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Autore: ManuFury    02/04/2014    7 recensioni
Frughi in una tasca a cercare la tua inseparabile amica: una fiaschetta d’argento contenente un qualche liquore, non ne ricordi il nome, ti basta che sia alcool. Le tue dita scorrono sulla superficie liscia e metallica del piccolo oggetto, con il chiaro intento di afferrarlo ed estrarlo per farti un goccetto; solo che qualcosa ti blocca: la punta di un dito sfiora qualcosa di diverso, ugualmente gelido, ma più ruvido.
Il respiro ti si blocca e le lacrime ti salgono agli occhi senza che tu possa fare niente; perché hai riconosciuto quell’oggetto che credevi perduto, vero?

(PRIMA CLASSIFICATA al Contest: " - The Civil War Games - " indetto da Darkmoon90 e Ciara90)
(Vincitrice del Premio Speciale: "Best Darkmoon90")

(Sesta Classificata al Contest: "Storie un po' tristi" indetto da M4RT1)
(Terza Classificata al Contest: "Winter Contest II° Edizione" indetto da My Pride e giudicato da meryl watase)
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Haymitch Abernathy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Da quanto tempo non mettevi piede nel grigiore e nella povertà del Giacimento, Haymitch?
Sono passati tanti, troppi anni da allora, tant’è che per un attimo il panico ti assale, contorcendoti le viscere e facendoti sudare le mani. Vorresti scappare via, rifugiarti nella sicurezza e nella solitudine della tua casa al Villaggio dei Vincitori, in quel luogo così isolato e freddo da sembrare una bara aperta.
Ma ti costringi a non muoverti, anche se vorresti ancora fuggire dai ricordi che, probabilmente, smuoverai con questa visita. Per aiutarti abbassi una mano alla tasca della giacca, la stessa che avevi anni fa alla tua Mietitura. Frughi in una tasca a cercare la tua inseparabile amica: una fiaschetta d’argento contenente un qualche liquore, non ne ricordi il nome, ti basta che sia alcool. Le tue dita scorrono sulla superficie liscia e metallica del piccolo oggetto, con il chiaro intento di afferrarlo ed estrarlo per farti un goccetto; solo che qualcosa ti blocca: la punta di un dito sfiora qualcosa di diverso, ugualmente gelido, ma più ruvido.
Il respiro ti si blocca e le lacrime ti salgono agli occhi senza che tu possa fare niente; perché hai riconosciuto quell’oggetto che credevi perduto, vero?
Lo estrai lentamente, con la cura che potrebbe avere un bambino nei confronti del suo tesoro più prezioso.
Lo guardi ora che si trova nel palmo aperto della tua mano, te lo ricordavi più grande, ma forse è solo perché all’epoca eri tu a essere più piccolo. Molti potrebbero scambiarlo per un sassolino qualunque, ma non tu: tuo padre era minatore ed era anche appassionato di minerali, ti raccontava delle loro caratteristiche la sera, quando non volevi mai dormire. Ricordi che era uno dei suoi preferiti: una piccola scheggia di quarzo rosa.
Da quanto tempo non la vedevi, Haymitch?
Dalla Mietitura di vent’anni fa. Ti rispondi, stringendo il pugno e con esso il piccolo quarzo, un regalo del tuo fratellino, l’ultimo che ti ha fatto prima di partire per l’Arena. Prima di non rivederlo mai più.
Senti di nuovo le lacrime minacciare di scenderti dagli occhi, ma riesci a trattenerle. Prendi un bel respiro e, chiudendo gli occhi, ti avvii verso quella che un tempo era stata la tua casa.
È ancora più malandata di quanto non lo fosse prima: crepe di ogni forma e grandezza ne costellano la facciata come tante cicatrici sul volto di un gladiatore, una parte del tetto, già pericolante quando eri ragazzo, è definitivamente crollata, la porta cigola debolmente a ogni sbuffo di vento, sorretta ormai solo da un cardine mangiato dalla ruggine.
Ti hanno detto quella stessa mattina che l’avrebbero abbattuta a breve per costruirne una nuova e più stabile, una casa che avrebbe ospitato un’altra sfortunata famiglia del Giacimento. Per questo motivo hai afferrato la giacca, la stessa che avevi durante la tua Mietitura – sorprendendoti che ti andasse ancora, benché le maniche fossero solo leggermente corte – e sei tornato lì dopo tutto questo tempo, per vederla un’ultima volta; ma ora che le lacrime ti bagnano le guance e i ricordi riaffiorano come fantasmi dalle loro tombe, vorresti non averlo fatto.
Stringi con forza il quarzo nel pugno e avanzi, aprendo la cigolante porta con la mano libera. Odore di aria vecchia e viziata assieme a quello della sporcizia e della negligenza ti assalgono quando sei ancora sulla soglia, ma sono odori conosciuti: gli stessi che appestano la tua bella e vuota villa al Villaggio dei Vincitori.
Procedi di qualche passo nella penombra e stenti a riconoscere il profilo usurato dei pochi mobili, coperti da spessi strati di polvere. Ti guardi attorno spaesato, come un giovane Tributo che non riesce a orientarsi nell’Arena; quel luogo in cui sei nato e sei cresciuto ti appare così vuoto e sconosciuto e quasi ti spaventa.
Chiudi il pugno con più forza, cercando di trarre il coraggio che ti manca dal piccolo sassolino rosa, ma soprattutto dal ricordo di chi te l’ha regalato, perché Hugo ne aveva tanto di coraggio. Glielo dicevi sempre anche tu, mentre gli arruffavi i capelli scuri con tenerezza: gli dicevi che era forte perché aveva il nome di un Vincitore, gli dicevi che non poteva accadergli mai nulla di male, finché aveva quel nome.
Tiri su con il naso, accarezzando con la punta delle dita i muri grigi e spogli, dei disegni fatti col gessetto dal tuo fratellino ormai non c’è più traccia, il tempo si è portato via anche quelli.
Per un attimo ti chiedi che diavolo ci fai lì, a soffrire come un cane al ricordo di una vita ormai perduta: di serate passate nel minuscolo salotto a proiettare sulla parete ombre di animali create con le dita solo per sentire Hugo ridacchiare e chiedere di farlo ancora.
Mille ricordi, felici e non, ti vorticano come una bufera nella mente persa in una vita passata che mai più sarebbe tornata. Muovi un passo avanti e subito senti un suono strano, come di carta stropicciata.
Abbassi gli occhi grigi e scorgi sotto al tuo piede un foglietto di carta ingiallita dal tempo, sembra vagamente una busta. Ti chini e l’afferri, rigirandotela tra le dita e sentendola scricchiolare ad ogni movimento.
La busta è sigillata con della colla e sul fronte di questa scorgi due parole, tracciate in una grossolana e infantile calligrafia: “per Mitch” recita.
Avverti chiaramente il cuore perdere un colpo e le gambe farsi molli quando riconosci la grafia incerta del tuo fratellino, tu stesso gli stavi insegnando a scrivere, avevate iniziato poco prima della Mietitura. Deglutisci a fatica, ti sembra di avere la gola foderata di cemento per quanto è difficile mandare giù la saliva.
Appoggi la schiena alla prima parete che trovi e ti lasci scivolare lungo di essa fino a sederti per terra.
Prendi un respiro profondissimo e ti decidi ad aprire la busta, trovando al suo interno una letterina:
 
ciao fratelone!
Se trovi cuesta vuole dire che sei andato a casa e non ci ai trovato.
SORPRESA!
Non ci siamo. Andiamo a vivere via da qui, in quella case grandi grandi che vedevamo quando mi portavi vicino alla mignera abbandonata. Spero che andiamo in quella li vicino che magari trovo un altro pezzo di quarzo. Io avevo deto io che era fortunato!
Adesso devo andare. Mamma mi sta ciamando. Ci sonno il sindaco e dei pacificatori che ci fanno da scorta per portarci a casa.
Tu ragiunggimi presto che io ti aspetto!
Ma prima ti volio dire un secreto. Io lo sapevo che tu vincevi. Sapevo che tu tornavi da me, sapevo che non facevi come papà, che diceva che tornava e invece non e mai tornato. Sapevo che tu le promessa le tieni sempre.
Ti volio tanto benne, fratelonne!
Ti aspetto a casa,
Hugo

 
Un singhiozzo lascia le tue labbra senza che tu faccia niente per trattenerlo, una lacrima gelida scivola sulla tua pelle fino al mento, dove si ferma, restando sospesa per qualche attimo prima di cadere sul bordo di quella lettera ingiallita, scritta vent’anni fa da un bambino che non sarebbe mai cresciuto.
Ti porti una mano alla bocca, cercando di dare un contegno ai tuoi lamenti, provando invano a continuare a trattenere le lacrime, ma non ci riesci.
Piangi.
Piangi forte come non facevi da tempo mentre i ricordi si dispongono in fila nella tua mente, come le carrozze del treno che ti ha portato a Capitol City: il sorriso di tua madre quando ti disse che sarebbe arrivato un fratellino; tu e tuo padre diversi mesi dopo a fare avanti e indietro davanti alla porta della camera da letto, in attesa. Il primo urlo di Hugo che aveva squarciato il silenzio della notte. Tu che lo guardavi e lui che ti guardava, incuriosito con quei suoi grandi occhi: occhi verdi, non i banali occhi grigi da Giacimento. E la tua voce emozionata che chiedeva ai vostri genitori se potevate chiamarlo Hugo, perché Hugo era il nome dell’unico Vincitore del vostro Distretto, ed era un nome che lo avrebbe sempre protetto. E ancora gli anni che passavano, la morte di vostro padre e il tuo tentativo di sostituirlo: mostrandoti forte e sicuro, l’uomo che serviva in casa, quello che si alzava prima di tutti per andare a lavorare, quello che non aveva mai tentennamenti.
Vedi quelle immagini passarti davanti agli occhi, non sembrano ricordi: paiono più fotogrammi di un vecchio film sulla vita di un ragazzo. Un giovane che tu non sei più.
Altre immagini seguono le precedenti; vedi il viso sempre solare di quel bambino incupirsi, mentre viene a salutarti dopo la Mietitura, con gli occhi grandi e lucidi di chi è in procinto di scoppiare a piangere: gli occhi di chi ha la consapevolezza che quello è un addio. Poi un gesto lento, la sua mano che si alzava e ti posava nel palmo quella scheggia di grezzo quarzo rosa, dicendoti che ti avrebbe sempre protetto.
Ricordi anche l’abbraccio, l’ultimo che gli hai dato prima di dirgli addio, senza piangere, perché non potevi dimostrarti debole.
Adesso ti permetti esternare tutto il dolore che ti sei tenuto dentro per questi vent’anni. Sai che non ci sono scuse, non c’è un alibi passivo; sai che li hai uccisi tu, tutti: tua madre, Gloria… Hugo. Tutti morti, a causa tua.
Vorresti non aver mai vinto, perché magari loro, ora, sarebbero ancora vivi.
Ti avvicini la letterina al petto, nell’altra mano stringi il piccolo sassolino rosa tenue e alzi il viso.
Per un solo attimo ti sembra di vederlo: quel bambino solare, fermo sull’uscio di casa, che ti guarda e ti sorride con la sua piccola finestrella tra gli incisivi.
Sai che ti sta aspettando, così come ti aspettava quella nota sotto la porta, scritta vent’anni fa.

 
 
 
***
 
HOLA! ^_^
 
Mi avete riconosciuto?
Oh sì, sono proprio io. Quella ragazza un po’ pazza che sbava dietro a Seneca e Haymitchmmm… Seneca e Haymitch… *Modalità Homer: ON!*
Che stavo dicendo…?
Ah sì, sono tornata e di nuovo con uno dei miei idoli, Haymitch! *Q*
Questo piccolo scorcio della vita del nostro amatissimo (e ben brillo) Mentore si svolge dopo i Settantesimi Hunger Games ed è stata scritta per il favoloso Contest: “ – The Civil War Games – “ indetto da Darkmoon90 e da Ciara90 (a cui si è Classificata Prima! E Vincendo pure il favoloso Premio Speciale "Best Darkmoon90").
Era il classico Contest con pacchetti, io ho scelto il Distretto 1, contenenti le seguenti cose:
> Prompt: Quarzo
> Personaggio: Haymitch Abernathy
> Canzone: 20 Years – The Civil War
E puff… è nata questa sciocchezza. Ah, dimenticavo di dirvi, la parte della lettera scritta da Hugo presenta degli errori di ortografia, ma sono voluti, perché immagino che un bambino di sei, sette anni ne fa di errori, e anche tanti.
Beh, se siete arrivati fin qui, resistete ancora un attimo prima di lasciarmi la recensione (??) che devo ancora ringraziare alcune persone...
msp17 e la sua fantastica Challenge: “La sfida dei duecento prompt” di cui ho usato il Prompt Bonus: 29) Quarzo rosa (era perfetto per quello che volevo fare! *Q*)
Eireen_23 con la sua Challenge: “Benvenuti al Banco dei Prompt” // Tabella: Angest // Prompt: 15.Colpa
> Il Contest: "Storie un po' tristi" indetto da M4RT1... a cui questa storia si è classificata SESTA.
> Il Contest: "Winter Contest II° Edizione" indetto da My Pride e successivamente giudicato da meryl watase... a cui questa storia si è classificata TERZA! *Q*

Grazie ragazze! <3
Ringrazio anche chi ha avuto il coraggio di leggere fin qui e tutti i baldi giovani e belle fanciulle che decideranno di lasciarmi una mini mini recensione.
Vi ringrazio di tutto e ci si sente presto! ;)
ByeBye
 
ManuFury! ^_^
  
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