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Autore: syontai    03/04/2014    10 recensioni
Per chi si ricordava un'altra presentazione: l'ho cambiata, mi faceva leggermente schifo
Allora, questa storia parla di Leon e Violetta (la mia coppia preferita :3). Si incontrano per caso in aereo e da lì comincia tutto. Non solo, ci sono anche dei nuovi personaggi (Stefan, Ricardo,Gabriella), ognuno con la sua personalità e il suo modo di essere. Poi ci sono Maxi, Francesca, Nata, Ludmilla, un pò tutti insomma. Bene, se vi ho ispirato con queste parole(in realtà anche se non l'ho fatto), leggete e fatemi sapere :D P.S: questa è la mia prima ff (indi per cui siate clementi xD)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 74
Una notte movimentata

Francesca si guardò allo specchio per poi aggiustare il fiocchetto sistemato sui capelli scuri e lisci. Osservò il piccolo mazzolino di fiori che quel giorno le aveva regalato Stefan e sorrise. Era bello che finalmente avesse trovato qualcuno da amare e che fosse in grado di amarla a sua volta, senza dubbi o incertezze. Aveva mantenuto un buon rapporto di amicizia con Thomas, nonostante tutto il dolore che le avesse inconsciamente procurato, ma non riusciva a stare tanto in sua compagna, le ferite si facevano sempre presenti. Ferdinando era ormai un capitolo vecchio della sua vita, e dopo quell’episodio in cui l’aveva lasciato definitivamente non si era più fatto trovare in giro per lo Studio. Era felice che avesse rispettato la sua decisione, e d’altronde se in quel periodo l’avesse vista così felice con Stefan non avrebbe certo posto un freno alla sua gelosia. Il suono del campanello la riscosse da quei pensieri rivolti al passato, e uscì dalla sua camera con un sorriso stampato in faccia. Non era ancora certa del perché avesse deciso di invitare Ludmilla quella sera. Che cosa le era passato per la testa? Doveva aver preso una clamorosa botta, come le aveva continuamente ripetuto il suo ragazzo una volta venuto a conoscenza della serata che lei aveva programmato. Quando aprì la porta per accogliere la prima delle invitate si ritrovò di fronte a una scena pietosa. Erano arrivate tutte e tre in orario, ma la riunione fin da subito non si prospettava delle migliori. Ludmilla e Camilla si squadravano da capo a piedi con aria di sufficienza, e in mezzo alle due Maria con gli occhi gonfi e rossi, si soffiava forte il naso con un voluminoso fazzoletto bianco. Quest’ultima si catapultò dall’italiana abbracciandola con forza.
“Grazie per l’invito, amica, grazie!” singhiozzò forte, sotto lo sguardo preoccupato di Camilla, e quello disgustato di Ludmilla.
“Qualcuno dica alla Supernova che non andiamo in un locale esclusivo, ma è solo un pigiama party” sghignazzò Camilla, indicando le scarpe dorate della Ferro con dei tacchi vertiginosi, la quale sbuffò e mosse la mano con indifferenza.
“Meglio di uno squallido paio di scarpe da ginnastica, per di più logore” ribatté facendo ondeggiare i capelli ed entrando senza essere invitata, sbattendo poi la porta in faccia a Camilla, la quale non ebbe nemmeno la possibilità di aprire bocca.
“Ludmila, ma cosa fai? Guarda che è invitata anche Camilla!” strillò Francesca, cercando di divincolarsi inutilmente dall’abbraccio di Maria, la quale aveva ripreso a piangere sommessamente.
“Davvero? Pensavo che quella pezzente fosse qui per chiedere l’elemosina”. Ludmilla si finse stupita, e ancheggiando riaprì la porta con disinvoltura, come se fosse lei la padrona di casa.
“Contenta, Torres? Francesca è stata gentile con te, e stanotte dormi qui, invece che sotto i ponti” sorrise falsamente. Camilla alzò il braccio con l’intenzione di strozzarla, ma poi uno sguardo implorante dell’amica la costrinse a trattenersi.
“Non ti rispondo, Ludmilla, solo perché ritengo aria fritta tutto ciò che esce dalla tua bocca”. Lasciò la Ferro a bocca aperta, incapace di rispondere, e scostandola bruscamente, entrò nella casa.
“Ti prego, dimmi che hai preparato una valanga di cibo, ho bisogno di sfogare la mia rabbia” sibilò poi all’orecchio dell’italiana.
“Pizza per tutti!” esclamò nervosamente l’altra, soffocando in mezzo ai capelli di Maria, che la stringeva talmente forte da rischiare di ucciderla all’istante. Continuava a ringraziarla tra un singhiozzo e l’altro, e lei non poteva fare a meno che balbettare un ‘di nulla’, ‘figurati’, di tanto in tanto.
“Pizza? Io odio la pizza” esclamò Ludmilla, ficcando il naso di qua e di là con curiosità, e storcendo il naso di fronte al pessimo gusto dei padroni di casa. “Quel blu non va con il rosso” indicò le pareti delle cucine di un rosso acceso ghignando. Francesca sbuffò: qualcosa le diceva che quella serata sarebbe stata molto, ma molto lunga.
 
“Oh, no! Ho perso di nuovo!” esclamò Leon, gettando le carte al vento. Nonna e nipote sorrisero complici, mostrando il loro punto.
“Non vale, gioco fuori casa” si difese lui, mettendo su il broncio. Odiava perdere sopra ogni cosa, anche se la faccia serena e allegra di Violetta addolcivano l’amara sconfitta. Non si sarebbe mai aspettato di conoscere la madre di Maria e Angie…e soprattutto non si sarebbe mai aspettato un’accoglienza in famiglia così calorosa da parte della donna. Non appena aveva saputo che lui fosse il ragazzo della sua nipotina, lo aveva abbracciato quasi commossa, e Leon si era sentito finalmente accolto dalla famiglia Castillo. In un certo senso preferiva rimuovere la disastrosa cena con German Castillo, che tutto si era mostrato tranne che accomodante nei suoi confronti. La donna aveva raccontato loro tutta la storia, e Violetta aveva fin da subito mostrato parecchio rancore nei confronti del padre, che aveva nascosto un altro pezzo del suo passato, le aveva nascosto una nonna. Che altro doveva aspettarsi? Ogni volta si sentiva sempre più presa in giro, ma la nonna l’aveva rassicurata con uno dei suoi sorrisi dolci, e scacciò ogni pensiero negativo. Si era fin da subito lasciata cullare dai suoi abbracci, mentre le raccontava aneddoti della madre, sotto lo sguardo affettuoso di Leon. Non era importante che avessero perso quella sera la possibilità di stare un po’ da soli, se la sua amata Violetta aveva la possibilità di recuperare un frammento tanto importante della sua vita, rappresentato dalla figura materna di Angelica. E poi tra una parola e l’altra si erano ritrovati intorno a un tavolo a giocare a carte. Era tutto talmente strano e allo stesso tempo naturale che non sapeva se sentirsi a disagio oppure no. Nel dubbio aveva preso in mano le sue carte e aveva iniziato a giocare senza preoccuparsi dei suoi avversari. E si era ritrovato anche a prendere una batosta dietro l’altra.
“Leon, di nuovo!” rise la ragazza, seduta vicino, a lui, per poi abbracciarlo dolcemente, e schioccargli un bacio sulla guancia. Leon ritrovò il sorriso e la guardò con amore, avvicinandosi al suo viso per lasciarle un bacio sulle labbra. Si ricordò appena in tempo della presenza di Angelica, e si allontanò di scatto, ridendo con un certo nervosismo.  
“Qualcosa mi dice che sono di troppo” esclamò l’anziana donna, togliendo gli occhiali da vista con cui si era cimentata nel gioco, e alzandosi massaggiandosi la schiena dolorante. Violetta in tutta risposta sgranò gli occhi e scosse la testa, arrossendo fino alla punta delle orecchie.
“Ma che dici, nonna! Ti ho appena ritrovato, e voglio passare quanto più tempo possibile con te! Non andartene, ti prego”. Angelica si avvicinò e diede un bacio sulla fronte alla nipote, per poi passarle un foglietto dalla calligrafia minuta ma elegante.
“Qui è dove abito io. Puoi venirmi a trovare quando vuoi, anche in compagnia del tuo cavaliere dagli occhi verdi” disse, rivolgendosi anche al giovane Vargas, il quale gonfiò il petto inorgoglito da quell’appellativo. Violetta avrebbe cercato di trattenerla ancora, ma la donna si sentiva fin troppo un terzo incomodo quella sera, e aveva deciso di lasciarla sola con il suo ragazzo, così che potessero riprendere dai loro piani interrotti così bruscamente. Dopo altri abbracci, saluti, parole dolci mancate in tutti quegli anni, Angelica varcò l’uscita della casa, finalmente alleggerita dal peso dei segreti che aveva dovuto portare dentro di sé. Finalmente si sentiva libera di vedere sua nipote, senza alcuna limitazione. Assomigliava tanto a Maria, così tanto…Una lacrima scese rapida lungo la guancia, mentre i ricordi della figlia, morta prematuramente, riaffioravano crudeli. Si sentiva così debole e impotente, era in quei momenti che sentiva tutti i suoi anni addosso, e si chiedeva se un giorno sarebbe stata capace di lasciarsi tutto alle spalle, anche il grave errore commesso dalla figlia, di cui era venuta a conoscenza.
Non appena la porta si fu richiusa, Leon e Violetta si sedettero su divano, entrambi troppo scossi da tutte quelle sorprese per parlare.
“Forse dovrei chiamare papà…non meriterei delle spiegazioni?” chiese dubbiosa, sfiorando i tasti sul cellulare.
“E se fosse a cena con gli amici di Jade? Non mi sembra il caso, e certe cose non vanno dette per telefono. Magari German ha avuto le sue buone ragioni” rispose l’altro, accarezzandole piano la spalla, e sporgendosi per darle un bacio sulla guancia. “E poi rovineresti la nostra serata…” le sussurrò sensualmente all’orecchio facendola avvampare. Violetta annuì, voltandosi con un sorriso solare e accolse le labbra di Leon, desiderose di un bacio appassionato, sulle sue. Si strinsero forti tra le braccia, incollando i loro corpi, mentre il bacio si faceva sempre più esigente e infuocato. Se c’era una cosa che aveva sempre amato di Leon erano i suoi baci, carichi di dolcezza e passione allo stesso tempo. Quando lo baciava si sentiva meno insicura, e più intraprendente, nonostante le sue continue paranoie e incertezze. Si ritrovò distesa sul divano, con Leon sopra mentre si baciavano e si accarezzavano con dolcezza. Il messicano si separò piano con gli occhi socchiusi, e con un sorriso furbo, iniziò ad accarezzare i capelli con la mano sinistra, mentre la destra era piantata sul divano per non gravarla con il suo peso.
“Ti amo” le disse semplicemente. I suoi occhi brillavano di sincerità, e quelle parole dette senza nessuna premeditazione le risuonavano nella testa come una musica che non finiva mai.
“Anche io ti amo, Leon” rispose lei, prendendogli il viso tra le mani gelide e riconducendolo al suo. Continuarono a baciarsi, e il calore nei loro corpi esplose. Dal freddo serale Leon iniziò a sentire un caldo atroce, e quando sentì la sua ragazza massaggiargli dolcemente le spalle, facendolo ansimare, capì che era il momento di mettere un freno. Villa Castillo rimaneva un luogo molto pericoloso, e pieno di persone. E qualunque sua mossa avrebbe potuto essere riferita a German Castillo, il quale l’avrebbe fatto rinchiudere in qualche antica prigione come Alcatraz.
“Allora, questo film?” sorrise, cercando di tirarsi su inutilmente, visto che Violetta gli cingeva il collo in modo possessivo.
“Lo vediamo di sopra in camera mia. Sul mio letto…”. Lo vide deglutire, e si imbarazzò, tanto di divenire viola. “Sempre se per te va bene, ovviamente, altrimenti lo vediamo qui, e…”.
“No no, va benissimo” la interruppe il ragazzo, mostrandosi noncurante. E invece dentro fremeva. Quella era una prova troppo dura da superare. Violetta tra le sue braccia, di sera, in una casa vuota, senza nessuno, stesi tranquillamente su un letto. Tranquillamente. Certo, come se avesse un controllo dei suoi ormoni invidiabile. E invece nella sua mente vagavano certe immagini poco rassicuranti per il suo autocontrollo. Molto poco rassicuranti.
 
Se qualcuno gliel’avesse detto qualche mese fa, forse ci avrebbe riso sopra. E invece eccola lì, intenta a sfogliare riviste in compagnia della sua migliore amica, Camilla, e della sua acerrima rivale, nonché sua passata alleata, nonché tutto ciò che di crudele le veniva in mente, Ludmilla Ferro. E la cosa che forse la dava più sui nervi era il fatto che Ludmilla si sentiva una diva anche in pigiama, e non esitava a mostrare la sua bellezza, anche se ‘struccata’ era sempre stata la sua parola d’ordine in un pigiama party.
“Ti prego, dimmi che Maria ha finito di piangere” sbadigliò la Torres, lanciando una rivista per terra, e prendendone un’altra, che iniziò a leggere pigramente. I singhiozzi che provenivano dal bagno dell’italiana però dicevano tutt’altro.
“Io sono per mandare via quella rovina-feste, chi è con me?” domandò Ludmilla con tono saccente, alzando la mano. Dopo un’occhiataccia di Camilla e Francesca abbassò la mano e mormorò uno ‘scusa tanto’.
“Oh, finalmente qualcosa di interessante!” esclamò la rossa al settimo cielo, tanto che per poco non avrebbe cominciato a saltellare sul letto dove era beatamente distesa a pancia in giù. Francesca si illuminò per l’improvvisa svolta che a quanto pare l’amica intendeva dare alla serata, ma il suo entusiasmo durò ben poco.
“Scopri quanto è innamorato il tuo ragazzo con dieci semplici domande”. L’italiana sbuffò, e tornò al suo stato di apatia, mentre Ludmilla batteva le mani entusiasta, sempre felice di poter insinuare il dubbio di tradimento in qualcuno, e quella sera la sua preda era Camilla.
“Prima domanda: ti regala spesso dei fiori?” lesse la Ferro, strappando il giornalino dalle mani di un’indispettita Camilla, la quale però si ricompose pensando alla risposta da dare.
“Beh, raramente…qualche volta…forse…no” si arrese alla fine la ragazza, sbuffando tristemente.
“Ti porta molto spesso a cena fuori?”
“Si, si e ancora si!” strillò Camilla, contenta di poter rispondere affermativamente a quella domanda.
“E dove?” chiese malignamente Ludmilla.
“Mi ha portato in un…in…a casa sua. Beh, per me era come uscire fuori, no?”
“Ma così non vale” la corresse Francesca, che volendo o no, si sentiva ormai coinvolta in quel gioco. La giovane Torres scrollò le spalle, e abbassò lo sguardo sul cellulare che teneva in mano. Sperava in un messaggio o qualunque altra cosa di Ricardo e invece non aveva ricevuto nulla di nulla.
“Pensi che si sia stancato di me?” chiese a Francesca, mordendosi il labbro inferiore, sull’orlo di una crisi di pianto.
“Io voto per un si” trillò Ludmilla, tutta allegra.
I singhiozzi di Maria apparivano sempre più forti, e Francesca pensò che fosse il caso di intervenire. Nel frattempo Camilla si era depressa in un istante, e gli occhi le si fecero lucidi, sotto lo sguardo di un’attonita quanto divertita Ferro.
“Io penso alla suicida nel mio bagno, tu stai vicino a Camilla, quando ha questi attimi di debolezza ha bisogno di affetto”. Ignorò completamente l’espressione disgustata nel sentire la parola ‘affetto’ da parte della bionda, e si diresse in bagno, bussando una volta, due volte, tre volte. Le aprì una Maria con gli occhi gonfi, e con stretti pezzi di carta igienica bagnati dalle sue stesse lacrime.
“F-Federico…” balbettò, tirando su col naso. Francesca roteò gli occhi al cielo, poi afferrò il braccio della ragazza, e la trascinò via dal bagno, riportandola nella sua stanza. Non c’era niente di peggio di una fidanzata che cerca di mantenere un rapporto a distanza, ma presa da dubbi continui. Non appena rientrata, si rese conto che quella serata era si da buttare, ma aveva al suo interno anche momenti epici. Camilla singhiozzava stretta a Ludmilla, che fissava un punto fisso nella stanza, presa da un tic all’occhio.
“Mi. Bagni. Il. Pigiama” scandì distintamente la Ferro, non avendo nemmeno il coraggio di toccare quella che adesso la stava quasi stritolando.
“Mi vuole lasciare, non gli importa nulla di me!” piagnucolò Camilla. Maria si sedette vicino alla ragazza, e cominciò a piangere anche lei, abbracciando Ludmilla dall’altro lato, dal canto suo sempre più infuriata per quella situazione. La Ferro, non riuscendo più a tollerare quel piagnisteo continuo scattò in piedi sorprendendo tutti. Negli occhi aveva le fiamme e Francesca era certa che di lì a poco sarebbe scoppiata. Nel silenzio di quella stanza, la bionda prese un respiro profondo, e cercò di essere il più rassicurante possibile, anche se era chiaramente non nella sua natura. Si rivolse prima alla rossa.
“Camilla, smettila di angustiarti con problemi inutili, e pensa invece a parlare con Ricardo, per mettere le cose in chiaro. Tenersi le cose dentro non serve a niente”. Deglutì un secondo, disgustata per ciò che avrebbe detto di lì a qualche secondo, ma pur di non sentire più quei piagnistei era disposta anche a girare in tuta per una settimana. “Sei una ragazza davvero speciale, non devi sentirti inferiore a nessuna”. Francesca spalancò la bocca, sorpresa come non mai, mentre Camilla abbozzava un timido sorriso. Strano pensare che la sua acerrima rivale fosse stata in grado di aiutarla fino a quel punto, Ludmilla stessa ne sembrava stupita. Poi fu il turno di Maria, e lì la Ferro capì che dovesse essere molto più dura.
“E tu, Maria, smettila di piangere! E’ vero, Federico è in Italia, ma non è mica finito il mondo! Non eravate certo promessi sposi, né puoi sapere se era davvero l’amore della tua vita. Se riuscirete a mantenere questa storia a distanza tanto meglio, altrimenti la vita va avanti!”. Maria, con le lacrime che le rigavano il viso annuì un po’ sperduta, e si soffiò il naso con un fazzoletto bianco.
“Smettetela con questo piagnisteo che le mie orecchie non ci sono abituate” concluse poi con un mezzo inchino, per risedersi ai piedi del letto, sul suo soffice sacco a pelo rosa.
“Non pensavo che l’avrei mai detto, ma Ludmilla ha ragione. Ragazze, abbiamo ancora tanto tempo per piangere in questa vita, ma non facciamolo stasera” esclamò Francesca ritrovando un po’ della sua allegria. Camilla e Maria annuirono, molto più serene dopo le parole della Ferro, e cercando di fare tesoro dei consigli che le erano state dati erano pronte a passare il resto della serata all’insegna del relax e del divertimento in compagnia. Mangiarono gelato su gelato da enormi vaschette comprate dalla padrona di casa, si rinchiusero nella stanza parlando del più e del meno, dai compiti impossibili che Pablo aveva assegnato loro, a eventuali intrecci amorosi da poco nati allo Studio. Fu allora che Ludmilla rivelò il piano suo e di Arianna attuato a villa Vargas per far riconciliare Leon e Violetta, tenuto nascosto perché infangante macchia nella sua splendida e lucente reputazione, a suo dire.
“Meno male che non ero sola, allora!” esclamò divertita Francesca, ripensando a tutte le volte in cui aveva cercato di spingere Violetta tra le braccia del messicano, nonostante i tentativi di Diego per allontanarli.
“A proposito, stasera chissà che staranno combinando quei due” sorrise furba la rossa, riprendendo a sfogliare le riviste con un peso in meno sul cuore. “Scommetto un frullato al Resto Band che non stanno vedendo un film!” rise sguaiatamente, seguita subito dopo da Maria, che nonostante gli occhi arrossati aveva lasciato da parte i suoi problemi per godersi quella serata con le amiche, e stranamente da Ludmilla, che dopo il suo discorso si sentiva molto più a suo agio in quella casa.
“Camilla!” sbottò Francesca, rossa fino alle orecchie al pensiero di quello che potessero combinare, per poi unirsi alle risate.
“Io dico solo ciò che penso!” ribatté l’altra, facendo una linguaccia.
Ludmilla sorrise tra sé e sé. Le mancava tanto Nata, che adesso si stava godendo il meritato premio, ma non si sentiva sola, e non capiva perché. Anche senza Diego, anche senza la spagnola, riusciva a sorridere, e si chiese se in fondo non fosse perché aveva trovato delle amiche.
 
Accoccolati sul letto, stretti in un abbraccio pieno d’amore, Leon e Violetta si stavano godendo il loro film, una commedia romantica scelta dalla Castillo. Leon era nervoso per quella situazione, e per fortuna vide che la ragazza era talmente presa dalla trama da non fare caso alle sue espressioni tese. Le coperte li coprivano fino alla vita, e Leon, che già sentiva caldo si sentiva sempre più bollente, come una pentola a pressione. Violetta poggiava la testa sulla sua spalla, e di tanto in tanto gli lasciava qualche bacio sulla guancia, per poi tornare a vedere il film.
“Leon?” chiese lei all’improvviso, guardandolo negli occhi.
“Si?”.
“Sei bollente” rise lei, indicandogli la mano sul braccio, grazie a cui aveva capito la temperatura interna del ragazzo.
Leon sorrise, e si avvicinò cautamente, lasciandole tanti piccoli baci sui capelli, e trovando infine le sue labbra. Come travolti da un fulmine a ciel sereno, si ritrovarono a cercare sempre di più un contatto con l’altro, finendo incollati. Si distesero lentamente, senza interrompere il bacio, e Leon fu subito sopra di lei. Con una mano tirò su la coperta fino alle spalle, mentre Violetta gli aveva preso il viso tra le mani durante il bacio, accarezzandolo dolcemente.
“Leon…” si separò mordendosi il labbro inferiore, e facendo saettare lo sguardo fino alla porta. Senza darle ascolto il messicano cominciò a percorrere una scia con le labbra dal mento fino al collo, inspirando a fondo il suo profumo.
“P-potrebbe tornare da un momento all’altro” balbettò, mentre sentiva le mani di Leon, scivolare piano sotto la sua maglietta, per accarezzarle il ventre. Un piccolo morso sul collo la fece sospirare, mentre Leon si dedicava con più attenzione a quei gesti amorevoli. Nonostante cercasse di allontanarlo con le parole, con le mani percorreva la sua schiena, e quando raggiunse i bordi del maglioncino, la tentazione di sfilarglielo era forte, molto forte. Leggendogli nel pensiero, Leon la guardò con un sorriso indagatore, alzando lievemente il sopracciglio.
“Lo vuoi quanto me” le sussurrò all’orecchio, percorrendone il contorno con le labbra. Violetta a quelle parole divenne scarlatta, ma aveva ragione: aveva un bisogno fisico di Leon, che non aveva mai provato prima, nemmeno la sera della loro prima volta. Ora che si sentivano una coppia collaudata, a tutti gli effetti, non c’era niente di male, eppure si sentiva sempre imbarazzata al pensiero di fare l’amore con Vargas. Il televisore continuava a trasmettere il film, ma a loro non importava. Mentre si baciavano e si spogliavano, non ci fu ragione, nulla, se non una desiderio travolgente. Sfilò la maglietta di Violetta, velocemente, subito dopo aver lanciato i pantaloni fuori dal letto. Il suo maglioncino scuro giaceva subito sotto, il primo indumento a finire fuori dalle coperte. Le mani di Violetta, ancora fredde, gli massaggiavano la schiena, il petto, e Leon sentì brividi intensi pervadergli il corpo. Quando Violetta sfiorava la sua pelle, era sempre così. I baci divennero sempre più famelici, intensi, e i loro corpi stavolta erano accostati pelle su pelle. Leon amava baciare la pelle di Violetta, aveva un debole per il suo profumo, per i sospiri che la ragazza faceva non appena sentiva le sue labbra premere con forza. Aveva un disperato bisogno di fare l’amore con Violetta, e nella sua mente annebbiata il pensiero di German era parecchio lontano. Così lontano, che nemmeno ricordava che Violetta avesse un padre. In quel momento le sue priorità erano ben altre. Tra gemiti e sussulti i due ragazzi si ritrovarono completamente nudi, tenuti al caldo dalle coperte, che oltre a coprire loro, copriva anche l’imbarazzo della ragazza. Quella notte si ritrovarono a fare l’amore ancora una volta, non pienamente consapevoli dei rischi che avrebbero corso, ma consapevoli dell’amore che li legava nonostante tutte le difficoltà superate insieme. 










NOTA AUTORE: Non sono morto, rallegratevi! xD Scusate per questi colossali ritardi, ma gestire due storie è un po' dura...comunque 6 capitoli e la storia finisce *prende i fazzoletti* Che dire...è un capitolo volutamente un po' transitorio, facciamo un concentrato nel gran finale! :P Mentre la storia della paternità di Violetta non subisce alcune svolta, la ragazza ritrova sua nonna, e gioia per tutti...e poi rimane sola con Leon (E LI'...BELLA PER TUTTI xD). Nel frattempo vediamo un po' anche altri personaggi, alle prese con piccoli problemi di cuore (che ricorda il titolo di un vecchio anime, ma ok xD). Problemi risolti inaspettatamente da una Ludmilla inizialmente ostile e acida, che pian piano si è un po' sciolta (più perché non sopportava tutti quei piagnistei, ma ok). Leon e Violetta corrono un rischio (ma non sanno che German è impegnato, quindi prima che torna...hanno pure fatto colazione xD). E quindi...Violetta tradisce la fiducia di German ('sti cavoli), ma dopo tutto quello che le ha fatto il padre, mi sembra il minimo, poi per una scena Leonetta, SI FA DI TUTTO. Mh. Avevo tanta voglia di scrivere una scena loro. Siamo agli sgoccioli, ragazzi...qui tra un po' la storia finisce *ripiange* Vabbè, buona lettura a tutti, e alla prossima! :D
syontai :D 
  
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