Previously on LKNA: un rapitore è evaso dal Carcere di Luminopoli ed è scappato verso sud,
venendo incastrato da un embargo a Novartopoli escogitato dalla polizia di Kalos
per catturarlo. Bellocchio, Serena, Calem, Trovato, Tierno e Shana si infiltrano
nel Liceo per Allenatori locale, dove si presume il fuggitivo sia nascosto, in
un tentativo di catturarlo. Qui scoprono che un misterioso oggetto dal nome in
codice di Prototipo è stato sottratto, ragionevolmente dal criminale stesso, e
programmano una visita notturna al laboratorio che lo ospitava. Bellocchio,
Serena, Calem e la loro nuova amica e compagna di stanza Ada penetrano dunque
nel Liceo dove trovano un progetto dettagliato del Prototipo. Non c’è tempo per
riflettere: una misteriosa figura rapisce Ada, che viene poi salvata da
Bellocchio, e attiva gli allarmi costringendoli alla ritirata. Le brutte notizie
non finiscono qui: i documenti, di cui solo una parte è stata inviata a Trovato
per le analisi, sono scomparsi.
Venerdì, ore
08:01
«
I ladri tornano nel Liceo per Allenatori
di Novartopoli, ma questa volta non lasciano segni del loro passaggio.
Fortunatamente, infatti, gli individui che si sono introdotti nella scorsa notte
all'interno del plesso scolastico non hanno sottratto nulla, né hanno compiuto
atti vandalici di alcuna sorta. Questo hanno accertato ieri mattina le autorità
chiamate da alcuni abitanti limitrofi allertati da un allarme: uno o più ignoti
si sono introdotti nell’ala nord, bla, bla, bla…
Le ipotesi che riguarderebbero l’evaso del
Carcere di Luminopoli, ancora a piede libero, si sprecano, bla, bla… Niente,
non parlano di noi » commentò Bellocchio sdraiato sul letto, mentre sorseggiava
del latte e miele da un bicchiere appoggiato su un comodino in abete lì accanto
« Che delusione. Per voi, voglio dire, non sarebbe la prima volta che io finisco
in prima pagina » Detto ciò posò la sua copia de
L’Eco di Novartopoli sul ripiano e
tornò al PSS, intento a seguire le repliche mattutine di
Breaking Bad.
« Già.
Immagino che tu avessi una vita molto avventurosa prima di arrivare qua dal
cielo ».
Bellocchio non rispose, lasciando Serena in una meditazione solitaria mentre
Calem, l’unico altro inquilino della stanza al momento, stava occupando il
bagno.
Si era
chiesta diverse volte cosa facesse il suo amico prima di Kalos. Da quando era
entrato nella sua, di vita, aveva visto nell’ordine una villa infestata, una
bambina posseduta, dei Beedrill che l’avevano quasi uccisa e un rapitore evaso
che si nascondeva in una scuola. Non poteva fare a meno di chiedersi se tutto
ciò fosse nuovo, se in qualche modo lo stupisse. Che per lui fosse divertente
era fuor di dubbio: eppure, pur non annoiandosi, affrontava quelle situazioni
con la sicurezza di chi ha visto di peggio. Di chi ne è esperto. Chissà cosa
sarebbe stato del suo viaggio, una volta che lui fosse tornato alla sua regione
natale.
Un
Calem vestito con l’usuale giacca color indaco varcò la soglia della toilette,
guardandosi attorno sorpreso « Dove sono gli altri? ».
« A
scuola, presumo. Sai, la copertura » rispose Bellocchio sovrappensiero. Il cuore
di Serena saltò un battito.
« A
scuola? Che ore sono? ».
« Le
otto e qualcosa ».
« E
perché tu sei ancora qui? ».
« Che
domande, perché non ho la prima ora oggi. Jem si era concesso il venerdì per
dormire di più » l’uomo alzò lo sguardo, fulminato dalla tempestiva
realizzazione « Ah, aspetta, ma voi… ».
Episodio 1x09
Istantanee
Venerdì, ore
11:15
Driiiiiiiiiiin~
« Una
verifica! A chi è arrivato ieri! Quali
sono le politiche di questo Liceo? ».
«
Dimentichi che siamo in una fan fiction, Calem. Mi sono sorpresa che non ci
fosse ieri, di solito è così ». I corridoi della scuola iniziavano a riempirsi
per l’intervallo quotidiano, affollandosi di studenti esausti.
« Parli
come il Dottor Cravatta ».
Serena
fece spallucce « Beh, qualcuno dovrà pur fare battute senza senso quando non c’è
lui, giusto? ». Detto ciò entrò nell’aula in cui il giorno precedente avevano
portato Ada, vuota come se l’aspettava dal momento che era libera per usi
straordinari come interrogazioni fuori orario: al suo interno c’erano Trovato e
Shana, con il primo curvo sul suo PSS che studiava le poche fotografie che era
riuscita a inviare dal laboratorio.
« Dov’è
Tierno? » domandò la ragazza.
« Che
domande, sarà a fare la fila alle macchinette ».
«
Gentile come al solito, Calem. Che state facendo? ».
Trovato
alzò la testa « Scopriamo a cosa serve il Prototipo, non è ovvio? ».
«
Adesso? » chiese Serena perplessa « Non avete lezione dopo l’intervallo? ».
« No ».
« Che
coincidenza! Anche noi abbiamo un’ora vuota adesso ».
« Non è
una coincidenza » replicò Trovato « È fatto apposta. Le classi in cui ho
inserito tutti hanno le pause sincronizzate, così possiamo parlare meglio ».
« Oh,
brillante! » esclamò lei, causando nel ragazzino un moto d’orgoglio « Che cosa
aspettiamo, allora? ».
« Beh,
aspettiamo Capo Rosso ».
« E chi
sarebbe? ».
La
porta dell’aula si spalancò e Bellocchio entrò di corsa con un bicchiere
traboccante della solita bevanda « Scusate per il ritardo, il microonde era
preso da Craig e dal suo infame the ».
Calem
sghignazzò « Capo Rosso? ».
«
Poverino, non apprezza le citazioni a Guerre Stellari » lo compatì l’uomo con
una pacca sulla spalla « Povero davvero. Allora! Siamo pronti per cominciare? ».
« Beh,
manca Tierno, ma direi che non è una scusa accettabile » convenne Trovato « Ho
esaminato le poche pagine che mi avete inviato, e sono riuscito a ottenere
qualche informazione interessante ».
«
Ovvero? ».
« Beh,
ecco, guardate un attimo sullo schermo… Questa sezione è molto simile a un
oggetto che ho trovato negli archivi, lo chiamano Devonscopio. Nulla di segreto
questa volta, ma pur con qualche ritocco è sicuramente il suo processore quello
che vedo qua ».
«
Devonscopio » ripeté Serena, battendo l’indice sulla tempia « Mi sembra di
averlo già sentito. Cosa fa? ».
Bellocchio anticipò Trovato « Rileva i Pokémon invisibili, un altro modo per
dire Kecleon. Non è uno strumento molto interessante, principalmente perché i
Kecleon sono molto rari ».
« In
effetti non li ho mai sentiti ».
« Pff,
sai che novità ».
«
Ah, ah, molto spiritoso, Calem. C’è
altro? ».
«
Parecchio. Questa sezione qua, per esempio, è presa pari pari da un modello
particolare di Spettrosonda, la 1.8.10. A quanto pare è stata prodotta in una
regione, Kanto, dove i Pokémon di tipo Spettro si sono evoluti in modo tale da
rendersi irriconoscibili agli occhi umani, e la Spettrosonda serve proprio a
identificarli. Notate un trend? ».
«
Riconoscimento di Pokémon che si camuffano » intuì Calem.
Trovato
annuì « Esattamente. Il che è fondamentale per capire ciò che costituisce il
terzo pezzo del Prototipo: un sollecitatore cellulare. A dire il vero non avevo
mai visto nulla del genere in vita mia, ma nelle tue foto era chiamato così.
Trattandosi solo delle prime pagine nessuna delle tre componenti è approfondita,
questo per farvi capire che le mie sono supposizioni ».
«
Arriva al sodo ».
« Le
cellule nei nostri tessuti, e in generale di qualunque essere vivente, sono
tenute insieme da sostanze intercellulari che consentono loro di essere più o
meno stabili. Ciò che fa questo sollecitatore è stimolare proprio le
associazioni di cellule stesse, inducendole a smembrarsi ».
Serena
trasalì, soffocando al contempo i conati di vomito. Trovato le fece segno di
tranquillizzarsi.
« Non
fa quello che pensi, non scioglie le persone. Il tipo di sollecitazione fornita
è estremamente debole, poco più di un solletico per organismi saldi. C’è un caso
però in cui ciò non è verificato: quando un Pokémon usa Trasformazione ».
La
stanza precipitò in un silenzio tombale. Calem, a essere sinceri, aveva intuito
che doveva trattarsi di quello, visti i principi seguiti dal Prototipo; ma
l’idea che un Ditto trasformato potesse essere identificato era comunque
rivoluzionaria « Nel qual caso cosa succede? ».
« Le
cellule ricollocatesi da poco vengono spinte a riprendere la loro conformazione
iniziale. Ditto torna Ditto » Trovato abbassò di nuovo la testa sul PSS,
riprendendo a studiare « Questo è quello che ho scoperto. Sul perché un evaso
dovrebbe volerlo, buio totale ».
« Per
venderlo ».
Tutti
gli occhi furono puntati su Bellocchio, fino a quel momento rimasto taciturno a
braccia congiunte « Mi stavo chiedendo da ieri che senso avesse per un criminale
nascondersi in una scuola anziché, non so, in una casa, magari minacciando i
proprietari ». Inspirò ed espirò, allentando la cravatta che iniziava a
procurargli un fastidioso prurito al collo « Ecco la risposta. Non si sta
nascondendo, si sta pagando il nascondiglio. La sua missione è stata fin da
subito rubare il Prototipo e riuscire a portarlo all’uomo che in cambio gli
fornirà protezione dalle autorità. Qualcuno cerca di identificare Pokémon, ed è
disposto a tutto per farlo ».
Trovato
si batté la mano sulla fronte « Ma certo! ».
« Ehi,
ehi, aspetta un attimo » intervenne Shana « Questo vuol dire che non è più nella
scuola? ».
Bellocchio non rispose, mantenendo lo sguardo meditabondo fisso nel vuoto. Poi
fece dietrofront e uscì dall’aula, sempre senza dire una parola. Troppi pensieri
per la mente, troppi problemi che si affollavano chiedendo ciascuno di essere
esaminato per primo. Era talmente assorto che quasi non si accorse del fatto che
qualcuno di sua conoscenza lo stava attendendo appena fuori. Quasi.
« Ah,
eccoti! Ti ho cercato per tutto l’intervallo! ».
« Oh,
ciao Ada. Dovevi dirmi qualcosa? ».
«
Possiamo dire così » sorrise « Però è meglio parlarne fuori ».
Venerdì, ore
11.21
Tierno
gironzolava ciondolante per il corridoio, un Twix nella mano e una bottiglia di
the alla pesca nell’altra. Stava masticando silenziosamente l’ultima delle
merende che si era accaparrato alle macchinette durante la ricreazione, passando
la lingua sui denti per togliere il caramello che vi si appiccicava sopra.
D’altronde non aveva fatto colazione, ne aveva il pieno diritto.
Giunto
nell’ampio atrio del primo piano si diresse dal lato opposto, dove si trovava
una rampa di scale che percorreva l’intero edificio attraverso ogni piano, a
differenza di alcune che sostavano a livelli alterni.
«
Ah, professor Seacombe! Non si preoccupi,
sarò qui ancora per poco, devo solo controllare lo scheda–– ».
Un
violento rumore, come se qualcosa avesse urtato contro un muro, fece sobbalzare
Tierno. Proveniva da una porta socchiusa dietro di lui che aveva appena
imboccato gli scalini. Si voltò, notando la targhetta apposta su di essa:
Aula professori.
«
Che cos’hai in mente? » domandò una
voce ringhiante dall’interno. Il ragazzo si avvicinò alla stanza, accostandosi
per sbirciare attraverso lo spiraglio di luce. Dentro due individui, uno alto e
slanciato in abiti eleganti e un inserviente più basso in sopravveste blu,
stavano avendo un diverbio. Il primo aveva preso il secondo per il colletto
della maglia e lo stava premendo contro un mobile a cassettoni addossato alla
parete.
« Non…
Io non capisco cosa–– ».
« Credi
che qui siamo tutti stupidi? Che non ci accorgiamo di cosa stai facendo? ».
«
Professore, davvero, io–– ».
Seacombe non lo lasciò finire, sbraitandogli contro « Dal Laboratorio D è
scomparso anche il dossier del Prototipo. Sia questo che il primo furto sono
successi quando tu avevi in custodia
l’ala est. Quanto ci credi deficienti, bastardo? ».
Tierno
avvertì un groppo alla gola quando la voce del bidello, da spaventata e
tremolante, divenne cupa e minacciosa «
Lasciami andare ».
Quindi
afferrò i polsi del suo aggressore e senza battere ciglio li spostò come fossero
di cartapesta. Seacombe, sorpreso e con il respiro pesante, si prese qualche
istante per rendersi conto della situazione. Poi riprese « Stammi bene a
sentire, sappi che staserà ci sarò io stesso. Quindi vedi di non fare scherzi, o
è la volta buona che te ne esci di qui con qualche dente di meno. Non me ne
frega nulla se la polizia ti sta cercando ».
L’altro
uomo, sempre inflessibile, aggiustò il proprio camice e fissò dritto negli occhi
il docente « Con chi credi di stare parlando? ».
Seguì
un breve ma teso silenzio. « Se pensi davvero che io abbia rubato il Prototipo
del laboratorio… E che io sia colui a cui le autorità stanno dando la caccia in
questo preciso momento… » gli si avvicinò, sussurrandogli all’orecchio « Forse
la tua prossima mossa dovrebbe essere muoverti con cautela ».
Sibilate quelle parole si avviò verso l’uscita, e i suoi occhi incrociarono per
un istante quelli di Tierno. Il ragazzo scappò giù per le scale con il cuore che
gli rimbalzava nel petto, sperando con tutto se stesso che quell’individuo fosse
stato troppo distratto per accorgersi che li stava spiando. Sempre terrorizzato
e con le mani sudate raggiunse più velocemente che poteva il secondo piano, dove
si trovava l’aula designata per il raduno. Spalancò la porta in preda al panico,
trovandosi di fronte Trovato e Shana seduti mentre parlavano.
« Ma
scusa, allora che differenza c’è tra Ditto e Zoroark se entrambi si trasformano?
Come li distingui? ».
Tierno
rimase ritto davanti a loro aspettandosi di essere quantomeno notato; invece i
due continuavano imperterriti il loro animato dialogo.
« Beh,
Zoroark tende a diventare di più la maschera, diciamo, imita ogni aspetto
dell’oggetto in cui si trasforma ».
« Ah,
capisco… ».
«
Ahem! » si schiarì la voce.
« Oh,
ciao! » esclamò Shana « Perché ci hai messo così tanto? ».
Il
ragazzo prese una sedia e si appostò dal lato opposto della coppia di banchi che
stavano utilizzando « So chi è il fuggitivo ».
A
quelle parole Trovato si fece sfuggire di mano il PSS che cadde sul tavolo con
un tonfo « Come? Nel senso che l’hai visto? ».
«
Esatto. Era nella sala dei professori e stava litigando con qualcuno che
sospettava di lui. Gli ha detto di fare attenzione, o una cosa simile ».
« Wow,
io non… E chi è? ».
« È il
bidello che ha in carica il primo e il terzo piano dell’ala est » proseguì « Non
so se ce l’avete presente, quello bassino col riporto ».
«
Lui? » Trovato sobbalzò, con la sua
amica al seguito, all’annuncio. Poi, come se avesse realizzato qualcosa, annuì «
Ricordo, l’ho visto un paio di volte. Cavolo, avrei dovuto pensarci, era lui ad
avere sotto controllo il laboratorio dove siete stati voi ».
«
Scusate, ma ora che facciamo? » intervenne Shana con una leggera inflessione
ansiosa dettata dall’idea di trovarsi a qualche gradino da un criminale « Lo
diciamo a mio fratello e agli altri? ».
«
Quello è il passo successivo, ma nel frattempo dobbiamo iniziare a pensare a
come comportarci. Se quello che ha detto Bellocchio è vero, se era qui solo per
rubare il Prototipo… potrebbe anche essere l’ultima volta che lo vediamo ».
«
Quindi? ».
«
Quindi serve qualcosa per seguire i suoi spostamenti. Se dovesse riuscire a
sfuggire alla polizia riprenderlo sarebbe un’impresa tanto quanto trovarlo la
prima volta » Trovato fissò il suo PSS, come se dovesse suggerirgli la soluzione
« Denunciarlo ora sulla base della nostra testimonianza sarebbe rischioso
considerando le sue possibili ritorsioni, senza contare che noi non dovremmo
nemmeno essere qui. Dobbiamo agire senza uscire allo scoperto, come ha fatto lui
».
Shana
annuì, poi ebbe un’intuizione « Perché non una cimice? ».
« Una
cimice? ».
« Sì,
una cimice. Sai, come quelle nei film, quelle che segnalano la posizione ».
« Un
segnale triangolare » comprese Trovato « Sì, ma come dovremmo ottenerla? Non
possiamo aspettare e pregare che in un laboratorio che ne sia una ».
« Non
puoi costruirla tu? ».
Il
ragazzo sorrise con una punta di amarezza « Sono un novellino, non so nulla di
ricetrasmittenti. Non saprei nemmeno da dove iniziare ».
« Tu no
» Tierno gli fece eco risoluto. Poi si guardò attorno a braccia conserte « Ma so
chi può farlo. Dov’è Ada? ».
Venerdì, ore
11.16
Dall’interno la fontana del campus del Liceo appariva ben meno imponente di
quando l’aveva adocchiata in quella fatidica notte, quando aveva inseguito Saul
per tutta Novartopoli e ritorno. Il sole mattutino che in quella limpida
giornata vi si rifletteva produceva comunque giochi di luce affascinanti, tanto
che non si sarebbe nemmeno detto che era appena iniziata la primavera. La
campana era appena suonata riportando gli studenti alle loro classi, tuttavia
Ada proseguiva imperterrita la sua marcia sul sentiero di mattoni.
« Non
hai lezione, ora? ».
« La
Barrett ritarda sempre, non è un problema ».
Ponendo
più attenzione mentre seguiva i suoi passi, Bellocchio aveva notato che teneva
sottobraccio un volume con un’etichetta della biblioteca scolastica,
probabilmente preso in prestito per l’occasione. Non ne aveva scorto il titolo,
però.
I due
raggiunsero un muretto di mattoni alto sì e no mezzo metro che circondava i
gorgoglianti giochi d’acqua. Ada vi si sedette sopra, invitando il suo amico a
fare lo stesso, e aprì il tomo sulle sue ginocchia. Erano soli nel giardino
antistante l’edificio e regnava una calma quasi paradisiaca. Bellocchio gettò
uno sguardo sulla pagina aperta, pressoché bianca e occupata da una breve
citazione.
Interrogare il presente non serve a niente. È
al passato che bisogna fare le domande. Senza passato, il presente è solo
disordine.
« Che
cos’è? ».
« L’ho
trovato la scorsa ora. Mi hanno mandata a cercare un libro al quarto piano ed
era vicino a questo ».
Spirava
una fresca brezza campagnola. « E perché l’hai preso? ».
« È una
raccolta di fotografie del secolo scorso » spiegò Ada « Si chiama
1000, perché dentro ce ne sono mille
appunto, raccolte meticolosamente in tutta Kalos ».
« Beh,
affascinante, ma perché mi hai fatto venire qui? ».
La
ragazza iniziò a sfogliare le pagine, fermandosi alla 64: essa era interamente
occupata da un ritratto di coppia a scale di grigi, come diversi se ne erano
scorti nelle istantanee precedenti. Sotto di essa compariva una lunga
didascalia: Foto di matrimonio di Mary
MacIntyre e William Grundy. Flusselles, 6 giugno 1908.
«
Chiamami pazzo, ma continuo a non capire ».
«
Guardali bene ».
Bellocchio si sforzò di concentrarsi sui particolari. Lo sposo, dalla fronte
alta e i baffi a manubrio, indossava sopra la camicia bianca un panciotto
corredato con orologio da taschino, insieme a giacca in cotone e pantaloni di
tela propri del periodo. La sposa, dal tradizionale abito nuziale a collo alto
ornato da una quantità industriale di pizzi e merletti, aveva raccolto i capelli
smossi in una corona sormontata da un fiocco scuro. Nulla di speciale. L’uomo
alzò le spalle, come a dire che proprio non ci arrivava.
« Non
sembriamo noi due? ».
« Come?
».
« Ecco,
guarda lui ad esempio » Ada coprì parte del volto con un indice e medio « Ha il
tuo stesso sguardo ».
Non
guardandosi spesso allo specchio Bellocchio non poté né confermare né smentire.
Tuttavia concordò su una cosa « Effettivamente lei ti assomiglia in un certo
senso. Per l’attaccatura dei capelli, e anche la bocca ha un che di tuo ».
La
ragazza sorrise « Tu pensi che siamo stati imparentati? Del tipo cugini di
chissà quale grado ».
« Beh,
non vedo perché no » ribatté lui condiscendente. 1908, praticamente tre
generazioni, tutto poteva essere. Dovevano essere state delle belle
ramificazioni, però, se lui era finito a Sinnoh. Ciò che era più importante,
però, era che ciò che aveva intuito durante il dialogo con Saul era vero:
serbava qualcosa di Kalos dentro di sé.
Buttò
nuovamente un’occhiata alla fotografia, cogliendo questa volta i dettagli dello
sfondo: oltre le due figure umane si riusciva a intravedere, per quanto sfocata,
una sorta di enorme gemma preziosa stagliata su una scogliera.
« Che
cos’è quella? » domandò indicandola.
Ada
avvicinò la foto agli occhi per osservarla meglio, quindi rispose sicura « La
Meridiana di Fluxopoli ».
Venerdì, ore
17:59
Dom si
deterse il sudore della fronte con uno straccio, rendendosi poi conto che era lo
stesso con cui aveva appena finito di ripulire la lavagna. Lo gettò a terra con
un sobbalzo, rammentando bene la sua allergia al gesso, e il panno ricadde nel
secchio d’acqua sporca ai suoi piedi. Con uno sbuffo si chinò a recuperarlo,
lasciandolo gocciolare sulle scarpe con uno sguardo rassegnato. Chi gliel’aveva
fatto fare, poi.
« Mi
scusi, signore ».
Colto
da un mezzo attacco di cuore, l’inserviente si voltò di scatto trovandosi di
fronte un ragazzino paffuto che lo fissava insistentemente con un paio di occhi
persi. Sospirò sollevato.
« Cosa
c’è? Sto pulendo, non vedi? ».
« Sì,
lo so, volevo ridarle questo ».
Tierno
sfilò la mano da dietro la schiena porgendo all’uomo un drappo di tessuto
violaceo in apparenza alquanto logoro. Dom lo squadrò perplesso, non capendo.
« E
cosa dovrei farmene? ».
« Beh,
usarlo per pulire, no? ».
« Ma se
è più sporco dei banchi ».
« Come?
No! » esclamò Tierno burrascoso « Lo sembra e basta, in realtà è pulitissimo!
Quello è il suo colore naturale! ».
«
Questo piano è la cosa più stupida che abbia mai sentito » bofonchiò Calem con
il naso premuto contro la finestra. Bellocchio, accanto a lui e Trovato nella
stanza, sorvegliava attraverso il vetro ciò che accadeva dal lato opposto
dell’edificio con un binocolo.
« E
abbi un po’ di fede, bimbolin, so quello che faccio ».
«
D’accordo, ripassiamo un attimo, tu vuoi? » lo interrogò polemico « Hai alzato
il riscaldamento della sala in cui si trova il bidello sperando che si
asciugasse la faccia con il suo unico
straccio usato per la lavagna e che quindi per l’allergia lo bagnasse
rendendolo inutilizzabile ».
« Ed è
successo tutto, mi pare. Di che ti lamenti? ».
« Ma è
solo fortuna! Santo cielo, ti rendi conto che non potevi sapere che proprio oggi
sarebbe rimasto senza, vero? ».
Bellocchio rise di gusto « La fortuna non c’entra ».
Proprio
in quell’istante la porta dell’aula si spalancò lasciando entrare un’esausta
Serena. La ragazza, tra un annaspo e l’altro, trascinava dietro di sé un pesante
carrello di plastica ricolmo fino all’orlo di strofinacci dei più svariati
colori. Ebbe a malapena la forza di richiudere l’anta prima di stramazzare al
suolo.
«
Senti… » cominciò trattenendo il fiatone « C’è una ragione particolare…
anf… per cui i lavori pesanti…
anf… devo sempre farli io? ».
Dom,
dopo aver immerso per la quinta volta un lembo dello straccio nel secchio
d’acqua, convenne che era violaceo di natura.
« Va
bene » bofonchiò seccato « Ora puoi lasciarmi in pace? Dovrei lavorare ».
« Okay,
però domani me lo deve restituire… ».
« Io…
Sì, d’accordo, come ti chiami? ».
« Genta
Kojima, della 1C ».
« Gen…
Gem… » il bidello si strofinò i capelli, innervosito dalla calura e dal tono di
voce del ragazzino « Non me lo ricorderò mai ».
« Genta
Kojima! ».
« Genna
Ko… Non me lo ricordo, ho detto! Non puoi venire a riprendertelo tu? ».
« No! »
esclamò Tierno con irriverenza « Ah, aspetti ». Quindi infilò la mano nella
tasca posteriore, estraendone un tesserino plastificato con una sua fototessera
appiccicata sopra « Prenda questo ».
Sull’orlo dell’esaurimento Dom gli strappò dalle mani la carta, esaminandola.
Era il badge riconoscitivo del Liceo « Ma non ti serve? ».
« Tanto
me lo può ridare domattina ».
In
altri casi avrebbe detto di no. Assumersi una responsabilità simile, lui! Se
quei badge andavano perduti si rischiava l’espulsione. Figuriamoci. Ma quel
giorno sembravano tutti coalizzati per mandarlo in esaurimento, quindi accettò.
« Ora
vattene ».
« Ha
messo via la tessera! E andiamo! » Bellocchio lanciò in aria il binocolo,
afferrandolo al volo. Quindi si rivolse a Calem, ancora imbronciato contro la
parete « Qual è il piano stupido, ora? Eh? ».
« Oh,
ma per piacere! Hai solo messo insieme un mucchio di variabili fuori dal tuo
controllo e pregato che ti andasse tutto bene! È stato solo un caso che ti sia
riuscito, lo sai anche tu! ».
« Il
caso non esiste » chiosò il giovane voltando il capo verso Trovato « Allora? ».
Quello,
occhi chini sul suo PSS, osservava soddisfatto un puntino rosso che lampeggiava
sullo schermo « Funziona! Il GPS nel badge sta passando il segnale! Il nostro
fuggitivo non può sfuggirci ».
«
Scusate, fatemi capire bene » intervenne Serena smorzando l’entusiasmo « La
tessera contiene il chip per tracciarlo, giusto? ».
« Sì ».
« E il
nome è falso ».
« Sì ».
« E
allora cosa gli impedirà di buttarla quando avrà capito che lo studente
associato non esiste? ».
Bellocchio sorrise beffardo, inarcando un sopracciglio « Non siamo così
sprovveduti. Abbiamo inserito il nome di Genta Kojima nel database,
nell’archivio degli studenti passati ».
«
Risulta immatricolato dieci anni fa » soggiunse Trovato con orgoglio « Sembrerà
che uno degli addetti abbia sbagliato una cifra all’iscrizione, e dovranno
andare a verificare aula per aula se Genta esiste. La parte migliore è che
nessuno controlla mai quegli archivi, quindi non si accorgeranno dell’intrusione
».
« E
questa parte del piano è dello stesso psicopatico che contava su uno straccio
bagnato per spiare un evaso? » commentò Calem «
Bogo gredibile. Ora cosa dovremmo fare? Voglio dire, dovremo fare
dei turni per evitare che lasci la città, no? ».
« Ada
ci ha già pensato » replicò Bellocchio « Se il nostro amico esce dai confini un
allarme ci avverte. Hai presente quello che a momenti faceva secchi me e Serena
nel nido dei Beedrill? Ecco ».
« Beh,
allora siamo a posto. Credo che andrò a prendere un panino al chiosco qui
vicino, tutti questi sotterfugi mi hanno messo fame ».
«
Ta-ta-ta, bimbolin, tu non vai da
nessuna parte » lo fermò simbolicamente alzando il braccio « Non rischierò che
il mio numero 10 stia male alla vigilia della finale. Ora dritto nel Centro
Pokémon a riposarti, ti voglio carico per domani ».
Venerdì, ore
18:30
Il sole
tramontava indisturbato abbassandosi oltre la linea dei bassi edifici di
Novartopoli, scurendone le silhouette in controluce e ponendo in risalto la
slanciata sagoma del campanile cittadino. Dom era giunto alla fine di un vicolo
cieco stretto fra tre mura. Abbassò lo sguardo osservando un tombino arrugginito
a otto fenditure incastrato nel terreno.
Sfilò
dalla tasca interna della giacca un paio guanti di gomma, corredo dell’arsenale
in dotazione ai bidelli scolastici, e sollevò il pesante coperchio avendo cura
di non produrre rumore. Iniziò a discendere la scaletta sottostante, accendendo
al contempo una piccola torcia. Percorse la lunga galleria in mattoni delle
fognature fino a giungere a una porticina seminascosta.
Dietro
di essa gli si spalancò di fronte il Nido. Dom gettò un’occhiata d’insieme al
quartiere sotterraneo, senza scorgere nessun poliziotto. Mentre percorreva verso
il basso l’impalcatura metallica a chiocciola si accertò dell’ora corrente:
ancora un quarto d’ora al cambio di turno, quando le forze dell’ordine sarebbero
tornate là sotto per l’usuale pattugliamento. Ringraziava ogni minuto che la
burocrazia di Kalos fosse così fallimentare da non riuscire a chiudere baracca e
burattini là sotto di fronte all’evidenza: così aveva tutto il tempo di
nascondersi.
Percorrendo le strade arrivò a una piccola casetta illuminata dai bagliori
giallognoli dei lampioni. Vi entrò circospetto e, una volta barricatosi dentro,
emise un sospiro di sollievo. Affaticato, si tolse la giacca e la posò su un
appendiabiti a muro. Colse il momento per fissarvi anche lo straccio che aveva
ricevuto in prestito, così da ricordarsene.
«
Bentornato » sibilò una voce da un angolo buio del soggiorno.
Dom
sbuffò seccato « Si sta facendo dura ».
« Spero
non ti aspettassi rose e fiori ».
« Oggi
quello scimmione di Seacombe mi ha preso e sbattuto al muro. Sospetta di me ».
« E non
solo lui ».
L’uomo
non rispose, reclinando il capo in segno di confusione. La figura si alzò in
piedi e procedette ciondolante fino a sfiorarlo con una mano. Introdusse
quest’ultima nella tasca posteriore dei pantaloni, estraendone un badge
scolastico in plastica. Quindi alzò l’altra mano, che reggeva un congegno simile
a una pistola segnaprezzi; passò lo strumento sopra l’oggetto due o tre volte
porgendolo poi a Dom.
Questi
esaminò il piccolo schermo sobbalzando: il rilevatore termico aveva evidenziato
una calda macchia arancione sotto l’angolo dedicato alla fototessera. Una spia.
L’inserviente strinse i pugni, sentendo il sangue pulsare nelle sue vene « Quel
bastardo di un ragazzino… Scommetto che l’ha mandato il cavernicolo… ».
« Non è
stato lui ».
« E tu
come lo sai? ».
« Ti
tenevo d’occhio » la figura gli rivolse uno sguardo minaccioso « E non è stato
lui ».
« Oh,
perfetto, quindi qualcun altro lo sa? Come se uno non fosse abbastanza… » Dom si
grattò la testa, prossimo a dare in escandescenza « No, no, no, io non posso più
andare avanti in questo modo. Avrò un giorno, due al massimo, ma prima o poi
avranno le prove, e allora sì che sarò nella… ».
« Non
dovrai aspettare tanto ».
« Come?
». L’uomo avvertì un tuffo al cuore e insieme uno scatto d’ira interno « Che
cosa vorresti dire? ».
« Porta pazienza, caro il mio codardo, ci avviciniamo alla conclusione » replicò la sagoma leccandosi le labbra « Presto sarà tutto finito ».