dell’intrusione ».

« E questa parte del piano è dello stesso psicopatico che contava su uno straccio bagnato per spiare un evaso? » commentò Calem « Bogo gredibile. Ora cosa dovremmo fare? Voglio dire, dovremo fare dei turni per evitare che lasci la città, no? ».

« Ada ci ha già pensato » replicò Bellocchio « Se il nostro amico esce dai confini un allarme ci avverte. Hai presente quello che a momenti faceva secchi me e Serena nel nido dei Beedrill? Ecco ».

« Beh, allora siamo a posto. Credo che andrò a prendere un panino al chiosco qui vicino, tutti questi sotterfugi mi hanno messo fame ».

« Ta-ta-ta, bimbolin, tu non vai da nessuna parte » lo fermò simbolicamente alzando il braccio « Non rischierò che il mio numero 10 stia male alla vigilia della finale. Ora dritto nel Centro Pokémon a riposarti, ti voglio carico per domani ».

 

 

Venerdì, ore 18:30

Il sole tramontava indisturbato abbassandosi oltre la linea dei bassi edifici di Novartopoli, scurendone le silhouette in controluce e ponendo in risalto la slanciata sagoma del campanile cittadino. Dom era giunto alla fine di un vicolo cieco stretto fra tre mura. Abbassò lo sguardo osservando un tombino arrugginito a otto fenditure incastrato nel terreno.

Sfilò dalla tasca interna della giacca un paio guanti di gomma, corredo dell’arsenale in dotazione ai bidelli scolastici, e sollevò il pesante coperchio avendo cura di non produrre rumore. Iniziò a discendere la scaletta sottostante, accendendo al contempo una piccola torcia. Percorse la lunga galleria in mattoni delle fognature fino a giungere a una porticina seminascosta.

Dietro di essa gli si spalancò di fronte il Nido. Dom gettò un’occhiata d’insieme al quartiere sotterraneo, senza scorgere nessun poliziotto. Mentre percorreva verso il basso l’impalcatura metallica a chiocciola si accertò dell’ora corrente: ancora un quarto d’ora al cambio di turno, quando le forze dell’ordine sarebbero tornate là sotto per l’usuale pattugliamento. Ringraziava ogni minuto che la burocrazia di Kalos fosse così fallimentare da non riuscire a chiudere baracca e burattini là sotto di fronte all’evidenza: così aveva tutto il tempo di nascondersi.

Percorrendo le strade arrivò a una piccola casetta illuminata dai bagliori giallognoli dei lampioni. Vi entrò circospetto e, una volta barricatosi dentro, emise un sospiro di sollievo. Affaticato, si tolse la giacca e la posò su un appendiabiti a muro. Colse il momento per fissarvi anche lo straccio che aveva ricevuto in prestito, così da ricordarsene.

« Bentornato » sibilò una voce da un angolo buio del soggiorno.

Dom sbuffò seccato « Si sta facendo dura ».

« Spero non ti aspettassi rose e fiori ».

« Oggi quello scimmione di Seacombe mi ha preso e sbattuto al muro. Sospetta di me ».

« E non solo lui ».

L’uomo non rispose, reclinando il capo in segno di confusione. La figura si alzò in piedi e procedette ciondolante fino a sfiorarlo con una mano. Introdusse quest’ultima nella tasca posteriore dei pantaloni, estraendone un badge scolastico in plastica. Quindi alzò l’altra mano, che reggeva un congegno simile a una pistola segnaprezzi; passò lo strumento sopra l’oggetto due o tre volte porgendolo poi a Dom.

Questi esaminò il piccolo schermo sobbalzando: il rilevatore termico aveva evidenziato una calda macchia arancione sotto l’angolo dedicato alla fototessera. Una spia.

L’inserviente strinse i pugni, sentendo il sangue pulsare nelle sue vene « Quel bastardo di un ragazzino… Scommetto che l’ha mandato il cavernicolo… ».

« Non è stato lui ».

« E tu come lo sai? ».

« Ti tenevo d’occhio » la figura gli rivolse uno sguardo minaccioso « E non è stato lui ».

« Oh, perfetto, quindi qualcun altro lo sa? Come se uno non fosse abbastanza… » Dom si grattò la testa, prossimo a dare in escandescenza « No, no, no, io non posso più andare avanti in questo modo. Avrò un giorno, due al massimo, ma prima o poi avranno le prove, e allora sì che sarò nella… ».

« Non dovrai aspettare tanto ».

« Come? ». L’uomo avvertì un tuffo al cuore e insieme uno scatto d’ira interno « Che cosa vorresti dire? ».

« Porta pazienza, caro il mio codardo, ci avviciniamo alla conclusione » replicò la sagoma leccandosi le labbra « Presto sarà tutto finito ».

   
 
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