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Autore: Tamar10    03/04/2014    2 recensioni
[Mitologia norrena]
Loki vive per ingannare, mentire e divertirsi. Per lui la vita è un gioco.
Eppure c'è un grido, una domanda, un desiderio insaziabile in fondo al suo cuore.
La storia ripercorre alcuni avvenimenti del mito di Loki, riscritti e reinterpretati, ed esplora i suoi pensieri appena prima del Ragnorok
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Loki scruta la distesa nebbiosa ai suoi piedi.
Aspetta l'alba senza fretta. Il suo respiro forma nuvole di condensa nell'aria fredda del mattino. Una piccola goccia di sudore scende dai suoi capelli rosso fiamma.
Potrebbe dire che non ha paura, ma in realtà Loki potrebbe dire qualsiasi bugia.
Il fuoco nelle sue vene bolle di eccitazione e pensa che forse, forse, è a questo che ha portato la sua vita. E spera, prega, che ne sia valsa la pena.
 
*
 
Una volta qualcuno, non ricordava chi e non ricordava quando – cosa strana visto che lui ricordava sempre tutto – glielo aveva detto.
Un'osservazione che valeva come un segreto prezioso, e che lui aveva percepito come un sussurro di poco conto. Al momento non ci aveva neanche pensato.
Ma i momenti sono solo frazioni volubili di tempo, cambiano – cambia tutto – secondo il nostro umore, seguono l'altalenarsi infinito ed esasperante delle emozioni, assecondano ed amplificano ciò che abbiamo dentro.
Quindi in quel momento Loki era passato oltre, ma poi in quello dopo e nei successivi – che fossero a distanza di giorni, anni o secoli non contava – ritornava quella frase e portava con sé una consapevolezza e un vuoto.
Tu vivi inutilmente
Loki, proprio perché era Loki ed era fatto così, aveva accolto quella proposta come una sfida.
Aveva provato a fare di tutto per non vivere inutilmente. Perché, davvero, vivere inutilmente equivaleva a non vivere affatto e Loki era vivo.
Vivo nel senso più assoluto, guizzante, vivace, brillante, movimentato, caotico, esplosivo.
 
*
 
Cosa stai facendo?
Loki è Caos, con la C maiuscola. Non appartiene né al Bene né al Male, ondeggia fra esse come la linea sottile di una bilancia. È infedele a qualsiasi cosa, persino ai suoi stessi principi, non combatte come un vero uomo, ma con trucchi di astuzia e di magia e l'unica cosa che gli riesce veramente bene è mentire e ingannare.
Odino ne è consapevole, così come sa che Loki è esattamente ciò di cui ha bisogno. Un po' di Caos per combattere il Caos, un po' di Caos per mantenere l'Ordine.
Quando gli propone di diventare suo Fratello di Sangue Loki non ci pensa due volte ad accettare. Vede l'occasione di sfruttare la situazione a suo vantaggio, ma soprattutto – anche se fatica ad ammetterlo persino a sé stesso – spera che fra gli Aesir potrà finalmente trovare ciò che cerca.
Ancora una volta Loki si sbaglia.
 
*
 
C'erano giornate (poche ma buone) in cui Loki poteva sdraiarsi su un prato soleggiato e pensare con soddisfazione che in fondo lui era come quelle nuvole che scorrevano veloci nel cielo azzurro: mutevole, inafferrabile, spettacolare, diretto verso una direzione ben precisa anche se ancora non sapeva quale.
Allora Loki si sentiva invincibile e pensava finalmente di star vivendo per qualcosa.
Ma questi erano solo momenti.
 
*
 
Una volta aveva provato a parlarne con Odino, suo fratello acquisito, il Generale, Padre Tutto e altre noiose onorificenze. Gli aveva spiegato il desiderio d'infinito che lo tormentava, ma lui non aveva capito.
“Siamo dei, Loki” gli aveva risposto con un'occhiata dubbiosa, come se fosse indeciso se racchiudere anche lui in quel siamo “Noi non ci facciamo certe domande, viviamo e basta”
“A me non basta vivere” protestò Loki piantando i suoi occhi verdi in quello del Generale “Devo trovare un senso”
“Siamo dei” ripeté Odino con più convinzione “A noi serve solo un pretesto per festeggiare, molta birra e un po' di magia. È questo il senso. Siamo così, non possiamo cambiare. Non possiamo neanche morire”
Loki fece una smorfia poco convinta, aveva sbagliato ad esternare i suoi dubbi ad Odino.
“Che senso ha porsi domande alle quali non si ha risposta?” chiese il Padre degli Dei mentre i suoi due corvi, Huginn e Muninn, volteggiavano pigri nella loro direzione.
“Forse per il gusto di trovare la risposta” sussurrò Loki, ma Odino, già immerso nella conversazione coi suoi araldi, non lo stava ascoltando.
 
*
 
Che senso ha la vita?
Un bastone. Non è un granché come risposta, ma adesso è tutto quello a cui effettivamente Loki riesce a pensare. La sua vita è attaccata ad un bastone, letteralmente.
Potrebbe anche essere un gioco divertente se non stesse rischiando di morire. L'aquila, o Thiazi, Gigante dei Ghiacci a cui il bastone è agganciato, è in volo a decine di metri di distanza da terra. A Loki è sempre piaciuto volare, in fondo il fuoco è un elemento molto vicino all'aria, ma qui e adesso non vorrebbe essere in nessun altro posto che non sia al sicuro coi piedi ben piantati per terra.
Le braccia cominciano a fargli male in modo straziante e ha la chiara consapevolezza che fra poco perderà la presa e si spiaccicherà come un frutto troppo maturo. Un'immagine poetica magari, ma non esattamente il suo più grande desiderio.
Cerca di attirare l'attenzione del suo pericoloso mezzo di trasporto, mentre la disperazione prende il posto della razionalità.
Non solo ha paura, ha una fifa blu. Ha decisamente vissuto troppo poco per morire.
“Ehi, Gigante!” urla cercando di sovrastare il rumore del vento.
L'aquila si gira per lanciargli un'occhiataccia, non proprio un tipo socievole a quanto pare.
“Mi chiedevo” continua Loki senza farsi abbattere, “se magari tu non mi potessi lasciare giù”
Per un po' non accade niente, poi l'animale scende rapidamente di quota e per un attimo Loki ha l'illusoria speranza che la sua richiesta stia venendo assecondata, ma il gigante prende immediatamente una corrente ascensionale e s'innalza di nuovo con uno scossone che gli fa quasi perdere la presa.
“Ti prego!” strepita Loki, il terrore traspare chiaro dalla sua voce. L'aquila sembra non sentirlo.
Le dita dell'asgardiano scivolano lungo il bastone, una questione di secondi e poi sarà spacciato.
“Ti prego! Farò qualsiasi cosa” lo supplica nuovamente mentre si aggrappa con le sue ultime forze.
“Cosa mai potrei volere da te?” risponde finalmente l'aquila burbera.
“Sono furbo!” esclama il dio “Potrei procurarti qualsiasi cosa”
Il Gigante prende in considerazione la proposta, ma tutti i Giganti sono lenti e Thiazi ci riflette un secondo di troppo. Loki perde la presa e cade con un urlo.
Sta ancora urlando terrorizzato quando gli artigli di Thiazi lo afferrano ad un soffio dalle cime degli alberi. Ci mette un po' a capire di non essere morto ed è solo la voce del gigante che lo risveglia del tutto.
“Voglio Idun e le sue mele magiche”
Loki serra entrambe le labbra, fra tutti Idun è la dea che tradirebbe meno volentieri.
“Sono ancora in tempo per lasciarti cadere” dice l'aquila che sembra intuire la sua reticenza.
“Va bene. Farò come vuoi” risponde prontamente il dio degli inganni.
L'aquila cerca un posto comodo in cui atterrare, finalmente individua un grande prato fiorito e ci si dirige con sicurezza.
“Abbiamo un patto?” domanda planando.
“Abbiamo un patto” conferma Loki, mentre un piano comincia già a farsi strada nella sua mente.
 
*
 
Le mura di Asgard brillano alle luce dei primi raggi di un sole che non scalda.
È strano pensare che quell'alba, così simile a molte altre, sarà probabilmente l'ultima. L'inizio dell'Apocalissi è stranamente tranquillo e Loki si ritrova a chiedersi se non si siano sbagliati, ma sa già che le sue speranze sono futili.
I suoi figli mostruosi, l'esercito che avrebbe dovuto guidare contro Asgard, iniziano a risvegliarsi come fiutando che la loro vendetta è finalmente arrivata.
L'ennesimo compito ingrato che il destino gli ha affidato.
 
*
 
Loki non era mai stato simpatico a nessuno. Non era solo perché, come lui stesso sosteneva, aveva una personalità troppo sofisticata, profonda e rara per essere apprezzata. Per non dire che in generale la gente tendeva a non fidarsi del Dio delle Menzogne, nonostante il suo spiccato senso dell'umorismo e il suo bell'aspetto.
Non gli era mai importato veramente eppure si chiedeva se, quando sarebbe giunto il momento, qualcuno avrebbe sentito la sua mancanza.
Aveva sempre avuto un animo solitario – per necessità o per scelta poco importava – anche se alla fine raramente si trovava solo. Sempre sorvegliato, sempre guardato con sospetto o con invidia, sempre giudicato.
Certo, c'era Sigyn che faceva del suo meglio per farlo sentire amato, ma Loki capiva – spesso persino meglio di lei – che il suo era più un senso del dovere che un sentimento spontaneo.
Erano poche le persone che lo sopportavano e ancora meno quelle a cui stava simpatico.
“Non importa” si diceva il dio degli inganni.
 
*
 
Sicuro che sia la cosa giusta?
Loki è in piedi nella stanza buia. Le forbici argentate in equilibrio in una mano e i capelli dorati della bella Sif nell'altra.
È un gioco per lui, come quasi tutto del resto. Loki la spia che si introduce negli appartamenti di Sif, Loki il ladro furtivo che le ruba la sua bella chioma, Loki il parrucchiere, Loki il combina guai, Loki il vendicatore che punisce la guerriera per tutte le volte che lo ha umiliato.
La dea dorme ignara dei suoi piani malvagi, lui sa già che dire che non la prenderà bene è un eufemismo. Sif gliela farà pagare carissima, se lo scoprirà.
Si potrebbe chiedere, se vale la pena rischiare tanto per puro divertimento. Non c'è una risposta, c'è solo l'azione e il brivido d'eccitazione e di malvagia soddisfazione.
Le forbici hanno un tremito minimo e Loki incurva le labbra soddisfatto. Fa un respiro profondo. Tagliare i capelli è fin troppo facile, come giocare a scacchi con un ingenuo bambino. E Loki non perde mai.
La chioma dorata di Sif stretta nella mano come un trofeo sembra emanare una calda luce come un premio meritato. Loki scappa, colpevole ed euforico, scivola via nella notte assaporando l'aria fresca che sa di vittoria.
 
*
 
Quando gli dissero che era stato predetto che lui avrebbe causato la Fine del Mondo non era stato spaventato e nemmeno sorpreso. Aveva sempre pensato che il suo talento nel creare disastri e scompiglio non si sarebbe limitato a qualche dispettuccio.
Quando gli avevano predetto la sua morte in battaglia contro Heimdall non si era scomposto.
Loki si opponeva a qualsiasi cosa, poteva opporsi anche al destino. Solo adesso si rende conto che non c'è niente a cui opporsi, gli eventi si erano semplicemente susseguiti senza che lui se ne accorgesse e ormai non restava nulla da fare.
È triste ammetterlo, suona come una resa, ma già che è in ballo tanto vale ballare.
Gli eserciti cominciano a schierarsi in un silenzio irreale. Gli stendardi degli Aesir, il popolo a cui aveva creduto di appartenere e da cui era stato tradito, pendono nell'aria immobile e pesante.
Non è vendetta quella di Loki, non c'è alcuna gioia nel quello che sta per fare. Per la prima volta si sente davvero prigioniero – degli eventi, del destino – e mentre un corno suona la carica Loki si rende conto di avere paura.
 
*
 
A Loki erano sempre piaciute le parole. Più utili di un'armatura, più pericolose di una freccia, più letali di una spada. Gli era sempre piaciuto sfruttarle a proprio favore, tesserci inganni e usarle per creare fantasiose bugie.
Potevano essere un arma, uno specchio, un velo dietro cui nascondersi. Potevano essere qualsiasi cosa se uno sapeva come usarle. Forse Loki non sapeva combattere bene come gli altri Aesir, anche se non l'avrebbe mai ammesso in duello Sif riusciva a batterlo con facilità, ma le parole gli davano un potere immenso.
A Loki piacevano le parole perché possono cambiare. Si riusciva sempre a trovare una scappatoia, un fraintendimento, un modo per rigirare le cose in proprio favore. Non c'era una parte favorita, ognuno aveva pari possibilità.
Quando Loki usava le parole si sentiva un dio, veramente.
Ma c'erano cose che neanche un dio poteva controllare, perché a volte le parole gridavano.
Gridavano anche se pronunciate con leggerezza, gridavano anche se sussurrate, gridavano di gioia e di dolore, gridavano la verità in modo straziante e distruttivo.
Le parole di Loki, anche quelle non dette, erano un grido pieno di desiderio.
 
*
 
Ne è valsa veramente la pena?
Loki cerca di concentrarsi su altro. Il cielo azzurro che promette primavera al di fuori della finestra, ad esempio, o il canto degli uccelli o il riflesso dorato delle sale di Asgard.
Il dolore sarà atroce, ma ancora peggio è la soddisfazione che vede riflessa negli occhi di Sif mentre si avvicina a lui col lungo ago in una mano e il filo resistente forgiato dai nani nell'altra. Loki serra le labbra, poi si ricorda che quella sarà l'ultima occasione per aprire la bocca – o almeno l'ultima per un bel pezzo – e abbozza un sorriso spavaldo.
“Non essere così triste per me, lady Sif” dice ironico fissandola coi suoi penetranti occhi smeraldo.
Sif gli lancia un'occhiata dura. Non l'ha ancora perdonato e probabilmente non lo farà mai.
Mentre infila con gesti abili il filo nell'ago coglie lo sguardo preoccupato di Loki e sorride vendicativa.
“Vorrei poterti dire che non farà male” dice con voce pacata “Ma mentirei”
Negli occhi azzurri di Sif non c'è alcuna pietà, prova solo una fredda determinazione nel compiere il compito che le è stato affidato. Per Loki, per cui le parole contano più di ogni altra cosa, non esiste punizione peggiore del togliergliele per sempre; Odino lo sa, ma non ha avuto alcun rimpianto nel condannare suo fratello. Loki è sempre stato uno strumento – alla stregua dell'ago che sta per sigillargli le labbra – e quando è diventato troppo pericoloso non è restato nient'altro da fare che buttarlo via.
“Non devi mica essere così seria. Non siamo ad un funerale” Loki nasconde la tristezza dietro ad un ultimo sorriso di scherno.
“Non è sempre tutto un gioco” ribatte Sif con rimprovero.
“Per me sì” Per ironia della sorte le ultime parole del dio degli inganni sono sincere.
Sif si avvicina e ogni sorriso è cancellato dal viso di Loki.
Ogni punto è un dolore puro, ma lui resta impassibile. Solo un piccolo spasmo alla mano tradisce la sua sofferenza, ma serra i pugni e continua a fissare il cielo oltre la finestra.
“Ho quasi finito” dice Sif. Ora la sua voce è cambiata, non è propriamente dispiaciuta ma quasi rispettosa.
È un fatto quasi perverso che a Sif, che ha sempre preferito la spada alle arti da donna, tocchi un compito tanto ingrato. Loki, mentre assapora il gusto metallico del sangue e la sensazione del filo che chiude le sue labbra, per la prima volta dopo tanto tempo non ha parole per esprimere ciò che prova.
 
*
 
Loki si diceva sempre desiderare solo un posto lontano dal mondo in cui vivere in pace.
Poi arrivava un altro inganno, un altro guaio, un altro obiettivo impossibile e lui ricadeva nella frenesia. Rischiava la vita, ingannava, mentiva, combatteva e si sentiva vivo. Finché non veniva ristabilita di nuovo la pace.
Allora pian piano si insinuava in lui una frustrazione per qualcosa (ma non riusciva mai precisamente a dire cosa) che poteva fare ma non aveva fatto; inadeguatezza perché non trovava mai un posto che gli appartenesse veramente; un senso di non appagamento. Perché la soddisfazione era sempre ad un passo e anche quando pensava di averla finalmente afferrata, quella gli sfuggiva come nebbia fra le dita.
C'era sempre un desiderio indefinito che lo tormentava creandogli un vuoto nel petto, peggiorando il suo umore, facendolo arrovellare sul senso della vita.
Era questa la sua maledizione.
Era una di quelle persone che vive tutto il giorno aspettando il tramonto e sta sveglia tutta la notte per vedere l'alba. Cercava il cambiamento, l'incertezza, il dubbio e quando lo trovava non gli bastava mai. Cercava altro ancora – non era curiosità la sua – era una necessità primaria, un'ossessione costante. Era il desiderio di dare un senso alla vita ciò che lo spingeva ad andare avanti e nonostante dicesse il contrario non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo.
 
*
 
Cosa stai facendo della tua vita?
Dalla roccia a cui Loki è incatenato il cielo sembra un paradiso lontano.
L'inferno – il suo personale inferno – è costituito dal serpente che gocciola veleno sulla sua faccia. Questa volta non prova neppure a contenersi, si contorce e urla dando sfogo al suo dolore. Ogni goccia è un oceano di sofferenza, ogni secondo un millennio di supplizi.
Quando la fedele Sigyn torna, sempre troppo tardi, con la sua scodella pronta per essere riempita di nuovo è ancora peggio.
Questa volta le gocce che gli cadono sul viso non sono di veleno, ma in qualche modo feriscono di più. Sente il sale che si ferma sulla sua pelle e i singhiozzi di sua moglie vicino a lui. Non riesce neanche a guardarla negli occhi – ricorda perfettamente che hanno il colore della sincerità, così in contrasto coi suoi verdi come la gelosia – non è vergogna la sua, Loki non si pente di niente.
Ci sono persone che erroneamente credono che un dolore condiviso sia più facile da sopportare.
Secondo Loki il dolore è semplicemente dolore che non cambia a seconda della compagnia o del luogo e c'è un tipo di dolore provocato dal desiderio insaziabile che nasce in fondo al suo cuore che non cesserà mai.
Le braccia di Sigyn tremano e Loki sa che sta per ricominciare il supplizio, passano pochi minuti o parecchi secoli e lei sussurra:
“Torno subito amore” con voce priva di un autentico affetto.
Si chiede quante volte abbia già udito quella frase o il sibilo minaccioso del serpente. Fa tutto parte di un circolo infernale e Loki sa che si deve liberare se non vorrà impazzire.
Le gocce di veleno scivolano di nuovo lungo il suo viso facendolo imprecare e bestemmiare gli dei.
Nonostante tutto Loki sorride, anche questo è un gioco.
 
*
 
Il cielo si oscura. Ragnarok sta arrivando e con lui morte e distruzione. Infondo è sempre a questo che Loki è stato, e sarà, destinato. Gli dispiace, ovvio, che tutto debba finire.
Guardando dentro di sé improvvisamente si sente insicuro e impreparato. Che anche il grande Loki abbia dei rimpianti?
In fondo cos'ha fatto lui della sua vita?
Ingannare e divertirsi. Era questa la sua risposta alla domanda che gli nasceva dentro. Forse non era la risposta giusta, ma è stata la migliore che ha trovato. E, mentre i cieli si aprono e mostruosità apocalittiche cominciano a riversarsi su quello che presto diventerà il campo di battaglia, Loki spera davvero che sia abbastanza.
Questa volta non è un gioco.
(È questa la fine?)







 
Note d'autrice:
Questa storia era nata come qualcosa di completamente diverso, invece si è trasformata in questo. Un flusso di riflessioni/ricordi/spezzoni di vita di Loki appena prima del Ragnarok.
Ogni elemento in questa storia è basato su veri miti che ho trovato su internet o che ho ascoltato in giro. Ovviamente poi ho rielaborato il tutto (cercando sempre di rimanere un minimo fedele alla versione originale). Non me ne vogliano gli esperti di mitologia nordica (cosa che io assolutamente non sono) se ho scritto qualche cavolata enorme, ma alcune cose sono stravolte per esigenze mie, in altre le stesse fonti dei miti sono spesso confuse.
Loki è un personaggio tremendamente affascinante e temo che nonostante tutti i miei tentativi di scrittura non riuscirò mai a caratterizzarlo correttamente. La voglia di scrivere questa storia è nata dopo aver letto i primi due libri della saga di Joanne Harris “Runemarks” che ho amato visceralmente. Ve li consiglio.
 
Dettagli più tecnici sui miti da cui ho preso spunto (raccontati molto in breve e in modo alquanto impreciso):
Loki cerca di picchiare con un bastone un'aquila che gli ha rubato il cibo, ma il bastone rimane incastrato e l'aquila, che in realtà è un gigante dei ghiacci, lo trascina in volo con lui. Lo fa atterrare sano e salvo solo a patto che lui rapisca Idun, dea della giovinezza e dell'ingenuità, Loki accetta e sbriga il lavoro portando la dea nel palazzo del gigante. Gli Aesir lo scoprono (torturando il povero Loki) e lo costringono ad andare a riprenderla. Loki la porta in salvo trasportandola sotto forma di noce fra i suoi artigli da falco.
Il mito di Loki che taglia i capelli a Sif è abbastanza famoso, sebbene non gli vengano cucite le labbra per questo motivo (infatti scampa l'ira di Thor donando appunto a Sif una chioma d'oro) ma dopo aver perso una scommessa coi nani Dvergar. L'idea che sia Sif stessa a cucirgli le labbra è tratta da questa fantastica storia di Eleuthera http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1592805&i=1
Infine Loki viene incatenato a una roccia con come unica compagnia un serpente velenoso e la sua fedele moglie Sigyn poiché causa l'uccisione di Baldr, il dio più buono e bello, che era invulnerabile a tutto tranne che al vischio (già, che razza di eroe è?!) e quindi quando Loki guida il cieco Hodur a colpire Baldr proprio con il vischio. Il dio muore e questo scatena l'ira di mamma Frigg.
Hel, la dea degli inferi, dice che farà tornare Baldr nel mondo dei vivi solo se tutti (ma proprio tutti) piangeranno per il dio, l'unica che si rifiuta è una vecchietta (o una gigantessa a seconda della versione) che poi si rivela essere Loki stesso.
Ragnarok è la fine del mondo (un evento ciclico secondo i nordici) causato proprio da Loki, destinato a guidare un'armata demoniaca contro Asgard. La battaglia causerà la morte di parecchi dei (Odino, Thor, Loki, Heimdall per citarne qualcuno) ma dalle ceneri del vecchio mondo ne verrà creato uno nuovo.
  
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